COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 07 - 04 Settembre 2001

Audizione dell'architetto Margherita Paolini.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice


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G8 tenutosi a Genova, l'audizione dell'architetto Margherita Paolini.
Ricordo che l'indagine ha natura puramente conoscitiva e non inquisitoria. La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Ricordo, in proposito, di avere già disposto l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio l'architetto Paolini per avere accettato il nostro invito. Le sarei grato, architetto, se potesse svolgere la sua relazione, al termine della quale coloro che lo riterranno le rivolgeranno delle domande.
MARGHERITA PAOLINI. Onorevole presidente, onorevoli commissarie e commissari, vi ringrazio per avermi invitato, a questa audizione e spero di poter contribuire, per quanto mi è possibile, con tutta la mia disponibilità, ad un'informativa che possa esservi utile.
Ho predisposto una breve relazione che illustra i termini della mia consulenza e come essa si sia svolta nel tempo. Ho fatto pervenire al Comitato anche un breve curriculum vitae, per chiarire alcuni aspetti del mio background professionale che forse erano rimasti un po' oscuri e, quindi, per fugare eventuali dubbi circa gli aspetti professionali. Se fosse possibile, vorrei riprendere brevemente alcuni punti del mio curriculum.
Mi sono laureata in architettura all'Università La Sapienza di Roma nel 1967, con specializzazione in tecnologie delle


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costruzioni. Mi sono abilitata alla professione nel 1968 e poi ho avuto l'incarico di assistente all'università. Dal 1983 sono membro dell'Ordine dei giornalisti (elenco pubblicisti), membro del comitato scientifico della rivista di geopolitica italiana Limes e commendatore della Repubblica per meriti acquisiti in attività umanitarie svolte nei Balcani e nell'Africa subsahariana. Attualmente sono consulente della Banca mondiale per l'elaborazione di un programma di formazione delle amministrazioni locali in una specifica regione della Croazia tra Zara e Sebenico. Il programma si propone di trasferire le nuove direttive di politica comunitaria di sviluppo territoriale, per preparare con un programma pilota questo paese al processo di accessione all'Unione europea. Dal novembre 2000 fino a poco tempo fa sono stata consulente della Presidenza del Consiglio, con il compito di curare le relazioni con le organizzazioni non governative e le associazioni interessate alla formulazione di ipotesi inerenti i temi trattati in sede di G8, nonché di predisporre con le autorità locali progetti di attività collaterali a quelli ufficiali del summit, al fine di dare visibilità e anche possibilità di confronto alle componenti propositive, non violente, del movimento. Dal 18 luglio sono consulente della regione Marche per collaborare all'attivazione di partnership interregionali per la futura euroregione adriatica, coerentemente con le finalità dell'iniziativa adriatico-jonica promossa dal Governo italiano e dal Patto di stabilità per i Balcani.
Ho svolto per 17 anni una serie di attività professionali presso il Ministero degli affari esteri, iniziate nel maggio del 1983. In un primo momento, ero in comando da parte del gruppo ENI presso il Ministero degli affari esteri e poi sono diventata esperto in ruolo con contratto di diritto privato nella cooperazione. Nel periodo intermedio ho trascorso tre anni


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presso l'unità di crisi che, come sapete, è una struttura dove si svolgono attività particolarmente delicate in favore dei connazionali all'estero che si trovano in difficoltà e in condizioni di emergenza o di rischio. All'interno del Ministero degli affari esteri durante questi 17 anni, in particolare nell'ultimo periodo della mia permanenza, sono stata esperta dell'unità tecnica centrale, proprio con il compito, appena tornata dei Balcani, di promuovere e coordinare un forum di organizzazioni e associazioni non governative per interventi di cooperazione italiana nei paesi del sudest europeo. Sono entrata in questo dettaglio perché, in qualche modo, questo rapporto con le organizzazioni e le associazioni non governative è attinente al lavoro che ho svolto successivamente presso la Presidenza del Consiglio. Si è trattato di mettere in piedi un forum di organizzazioni e associazioni non governative che potesse partecipare, con una struttura composita, ma coerente, italiana, ad iniziative promosse dal Patto di stabilità per i Balcani e che prevedevano incontri e seminari di gruppi di ONG e di associazioni di vari paesi del mondo occidentale.
Sempre come esperto della cooperazione italiana, ma in qualità di direttore dell'unità tecnica locale, dal 1997 al novembre 1999 sono stata in servizio presso l'ambasciata di Sarajevo. In quella veste, ho predisposto e gestito un programma di riabilitazione e ricostruzione finanziato dal Governo italiano che, oltre ad essere svolto in collaborazione con le organizzazioni internazionali, aveva come partner importanti ed efficaci tutta una serie di ONG, di associazioni (con cui abbiamo lavorato benissimo) ed anche di enti locali che partecipavano a progetti più ampi, con proprie risorse sia umane che materiali. Precedentemente, sono stata esperto dell'unità tecnica centrale presso l'ufficio emergenza della direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo e ho


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seguito - anche qui con molte indagini e missioni di campo - tutta la vicenda bellica e postbellica nei Balcani. Anche in questo caso, la cooperazione italiana ha funzionato come ombrello di protezione e di coordinamento delle associazioni e delle ONG italiane. Infatti - non so se lo ricordiate - vi fu un episodio in cui morirono tre cooperanti italiani e l'allora ministro degli esteri Beniamino Andreatta stabilì che la nostra cooperazione avesse il compito di tutelare e di aiutare le operazioni umanitarie svolte da ONG e associazioni, dando loro protezione e supporto logistico.
Ci siamo trovati molto spesso ad organizzare, insieme al mondo del volontariato, azioni anche piuttosto impegnative, pericolose e rischiose, che hanno creato delle relazioni, delle amicizie, dei rapporti di fiducia e di credibilità che poi sono stati capitalizzati in seguito.
Infine, questi tre anni sono stata al Ministero degli affari esteri, presso l'unità di crisi la quale dipende, come sapete, dalla segreteria generale e dalla direzione generale emigrazione ed opera in stretto contatto con il comando operativo interforze. Quindi, anche in quel settore è stato possibile stabilire un rapporto molto funzionale con le nostre Forze armate che poi si sono trovate impegnate in varie situazioni all'estero come forze di pace.
Infine, tornando un po' più indietro, ricordo che la prima tappa è stata il periodo trascorso all'ENI - prima come consulente e poi come funzionaria - dove ho seguito le politiche di programmazione per le strategie di approvvigionamento energetico del gruppo ma ho anche svolto, all'interno delle consociate, in particolare della Snamprogetti, un ruolo tecnico per assistere i paesi produttori partner nei settori dell'approvvigionamento idrico, dell'agrindustria e della formazione professionale.


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In grandi linee, questo è il mio background. Vorrei ora passare alla mia breve relazione su quello che, invece, è stato il rapporto con la Presidenza del Consiglio relativamente alla questione in esame.
Sono stata chiamata dall'ambasciatore Olivieri, che era lo sherpa della delegazione italiana, a palazzo Chigi nell'ottobre del 2000. Erano presenti alcuni suoi collaboratori. Mi è stato chiesto se fossi interessata ad occuparmi dei rapporti con le componenti propositive del dissenso al G8, perché il Presidente del Consiglio voleva rendere il G8 di Genova il primo vero summit del dialogo, conformemente ad indicazioni piuttosto precise che erano state sviluppate dal precedente G8 di Okinawa del luglio 2000 e che auspicavano un maggiore coinvolgimento della società civile nelle decisioni sulle grandi tematiche internazionali. Quando mi è stata offerta questa possibilità ho accettato molto volentieri perché il tema era di grande attualità, il rapporto con le associazioni - le ONG - mi era familiare e, quindi, si trattava di iniziare un'avventura appassionante e di grande interesse. Occorreva, comunque, individuare delle controparti affidabili in questa vasta galassia del movimento del dissenso con cui costruire una percorso di confronto delle idee, ed eventualmente - mi si disse anche - organizzare una sorta di forum parallelo a quello ufficiale. Spiegherò successivamente il motivo per il quale è sorta l'idea del forum parallelo da parte delle istituzioni. Non si escludeva, infatti, la possibilità che proposte ed opzioni del dissenso potessero essere recepite dal Governo ed inserite nell'agenda italiana per il G8.
Il mio compito aveva due aspetti. Una parte sarebbe consistita nel seguire il lavoro di un gruppo di istituti di ricerca - 4 istituti in particolare - che la Presidenza del Consiglio aveva già individuato: l'Ipalmo, il Cespi, lo IAI e l'Iceps.


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Quest'ultimo è l'istituto per la cooperazione economica e lo sviluppo. Sono istituti che si sono occupati sempre di tematiche internazionali e che hanno un discreto network di rapporti e staff relativamente preparati. In questo caso si trattava di mettere in contatto gli istituti con le componenti più qualificate del movimento e, in qualche modo, gli istituti dovevano registrare le opzioni più interessanti, più significative del movimento ed individuare possibili complementarità con le tematiche del G8.
In questo tipo di attività, ovviamente, la collaborazione del movimento di contestazione era fondamentale perché esso elabora continuamente posizioni, le porta avanti, le precisa meglio nel tempo. Quindi non esiste, sostanzialmente, una documentazione scritta che permetta di catalogarle, classificarle e distinguerle sulla base dei loro contenuti; è un lavoro continuo quindi serviva proprio una sorta di registrazione in progress per vedere a che punto si era arrivati per valutare anche i rispettivi livelli di qualità. Sono stati cercati gli esponenti più qualificati delle campagne per la cancellazione del debito, per la riforma della Banca mondiale, dell'Organizzazione mondiale del commercio, per la lotta alla povertà e così via. Queste erano le tematiche più importanti perché venivano trattate direttamente dal G8. Il mondo dell'associazionismo, ovviamente, tratta molti più temi ed il mondo delle campagne è molto più vasto. Queste erano, però, le principali. I suddetti temi implicavano rapporti con ampi settori, non solo delle ONG. Ciò è importante perché mi pare che ci sia stato l'interesse a capire se questa rappresentanza del dissenso al G8 fosse passata da un tipo di composizione ad un'altra. Mi spiegherò meglio successivamente, quando vorrete chiedermelo. In realtà bisognava trattare con entrambe e direi che il mondo dell'associazionismo è più importante come varietà di


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temi trattati e, soprattutto, come capacità di mobilitazione della piazza. Questo, per noi, era un punto abbastanza delicato. Tanto per citare qualche esempio, il tavolo Intercampagne, la tavola della pace, quella famosa della marcia di Assisi, ricordo le iniziative dell'Arci, delle Acli, il forum del terzo settore e così via.
Dal lavoro congiunto fra gli istituti che prima ho citato e le varie componenti del movimento e dei loro rispettivi link internazionali (il lavoro teneva conto anche dei referenti internazionali e non solamente della posizione italiana: essendo il G8 formato da otto paesi dovevano in qualche modo figurare anche le idee e l'evoluzione del pensiero dei nostri interlocutori) (Interruzione del deputato Boato)... Ho indicato il tavolo Intercampagne, che ha facilitato il nostro compito.
Da quel lavoro, dicevo doveva uscire un quadro abbastanza complesso: la fisionomia politico-culturale del dissenso nelle sue rivendicazioni fondamentali, il livello di approfondimento delle proposte e l'esistenza o meno di complementarità con le posizioni ufficiali del G8.
L'altra parte del mio incarico, quella più dura consisteva nel verificare se, al di là del confronto culturale e politico di tipo cartaceo o del forum stanziale presso gli istituti, esistesse la possibilità di costruire un'occasione di forum parallelo a Genova dove il confronto potesse avvenire a distanza ravvicinata ma in modo pacifico e tale che non pregiudicasse la sicurezza e lo svolgimento del vertice ufficiale: queste erano le condizioni di partenza.
Questo lavoro implicava, quindi, una quantità di contatti con istanze molto diverse e con un arco ancora più ampio di soggetti del dissenso, in particolare con quelli in grado di mobilitare azioni di massa. Dico più ampio perché, nel frattempo, proprio in previsione del vertice e degli ultimi


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eventi che, nel 2000, lo avevano preceduto, si erano andate formando delle aggregazioni nuove rispetto a quelle che ho citato prima: si era formata, ad esempio, la rete Lilliput, si era formata la rete contro il G8 e si erano formati raggruppamenti di movimenti cattolici di base. Inoltre era mio compito stabilire contatti con gli enti locali e in particolare con il comune e la provincia che avevano la giurisdizione sulla disponibilità di spazi e strutture da mettere a disposizione dell'eventuale forum alternativo (questa parte del mio lavoro è quella che è divenuta, poi, più importante rispetto a quella sugli istituti).
Il mio incarico è cominciato, nei fatti, nel mese di novembre, ma il relativo contratto è stato formalizzato successivamente, un paio di mesi dopo, quando anche i servizi amministrativi della struttura di missione hanno cominciato a funzionare. I termini del mio contratto sono riportati nel curriculum che ho depositato agli atti. Cito, dal mio contratto, alcune delle funzioni assegnatemi: per curare le relazioni con le organizzazioni non governative e le associazioni interessate alla formulazione di ipotesi inerenti i temi trattati in sede del G8, nonché predisporre, con le autorità locali, progetti di attività collaterali a quelli ufficiali del summit, al fine di dare visibilità e possibilità di confronto alle componenti propositive non violente.
Premesso che i motivi della scelta dovrebbero essere richiesti a chi l'ha compiuta, posso, tuttavia, riferire come la stessa mi è stata motivata, e cioè in ragione della mia pluriennale esperienza istituzionale. Uso il termine «istituzionale» perché il ministro Vinci Giacchi ha dichiarato che era necessaria una persona «non istituzionale» (probabilmente intendeva dire «non di apparato»); ho lavorato, a tempo pieno, nelle strutture del Ministero degli affari esteri per 17


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anni e sono andata via solo per ragioni di salute due mesi prima; posso quindi dire che il mio connotato restava la formazione istituzionale.
L'incarico mi venne conferito, dunque, in ragione della mia pluriennale esperienza istituzionale, terminata nel settembre 2000 per problemi di salute: ho avuto problemi al sistema immunitario derivanti dal mio prolungato soggiorno in Bosnia e sono quindi stata costretta a rassegnare le dimissioni per poter effettuare degli accertamenti più approfonditi, che per fortuna hanno rivelato che il problema era meno grave di quanto sembrasse. Nella scelta hanno contato soprattutto il lavoro svolto in Bosnia presso l'unità di crisi, lavoro che richiedeva capacità organizzative in situazioni difficili e di emergenza, nonché grande discrezione e lealtà - dico questo perché credo che qualche componente del Comitato abbia chiesto se potevo essere giudicata una persona leale verso le istituzioni: chi è passato per l'unità di crisi riceve, effettivamente, una sorta di battesimo in questo senso -, e le numerose esperienze fatte nell'ambito della mia attività di cooperazione allo sviluppo con diverse organizzazioni non governative, associazioni di volontariato e della società civile. In queste esperienze, maturate soprattutto sul campo, nell'area dei Balcani, durante e dopo il periodo bellico, la cooperazione svolgeva una funzione di ombrello, supporto e coordinamento che mi ha permesso di consolidare rapporti, valutare la serietà ed affidabilità delle organizzazioni e delle persone con le quali collaboravo, molte delle quali ho ritrovato impegnate nel movimento di dissenso post Seattle.
C'era stato poi il precedente di Ancona nella primavera-estate del 2000, pochi mesi prima, in occasione della conferenza adriatico-ionica, per la quale si annunciava qualche forma di contestazione. Le contestazioni erano già cominciate:


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ce ne erano state a Bologna ed in altre città d'Italia, quindi ci si aspettava ve ne fossero anche ad Ancona, visto che si trattava di una conferenza internazionale. In quella occasione ho svolto, per conto del Ministero degli affari esteri, una funzione di mediazione con il mondo dell'associazionismo e delle ONG. Tale mediazione aveva portato, nei giorni del summit ufficiale, ad un forum parallelo assolutamente pacifico e costruttivo, tanto che le conclusioni furono lette, da una delegazione di contestatori, in una seduta plenaria della conferenza ufficiale.
MARCO BOATO. Può dirci esattamente di quale conferenza si trattava ?
MARGHERITA PAOLINI. La conferenza adriatico-ionica per la sicurezza e lo sviluppo di quella regione: una conferenza promossa dal Governo italiano e fatta propria anche dal patto di stabilità perché rientrava nei suoi obiettivi.
Queste sarebbero dunque le ragioni per le quali ero stata individuata e per cui mi era stata fatta questa proposta. È evidente che Genova non era Ancona, ma per i meccanismi e l'approccio adottati c'era la speranza di poter replicare quella esperienza
Il mio lavoro si è svolto essenzialmente in tre fasi. Nel primo periodo, da novembre 2000 a febbraio 2001, ho concordato con i settori più riconoscibili del movimento una rappresentanza ristretta di interlocutori, al fine di facilitare sia i gruppi di lavoro con gli istituti sia gli incontri istituzionali, il primo dei quali si è svolto a Palazzo Chigi nel dicembre 2000, proprio con lo sherpa ambasciatore Olivieri. In quella circostanza fu ribadita dall'ambasciatore Olivieri l'intenzione della Presidenza del Consiglio di procedere sull'ipotesi del dialogo costruttivo. Da parte del movimento, tra le varie anime


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del dissenso, si era, nel frattempo, formato il cosiddetto «patto di lavoro», prevalentemente per presentare le organizzazioni italiane in maniera coordinata agli appuntamenti no global - per ora utilizzerò questo termine anche se in seguito vorrei specificare più nel dettaglio - che si sarebbero svolti a Nizza, in dicembre, e poi a Porto Alegre, in febbraio. Il patto di lavoro era dunque il modo in cui l'Italia si presentava agli appuntamenti del dissenso internazionale. Il risultato di questo primo periodo - da novembre a febbraio - è l'organizzazione di un tavolo di coordinamento; il termine è importante anche se poi questo tavolo non ha avuto grande fortuna, ma fu chiamato così perché vedeva per la prima volta insieme una rappresentanza abbastanza nutrita del patto di lavoro, che stava già cominciando a diventare il Genoa social forum, tutti gli enti locali, il questore, il prefetto e così via.
In questa sede, da parte delle istituzioni locali e della regione, che in un primo tempo si era dimostrata piuttosto refrattaria a questa ipotesi, venne dichiarata la disponibilità a sostenere una serie concordata di eventi che desse visibilità al dissenso in forme pacifiche, escludendo tuttavia la settimana precedente il vertice. Questo documento - che è stato citato, credo, in precedenti audizioni - fu stilato perché era necessario che le istituzioni locali si presentassero con un approccio unitario di fronte alle richieste del Patto di lavoro e del Genoa social forum: infatti, si era raggiunto l'accordo (anche da parte della regione) da un lato, di dare sostegno ad una sorta di percorso degli eventi paralleli al G8 e, dall'altro, di non oltrepassare il limite temporale della settimana precedente il vertice, che costituiva la preoccupazione del presidente Biasotti.
Comunicammo questa posizione alla rappresentanza del Patto di lavoro, che ci espose sommariamente le sue necessità


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in termini di spazi ed attrezzature, nonché in termini di contemporaneità degli eventi paralleli a quelli ufficiali; ci venne inoltre fornita una mappa della città con le indicazioni relative ad una prima ricognizione di luoghi e percorsi. Il verbale dell'incontro tra le istituzioni ed il Genoa social forum, insieme alla mappa, che per la prima volta riportava indicazioni concrete sul terreno, venne poi consegnato alla struttura di missione ed in seguito percorse il suo iter burocratico. Come nella fase successiva, durante questo periodo ho svolto anche un'azione di monitoraggio sulla documentazione che veniva prodotta dai famosi quattro istituti, verificando la sua rispondenza ai termini di riferimento fissati per questo lavoro: leggevo dunque tutta la documentazione per capire se fosse corrispondente ai loro contratti e soprattutto se cominciasse ad acquistare un certo significato, se potesse essere interessante per indicarci una sorta di piattaforma del movimento, delle sue componenti propositive. Come in tutte le altre fasi, il mio compito era quello di tenere costantemente aggiornato il capo della struttura di missione, ministro Vinci Giacchi, sull'andamento delle trattative e sull'evoluzione organizzativa e politica del GSF, valutando anche la fattibilità del progetto complessivo.
Nel secondo periodo, da metà febbraio a fine maggio, si sarebbe dovuto decidere se procedere o meno con queste ipotesi e dare quindi inizio, almeno in parte, alla realizzazione concordata del progetto; vi è stata una caduta di interesse da parte del Governo, che si è subito avvertita, nel senso che non si aveva più un interlocutore con cui dialogare o degli input, delle direttive su questioni che cominciavano a diventare scottanti. Ovviamente, le aspettative create dai nostri primi contatti con il Genoa social forum si stavano tramutando in inquietudine ed agitazione: evidentemente il Genoa social


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forum, sulla base di queste aspettative, aveva preso contatti con movimenti e organizzazioni internazionali, pensando ad un'organizzazione «in grande» del controvertice che invece non si stava concretizzando, creando loro un grande imbarazzo. Ciò poneva in grande difficoltà le componenti propositive, cioè quelle maggiormente interessate a dialogare con le istituzioni, rispetto a quelle più dure, non dico le più violente, ma quelle che sostenevano che il dialogo con le istituzioni fosse assolutamente inutile. A proposito di tale caduta di interesse, ricordo che la gestione del G8 era stata trasferita, su richiesta del Presidente Amato, dalla Presidenza del Consiglio al Ministero degli affari esteri. Vi è stata dunque una difficoltà nel passaggio ad interlocutori diversi: poiché la questione del forum parallelo costituiva un problema più di politica interna che di politica estera, il Ministero degli affari esteri non era l'istituzione che potesse fornire un impulso decisivo riguardo a tale questione. Durante questo periodo non era stato dato più seguito alle richieste del Patto di lavoro (trasformatosi a marzo nella struttura del Genoa social forum per adeguarsi all'appuntamento internazionale di contestazione al G8), ma ho mantenuto comunque rapporti informali con le ali propositive del movimento, che il silenzio delle istituzioni indeboliva rispetto a quelle più radicali. Anche la conclusione del lavoro dei quattro istituti, nell'ambito di un convegno internazionale svoltosi a Firenze ai primi di aprile, non ebbe seguito operativo e restò lettera morta, nonostante avesse indicato un'ipotesi di confronto piuttosto interessante. Firenze doveva essere il punto di partenza ed invece, purtroppo, è stata la tappa di arrivo.
Di fronte alla crescente insofferenza dei nostri interlocutori nel movimento, ho cercato di sottolineare più volte all'autorità di Governo, tramite la struttura di missione, la necessità di


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fornire rapidamente risposte concrete - magari negative o anche solo parziali - affinché il baricentro del movimento non si spostasse progressivamente verso le componenti dure o affatto interessate al dialogo, esistenti all'interno del GSF.
In questo periodo (il 20 aprile) si svolse anche la seconda ed ultima, per quanto riguarda la passata legislatura, riunione ufficiale di Genova, convocata dal prefetto, che nel frattempo era stato incaricato di gestire le trattative per conto del Viminale, ma senza istruzioni a procedere in termini operativi. La seconda riunione del tavolo di coordinamento ebbe carattere meramente interlocutorio e indispettì moltissimo tutte le componenti del Genoa social forum, che minacciarono addirittura di occupare la sala della prefettura dove ci eravamo riuniti.
La situazione di stallo era dunque talmente negativa che pensai seriamente di dimettermi, preannunciandolo sia al ministro Vinci Giacchi che ad alcuni esponenti del Genoa social forum. Mi fu fatto presente che le mie dimissioni avrebbero interrotto l'ultimo filo di comunicazione diretta e non burocratica tra le istituzioni ed i rappresentanti del movimento. Decisi quindi di rimanere e di approfondire almeno il lavoro di analisi dell'evoluzione del movimento, che era molto veloce, e delle sue capacità organizzative e propositive. A maggio assistetti, in qualità di osservatore, al convegno internazionale preparato dal Genoa social forum per discutere l'organizzazione e la piattaforma in vista del G8, per capirne umori e tendenze. Continuai, naturalmente, a mantenere i rapporti, in maniera formale ed amichevole, con le autorità locali e con il prefetto, ma non ci furono più riunioni ufficiali per questioni di opportunità e per non esasperare ulteriormente...
MARCO BOATO. Ricorda la data di questo convegno?


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MARGHERITA PAOLINI. Si tenne a maggio: in seguito potrò confermarlo con maggiore precisione, perché ho la lista dei miei spostamenti a Genova.
Il terzo periodo inizia a giugno, quando si forma il nuovo Governo, ed arriva fino al vertice di luglio; la situazione cambia radicalmente, specialmente dopo i fatti di Göteborg, a cui erano presenti il Presidente Berlusconi ed il ministro degli affari esteri. Il nuovo Governo si convince della necessità di evitare il peggio, dando sfogo alla contestazione non violenta, dando spazio al dialogo e promettendo visibilità alla parte pacifica del movimento: ricordo perfettamente che queste furono le parole che vennero pronunciate. In questo nuovo contesto è stato utilizzato il fatto di aver mantenuto collegamenti costanti e di aver continuato il lavoro di analisi e di proposta. Il nuovo Governo cercava affannosamente di recuperare il tempo perso e quindi le informazioni supplementari, le indicazioni ed altro erano ben viste e sollecitate.
Ho avuto, quindi, incontri di lavoro con gli uffici della Presidenza del Consiglio, con il segretario generale della Farnesina, con il ministro degli affari esteri ed il suo staff, i quali si erano attivati per recuperare il tempo perduto. Ho partecipato a due riunioni ufficiali, piuttosto importanti, tenutesi presso il Ministero degli affari esteri, la prima delle quali, il 28 giugno, era la riunione famosa in cui il Governo ha incontrato tutta la struttura rappresentativa del GSF: rappresentativa non perché era quella scelta da noi, perché non coincideva in toto con la nostra che era più ristretta e più selettiva, bensì quella scelta dal Genoa social forum, in cui - anche se potremo parlarne più diffusamente dopo - erano presenti tutte le componenti del Social forum, le quali naturalmente si controllavano un po' a vicenda, rispetto all'incontro ufficiale. Il 14 luglio si tenne, invece, una seconda


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riunione, che il ministro degli affari esteri volle convocare con tutto il mondo delle ONG ufficiali e del terzo settore (quest'ultimo comprende molte formule associative ed anche interessanti ipotesi di microeconomia come l'Antiglobal o Per una nuova globalizzazione, o come la Banca etica, il Commercio equo e solidale e così via). Questa seconda riunione si proponeva di lanciare un messaggio per la prosecuzione del dialogo dopo Genova, anche nella prospettiva di allentare la tensione e per dimostrare una disponibilità ad andare avanti sui temi che interessavano la maggior parte del movimento.
Da allora e fino alla conclusione del summit, ho seguito direttamente sul terreno l'evolversi della situazione e del programma operativo di implementazione del Social forum. Ma, soprattutto nei giorni caldi del vertice, ho seguito sul terreno proprio lo svolgersi dei fatti - per quanto mi era possibile - al fine di verificare l'effettivo comportamento delle varie componenti del movimento, così come le avevo individuate nel mio lavoro analitico.
PRESIDENTE. La ringrazio, architetto Paolini, per la sua relazione.
Passiamo agli interventi dei colleghi che hanno chiesto di parlare.
FABRIZIO CICCHITTO. La ringrazio, architetto, in primo luogo per la sua esposizione, che ci ha consentito di chiarire meglio la sua figura professionale ed, altresì, di comprendere maggiormente la congruità del suo profilo professionale con il ruolo e il compito da lei svolto. Credo, quindi, che lei sia ulteriormente in grado di aiutarci a capire alcuni altri aspetti.
Mi sembra che dalla sua esposizione sia confermato quello che lei ha detto in un'intervista al Il Secolo XIX: se il Governo precedente avesse avuto un po' più di coraggio, il GSF avrebbe


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potuto sviluppare una maggiore vigilanza senza l'affanno di dover accogliere 200 mila persone, e probabilmente le forze dell'ordine avrebbero potuto organizzarsi meglio anche per filtrare le frontiere. A me sembra che lei ci possa aiutare ad identificare un percorso che riguarda il precedente Governo, percorso che secondo me presenta dei buchi e delle carenze allucinanti. Il 30 gennaio, il Presidente del Consiglio le conferisce l'incarico, però poi in aprile affida un incarico sostanzialmente simile al prefetto. Il 2 febbraio, il Presidente del Consiglio delega tutto al ministro degli affari esteri; ciò ha una logica, per cui fino alla data che poi dirò, il ministro dell'interno praticamente scompare, o non compare mai, in questa vicenda: situazione assolutamente singolare. L'8 febbraio vi riunite e decidete di limitare al 15 luglio lo svolgimento di manifestazioni capaci di aggregare masse di persone. Ciò provoca, in data 19 marzo, una polemica violentissima da parte del Genoa social forum, il quale attacca il Governo, voi, accusando di non rispettare il diritto costituzionale di manifestazione. Avviene, poi, un fatto strano: in data 11 aprile - lei potrebbe aiutarci a comprendere tale circostanza, perché risulta contraddittoria con quanto detto prima ed anche con quanto affermato dopo tale data - il Genoa social forum invia una lettera in cui sostiene di aver apprezzato gli impegni assunti dal Governo nella sua collegialità, al fine di non procedere alla chiusura delle frontiere e di garantire il rispetto del diritto di espressione e manifestazione anche nei giorni del vertice del G8. Ciò non è, però, confermato da una riunione, svoltasi il 20, nella quale viene invece ribadita la riserva sulla contemporaneità delle manifestazioni. Dopodiché, c'è una sorta di fuga, nel senso che scompare un po' tutto (così come lei ci ha accennato): il Governo è assolutamente latitante rispetto alla situazione, ma si «risveglia» il 14 maggio quando


