COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 06 - 30 Agosto 2001

Audizione del ministro plenipotenziario Achille Vinci Giacchi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del ministro plenipotenziario Achille Vinci Giacchi.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura puramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica delle seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ministro Vinci Giacchi, la ringrazio personalmente e a nome del Comitato per aver accettato l'invito di riferire sui fatti di cui è a conoscenza relativamente al vertice G8 di Genova. Lei mi ha anticipato di non aver preparato una relazione: le chiederei comunque di illustrarci il compito da lei svolto in relazione al vertice.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Signor presidente, onorevoli membri della Commissione di indagine parlamentare, sono il responsabile della struttura di missione della Presidenza del Consiglio per l'organizzazione dell'anno di presidenza italiana del G8 e del vertice di Genova. Sottolineo in modo breve questo punto, in quanto la struttura di missione ha il compito di organizzare l'intero anno di


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presidenza : non si tratta quindi solo della pianificazione del vertice di Genova, ma anche della predisposizione di tutte le riunioni preparatorie a livello funzionari e di quelle successive al vertice di Genova per dare attuazione alle indicazioni che il vertice stesso ha fornito ai ministeri interessati. Ricordo che la presidenza del G8 dura un anno e che il 31 dicembre passerà, in ordine alfabetico, al Canada.
L'istituzione della struttura di missione ha innovato leggermente rispetto alla prassi che tradizionalmente lasciava al Ministero degli esteri l'organizzazione di questo tipo di riunioni. Si decise ciò in base al fatto che la nuova disciplina dell'organizzazione della Presidenza del Consiglio consente l'attivazione immediata di una struttura con poteri, direi, quasi da commissario di Governo, il che permette al titolare della struttura stessa di disporre di una contabilità speciale e di agire, in termini economici, molto rapidamente (sperando di trovare il vaglio della Corte dei conti nel momento in cui rendiconteremo la nostra attività). Ciò ha sicuramente consentito alla struttura di fornire risposte immediate a tutte le esigenze che si sono presentate, nonché ha permesso di adattare in corsa le decisioni assunte, come veniva suggerito dal procedere degli eventi. Sottolineo anche questo particolare perché, ad esempio, la riunione dei ministri degli esteri, che era stata originariamente prevista a Portofino all'antivigilia del vertice, venne poi trasferita a Roma per ragioni di opportunità e per le complicazioni logistiche che questa avrebbe comportato: ebbene, il fatto di disporre di una struttura agile anche sul piano amministrativo ha consentito di rispondere a questo tipo di esigenze.
La struttura di missione è composta, oltre che dal sottoscritto, da una serie di funzionari designati dalle amministrazioni interessate; in particolare, ricordo che è stato sempre


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presente un responsabile del Ministero dell'interno, cioè il prefetto Aldo Gianni, fino al 30 giugno e di seguito, causa il raggiungimento del limite di età da parte di questo, il prefetto Andreassi.
La struttura di missione agiva quasi come un consiglio di amministrazione, nel senso che i componenti si riunivano periodicamente, si informavano sui fatti che venivano maturando per poi ciascuno riferire al proprio ministero per la parte di propria competenza. Inizialmente alla struttura di missione venne raccomandato di integrare tra i propri componenti una persona di cui avete sentito sicuramente parlare, cioè l'architetto Margherita Paolini: si tratta di persona ben conosciuta nel mondo delle ONG, avendo curato parecchi programmi di cooperazione, missioni umanitarie in Bosnia e così via, anche in collaborazione con il Ministero degli esteri. Nell'ambito della struttura di missione era infatti sembrata utile la presenza di una persona che non fosse organicamente inserita in una struttura ministeriale, che potesse svolgere una funzione di informazione e di consulenza e che, inoltre, potesse essere conosciuta, e quindi non osteggiata, dai gruppi che si opponevano all'organizzazione del G8. Tutto ciò per poter avere anche nei confronti di questi ultimi la possibilità di raccogliere, attraverso di lei, informazioni che potevano essere utili per lo svolgimento dei lavori della struttura stessa. Ricordo che il vertice di Genova veniva dopo una serie di riunioni internazionali, collegate in maniera più o meno diretta con il G8, dove già si erano verificate parecchie contestazioni e violente manifestazioni di piazza: ricordo Nizza, Davos ( dove da parte degli svizzeri si avvertì addirittura l'esigenza di chiudere il territorio), Göteborg e Praga (in entrambe le località si sono verificati incidenti notevoli). Sapevamo quindi che ci stavamo muovendo su un terreno