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arriva una nota del segretario generale Vattani al ministro, nella quale si afferma che, alla luce dei problemi organizzativi evidenziati durante la tornata elettorale del giorno prima - comprendiamo tutti il significato, è un leggero appunto alla operatività del Ministero dell'interno -, risulta ancora più urgente la necessità di affrontare con decisione gli aspetti della sicurezza legati al vertice di Genova e di approfondire il piano generale della sicurezza che includa la prevenzione e la gestione delle previste manifestazioni antivertice. Quindi, le manifestazioni antivertice, che scomparse il 20 aprile, in effetti sono ricomparse silenziosamente e stanno sul tavolo del Governo che le ha date per attuabili, cioè le ha di fatto concesse. Ciò è confermato da una lettera che il ministro degli affari esteri, in data 14 maggio, rispondendo alla sollecitazione di Vattani, invia al professor Giuliano Amato, nella quale si dice: «Non posso non rilevare come l'estrema ristrettezza del tempo che ci separa dal vertice e il confermarsi di notizie allarmanti sulla partecipazione ad eventi collaterali da parte di manifestanti antiglobalizzazione, le ricadute negative di immagine per il nostro paese che si sono avute con i resoconti dei media sullo svolgersi delle consultazioni elettorali, rendano particolarmente impegnativa e urgente la predisposizione di un piano dettagliato e credibile per la sicurezza e l'ordine pubblico a Genova».
Questo viene scritto, ripeto, dal ministro degli affari esteri al Presidente del Consiglio dei ministri in data 14 maggio. «Occorrerà in particolare» - si legge ancora - «che il Ministero dell'interno» - tale riferimento compare per la prima volta - «illustri come intenda assicurare la funzionalità della città e del vertice in presenza di un numero prevedibilmente elevato di manifestanti antiglobalizzazione, parte dei quali verosimilmente animati dall'obiettivo di impedire il


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corretto svolgimento dell'evento». In data 18 maggio, il ministro degli affari esteri scrive al ministro dell'interno: «Per quanto riguarda le manifestazioni» - considerate tutte accettate ed acquisite dal precedente Governo, che però non se ne è occupato, in quanto compare solo in tale momento il riferimento alla figura del ministro dell'interno - «abbiamo preso nota che verranno emanate disposizioni affinché esse siano consentite soltanto in luoghi e con modalità tali da non interferire con lo svolgimento del vertice e con la sicurezza dei partecipanti. In particolare, verrà identificato un percorso unico predeterminato a sufficiente distanza dalla zona rossa». La concomitanza delle manifestazioni, quindi, è stata già assunta ed acquisita dal precedente Governo senza, però, che vi sia traccia di un lavorio più visibile per alcuni mesi. Tale impressione, ricavabile da una ricostruzione temporale degli avvenimenti, mi sembra convalidata dalla sua esposizione. La mia è una domanda in un certo senso retorica, in quanto le do atto della onestà intellettuale con la quale ci ha rappresentato l'andamento della situazione.
GIANNICOLA SINISI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, credo che il mio intervento possa giovare, se lei riterrà di condividerlo, all'ulteriore prosieguo dei nostri lavori. Lei, più volte, ci ha richiamato alla necessità che le domande abbiano effettivamente un contenuto propositivo e siano tese ad ottenere una risposta delle persone che abbiamo l'opportunità di ascoltare attraverso le audizioni. L'onorevole Cicchitto, nell'intervento testé svolto, ha invece introdotto, con le sue domande, un


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insieme di tesi e di ipotesi suffragate, in qualche misura, da interpretazioni assolutamente non condivise in quanto smentite da documenti, fatti e audizioni già svolte. Colgo l'occasione per affermare che se il meccanismo è quello di introdurre surrettiziamente, attraverso le questioni, tesi ...
FABRIZIO CICCHITTO. C'è libertà di parola, onorevole Sinisi!
GIANNICOLA SINISI. Rispetto fino in fondo la sua libertà di parola, onorevole Cicchitto, ma in questo momento sono tenuto a rivolgermi al presidente.
Mi rivolgo a lei, signor presidente, ma anche ai colleghi. Ciascuno di noi si è formato o si sta formando un'idea, e, proprio per tutelare la libertà di formazione delle nostre opinioni attraverso le risposte degli auditi, le chiedo, signor presidente, di volere rendere esplicito - qualora ciascuno di noi, me compreso, dovesse fuoriuscire da questo binario - il richiamo che lei ha formulato, affinché le domande siano effettivamente tali e non costituiscano la proposizione di tesi.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Sinisi; credo di aver già espresso il mio convincimento al riguardo.
MARGHERITA PAOLINI. Vorrei svolgere un'osservazione - se mi permettete - forse di carattere induttivo. Ho avuto l'impressione, parlando con le forze di polizia e con il prefetto, che fosse ormai maturata la convinzione che le manifestazioni non si sarebbero svolte, ma che vi sarebbe stata una mobilitazione di piazza inevitabile. La preoccupazione principale - come si sa - è stata, quindi, quella di concentrare tutti gli aspetti della sicurezza sulla zona rossa. Ciò dimostra che occorreva evitare fatti particolari; non si trattava di un'operazione


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di polizia, di ordine pubblico, ma quasi di carattere antiterroristico all'interno della zona rossa. Questa era prevalentemente la preoccupazione di Vattani. La mia impressione è stata che il Governo precedente avesse mantenuto una linea di generica disponibilità, ma che poi (come è successo per le consegne date al prefetto, che però non avevano indicazioni pratiche) di fatto la situazione si facesse pian piano «scivolare», in quanto si presentava molto difficile, ostica e pericolosa, e il Ministero degli affari esteri non fosse in grado di svolgere questa operazione politica di intelligence. Forse le strutture del Viminale sono state un po' deboli in tal senso: non lo so, può darsi. Da quanto ricordo, le forze di sicurezza, così come il prefetto, con il passare del tempo, con l'avvicinarsi della scadenza elettorale, erano assolutamente convinte che le manifestazioni, quelle regolari, non ci sarebbero state, mentre occorreva tutelarsi dai moti di piazza in quanto il processo di aggregazione verso Genova era ormai inarrestabile.
FRANCO BASSANINI. Vorrei porre un insieme di domande: l'architetto Paolini valuterà a quali di queste rispondere. Innanzitutto, non è chiaro quali esperienze pregresse lei avesse in materia di globalizzazione e in materia di ordine pubblico. Sicuramente lei ne avrà, ma non sono citate nel curriculum, nel quale invece sono menzionate esperienze riguardanti cooperazione, sviluppo territoriale, ricostruzione, e così via, che non riguardano l'incarico ricevuto.
Vorrei conoscere i soggetti ai quali lei riferiva in base all'incarico ricevuto, cioè sapere quali fossero i suoi interlocutori, quali le direttive, in particolare riguardo alla scelta degli interlocutori (ONG, Social forum, associazioni varie): era libera di sceglierli o aveva direttive precise in ordine alle finalità del lavoro?


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Pongo un'altra domanda. Lei ha parlato di una caduta di interesse della Presidenza del Consiglio che è sembrata riferita innanzitutto al passaggio della responsabilità dell'organizzazione del G8 dalla Presidenza del Consiglio stessa al Ministero degli affari esteri; caduta di interesse che - come lei sa - è legata all'unificazione di responsabilità in capo al Ministero degli affari esteri, che già ne aveva una parte. A tale proposito non credo - lei ci può chiarire questo aspetto - che ciò comprendesse anche la responsabilità delle questioni relative all'ordine pubblico, che erano prima, durante e dopo, di pertinenza del Ministero dell'interno. A me, almeno, risulta ciò - nonostante le parole dell'onorevole Cicchitto -; lei può confermare se fosse così oppure no? Ho organizzato un'altra conferenza internazionale nella parte che, nel caso in esame, è stata di competenza del Ministero degli affari esteri, cioè il global forum di Napoli, e la responsabilità della sicurezza e dell'ordine pubblico è sempre stata del Ministero degli affari esteri, anche se non veniva citato, in quanto era implicito che fosse così. Vorrei sapere se fosse così anche in questo caso.
Le vorrei porre un'ulteriore domanda. Lei mi è sembrata molto preoccupata di garantire la visibilità alla parte pacifica del movimento. Lo capisco, perché ciò rappresenta un modo per disinnescare i rischi e per evitare che prevalgano le frange violente. Le chiedo tuttavia se nello svolgimento delle varie attività a lei affidate, così come negli incontri dell'11 e del 20 aprile, nonché del 14 e del 18 maggio, si sia cercato di avviare con tali organizzazioni (ONG, GSF) un ragionamento su ciò che le istituzioni ed il movimento potevano fare, collaborando, per isolare le frange violente e per evitare che queste potessero produrre - danni, devastare e persino inquinare l'immagine delle manifestazioni pacifiche del dissenso. Si è posto questo problema? Se ciò è stato fatto, in che termini? Quali risposte


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si sono date? Cosa è stato fatto per cercare di organizzare, in funzione di questo, l'azione delle istituzioni, delle forze dell'ordine ed anche le facilities che venivano giustamente concesse alle organizzazioni che preparavano la manifestazione pacifica del dissenso? Si è cercato, per così dire, di capire come si potesse dare ospitalità ai manifestanti pacifici - che esercitavano un diritto legittimo di dissentire, di manifestare posizioni antagoniste - e, invece, isolare le organizzazioni violente che erano, sulla base della documentazione a nostra disposizione, ben note? Tutto ciò rappresenta una questione rilevante, su cui peraltro rivolgerò domande anche agli altri interlocutori politici. Lei aveva un ruolo operativo, e vorrei perciò capire cosa abbia visto e vissuto al riguardo.
MARGHERITA PAOLINI. Senatore Bassanini, la ringrazio per avermi dato l'opportunità di soffermarmi un po' di più sui dettagli. Ha ragione circa la mancanza, da parte mia, di un'esperienza declarata sui problemi della globalizzazione; devo dire però di possedere certamente una cultura in materia. Nel caso in oggetto non si trattava comunque di avere, o meno, una cultura in termini di globalizzazione (e comunque ho cercato di colmare rapidamente certe lacune, perché faceva parte anche del mio lavoro aggiornarmi sugli aspetti più rilevanti): il mio compito era piuttosto di carattere analitico ed eventualmente organizzativo, con esclusione però dei problemi riguardanti la sicurezza, perché non avevo alcun titolo né competenza per occuparmi di tali aspetti. Ciò che potevo limitarmi a fare, e che in effetti ho fatto, era considerare se con certi movimenti e certi personaggi si potesse dialogare, instaurare un colloquio franco. Tale aspetto era infatti assolutamente indispensabile.
Ciò che vorrei sottolineare è che comunque non ci trovavamo di fronte al migliore dei mondi possibili, bensì ad una


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situazione che rischiava di diventare esplosiva. Sapevamo cioè che l'evento di contestazione al G8 era ineludibile e che sarebbero arrivate decine di migliaia di persone, anche se di preciso non sapevamo quante. Non solo, ma sapevamo che esistevano forze politiche ed organizzazioni all'interno della stessa Genova e nella Liguria che avrebbero comunque tentato di manifestare anche qualora si fosse vietata qualsiasi forma di manifestazione. Perciò era evidente per tutti la necessità di dover canalizzare in qualsiasi modo tali energie ed aspettative (quelle delle forze migliori) in una direzione positiva. Se si fossero chiuse tutte le porte, si sarebbe creata una pentola a pressione. Potevamo anche sigillare tutte le frontiere, ma le contestazioni sarebbero venute anche dall'interno e ciò avrebbe messo comunque a rischio la sicurezza del vertice perché era dentro la zona rossa che si sarebbero poi potuti verificare i problemi. Si può infatti sigillare tutto, persino i tombini, ma è dentro la stessa città che esistono comunque...
FRANCO BASSANINI. Di questo siamo convinti.
MARGHERITA PAOLINI. Mi scusi, mi sono dilungata. Volevo solo chiarire come non si avessero molte scelte, ma solo la possibilità di cercare di mantenere un contatto con le forze più responsabili, per dare loro un leggero margine di manovra, che esse avrebbero poi potuto usare con le frange più ostiche. Sto comunque sempre parlando di organizzazioni non violente che avevano però un concetto del dialogo piuttosto particolare.
Rispetto alle sue domande circa i miei interlocutori e le direttive che ricevevo, ribadisco quanto è scritto nel mio contratto: riferivo cioè al responsabile di missione, ma ho avuto anche alcuni incontri sporadici....
FRANCO BASSANINI. Il suo referente era il ministro Vinci Giacchi?


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MARGHERITA PAOLINI. Si, proprio così. Stavo dicendo che ho avuto però anche alcuni incontri con i rappresentanti del Viminale all'interno della struttura di missione, in particolare con il prefetto Gianni, con cui ho scambiato anche alcune idee. Mi sembra invece di aver visto il prefetto Andreassi solo nel corso di una riunione generale, e non ho avuto quindi modo di parlargli.
Quanto alla caduta di interesse, la intendevo come mancanza di input: essi non giungevano né a noi, coinvolti nelle trattative, né al prefetto, sebbene le funzioni svolte fossero diverse. L'incarico ricevuto dal prefetto da parte del Viminale aveva infatti un contenuto molto preciso, riguardante il compito di trattare con il GSF per quanto concerne gli spazi, i percorsi e così via. Si trattava cioè di aspetti riguardanti il territorio della città di Genova. Il tipo di rapporto che avevo io presentava invece un carattere più di contenuto e politico (di politica interna al GSF, non politico in senso istituzionale).
FRANCO BASSANINI. Mi faccia capire cosa vuol dire che al riguardo non arrivavano input. Lei non doveva trattare le caratteristiche delle manifestazioni o i loro itinerari; non era suo compito farlo. Suo compito era invece avviare un rapporto sui problemi della globalizzazione, le proposte, le alternative. Lei su questo ha riferito all'unità di missione e al ministro Vinci Giacchi? Ha presentato delle proposte o una relazione? Può dire che le è mancato un input nel senso di una risposta? Esistono suoi documenti scritti su ipotesi e proposte derivanti dai rapporti da lei intrattenuti con il GSF?
MARGHERITA PAOLINI. Come ho spiegato, il mio compito riguardava due aspetti: monitorare il lavoro dei quattro istituti - e ciò rappresenta l'incarico più attinente ad una sorta di cultura sulla globalizzazione - e , soprattutto, vedere quali


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potessero essere le posizioni complementari, assimilabili, o anche di dissenso, che fossero comunque confrontabili con quelle del G8. Questo lavoro è stato sviluppato con relativa facilità e tranquillità, solo che si è fermato a Firenze e non è più continuato. Tutti invece ci aspettavamo che Firenze fosse la piattaforma da cui si sarebbe partiti per poi arrivare al summit. Su tali aspetti gli istituti, in particolare l'IPALMO, ha pubblicato un interessante rapporto che rappresenta però un punto di partenza e non certo di arrivo.
Per quanto riguarda i percorsi e quant'altro, era il prefetto ad avere il potere di verificare e analizzare se i percorsi stessi e gli spazi fossero compatibili o meno con gli aspetti della sicurezza.
Tuttavia, di tale questione ho parlato anche con il Genoa social forum nel periodo in cui si trattava di non mollare il filo dei rapporti. Ho anche utilizzato il mio tempo per andare a visitare alcuni luoghi (scuole, palestre eccetera) allo scopo di disporre di un quadro di opzioni e di capire se potesse esserci fattibilità in merito a tale vicenda. Ne ho parlato anche con il ministro Vinci Giacchi il quale, al tempo stesso, seguiva la parte importante degli spostamenti e della logistica delle delegazioni perché ciò influiva sul fatto che uno spazio fosse dichiarato compatibile o meno. L'ambasciatore Vattani ha affermato che il lavoro sulla questione delle delegazioni è stato molto faticoso. Molte di esse fino all'ultimo non hanno deciso; quindi gran parte della città rimaneva off-limit a questo tipo di analisi.
Quando ho parlato del tempo perduto, ho fatto riferimento a ciò perché (senza parlare di manifestazioni o di cose più impegnative) un segnale concreto, uno spazio si poteva, a mio


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avviso, concedere al GSF perché potesse cominciare ad organizzare i suoi inviti e quant'altro; una rappresentatività, una visibilità anche minima si poteva dare.
Abbiamo fin dall'inizio cercato il contatto con la parte pacifica e non violenta; è stata la mia prima preoccupazione perché ciò costituiva il mio compito. Il grosso problema è stato che, in seguito alla mancanza di risposte e al fatto che il movimento più ragionevole si fosse trovato spiazzato, si sono ingrossate le file dei soggetti più movimentisti. È venuto meno l'interesse, la priorità dei contenuti del dialogo rispetto al fatto di essere in piazza e di contarsi, proprio per l'indebolimento delle componenti maggiormente propositive.
FRANCO BASSANINI. Non è questo il senso della mia domanda. Posto che lei ha affermato che si è voluto dare spazio, visibilità alle componenti pacifiche, si è discusso con tali soggetti sulle modalità da utilizzare per isolare (con l'azione delle istituzioni) e separare le frange violente che erano state identificate dal lavoro preparatorio di intelligence?
MARGHERITA PAOLINI. Sì, mi scusi... non riuscivo più a leggere la mia pagina di appunti. Certamente, ne abbiamo parlato perché ciò costituiva anche una loro preoccupazione costante. Mi dicevano: più siamo indeboliti dalla mancanza di trattative, più queste frange crescono in arroganza e in capacità di catturare sempre più adepti, perché quella diventava la parte predominante. Con il GSF in particolare, con i miei interlocutori, anche se la questione non mi riguardava direttamente (era troppo importante per non parlarne), ho dialogato spesso su come pensassero di organizzare una sorta di servizio d'ordine (quello che una volta si usava nelle manifestazioni e nelle situazioni critiche) anche perché vi era un clima che preludeva ad una specie di chiamata alle armi.


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È stato interpretato così. Si voleva probabilmente andare a catturare, influenzare le frange oltranziste; pertanto il pericolo esisteva. La difficoltà è stata che questo movimento, che non chiamerei più no global anche perché non ha più molto senso (esso stesso si sta definendo new global, cioè a favore di un nuovo tipo di globalizzazione), odia profondamente la questione del servizio d'ordine come se ciò richiamasse a modalità e mentalità dei partiti di vecchio stampo. Pertanto, per il fatto di volersi liberare dal passato, la questione del servizio di ordine è stata vista come fumo negli occhi anche se poi all'ultimo momento, quando ci siamo.... Mi scusi, senatore Bassanini (Commenti del senatore Bassanini)...
FRANCO BASSANINI. Le spiego la mia reazione. Chiedere a organizzazioni pacifiche di organizzare il servizio d'ordine è una cosa da Cominform, per intenderci. L'ordine, attraverso l'organizzazione di servizio d'ordine, viene gestito dalle istituzioni, dagli apparati dello Stato. La mia domanda è un'altra: si è discusso con tali soggetti sul problema di trovare una forma di collaborazione e di intesa in merito a ciò che lo Stato e costoro avrebbero dovuto fare, insieme, in collaborazione, ciascuno per la propria parte e competenza, senza chiedere loro di organizzare il servizio d'ordine per isolare e quindi non dare alcuno spazio alle frange violente?
PRESIDENTE. Mi sembra, senatore Bassanini, che la domanda fosse chiara fin dall'inizio. L'architetto ha così inteso rispondere, a meno che non abbia altro da aggiungere.
MARGHERITA PAOLINI. Nessuno ha chiesto loro di dotarsi di un servizio d'ordine ma, come ho detto anch'io, si trattava di un certo modo di vigilare. È anche vero che i tempi ristretti hanno spinto il Genoa social forum ad una corsa


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velocissima per organizzarsi; pertanto i problemi a ciò connessi (trovare i siti, la collocazione negli alberghi per gli invitati, i treni che arrivavano, i punti di accoglienza) hanno fatto venir meno l'aspetto pratico ad una preoccupazione che essi, in effetti, hanno manifestato. Credo che vi fosse in una parte di loro una seria volontà di collaborare con gli ambienti giusti per scaricare tale problema, per delegarlo. Tuttavia, è arrivata una quantità di persone notevolmente superiore alle aspettative. La preparazione del forum è stata particolarmente affannosa; per quanto mi è stato possibile riscontrare in quei tre giorni, solo i giovani di Rifondazione comunista si erano in qualche modo autorganizzati (hanno spesso utilizzato lo strumento della catena umana per impedire che entrassero i black bloc). La preoccupazione sostanziale era che frange eversive e violente entrassero all'interno dei cortei, cosa che poi purtroppo si è verificata. Per le forze di polizia è stato estremamente difficile poter poi...... ho visto all'opera i black bloc e posso confermare il loro modus operandi; effettivamente non è stato facile collaborare o semplicemente, in quel momento, indicare a chi di dovere come inseguirli. La situazione è divenuta molto complicata. Comunque, possiamo ritornare successivamente sul punto.
MARCO BOATO. Ringrazio l'architetto Paolini per la sua relazione, che, a mio avviso, sembra particolarmente utile, salvo che non si pretenda di farle dire ciò che ciascuno di noi pensa. Noi dovremo valutare il suo contributo, molto importante e significativo, anche perché copre un versante informativo in parte soltanto accennato in altre audizioni; tuttavia, non possiamo pretendere che sia lei a tracciare il quadro generale, né tanto meno noi in queste circostanze. Questo lo dico senza polemica con alcuno, ma come una sorta di riflessione metodologica.


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Per quanto riguarda le domande, dando per scontate le risposte che lei ha già fornito ai colleghi che mi hanno preceduto, le formulo in maniera puntuale.
Lei ha avuto ufficialmente come referente, come più volte ripetuto, il ministro plenipotenziario Vinci Giacchi. Mi sembra di aver capito - ciò può essere utile anche per comprendere i meccanismi - che il tramite effettivo, attraverso il quale lei è stata incaricata di questa funzione, molto importante e delicata in questa vicenda, sia stato l'ambasciatore Olivieri. Gradirei che lei ce lo confermasse. Mi sembra che lei poi lo abbia citato ripetutamente, definendolo con una tipica espressione tratta dal gergo diplomatico, ovvero sherpa, essendo persona che è stata «a cavallo» fra i due governi, nelle linee retrostanti, ma sempre presente.
Vorrei inoltre chiederle, con riferimento al lavoro di carattere più politico-culturale, se lo speciale della rivista Limes dal titolo « I popoli di Seattle » abbia a che fare con il lavoro cui lei ha fatto riferimento anche per i quattro istituti citati (IPALMO, CESPI, IAI, ICEPS). È qualcosa di analogo, di parallelo? Ha a che fare con quello cui lei ha fatto riferimento?
È evidente inoltre, non soltanto per quello che lei ci ha detto oggi ma in base alle ricostruzioni che stiamo operando, che vi è stata una fase iniziale di rapporti con le ONG tradizionali e le associazioni più conosciute ( le ho fatto una domanda, mentre lei parlava, chiedendole tutti i nomi: Tavolo della pace, ACLI, ARCI, Forum (del terzo settore); successivamente, pur non tralasciando questi interlocutori, ma in aggiunta ad essi, si è sviluppata quella che è stata la configurazione più complessa del Genoa social forum. Lei ha inoltre parlato della rete Lilliput, della Rete anti G8, delle aggregazioni cattoliche di base. Se lei potesse, nei limiti del


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possibile, caratterizzarci meglio questa trasfigurazione presente nel passaggio dagli interlocutori che lei inizialmente ha avuto agli altri che vi si sono affiancati, diventando la parte prevalente, sarebbe un utile contributo.
Vorrei inoltre chiedere semplicemente quando si sia svolta la conferenza adriatico-jonica: a maggio, se non ho capito male. Se potesse ricostruirci meglio la fase, dal momento che lei aveva posto in atto in quell'occasione un micromodello operativo che aveva cercato poi di proiettare....
MARGHERITA PAOLINI. Quando è stato?
MARCO BOATO. Nel 2001 o nel 2000?
MARGHERITA PAOLINI. Siamo nel 2000.
MARCO BOATO. Siamo in una fase nella quale lei non aveva ancora assunto tale incarico. Tuttavia, quell'esperienza è stata utile. Evito di formulare alcune domande poste già da altri colleghi.
Questa vicenda della caduta di interesse in una certa fase, molto più ristretta di quella che apparirebbe, è in qualche modo rintracciabile anche nelle note che ci ha fornito il prefetto di Genova. Ad un certo punto quest'ultimo viene ufficialmente incaricato dei rapporti con il Genoa social forum. Può spiegarci se ed in che misura lei ed il prefetto di Genova, nelle due vesti istituzionali totalmente diverse (il prefetto era l'autorità politica di pubblica sicurezza a livello provinciale, mentre diversa era la sua veste), avete interloquito in merito al rapporto con il Genoa social forum?
Lei afferma inoltre che, successivamente alla riunione del 20 aprile, la seconda ed ultima riunione a Genova convocata dal prefetto nell'ambito del cosiddetto tavolo di coordinamento,


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in una situazione di mancanza di risposta o di stallo cui lei ha più volte fatto riferimento anche nel rispondere al collega Bassanini, aveva pensato di dimettersi. Può spiegarci cosa è successo in quelle circostanze, dal momento che, in genere, quando qualcuno pensa di dimettersi lo fa o perché ritiene di avere fallito ovvero di non essere in grado di assolvere il proprio compito? Sarebbe utile un chiarimento al riguardo.
Lei ha detto di avere assistito, nel maggio del 2001, ad un convegno del Genoa social forum. Posso pregarla di ricordare la data, il luogo e le caratteristiche di tale convegno?
Desidero rivolgerle altre tre domande. Il 28 giugno - circostanza di cui abbiamo avuto notizia da altre relazioni, ma che nel dettaglio non ci è stata descritta - si è tenuta presso la Farnesina la riunione riguardante sia l'interno sia gli esteri, con il Genoa social forum, cui lei ha partecipato - nelle note del prefetto questo è riferito -, ed in cui erano presenti tutte le componenti del Genoa social forum, anche per controllarsi reciprocamente, come da lei stesso affermato. Questo succede anche nei partiti politici, figurarsi se non accade nel Genoa social forum! A parte la battuta, sarebbe utile che lei ci spiegasse cosa è avvenuto nella riunione del 28 giugno, ovvero la dinamica.
Il 14 luglio si è tenuta un altro tipo di riunione, in ordine alla quale il collega Sinisi ha formulato una domanda. Probabilmente lei è la persona adatta a fornirci delle risposte in proposito. Tale riunione, convocata dal ministro Ruggiero con le ONG ufficiali e il Forum del terzo settore, dove si è svolta? Che caratteristiche ha avuto? Su di essa spesso il collega Sinisi ha posto una domanda ad altri interlocutori, i quali non sapevano fornire risposte adeguate.
PRESIDENTE. Forse l'onorevole Sinisi non ha parlato oggi.


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MARCO BOATO. Non oggi; il collega Sinisi in molte audizioni ha ripetutamente formulato questa domanda.
PRESIDENTE. Ponga la domanda, onorevole Boato. Se l'audito non sa a quale domanda lei fa riferimento...
MARCO BOATO. Era una mia forma di rispetto nei confronti del collega Sinisi.
PRESIDENTE. Diamo all'audito la possibilità di capire.
MARCO BOATO. Credo che l'architetto abbia perfettamente capito. Lei ha detto che il 14 luglio si tiene una riunione convocata dal ministro Ruggiero con le ONG ufficiali e il Forum del terzo settore, anche per garantire la prosecuzione del dialogo dopo Genova. Personalmente ho capito questo. Chiedevo all'architetto cosa sapesse di questa riunione.
Lei inoltre ha detto che nei giorni caldi del G8 seguì i fatti sul terreno per verificare l'effettivo comportamento delle varie componenti. Non le chiedo valutazioni di ordine pubblico, che non rientrano nella sua competenza istituzionale; le chiedo una valutazione per quanto concerne il suo ruolo rispetto all'esperienza che in concreto vi è stata in quei giorni.
MARGHERITA PAOLINI. Cercherò rapidamente di rispondere. Per quanto concerne la prima domanda, le confermo che il referente è stato il ministro plenipotenziario Vinci Giacchi. Tuttavia, in qualche occasione, ho provato a contattare l'ambasciatore Olivieri per verificare se su quel versante potessero scaturire input specifici. Tuttavia, l'ambasciatore Olivieri era molto impegnato con i lavori ufficiali del vertice e non ha potuto fornirmi aiuto.
MARCO BOATO. Se ho ben capito, lei è stata inizialmente contattata dall'ambasciatore Olivieri.