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delicato, per cui la struttura ha sempre tenuto presente questa esigenza e, nei limiti del possibile, ha cercato di raccogliere tutte le indicazioni che potevano essere utili anche ai fini della prevenzione, benché il controllo di tali manifestazioni non fosse di nostra competenza: la competenza del Ministero dell'interno in tale materia è stata infatti rispettata con molto rigore, non foss'altro per mancanza di tempo. Non vi sarebbe stato infatti il tempo necessario per occuparsi anche di tali questioni, considerati tutti gli aspetti che già dovevamo valutare.
La linea di condotta della struttura ha mirato ad impartire indicazioni favorevoli al dialogo: il dialogo venne proposto dal Presidente del Consiglio all'inizio della presidenza italiana; si cercò cioè di fare di Genova il primo G8 del dialogo. Era un vertice che prevedeva la presenza di un nuovo Governo americano e di un nuovo Governo italiano: per queste due nuove figure si aveva ben presente l'esigenza di cercare di facilitare al massimo, presso l'opinione pubblica, un'informativa su cosa fosse il G8 e sul perché questo non fosse il nemico dell'umanità come, semplificando, la stampa tendeva invece ad accreditare. Abbiamo quindi cercato il dialogo non solo con i gruppi che in qualche modo si sono poi riuniti nel Genoa social forum, ma con tutta una serie di componenti della società civile, proprio nel tentativo di dare un segnale a tutti coloro che volevano ascoltare e per evidenziare come, in effetti, non esistessero contrasti di fondo tra i temi di interesse del G8 ed i temi sostenuti dalla società civile.
Ricordo che abbiamo tenuto numerosi contatti con il mondo cattolico, con i giovani industriali, i quali hanno dedicato, per la prima volta, il loro convegno annuale al tema della delocalizzazione industriale; tema che preoccupa ovviamente la società industriale avanzata perché, con l'abbattimento


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delle frontiere e la globalizzazione, si avverte senza dubbio il rischio di trasferire energie produttive fuori dei confini nazionali. Abbiamo cercato il dialogo con le riviste specializzate e fornito un contributo di idee a Limes che ha realizzato un numero dedicato specialmente (probabilmente voi lo avete agli atti) ai movimenti contestatori, da Porto Alegre in poi. Abbiamo, anche, cercato un dialogo con gli studenti universitari. L'università di Genova ha voluto che incontrassi i giovani universitari per indicare loro i temi del G8 (tutte le cose che sto dicendo ho cercare di dirle anche a loro). Mi sono pure preso una torta in faccia (ma questa è una parte folcloristica e non particolarmente significativa)!
Il messaggio era: i nostri temi sono i vostri temi. I governi sono perfettamente consapevoli che occorre affrontare i problemi della povertà, delle malattie, del deterioramento dell'ambiente, del gap tecnologico, del tecnical divide (mi riferisco al fatto che con il progresso scientifico aumenta la capacità dei paesi industrializzati di avere risorse tecnologiche superiori, mentre i paesi in via di sviluppo fanno fatica ad arrivare al livello di alfabetizzazione), delle mutazioni genetiche (abbiamo avuto il fenomeno della mucca pazza), eccetera. La struttura, quindi, nacque come struttura della Presidenza del Consiglio.
Dopo un paio di mesi ci si rese conto che naturalmente l'aspetto Ministero degli affari esteri era di grande importanza soprattutto per la parte materiale, perché la struttura di tale Ministero era in grado di fornire una mano alla struttura di missione per quanto riguardava i contatti con la stampa, i giornalisti stranieri che annunciavano il loro arrivo.
Vi era il problema dell'accredito dei giornalisti, che non poteva essere fatto se non attraverso l'ufficio stampa del Ministero degli affari esteri, e di tante altre questioni tipicamente di competenza di tale Ministero: il cerimoniale, l'accoglienza,