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MARGHERITA PAOLINI. Assolutamente sì.
Per quanto concerne il numero speciale della rivista Limes dedicato ai popoli di Seattle, ciò fa parte dell'insieme di quelle conoscenze sulla globalizzazione che mi appartengono; sono infatti membro del comitato scientifico della stessa rivista. In una riunione di redazione, parlammo dell'importanza di predisporre un numero dedicato a tale tematica da far uscire possibilmente prima del vertice, in modo da agevolare la comprensione allargata di tale fenomeno, nonché per fare il punto su diverse questioni trattate in maniera superficiale. La stampa aveva infatti informato prevalentemente sugli aspetti scenografici o di effetto, piuttosto che entrare nell'analisi della genesi e dello sviluppo di tale movimento.
Questa iniziativa venne vista con molto favore dal Ministero degli affari esteri, che la appoggiò perché la riteneva complementare, a quella dei quattro istituti, con la quale peraltro non aveva assolutamente niente a che fare. Tra l'altro, è nata come iniziativa autonoma dal punto di vista finanziario.
Per quanto riguarda l'evoluzione dei rapporti dal patto di lavoro al Genoa social forum, è sempre rimasto un nucleo referente, che dall'inizio è arrivato fino in fondo e che si è allargato ad altri soggetti, ad altri gruppi che via via si affacciavano sulla scena: è evidente che non si poteva trascurare una Rete Lilliput. Invece, riguardo alla Rete contro il G8 si trattava di capire se fosse una sigla che raggruppava e faceva da ombrello a varie organizzazioni, oppure una rete che aveva una sua capacità propulsiva e propositiva, come la Rete Lilliput.
Potrei cercare di dare una brevissima schematizzazione delle componenti essenziali del movimento, così come le avevamo individuate: questo spiega anche con chi trattavamo e con chi no, o anche per via indiretta attraverso interlocutori


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affidabili. Anzitutto, la componente propositiva, quella decisamente non violenta, che non potremmo chiamare moderata, dal momento che è fortemente determinata a mobilitarsi, in ragione di una profonda motivazione nei suoi obiettivi e nei suoi contenuti di fondo; poiché però è effettivamente e profondamente non violenta, possiamo considerarla comunque moderata e quindi funzionale alla nostra ricerca di interlocutori per l'operazione del Forum parallelo. Il nucleo portante di questa componente è la Rete Lilliput che, indipendentemente dalla consistenza dei suoi membri, ha una organizzazione, una serietà di contenuti e modalità di comportamento che effettivamente rappresentano una grossa novità. Quindi, in realtà si tratta di una componente che richiede di essere analizzata e valutata perché potrebbe essere un elemento portante del nuovo futuro movimento new global, intendendosi come tale un nuovo modello di globalizzazione non selvaggia e non pericolosa, un modello verso cui ci si sta tentando di orientare anche in ambienti economici, perché quello attuale comporta degli scompensi abbastanza vistosi. La rete Lilliput (e tutta la rete Intercampagne che fa capo ad essa, ma non solo) ha due aspetti importanti: la testa pensante ma anche l'organizzazione sul terreno, perché c'è tutto il mondo delle Intercampagne che gravita al suo interno.
Esiste poi c'è una componente, che possiamo definire di tipo più movimentista, che esprime appunto un movimentismo di tipo più tradizionale e che tende a porsi come anello di congiunzione tra la prima che ho citato e l'ultima a cui farò riferimento. Si tratta di un soggetto sostanzialmente riconducibile alla struttura dell'ARCI ed ha avuto importanza a Genova perché la componente genovese del Genoa social forum era in gran parte gestita da personale dell'ARCI, anche competente, ma che aveva a che fare con la rete dei centri


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sociali del nord-ovest; le attività dell'ARCI si incrociano spesso con quelle dei centri sociali, e quindi si creano relazioni, contatti, operazioni comuni. Ciò ha portato l'ARCI a fare un po' da ombrello ad una parte dei centri sociali giudicati ragionevoli, non violenti, che sarebbe stato invece pericoloso emarginare perché si sarebbero potuti far slittare verso il terzo polo, quello degli antiistituzionali e dei duri. Infatti, il Genoa social forum aveva all'inizio adottato un patto di non violenza: chi non accettava di lavorare sulla base della non violenza non poteva essere accolto. Naturalmente, poiché sul concetto di violenza esistono varie interpretazioni - c'è la violenza contro le persone e quella contro le cose -, esso è stato un po' sfumato: la violenza verbale è concessa, qualche episodio di intolleranza è ancora concesso, la violenza su cose e persone no. Questo era il punto in cui si chiudeva il cerchio del Genoa social forum e lì si trattava di applicare la vigilanza a cui mi riferivo prima: in altre parole, vedere nei fatti come si comportava chi dichiarava di operare senza violenza.
MARCO BOATO. Le avevo chiesto delle due riunioni...
MARGHERITA PAOLINI. Sì. Quando ho voluto verificare sul terreno se le componenti non violente effettivamente si comportassero secondo i criteri della non violenza profonda, strutturata, che viene da un training effettivo, da un lavoro interiore importante, ho potuto riscontrare nei fatti che quelle che avevamo individuato come non violente, così si sono comportate. Tuttavia la non violenza certe volte porta al fatto che non ci si sa difendere (non ci si può difendere) nei confronti di chi attacca con la violenza, come è successo nel caso dei black bloc.
Per quanto riguarda il famoso convegno del Genoa social forum, quello che aveva carattere internazionale, in cui sono


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arrivati delegati da tutte le parti dell'Europa occidentale, dell'America e anche del terzo mondo, esso si è svolto a Genova il 3, il 4 e il 5. Riguardo alla riunione del 28 giugno, che si era svolta al Ministero degli affari esteri con tutto lo staff (il ministro degli esteri, il ministro Scajola, il prefetto De Gennaro, l'ambasciatore Vattani e i vari questori) il Genoa social forum era presente con una rappresentanza che era stata selezionata. Ai primi di giugno il social forum fece una riunione e formalmente nominò Agnoletto portavoce e una serie di referenti per settore, quelli a cui si sarebbe dovuto riferire Agnoletto, a seconda delle varie questioni e che dovevano essere tutti presenti nelle riunioni ufficiali. E veniamo alla composizione della delegazione di Ya Basta!; c'era la signora Cassurino, in rappresentanza delle tute bianche «extra Casarini», il quale non era presente. Per quanto riguarda la riunione del 28 giugno, sostanzialmente fu il Governo ad intervenire manifestando la propria disponibilità a procedere con l'operazione Forum parallelo, con la messa a disposizione di spazi e anche di risorse finanziarie: era stato predisposto il decreto per l'accoglienza che prevedeva l'erogazione di 3 miliardi agli enti locali, in particolare al comune e alla provincia, che avevano spazi ed edifici sotto la loro responsabilità. Da parte del Genoa social forum ci si limitò a ribadire gli aspetti relativi alle piazze tematiche e alla stazione di Brignole; si chiese poi che la polizia fosse disarmata.
Sostanzialmente si parlò molto poco, perché si riteneva che quella fosse una riunione interlocutoria; invece, fu una riunione decisiva e di carattere esecutivo. Probabilmente non se lo aspettavano, quindi, si limitarono a sentire, per poi consultarsi con le rispettive organizzazioni. Infatti, non vi fu una


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dichiarazione compiuta del Genoa social forum, ma una di stand-by, per così dire, che divenne più positiva qualche giorno dopo.
La riunione del 14 luglio, cui ho partecipato, mi è sembrata, in prospettiva, un grande segnale che si voleva dare ad una parte già più strutturata e organizzata del movimento e che, però, ha dato particolare rilievo al terzo settore.
MARCO BOATO. Dove si è tenuta?
MARGHERITA PAOLINI. Si è tenuta al Ministero degli affari esteri, con la presenza dello stesso ministro Ruggiero, dei suoi collaboratori e, in particolare, del ministro Claudio Moreno che, occupandosi di tutta la parte dei diritti umani, ha seguito tale aspetto con maggior cura. Si è parlato della possibilità di avviare operazioni in collaborazione subito dopo Genova, di rivedersi e di stabilire un percorso di incontri di carattere operativo e propositivo. Credo di aver così risposto a tutte le domande.
GIAN FRANCO ANEDDA.Lei è stata incaricata di occuparsi dei problemi del G8 nell'ottobre del 2000 e tale incarico è stato formalizzato successivamente. Ha riferito che, per la sua pregressa esperienza, avrebbero partecipato al G8 componenti propositive e componenti che lei, invece, ha definito più dure. Le chiedo se, sin dal momento in cui ha ricevuto l'incarico di occuparsi del G8, fossero previste azioni di violenza.
Lei stamattina ha anche affermato che il Governo auspicava il coinvolgimento della società civile. Si riferisce, quanto ai tempi, all'inizio del 2001?
Ci ha anche riferito che le contestazioni ineludibili del G8 - queste sono le parole che lei ha adoperato testualmente - avrebbero portato «opzioni di dissenso recepite dal Governo».


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Vorrei chiederle quali fossero le opzioni di dissenso recepite e chi le abbia detto che tali opzioni di dissenso sarebbero state recepite.
Lei, inoltre, ha affermato che una delle finalità del suo intervento, per la pregressa esperienza, avrebbe dovuto essere quella di indirizzare le forze migliori - parliamo della contestazione - verso una soluzione positiva. La domanda è la seguente: che cosa avevate previsto per le forze peggiori?
MARGHERITA PAOLINI. Rispondo partendo dall'ultima domanda: per le forze peggiori non potevo prevedere niente, perché la questione non era di mia competenza. Tutti avevano capito che tali manifestazioni vi sarebbero state e che, se solamente si fossero blindate le città, vi sarebbe stato un pericolo dall'interno. Il senso di pericolo che poteva derivare dal dissenso certamente veniva recepito dal Governo e dalle istituzioni con preoccupazione, preoccupazione che hanno espresso in vari modi e con vari risultati l'ambasciatore Vattani, il prefetto, il questore e così via.
Per quanto riguarda il termine «società civile» nel 2001, ritengo che tale espressione non abbia un connotato temporale. Per società civile si intende l'insieme delle forze, organizzate o meno, che hanno qualcosa da dire, una funzione sociale e opzioni di qualità di vita, di cittadinanza e di rapporti comunitari civili.
Circa le componenti propositive più dure, ovviamente si sapeva fin dall'inizio che vi sarebbero state, ma si trattava di una schematizzazione di principio. Infatti, il Patto di lavoro non era ancora del tutto operativo e non si era ancora verificato - mi riferisco al periodo iniziale - l'importante episodio di Porto Alegre. Quest'ultimo non fu un episodio di contestazione di un summit, ma un momento di creatività, di elaborazione e di ampliamento degli interessi del movimento,


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anche verso un aspetto molto importante che non ho citato, ma che probabilmente ci troveremo davanti nell'evoluzione positiva del movimento new global: quello della democrazia partecipativa e del modo di lavorare a livello locale. È una nuova formula che sta cominciando a diffondersi, tant'è che la recente creazione di tanti social forum risponde proprio alla necessità di lavorare più a livello della microscala del territorio che non della macroscala sui grandi temi. Spero di averle risposto, onorevole Anedda.
GIAN FRANCO ANEDDA. Rispondendo alla mia ultima domanda, lei ha affermato di non poter dire nulla sulle formazioni più dure (abbiamo adoperato questo termine), non rientrando esse nella sua competenza. Quando le è stato conferito l'incarico e durante tutto il periodo del suo svolgimento, lei ha avuto sentore che vi fossero tali componenti più dure, dando suggerimenti per discutere, per trattare, per fronteggiarle o quant'altro, oppure è rimasta inerte perché non erano di sua competenza?
MARGHERITA PAOLINI. È difficile che rimanga inerte di fronte a qualcosa, ma bisogna vedere se ci si può muovere nel modo più compatibile. Sapevamo che le formazioni più dure esistevano, ma ovviamente non spettava a me indagare sulle stesse. Era importante che non andassi a «pattumarmi» con le formazioni più dure e mantenessi il colloquio con quelle che, invece, presentavano aspetti propositivi e che avevano la caratteristica della non violenza e, soprattutto, avessero interesse a dialogare con le istituzioni.
ERMINIA MAZZONI. Architetto Paolini, il numero delle mie domande si ridotto, perché molti quesiti sono stati già posti da chi mi ha preceduto. Inoltre, l'intervento sull'ordine


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dei lavori dell'onorevole Cicchitto tutto sommato è stato utile ed ha consentito di ridurre i quesiti posti successivamente; infatti, egli ha svolto un'ampia disamina di tutti i fatti e chiarito una serie di dubbi che derivavano dalla sua relazione in merito ai tempi, alle modalità ed agli esiti della sua attività, ricostruiti dai documenti di cui l'onorevole Cicchitto ha dato lettura. Pertanto, credo che alla domanda al riguardo si sia già ampiamente risposto.
Mi rimane il dubbio su chi siano stati i suoi interlocutori, nel ruolo specifico che lei aveva, e perché sono stati scelti quei particolari interlocutori. Le pongo questa domanda in relazione a due affermazioni da lei fatte. Lei ha parlato, infatti, di interlocutori diversi con il precedente ed il successivo Governo: vorrei, dunque, capire che diversità vi sia stata. Rispetto, poi, alle frange, da voi individuate, che non volevano avere dialogo con le istituzioni, lei afferma: «li abbiamo allontanati, non abbiamo accettato il dialogo». Al di là di questo, ed al di là della risposta da lei fornita all'onorevole Anedda, secondo la quale lei non avrebbe avuto competenza, quanto meno come soggetto incaricato di queste relazioni e come componente di una struttura, ne ha dato comunicazione? Ha fornito un'indicazione nominativa di questi soggetti alla struttura o a chi abbia ritenuto competente ad intervenire in materia di sicurezza?
Da ultimo, non approfondisco la sua affermazione sul nuovo Governo, che ha tentato di recuperare il tempo perduto, perché lei ha già fornito ampie risposte negli interventi precedenti. In particolare, però, nell'incalzare delle domande del senatore Bassanini, mi è sembrato che lei si sia contraddetta rispetto al rapporto con i manifestanti in genere. Rispondendo alla domanda riguardante il diritto a manifestare (se fosse stato concesso o meno e da chi e se fosse stato


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violato), lei afferma: «Mi ero convinta, dai dialoghi avuti, che non vi sarebbero state le manifestazioni». Dopo di che, proseguendo nelle risposte, aggiunge: «Sapevamo che le manifestazioni, pacifiche e non, erano ineludibili». In relazione a ciò vorrei capire: erano suoi pensieri che non ha esteso ad altri? Era la conferma di un atteggiamento di Governo che lei, poi, ha tradotto in queste espressioni? Si sono avuti rapporti, e di che natura, con gli interlocutori e i manifestanti in genere?
MARGHERITA PAOLINI. Mi scusi, non ho capito se lei, quando ha parlato di interlocutori, intendesse riferirsi agli interlocutori del Genoa social forum o agli interlocutori istituzionali.
ERMINIA MAZZONI. Ai manifestanti.
MARGHERITA PAOLINI. Non li abbiamo allontanati; magari fosse stato possibile! Li abbiamo trascurati, cioè non li abbiamo coinvolti nelle trattative: è questo il punto. Peraltro, non siamo mai entrati in contatto con quelli che hanno compiuto gli atti di violenza più spietata perché quello era un mondo che gravitava fuori dal Genoa social forum. Quindi, stiamo sempre parlando di una violenza relativa perché il black bloc è una realtà che si è manifestata a Genova nei giorni del G8. Nessuno ha mai avuto possibilità di avere rapporti con tali soggetti. Stiamo sempre riferendoci a componenti dure e, dunque, non interessate al dialogo con le istituzioni.
ERMINIA MAZZONI. Non facevo specifico riferimento al black bloc. Lei mi risponde: non abbiamo avuto un dialogo con i black bloc. Ci sono altri soggetti...