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l'arrivo delle delegazioni, il trasferimento, gli ordini protocollari, gli ordini secondo cui dovevano essere esposte le bandiere.
Il trasferimento è avvenuto senza modifiche per quanto riguardava la struttura di missione. Anziché prendere indicazioni direttamente dal Presidente del Consiglio, le prendeva dal ministro degli affari esteri, appoggiandosi molto sulla struttura del Ministero.
Il compito principale della struttura era quello dell'organizzazione del vertice; essa ha dovuto, quindi, affrontare i problemi della scelta della società che avrebbe fornito il catering.
Il numero degli ospiti del G8 è molto significativo.
I delegati erano all'incirca 1.500-2.000, mentre i giornalisti 4.000-5.000. Abbiamo all'inizio formulato alcune ipotesi di base a cui, per fortuna, hanno corrisposto i numeri reali.
Il problema principale - come mi resi conto dopo i primi sopralluoghi era Genova dispone di 2000 camere di albergo in tutta la città (mi riferisco a quelli con tre o quattro stelle, adatti quindi ad accogliere gli ospiti, inclusi i giornalisti). In tutta la riviera, da Sanremo fino a La Spezia, vi sono sei o sette mila camere complessivamente. Pertanto, l'idea di sparpagliare gli ospiti su un territorio così vasto con il problema dei collegamenti, cioè di consentire loro di arrivare a Genova in tempo per lavorare, è stata immediatamente considerata come uno dei problemi principali. Avevamo, addirittura, ipotizzato di spostare un numero rilevante di giornalisti a Milano, organizzando una navetta ferroviaria; ciò, tuttavia, sembrò alle autorità locali un chiaro segno di inadeguatezza di una città che desiderava presentarsi come città di accoglienza e di interesse turistico.
Tale ipotesi, pertanto, l'abbiamo immediatamente scartata.


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È stata, pertanto, mantenuta l'opzione di prendere in affitto alcune navi (cosa non semplice, perché a luglio tutte le navi sono in crociera). Gli armatori che - come dico io - non sono membri della San Vincenzo sono stati ben lieti di mettere le navi a disposizione purché il Governo pagasse il corrispettivo della rinuncia ai loro benefici. Le prime due navi le definimmo il giorno 14 febbraio (lo ricordo perché era San Valentino); firmammo davanti ai notai di Genova l'accordo secondo il quale si metteva a disposizione della struttura una nave della Costa e la famosa European Vision, all'epoca ancora in costruzione nei cantieri francesi, il cui varo era previsto per il mese di giugno. La sua disponibilità a Genova era pertanto assicurata, in quella data, per i giorni del vertice.
Successivamente, con il crescere dei problemi logistici e con la continua possibilità di incidenti o di manifestazioni di piazza, anche pacifiche, ma certamente numerose, si è pensato che la cosa più opportuna fosse quella di cercare di concentrare al massimo la zona in cui la delegazione e la maggior parte dei giornalisti erano ospitati.
Abbiamo dovuto fare un pressante forcing con le delegazioni; l'ambasciatore Vattani ne avrà certamente parlato poiché il Ministero degli affari esteri ha compiuto un grosso sforzo per convincere le delegazioni straniere del fatto che l'alloggio sulle navi era altrettanto, se non ancora più, confortevole rispetto a quello degli alberghi, e che ciò avrebbe ridotto le esigenze di spostamento, attenuando chiaramente i problemi dovuti all'esigenza di tutelare la sicurezza delle delegazioni. Il numero delle navi è stato in seguito aumentato. Le due navi, infatti, complessivamente ospitavano 1300 persone. Poiché i giornalisti americani hanno chiesto una nave per conto loro, ne abbiamo acquisito un'altra.