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MARGHERITA PAOLINI. No, non abbiamo avuto un dialogo con quelli che non avevano interesse a parlare con le istituzioni.
ERMINIA MAZZONI. Vorrei sapere chi sono questi soggetti. Lei afferma che non li avete allontanati - e capisco anche il senso della sua battuta - e non li avete coinvolti. Dunque, li avete individuati, tanto da essere in grado di non coinvolgerli. Chi sono questi soggetti? Come li avete isolati? Gli atti violenti, infatti, non sono stati opera solo dei black bloc, ma di una moltitudine di strutture che hanno seguito le manifestazioni violente, si sono associate ad esse e le hanno anche, per così dire, gonfiate.
MARGHERITA PAOLINI. Onorevole, non facevamo un lavoro di polizia, ma di contatti: prendevamo i contatti con quelli che ci sembravano gli interlocutori più opportuni e non parlavamo con gli altri. Di tali gruppi è stata fatta una disamina sicuramente migliore di quella che posso fare io. Sono conosciuti e catalogati: comprendono i centri sociali e coinvolgono una parte dei Cobas e dei CUB. Sono soggetti ben identificati per regione, per tipologia, per provenienza.
Per quanto riguarda la mia contraddizione nel rispondere alle domande del senatore Bassanini, vorrei specificare che abbiamo parlato di manifestazioni ufficiali e di «sensazione» di movimenti di piazza. Non erano state autorizzate manifestazioni ufficiali da parte del precedente Governo: si parlava di queste manifestazioni a proposito delle quali ci sono stati interventi e dichiarazioni, ma nulla si è concretizzato sul piano esecutivo, attraverso istruzioni al prefetto di procedere con la concessione degli spazi (conditio sine qua non per procedere alle manifestazioni). Ho parlato di sensazione che se si fosse blindata la città e si fosse negato il diritto a manifestare, vi


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sarebbero state manifestazioni di piazza: è una cosa un po' diversa.
PRESIDENTE. Fino a questo momento sono intervenuti cinque colleghi ed abbiamo impiegato circa un'ora e trenta minuti. La seconda persona convocata dal Comitato è già arrivata. Vi prego quindi, di considerare il ruolo che ha avuto l'architetto Paolini: sembra che ci debba riferire quanto hanno fatto i Servizi, il capo della polizia ed i carabinieri. Credo che il suo ruolo sia abbastanza chiaro per il Comitato. Se vi è ancora qualche domanda di interesse per il Comitato stesso, vi esorto a farla, ma nei limiti del tempo necessario.
GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, ringrazio anch'io l'architetto Paolini per la sua relazione e le rivolgo quattro domande.
La prima domanda, anche se in qualche misura lei ha già risposto, così come ha fatto il prefetto di Genova, riguarda la lettera del Genoa social forum dell'11 aprile. Questa faceva riferimento ad un'effettiva intesa intercorsa con il Governo?
La seconda domanda - l'ho già posta a molti e la rivolgo anche a lei - riguarda il motivo per cui il 2 giugno il prefetto dispose il divieto di manifestazione e di volantinaggio nella zona gialla, mentre il questore, il 12 luglio, in deroga all'ordinanza del prefetto, autorizzò manifestazioni in tale zona. Lei formulò al riguardo un parere che fece mutare questo orientamento?
La terza domanda è se nel corso della riunione del 28 giugno alla Farnesina il Genoa social forum diede garanzie sulla capacità di isolare i violenti.
Per quanto riguarda la quarta domanda, lei ha parlato, finalmente, della riunione del 14 luglio. Ciò che non mi è chiaro è che lei ha affermato che il 28 giugno la riunione con


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le organizzazioni ebbe carattere di definitività. Come mai, allora, venne convocata la riunione del 14 luglio, e con chi? A me sembra davvero singolare che il 14 luglio, cinque giorni prima del vertice di Genova, si parlasse del dopo G8. Qual è il collegamento tra 28 giugno e 14 luglio, e quali associazioni furono presenti il 14 luglio?
MARGHERITA PAOLINI. Mi domanda, dunque, se la lettera dell'11 aprile contenesse veramente un piano operativo?
GIANNICOLA SINISI. Il riferimento è ad effettive intese intercorse.
MARGHERITA PAOLINI. Mancavano intese; tuttavia, il Genoa social forum rispondeva, con una sorta di piano operativo - più preciso rispetto alle indicazioni fornite dal medesimo a febbraio -, ad una precisa richiesta del prefetto, che aveva incontrato la delegazione a Roma il 5 aprile, quando si era svolto il sit in, il cosiddetto telegram day, in cui le prefetture erano state inondate di richieste che sollecitavano risposte e, dunque, il prefetto - che aveva avuto l'incarico dal ministro Dini e dal Viminale di riprendere la trattativa ufficiale - prese tempo chiedendo al Genoa social forum di preparare un piano operativo. Infatti, gli era stato conferito, sì, un mandato, ma non un mandato a procedere e, perciò, si è cercato di guadagnare tempo con la richiesta di un piano operativo, nonché di indicazioni circa le attrezzature, gli equipaggiamenti, insomma informazioni più dettagliate circa le loro esigenze.
Mi si domanda, poi, come mai, se il 2 giugno il prefetto ha emanato le disposizioni per poter effettuare la blindatura della zona gialla, il 12 luglio, invece, sono state autorizzate le


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manifestazioni. La risposta è che l'autorizzazione per le manifestazioni e le piazze tematiche, era stata ritenuta possibile durante la riunione del 28 giugno. Infatti, come osservai, quando si svolse la riunione del 28 giugno, i rappresentanti del Genoa social forum non rilasciarono molte dichiarazioni, forse perché non prevedevano di incontrare una tale disponibilità nei confronti delle loro richieste. Quindi, rimasero un po' in stand by; tuttavia, per quanto riguarda la questione della non violenza, si era tenuta una riunione, piuttosto approfondita, dei vertici (i cosiddetti «capetti») del Genoa social forum, nel corso della quale era stato confermato, sia pure faticosamente e con una discreta battaglia interna, il principio rigoroso - come allora fu detto - della non violenza, salvo poi consentire interpretazione più elastiche.
Per quanto riguarda il collegamento tra le riunioni del 28 giugno e del 14 luglio, devo dire che si è trattato di eventi completamente diversi. Infatti, da un lato, il 28 giugno veniva inaugurata, per Genova, l'operazione del Genoa social forum - che si apriva e doveva chiudersi colà - condotta con una rappresentatività (molto variegata, sia pur nell'ambito della asserzione della non violenza) di cui poi si sarebbe dovuto tener conto, visto che effettivamente dava voce a chi sarebbe sceso in piazza; dall'altro, la riunione del 14 luglio, al contrario, doveva veramente preparare il terreno per tutto il lavoro successivo, cioè trasformare questo filo, questo contatto in un piano di lavoro. Perciò, sono stati invitati quanti già lavoravano per il dopo. In particolare, penso che molti di voi sappiano cosa significhi «terzo settore»; si tratta di componenti del movimento che operano nel campo sociale, della microfinanza, dell'etica economica e che hanno già sperimentato modelli di nuova globalizzazione; modelli «micro», ma molto interessanti, i quali possono indicare prospettive per


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nuovi percorsi. È con costoro che si è svolta la riunione; potrei anche indicarvi i nomi ma, siccome i responsabili del terzo settore e delle tre organizzazioni non governative sono conosciuti.
GIANNICOLA SINISI. Quelle riconosciute.
MARGHERITA PAOLINI. Sì, certo, ma anche, per esempio, la comunità di Sant'Egidio, cioè tutta una serie di elementi rappresentativi di realtà costruttive e consolidate.
ANDREA PASTORE, Presidente della 1a Commissione permanente del Senato. Dall'audizione dell'architetto Paolini - colgo l'occasione per ringraziarlo della sua esposizione - emerge la conferma che tra febbraio e giugno 2001 vi è una sorta di «buco nero» per quanto riguarda le riunioni ufficiali, istituzionali, ma nel successivo periodo si è compiuto un grande lavoro.
A molte perplessità ha risposto l'architetto; qualche altra invece è sorta: personalmente vorrei semplicemente ed anzitutto chiedere all'architetto, anche se in parte ha già risposto, che fine abbiano fatto le ONG, visto che mi sembra che, nell'ambito dell'organizzazione del Genoa social forum, le organizzazioni non governative si siano, in qualche modo, defilate, non partecipando, almeno in maniera visibile, alle manifestazioni di piazza.
Inoltre, tornando alla lettera dell'11 aprile, devo confessare che a me sembra che la dottoressa Paolini abbia dato una sua lettura - difforme da quella del prefetto di Genova e, in qualche modo, anche disattesa dagli altri documenti letti prima dall'onorevole Cicchitto - circa una acquiescenza, se non una vera e propria dichiarazione di disponibilità del Governo a consentire manifestazioni in concomitanza con lo svolgimento del vertice.


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L'ultima domanda, invece, riguarda l'attività svolta dall'architetto Paolini nei giorni di svolgimento del vertice. Chiedo all'architetto se cortesemente possa riferire in merito a ciò, se la sua sia stata un'attività anche di contatto con le organizzazioni, di visita dei luoghi dove queste si erano insediate, di contatti personali con dirigenti o di contatti occasionali e se su tali fatti, nonché su quelli precedenti (e dunque su tutta la sua attività), esista una relazione ufficiale consegnata agli organi che le hanno conferito il mandato da lei adempiuto in quel periodo.
MARGHERITA PAOLINI. Rispondo anzitutto all'ultima domanda: ho trascorso quei tre giorni sul posto per osservare il corso degli eventi. Naturalmente, siccome vi erano «mille fuochi», era un po' difficile essere in tutti i luoghi; però, i protagonisti, in quei giorni, erano tre, cioè i manifestanti, le forze di sicurezza e i giornalisti. Personalmente - devo dire la verità - sono stata a lungo con il gruppo dei giornalisti, anche perché, per tale via, potevo confrontare una serie di impressioni; attraverso loro, potevo essere anche dove non ero stata, così cercando di avere un quadro il più possibile rappresentativo di come si atteggiavano le varie componenti del movimento.
ANDREA PASTORE, Presidente della 1a Commissione permanente del Senato. Si è recata anche nella sede ufficiale, nel quartier generale avendo contatti con Agnoletto o altri dirigenti?
MARGHERITA PAOLINI. Assolutamente no. Sono andata semplicemente per vedere, dal momento che non avevo niente da dire e che, a quel punto, il Forum poneva problemi solo politici e di sicurezza poiché era già in corso e, sostanzialmente,


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io non potevo fare più niente se non osservare. Non ho svolto una relazione su ciò, ma avevo steso precedenti relazioni: quanto accaduto, la violenza, in particolare le azioni dei black bloc - evenienze non prevedibili da nessuno - quanto visto, il comportamento da me riscontrato sul terreno, ha corrisposto alle analisi da me svolte, delle quali avevo scritto, ovviamente anche circa la capacità delle varie componenti di autoorganizzarsi, di sapersi difendere o relazionare ai moti di piazza. Mi riferisco ad esempio, al fatto che la Rete Lilliput era stata in grado di non farsi «fagocitare» per così dire, dalla paura e dalla violenza, anche se si era trovata in mezzo ad un forte scontro della polizia con i black bloc. Si sono trovati in mezzo e in qualche modo sono stati anche coinvolti, confermando il loro carattere strutturalmente non violento, anche a costo di ricevere colpi dagli uni e dagli altri.
Lei diceva che la mia versione su quanto presentato dal Genoa social forum l'11 aprile, è difforme da altre interpretazione date. Ebbene, devo confessarle di non aver potuto leggere i testi di tutte le audizioni. Sinceramente, ho cercato di leggere quelle in cui venivo citata, ma non ho potuto prendere visione di tutto e quindi non so in cosa risieda tale difformità.
Per quanto concerne le ONG, esse ci sono sempre state. Bisogna anche capire a chi ci riferiamo: esistono organizzazioni non governative che sviluppano un lavoro sostanzialmente di cooperazione nell'ambito del Ministero degli affari esteri o che sono riconosciute dallo stesso, che svolgono attività di cooperazione allo sviluppo prevalentemente all'estero. Queste non sono organizzazioni di massa, non sono forze organizzate sul territorio, ma svolgono un certo tipo di attività e, i loro membri, con scelte individuali, preferiscono l'una o l'altra organizzazione in cui si riconoscono meglio.


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Esistono, invece, delle ONG - alcune riconosciute, altre no - che hanno anche una struttura che opera sul territorio nazionale, con attività sociali di formazione di vario genere. Ovviamente, all'interno del GSF queste hanno lavorato di più perché, in quel momento, a noi interessava un contatto con chi era presente all'evento G8. Naturalmente, ci sono anche delle ONG che si occupano di problemi di globalizzazione, sui quali hanno organizzato dei seminari e sono intervenute sul tema ma, sostanzialmente, i soggetti che sono entrati nella tematica della globalizzazione sono soggetti particolari: Tavola intercampagna, Tavola della pace, e via dicendo.
Vorrei esprimere una personale e brevissima osservazione: se vogliamo capire dove andrà questo movimento, un'indicazione importante ci potrà venire, per esempio, dalla prossima marcia Perugia-Assisi. In questo momento siamo preoccupati per il vertice NATO, che certamente evidenzierà problemi di sicurezza, e sul modo in cui organizzerà l'evento FAO, ma per la mia esperienza ritengo che sia molto più importante esaminare e seguire con interesse la marcia della pace Perugia-Assisi, in cui la parte propositiva del movimento mostrerà come ha recepito l'esperienza di Genova e dove intenda andare.
MICHELE SAPONARA. Architetto, nell'adempimento del suo incarico importante e gratificante, ancorché privo di contorni precisi - che, fra l'altro, era quello di prendere contatti con le associazioni che non volevano trattare con le istituzioni -, premesso che lei ha descritto la galassia dei manifestanti, vorrei sapere quali siano stati i suoi interlocutori - nominandoli, ovviamente, perché finora siamo stati nel vago -, quanti contatti abbia avuto con gli stessi, dove e quale grado di affidabilità abbia tratto da detti incontri.