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Successivamente, in seguito alla decisione di chiudere il porto di Genova ai traffici ordinari e alla conseguente esigenza di spostare i collegamenti verso le isole (quelli con i traghetti) fuori della città di Genova, si sono resi disponibili due traghetti della Grimaldi che sono serviti per alloggiare i giornalisti. Le navi, pertanto, sono salite da due a sei, occupando l'intero porto di Genova. Questa è stata l'attività preparatoria della struttura di missione.
Le notizie che abbiamo raccolto sotto il profilo delle minacce provenivano soprattutto dalla stampa; non abbiamo avuto notizie dirette nella struttura di missione. La struttura di missione lavorava con il Ministero dell'interno semplicemente in un rapporto teso a facilitare il loro compito.
Evidentemente il restringere la zona dove erano alloggiate le delegazioni, l'abbandono dell'ipotesi di Portofino, lo sforzo fatto per persuadere gli americani, i quali ritenevano, per proprie ragioni, che il loro Presidente non potesse andare sulla nave... Non chiedetemi perché: probabilmente la CIA e il dipartimento insistevano perché il Presidente americano risiedesse in albergo.
Utilizzammo pertanto l'unico albergo situato nel porto di Genova, che, pur non essendo un albergo straordinario ed avendo soltanto centottanta stanze, ha soddisfatto le esigenze del Presidente americano e dei suoi più stretti collaboratori. L'altra parte dei collaboratori ha invece trovato alloggio su una nave a brevissima distanza.
Gli americani sono stati gli ultimi a persuadersi; altri paesi avevano opposto minore resistenza. Una volta accertate la disponibilità del Presidente Chirac, del Presidente Prodi, nonché del Presidente Berlusconi, il quale confermava la scelta delle navi, non vi sono stati particolari problemi a convincere la maggioranza delle delegazioni.


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Sotto questo profilo, ciò è stato fatto pur con la consapevolezza, dal momento che non era un mistero per nessuno, che i contestatori intendevano comunque cogliere l'occasione del G8 di Genova per una grande manifestazione, segnatamente e indicativamente, pacifica. Si prevedevano anche alcune manifestazioni preparatorie, di natura sindacale.
I cattolici decisero, grazie alla Divina Provvidenza probabilmente, di non partecipare a queste manifestazioni. Elaborarono dunque un documento che presentarono quindici giorni prima perché venisse preso in considerazione nell'agenda del vertice. Pertanto, focolarini e mondo cattolico si defilarono dalla grande manifestazione di massa. Quest'ultima era prevista per il giorno di sabato. Non sapevamo quali fossero le reali dimensioni di coloro che ritenevano che bisognasse comunque contestare il G8 in quanto tale, ovvero per il fatto che i rappresentanti degli otto grandi paesi del mondo non potevano decidere per il mondo intero.
Come detto, il nostro tentativo è stato quello di far passare un messaggio, affermando in fondo che gli unici in grado di aiutare i poveri sono i ricchi, dal momento che essi hanno i mezzi per farlo. Questo messaggio passava in tutti coloro che avevano effettivamente desiderio di contribuire e di accelerare processi quali la rimessione del debito e la soluzione dei problemi del sottosviluppo. Evidentemente tale messaggio non poteva passare in coloro che volevano cogliere l'occasione rappresentata dal G8 per manifestare violentemente.
LUCIANO VIOLANTE. Desidero chiederle in primo luogo se vi sono i verbali delle riunioni della struttura e se li può fornire.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Credo di sì. I pochi verbali delle riunioni della struttura esistono e