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MARGHERITA PAOLINI. Giustamente lei ha affermato che era praticamente impossibile avere contorni precisi di questa attività, proprio per il mondo con cui ci si confrontava. Posso dire di aver avuto contatti frequentissimi con il mondo cattolico, con l'ARCI, con la Rete Lilliput, con il Tavolo intercampagne, perché le campagne erano in gran parte connesse ai temi del G8 e, quindi, era importante che il cosiddetto controforum di Genova potesse affrontare questi argomenti, e con il forum del terzo settore in particolare essendo quelli che venivano considerati già portatori di esperienze di una nuova globalizzazione.
I padri storici delle campagne posso citarli; altri, in quel momento, erano capi di campo, avevano funzioni diverse: Gianfranco Bologna, il portavoce del WWF in Italia, che ha una lunga esperienza e che mi è stato molto utile anche per capire certe dinamiche del movimento e dei suoi background; il presidente della federazione delle ONG, Sergio Marelli; la dottoressa Raffaella Bolini, che era un personaggio chiave della parte importante del GSF; gli appartenenti alla Rete Lilliput.
MICHELE SAPONARA. Con Agnoletto ha parlato ?
MARGHERITA PAOLINI. No, con Agnoletto non ho mai parlato perché egli era un portavoce, mentre io parlavo con i rappresentanti dei gruppi, cioè quelli che avevano dietro di sé una struttura.
MARCO BOATO. Alcuni di quelli che lei ha citato li ascolteremo in settimana.
GABRIELE BOSCETTO. Dottoressa, anch'io mi unisco ai ringraziamenti dei colleghi per l'apporto che lei ha voluto


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fornire durante questa audizione, un contributo di sostanza che ci permette di conoscere meglio il contesto di queste organizzazioni, poi riunite nel Genoa social forum.
Abbiamo letto che queste associazioni erano 600, 700, 800, un numero enorme. Vorrei chiederle se ci confermi tutto ciò, se queste associazioni, dalle sigle più strane, fossero composte da poche o tante persone - o, come è più logico, talune da poche, talune da diverse ed altre da tante persone - e se vi fosse stata una verifica della serietà e della congruità delle diverse sigle, per escludere che dietro di esse non vi fosse niente e che fossero richiamate esclusivamente per dare peso a queste centinaia di associazioni.
Inoltre - le sembrerà strano - mi farebbe piacere sapere - nonostante tutto ciò che abbiamo letto nelle generali richieste anti-G8 di questi contestatori che cosa esattamente essi si prefiggessero nel contrasto al G8 che si andava tenendo in quei giorni a Genova.
Nell'ottica del concetto di violenza del quale lei parlava, la loro intenzione di attaccare la zona rossa era considerata una manifestazione pacifica ? Come si inseriscono in questo pacifismo o in questa violenza, cui lei ha fatto cenno e sulla quale io le chiedo ulteriori chiarimenti, le organizzazioni dei corsi di scontro con le forze dell'ordine ? Noi abbiamo visto come in piazza San Lorenzo si siano tenuti, con largo apporto di mass media, per molti giorni o settimane - ma lei può precisarmelo - dei corsi nei quali si simulavano attacchi e contrasti alla polizia, nella riproduzione teorica di futuri scontri di piazza.
All'inizio di maggio, in questo contesto, lei disse che Agnoletto era stato nominato portavoce del complesso Genoa social forum. Se non vado errato (ma lei me lo protrà confermare), Agnoletto era candidato alle elezioni politiche per


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il partito di Rifondazione comunista. Come ha giudicato lei o come è stato spiegato che in un contesto di associazioni di questo genere si andasse poi a scegliere come portavoce un uomo così qualificato sul piano politico?
Da ultimo, vorrei chiederle se le associazioni, le minori, ma soprattutto le principali, avessero diretti collegamenti con partiti politici, cioè se in queste trattative e in questi discorsi intervennero uomini o donne rappresentanti istituzionali di partiti politici. In altri termini, oltre alla posizione delle 600, 700, 800 organizzazioni, vi fu anche un espresso appoggio politico portato avanti, attraverso la partecipazione ai colloqui, da personaggi istituzionali, a diversi livelli, dal consiglio di circoscrizione a quello comunale, a quello provinciale, fino al Parlamento?
MARGHERITA PAOLINI. Sì, 700 organizzazioni, anche di più. È vero quello che lei dice, vale a dire che alcune erano costituite da pochissime persone, magari si erano formate sulla scia di questo appuntamento, erano fenomeni di aggregazione anche di vecchie organizzazioni fuse in una nuova realtà. Diciamo che vi sono stati travasi, nuove aggregazioni, alcune importanti, mentre altre erano dei piccoli segni nel firmamento della struttura del GSF.
Io ho fatto una constatazione quando ho riferito la mia diversa impressione in merito a due entità che si definiscono rete, la Rete Lilliput e la Rete contro il G8, che hanno una realtà diversa; ed è questo che poi siamo andati a verificare. La Rete Lilliput è una realtà strutturata, omogenea, che ha una sua interna propositività, mentre la Rete contro il G8 è stata più che altro un network logistico, informatico, molto bene organizzato, nel quale sono confluite moltissime organizzazioni di tipo diverso, dal gruppo cattolico alla gran parte della serie dei centri sociali o a gran parte delle sezioni, giovanili


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e non, di Rifondazione comunista (tanto per dare un'idea).
Tuttavia, sul piano dei colloqui formali, degli incontri ufficiali, nessun rappresentante formale di forze politiche ha partecipato. Posso solo dire che Beppe De Cristoforo, che fa parte dei referenti del Social forum per i giovani comunisti, è nel Social forum e il giorno 28 era nella delegazione, ma credo che ne facesse parte come Social forum e che non avesse una caratterizzazione politica in quanto tale.
Per quanto concerne la questione della visibilità, dopo l'appuntamento internazionale di Porto Alegre, tutti volevano vedere a che punto era arrivata la crescita del movimento. E allora le manifestazioni servono per contarsi per avere un'idea precisa di quanti si è. Infatti, è stato chiesto un percorso di otto chilometri per vedere se corrispondevano i calcoli e quante decine di migliaia di persone sarebbero arrivate.
Dato che non si era potuto - parlo dal punto di vista del Genoa social forum - procedere sul piano dei contenuti, in quanto le piazze tematiche sono state più un simbolo che non una possibilità di mettersi in rapporto con la popolazione e con i cittadini per spiegare e per discutere questi temi, il discorso, della quantità, la possibilità di avere un successo in termini anche numerici, era molto importante, così come verificare il salto generazionale che si andava definendo, rappresentando la punta di un movimento nuovo e in espansione.
Ho dimenticato qualcosa?
GABRIELE BOSCETTO. L'attacco alla zona rossa, il concetto di violenza e l'organizzazione dei corsi per gli scontri.
MARGHERITA PAOLINI. Per quanto riguarda i corsi, ho visto (ma seguivo attraverso i loro documenti, i loro dibattiti interni, soprattutto scaricandoli dai rispettivi siti) che la


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preparazione procedeva su due binari paralleli a seconda dei tipi di movimento: alcuni movimenti, appunto, hanno iniziato con discreto anticipo l'organizzazione in gruppi di affinità allo scopo di mantenere la coesione, non avere atteggiamenti scomposti, anche se si fossero verificati dei movimenti di piazza e di pericolo, dunque al fine di mantenere freddezza e controllo delle proprie azioni; altri, invece - come lei diceva - hanno fatto sceneggiature di preparazione allo scontro.
Io penso che, laddove sono state date manifestazioni palesi di questo genere, a queste poi non ha corrisposto... é come quando si mostrano i muscoli: in realtà, sono quelli che non li hanno mostrati che sono coloro che poi sono stati pericolosi, altrimenti isolarli sarebbe stato ancora più facile. Questa è stata, in gran parte, una sceneggiatura che serviva per dare soddisfazione ai duri e credo che il Social forum, nel suo complesso, l'abbia accettata perché era come una sorta di sfogo fisico che doveva limitare sfoghi fisici di tipo diverso, più pericolosi.
Allo stesso modo, la storia dell'attacco alla zona rossa dalla gran parte è stata intesa in maniera diversa. Il sit-in di Rete Lilliput in piazza Manin, cioè in prossimità dell'assedio alla zona rossa, era simbolico, ovviamente. Per altri invece, come in piazza Dante, si era elaborata la teoria dello scontro fisico del corpo contro l'ostacolo, che però era un ostacolo inanimato; questa teoria portata avanti dalle tute bianche di Casarini doveva, appunto, rappresentare un attacco simbolico attraverso un impedimento fisico, ma inanimato. Questa è la spiegazione che veniva data.
Il significato però era di un assedio «rumoroso» al G8, oppure molto silenzioso - dipende - ma comunque significativo.


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GABRIELE BOSCETTO. Lei non ritiene, invece, che la violenza verbale esercitata anche attraverso i mass media, la volontà di entrare con forza nella zona rossa, la preparazione agli scontri, la costruzione di scudi, di attrezzature per difendersi ed eventualmente per offendere abbiano creato una pubblicità negativa e abbiano finito per portare a Genova tante persone in più, tanti giovani all'avventura, aumentando così il livello di scontro?
MARGHERITA PAOLINI. Credo che la violenza verbale sia stata ormai giudicata negativamente da tutto il movimento (lo stesso Casarini sta facendo autocritica), ma penso che comunque avesse l'obiettivo, almeno da parte di Casarini, di attirare le frange più violente, esterne e di tenerle un po' più sotto il controllo delle tute bianche. L'operazione è fallita completamente e Casarini ne porta le conseguenze. Tuttavia, questa storia della guerra psicologica, verbale è ormai sostanzialmente rinnegata da tutto il movimento, perché si è dimostrata assolutamente inefficace; ma certamente non sono state le dichiarazioni di guerra di Casarini a portare a Genova i black bloc: quelli ci sarebbero venuti ugualmente.
GRAZIELLA MASCIA. Vorrei porle una sola domanda, alla quale può rispondermi anche solo con un sì o con un no. Lei ha lamentato la mancanza di indirizzo ad un certo punto del suo incarico e, tuttavia, non ho capito bene quale fosse la sua missione nel momento in cui accettava questo incarico. In altre parole, lei che vanta questa professionalità, o comunque una competenza dettagliata - lo deduco anche dalle risposte fornite ai miei colleghi - di questo movimento (Porto Alegre, tutti gli appuntamenti precedenti, non solo Ancona, ma anche Trieste, Bologna, Firenze) pensava realmente che fosse possibile «convogliare» queste manifestazioni semplicemente fuori


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dal periodo del vertice? Pensava sul serio, quando ha accettato questa missione, che fosse possibile limitarle alla settimana precedente? Mi sembra di aver capito che questo fosse l'incarico da lei assunto: che si potesse contenere un'iniziativa come quella del movimento fuori dalle giornate del vertice.
MARGHERITA PAOLINI. Assolutamente no, ho detto il contrario, ma forse non sono stata sufficientemente chiara. Ho detto che a questo appuntamento di Genova era ineludibile avvenissero manifestazioni di massa. Il problema era fare in modo che esse non fossero assolutamente incontrollate, come poteva avvenire in una città blindata, con un carattere di sommossa più che di manifestazione, perché si sarebbe impedita la libertà di manifestare. Ci sarebbero stati certamente molti meno manifestanti che avevano paura di manifestare in situazioni non autorizzate, ma anche molti di più determinati a riprendersi il diritto di manifestare. Credo, quindi, di aver detto il contrario, altrimenti non avrei accettato l'incarico. L'incarico prevedeva, invece, di arrivare ad un controvertice organizzato come quello che ad Ancona aveva permesso di esprimersi compiutamente e contestualmente al vertice ufficiale.
GRAZIA LABATE. Architetto Paolini, mi era parso di capire che, proprio per l'esperienza accumulata in tanti anni, il suo incarico fosse quello di occuparsi della costruzione politico-culturale (uso questo termine) di una fisionomia di tutta l'area possibile del dissenso intorno ai temi della globalizzazione e della verifica della costruzione di un forum parallelo a Genova. Se non ho compreso male - ma ricordo di aver sentito le medesime cose dal prefetto di Genova, dal sindaco e dal presidente della provincia e, da ultimo, dall'ambasciatore Vattani -, l'orientamento strategico e, quindi,


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politico del mandato che le era stato conferito era quello di costruire questa iniziativa non contestualmente agli eventi del G8, ma prima che questi avessero luogo. Infatti, troviamo nel materiale che ci è stato consegnato la previsione della possibilità che la gamma più vasta di manifestazioni e di interventi culturali si tenesse una settimana prima del vertice. Infatti, lei conferma nella sua relazione che nel passaggio tra i suoi incontri con le organizzazioni non governative più tradizionali fino alla fase di costruzione di un momento organizzativo che viene chiamato Patto di lavoro, questa è l'impostazione politico-strategica. Poi lei afferma che il Patto di lavoro, invece, consegna sue proposte e chiede la contemporaneità delle manifestazioni rispetto all'evento G8. Poiché apprendiamo dai documenti ufficiali che il ministro Vinci Giacchi le conferisce questo incarico nel gennaio 2001, ovviamente, lei avrà riferito di questa proposta del Patto di lavoro. Il Comitato dispone di un dossier contenente l'andamento cronologico degli eventi e pertanto mi riferisco ad esso: vorrei capire se, nell'ambito della struttura di missione, sia cambiato l'indirizzo strategico-politico per cui dalla decisione di far svolgere prima del vertice gli eventi, le iniziative culturali e le manifestazioni, si è giunti ad aderire alla richiesta del Patto di lavoro di farle svolgere, invece, contemporaneamente. Vorrei capire meglio che cosa abbia determinato tutto ciò, chi siano i referenti delle decisioni e se da allora in poi si proceda in questo modo.
Inoltre, dopo aver riferito della costituzione del Genoa social forum, lei afferma, se non ho compreso male, che dal 20 aprile, dopo una riunione interlocutoria nella quale il movimento si apprestava perfino ad occupare un palazzo delle istituzioni (della provincia), c'è un vuoto che si riempie a maggio. Sempre da questo lavoro pregevole che riporta gli avvenimenti in ordine cronologico, non constatiamo un vuoto


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istituzionale e politico. Probabilmente, lei si riferiva ad un vuoto alle richieste del GSF in termini molto organizzativi; ma leggendo attentamente tutta la cronologia è chiaro che, mancando il presupposto centrale in tema di ordine e sicurezza, che era quello di sapere dove e come sarebbero state collocate le delegazioni straniere, e sapendo che vi era una proposta di contestualità, come ci diceva l'ambasciatore Vattani, tutte le vicende sono state risolte negli ultimi dieci giorni, posto che nella nostra regione si poteva alloggiare dalla riviera di ponente a quella di levante. Nella cronologia vedo tuttavia anche una serie di interventi e di iniziative pubbliche. Vorrei capire a cosa era dovuto il vuoto che lei denuncia, la mancanza di interesse, per usare la sua espressione, la «caduta di interesse»? Al fatto che lei riteneva che, nonostante queste difficoltà di ordine generale, si potesse dire lo stesso quali piazze autorizzare e quali iniziative attuare? Oppure vi era una caduta di interesse politico-culturale più generale sulle vicende dei movimenti no global?
MARGHERITA PAOLINI. Sto cercando di riprendere il primo punto. Ecco il motivo per cui volevo rispondere subito: lo avevo più chiaro.
Ero presente alla prima riunione dell'11 febbraio e so anche come si era giunti a quell'accordo tra gli enti locali, accordo che, successivamente, il prefetto ha fatto proprio in un documento portato proprio da me alla struttura di missione. Si trattava di un passo parziale nel senso che, non potendo decidere in quel momento o non avendo input per decidere in un senso o nell'altro, ed avendo registrato tentativi da parte del Patto di lavoro di interloquire separatamente con gli amministratori locali - cercando anche di giocare sulle differenze - per avere delle risposte, era assolutamente


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indispensabile (ma questa era una necessità legata al contesto genovese) che le amministrazioni locali assumessero una posizione univoca e condividessero l'idea di appoggiare un percorso di eventi in favore del movimento, ma escludendone l'ultima settimana, perché non si sapeva quali determinazioni sarebbero state prese.
GRAZIA LABATE. Ciò mi era chiaro. La mia domanda era diversa.
MARGHERITA PAOLINI. Il Genoa social forum è uscito allo scoperto chiedendo formalmente la concomitanza. Però questa concomitanza non era stata esclusa all'inizio. Mi spiego? Ho avuto un mandato per organizzare un forum avendo come interlocutore le organizzazioni pacifiche e propositive. Esso poteva benissimo svolgersi contestualmente al forum ufficiale. Quando siamo partiti era così.
GRAZIA LABATE. Invece, lei aveva detto che il tavolo di coordinamento aveva un percorso concordato di eventi, escludendo la settimana...
MARGHERITA PAOLINI. Non il tavolo di coordinamento, ma la riunione degli enti locali e del prefetto! Questo è il punto. Forse non mi sono spiegata bene.
PRESIDENTE. Può fare delle specificazioni.
MARGHERITA PAOLINI. Fu fatta una riunione, preliminare al cosiddetto tavolo di coordinamento, tra gli enti locali, il prefetto, il questore e la sottoscritta, e poiché si erano verificati degli ondeggiamenti, delle perplessità da parte delle amministrazioni locali, era importante invece che ci fosse un'univocità di posizione, ma anche, da parte della regione


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Liguria - più titubante sul fatto di appoggiare un percorso del movimento no global - l'unanimità di tutti e tre gli enti locali nel senso di condividere questa posizione di disponibilità nei confronti del Patto di lavoro. Però, non avendo disposizioni sul fatto di procedere o meno con il forum parallelo, si escluse dagli eventi che gli enti locali avrebbero appoggiato quella settimana, dicendo «vedremo come evolverà la situazione».
Per quanto riguarda la vera difficoltà in cui si è trovata l'amministrazione della struttura del G8 - perché molte delegazioni non si decidevano ad accettare i criteri di sicurezza o le proposte che venivano loro avanzate, per cui c'è stata una lungaggine di trattative che non dava sicurezza su certe zone - ho detto che sarebbe stato importante, comunque, per evitare che si degradasse il fronte dei buoni, dei propositivi rispetto a quelli meno interessati al dialogo con le istituzioni, dare qualcosa, lanciare un messaggio. Era importante dare una risposta, magari anche negativa, ma chiara. Ciò che lamento come vuoto non è il fatto che non sia stata fornita una risposta in positivo, ma che non sia stata data una risposta in toto. È ciò ha creato un grosso disagio. Questo è il vuoto: non c'è stata una risposta del tipo «si fa, non si fa, non si può fare, lo escludiamo, vedremo». Questo è il punto.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Ringrazio l'architetto sia per la chiara esposizione della sua relazione sia per l'esaustività delle risposte. Le mie domande richiedono repliche molto brevi.
Lei ha detto che il GSF aveva adottato un patto di non violenza e pertanto le associazioni che intendevano aderire al GSF dovevano sottoscriverlo. Quindi, lei ritiene che interloquire con il GSF significasse, di fatto, parlare con le associazioni non violente?


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Lei ha, inoltre, affermato che se il Governo fosse stato meno latitante - ha usato proprio questa parola - da aprile a giugno, ossia nel periodo delle elezioni, si sarebbero potute isolare le frange più oltranziste. Ciò significa che l'omissione del Governo ha, di fatto, annullato o, comunque, reso meno incisivo tutto il lavoro svolto, che ha pregiudicato quello futuro, rendendo meno non violento il GSF?
Lei, ancora, ha dichiarato che si sapeva che l'evento di contestazione fosse ineludibile; ma se si fosse vietata o ridotta la possibilità di manifestare, proprio per il pericolo di fronte agli occhi di tutti, alcune forze politiche avrebbero manifestato ancora più duramente proprio dall'interno e, quindi, più pericolosamente, lei ha usato la trasfigurazione della «pentola che scoppiava». Vorrei sapere quali fossero queste forze politiche cui lei si riferiva.
Lei sa che sono stati concessi beni pubblici - d'altronde lei ha dichiarato di essersene interessata - al Gsf. Sa se lo stesso ha indicato al comune e alla provincia - e se sì con quale atto - le persone fisiche responsabili a cui il comune avrebbe concesso questi beni pubblici? Vorrei sapere se conosce questi nomi: Anna Pizzo, Stefano Kovac, Ronny Brusetti, Fabio Lucchesi, Pasquale Michelini, Davide Illmann.
Infine, vorrei sapere se i soggetti ai quali il comune o la provincia avevano concesso i beni pubblici - visti i suoi rapporti, appunto, con le associazioni e il fatto di aver seguito la vicenda a Genova, anche in quei giorni fatidici - le abbiano mai indicato, proprio per i rapporti positivi che lei aveva con le associazioni, se tra i beneficiari vi erano soggetti o associazioni non aderenti a Genova social forum o, comunque, soggetti violenti.
Desidero fare una precisazione su quanto aveva detto l'onorevole Labate, perché dalla cronologia risulta che l'ultima


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riunione risale al 20 aprile e che si passa poi al 24 giugno senza che vi siano ulteriori rapporti formali, come lei, architetto, aveva sostenuto, e ciò risulta anche dalla relazione che ci aveva fornito il prefetto. Quindi, volevo semplicemente confermare ciò che lei aveva già detto.
MARGHERITA PAOLINI.Vorrei innanzitutto precisare che quando ho usato il termine «latitanza» mi riferivo evidentemente ad una latitanza su questa questione specifica. Non potrei permettermi di parlare di latitanza sulla questione del G8. Spero che questo sia chiaro. Non posso neanche dire che questa latitanza, su tale specifica questione, questa assenza, questa non risposta, possa ...
LUCIANO VIOLANTE. Può indicare con esattezza su quale questione il Governo era latitante?
FABRIZIO CICCHITTO. Lo ha già detto.
LUCIANO VIOLANTE. Non ho capito.
MARGHERITA PAOLINI. Posso ripeterlo. Faccio riferimento al fatto che sia prima, sia dopo - quando è stato chiesto al prefetto di riaprire un dialogo istituzionale su fatti precisi come quello riguardante gli spazi, per incarico di Dini - non sono comunque state date al prefetto stesso istruzioni operative, tant'è che è stata convocata una riunione interlocutoria che si è risolta in un fallimento poiché non avevamo niente di nuovo da dire. Questo è il punto; tuttavia non si può certo affermare che questo aspetto abbia pregiudicato il tutto. Non credo si possa dire che a Genova è successo il finimondo per questo motivo, però il non aver avuto il tempo di definire un'organizzazione sul territorio - credo di averlo anche detto in qualche intervista - ha creato dei problemi, che si


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sarebbero potuti evitare se il Genoa social forum avesse avuto più tempo a disposizione per organizzarsi e verificare tutti i punti dell'accoglienza e anche se avesse avuto un network preciso e organizzato cui affidare le strutture che venivano concesse dagli enti locali, invece della corsa affannosa in cui ci si divideva tra le prenotazioni, gli arrivi, i pullmini, eccetera. Credo che questo aspetto, per quanto non disatteso, non abbia avuto l'attenzione che meritava.
Per quanto riguarda l'affidamento di questi spazi - ritengo che le audizioni del sindaco e della presidente Vincenzi, il cui testo non ho letto per intero, abbiano chiarito questo aspetto - non credo che siano stati affidati ad personam, bensì al Genoa social forum che poi, a sua volta, li ha affidati a vari gruppi come i Cobas, Rete Lilliput e così via.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI.Io ho fornito dei nomi specifici.
MARGHERITA PAOLINI. Io sono sicura che il signor Kovac (che conosco, perché ha fatto parte del consorzio italiano di solidarietà per la ex Jugoslavia) era incaricato di tali questioni di carattere logistico. Conosco Fabio Lucchesi perché è responsabile nazionale di Rete Lilliput ma conosco anche, un pochino, la signora Pizzo, anche se come giornalista della rivista Carta e non per quanto riguarda questo aspetto.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI.Gli altri nomi non li conosce?
MARGHERITA PAOLINI.No. Possono essermi sfuggiti, non ho avuto con queste persone una frequentazione tale da ricordarle o forse sono persone con cui ho parlato ma i cui nomi non ricordo. È effettivamente una galassia e poi vi sono anche delle rotazioni rapide.


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Per quanto riguarda quei giorni, le assicuro che se qualcuno mi avesse segnalato che all'interno c'erano dei violenti avrei provveduto direttamente a dirlo.
Durante la manifestazione ho visto molti gruppi di black bloc e li ho notati bene per il loro comportamento perché si trattava di una questione importante da seguire; tuttavia non ho avuto modo di essere in contatto, in altro modo, con soggetti violenti. In quel caso, credo, avrei fatto il mio dovere di cittadina.
IDA DENTAMARO. Sarò brevissima, perché il punto che mi sta a cuore è stato già toccato da molti colleghi e riguarda proprio questa ipotetica caduta di interesse nel periodo febbraio- maggio. Poiché credo sia estremamente importante distinguere tra valutazioni personali, soggettive, sensazioni di chicchessia e situazioni oggettive che possano trovare un riscontro anche documentale - stiamo parlando di rapporti ed incarichi istituzionali e quindi i riscontri documentali sono importanti - mi limito a chiedere alla architetta di metterci a disposizione, se per caso non lo avesse già fatto (a me non consta), tutte le sue relazioni. Ha dichiarato di non aver fatto una relazione riguardante gli ultimi tre giorni ma di averne fatte in precedenza. Le chiedo quindi tutte le sue relazioni, la sua corrispondenza, se c'è, con la struttura di missione e con altri apparati governativi e comunque di confermare, se possibile adesso, se questa mancanza di input che ha lamentato abbia riguardato quelli di carattere organizzativo e logistico, poiché sappiamo che l'intera struttura ha subìto, complessivamente, un ritardo, per quel che riguarda non solo l'organizzazione delle manifestazioni del movimento ma proprio il vertice.


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MARGHERITA PAOLINI. La struttura di missione non poteva certo intervenire su questo argomento autorizzando il percorso verso le manifestazioni e le azioni tematiche. La struttura di missione aveva compiti logistici nei confronti della delegazione. Io avevo un compito di tipo informativo e di mantenimento di contatti. Per quanto riguarda invece le decisioni, ovviamente spettavano, sostanzialmente, a chi doveva rispondere delle questioni di sicurezza ed aveva dunque un potere esecutivo; non potevano certo venire dal Presidente del Consiglio, dal ministro dell'interno e nemmeno dal ministro degli affari esteri poiché la questione non era di sua competenza. Il vuoto a cui mi riferisco, tanto per cercare di circoscrivere meglio questa vicenda ....
IDA DENTAMARO.Vorrei che lei chiarisse che tipo di indirizzo e quale cambiamento lei ha potuto riscontrare, su questo aspetto, con il cambio di Governo.
MARGHERITA PAOLINI.Il cambio di indirizzo è stato piuttosto eclatante, probabilmente perché erano mutate le condizioni sul terreno e si erano sciolti dei dilemmi, per cui si pensava di poter agire con maggiore sicurezza, visto che tutte le postazioni delle delegazioni erano state individuate, ma anche perché il presidente Berlusconi, che era stato a Göteborg ed aveva assistito agli scontri, si era reso conto del pericolo che si correva a non autorizzare le manifestazioni cercando di tenerle sotto controllo. La differenza è che, invece, con il Governo precedente - può darsi che sia solo un mio punto di vista, anche se il vuoto nella catena di comando c'è stato - non si è avuto nessun follow up rispetto alle aspettative create nel mondo del volontariato, delle ONG, eccetera. relativamente alla possibilità di tenere un forum parallelo, dialogante con quello degli otto Grandi. Anche nel momento


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in cui è stato detto al prefetto di procedere, di farsi dare un piano più dettagliato, non si è poi data risposta.
IDA DENTAMARO. Credo che si tratti di un punto importante da comprendere. Lei, nel rispondere alla mia ultima domanda, aveva esordito dicendo «Cerco di circoscrivere il vuoto». Potrebbe concretizzare in che senso ha parlato di «vuoto»?
MARGHERITA PAOLINI. Ho utilizzato il termine «vuoto» per indicare la mancanza di istruzioni per andare avanti o meno, poiché abbiamo richiesto (ci è stato fatto richiedere) al Genoa social forum di produrre una serie di proposte, che sono state avanzate prima in modo «sciamannato», poi in maniera sempre più precisa, specialmente riguardo l'ultima richiesta del prefetto dopo il 5 aprile; una volta presentate tali proposte, non si è detto niente. Tutto qui. Bisognava rispondere «no», oppure «questo sì» e «questo no». È chiaro adesso?
PRESIDENTE. Architetto, è chiaro cosa lei intenda per vuoto.
MARGHERITA PAOLINI. Qualunque cosa poteva costituire una risposta. Il famoso Telegram day diceva: dateci una risposta, diteci cosa fare, perché mancano tre mesi (o anche meno) all'evento e sappiamo che arriveranno decine di migliaia di persone, con il rischio che la città sia invasa da gente che non si sa dove collocare.
PRESIDENTE. Grazie, architetto. Lei ha parlato di talune relazioni: le saremmo molto grati se ritenesse opportuno lasciare al Comitato copia della relazione che oggi ha letto (anche se intende integrarla), unitamente alla relazione a cui ha fatto riferimento la senatrice Dentamaro.


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MARGHERITA PAOLINI. Debbo concordare tale questione con la struttura di missione, ovviamente.
PRESIDENTE. Possiamo chiedere i documenti alla struttura di missione, se si trovano presso di essa.
MARGHERITA PAOLINI. Suggerisco comunque, visto che stiamo parlando di documenti miei, la lettura di un documento quasi conclusivo, che rende meglio l'idea del lavoro svolto.
PRESIDENTE. Intende lei stessa fornire questi documenti o vuole che il Comitato li richieda tramite gli Uffici?
MARGHERITA PAOLINI. È preferibile quest'ultima ipotesi.
PRESIDENTE. Le preannuncio che chiederemo tutti i documenti, compresa la relazione cui faceva riferimento. Intende lasciare la sua relazione questa mattina?
MARGHERITA PAOLINI. Sì.
PRESIDENTE. La ringrazio per la collaborazione e dichiaro conclusa l'audizione.