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sono certamente disponibili, essendo atti pubblici. Non ho alcuna difficoltà a fornirli. Tuttavia, non li troverà molto illuminanti, essendo di carattere specificamente organizzativo. Li fornirò senz'altro.
LUCIANO VIOLANTE. Lei ha parlato indifferentemente di un dialogo con organizzazioni non governative e con il Genoa social forum. In realtà essi sono enti diversi: le prime svolgono servizi a favore di soggetti esterni; le componenti del Genoa social forum non svolgono servizi, bensì sono organizzazioni puramente politiche. Da cosa fu determinato tale passaggio? Ovvero come si passò dal rivolgersi prima ad organizzazioni che, tutto sommato, erano impegnate sul terreno sul quale vi impegnavate voi, al dialogo con tutte le componenti del Genoa social forum?
La terza questione concerne il numero dei delegati. Mi sembra di capire che vi siano degli scarti notevoli tra le cifre che lei ha dato e quelle a nostra disposizione. Lei ha parlato di delegati: si tratta di un termine tecnico che esclude gli apparati tecnici, i servizi di sicurezza dei vari Capi di Stato, oppure li ricomprende? La cosa potrebbe aiutarci a capire. In ogni caso, può fornirci elementi precisi. Ciò potrebbe aiutarci a capire qual è stato il quadro dell'impegno da voi assunto.
Infine, avete avuto notizie dai Servizi sulle caratteristiche delle varie componenti del Genoa social forum?
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Inizialmente, il nostro primo contatto è stato con le organizzazioni non governative. Avevamo cercato, su indicazione della Presidenza del Consiglio, di indurre le quattro principali organizzazioni non governative nazionali a dedicare dei convegni ai temi...
LUCIANO VIOLANTE. Quali sono?


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ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Cito a memoria: l'IPALMO, il CESPI, lo IAI. Mi riservo di farle avere tutte le indicazioni. Ad esse fu suggerito di promuovere dei convegni sui temi del G8. Se ne tenne poi uno solo, quello di Firenze. Lo IAI si ritirò in buon ordine dopo il noto incidente, ovvero l'attentato di Roma. L'IPALMO si limitò a fare un numero speciale di politica internazionale. Il CESPI, per quanto ne sappia, non ha, a parte le collaborazione nell'incontro di Firenze, fatto nulla di significativo che io ricordi. Il Genoa social forum è venuto qualificandosi come un interlocutore genovese con cui noi personalmente non abbiamo avuto contatti.
LUCIANO VIOLANTE. Lei ha parlato di queste quattro organizzazioni che, se non ricordo male, hanno carattere politico- riflessivo, non di servizio. Dal momento però che voi vi occupavate di servizi, non avete pensato all'opportunità di prendere contatti anche con le ONG, da Medici senza frontiere ad altro, le quali si occupano in termini concreti dei problemi dei quali vi occupavate anche voi?
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Noi eravamo semplicemente destinatari di un certo numero di informazioni che potevano essere utili alla struttura per organizzare al meglio l'accoglienza delle delegazioni. Non abbiamo mai pensato di avere contatti diretti. Non era compito della struttura. C'erano tra l'altro le autorità locali che dialogavano regolarmente con il Genoa social forum.
Sulle delegazioni mi riservo domattina...
LUCIANO VIOLANTE. Stava spiegando il passaggio dalle organizzazioni non governative al Genoa social forum. L'ho interrotta quando lei diceva che lentamente poi è emerso il Genoa social forum. In che termini?


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ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. È emerso come interlocutore genovese, con base a Genova, il Genoa social forum. Esso ha cercato di aggregare tutte le organizzazioni non governative, tra le quali cui lei ha fatto riferimento. In ordine a questo aspetto sarà tuttavia più precisa la dottoressa Paolini. Mi sono limitato a prendere atto del fatto che diventava un interlocutore, anche perché le autorità locali lo consideravano il più accreditato strumento di dialogo con la contestazione.
Delle delegazioni le fornirò i dati. Se non ricordo male, eravamo intorno alle 1.700 delegazioni. Quando parlo di delegazioni, intendo quelle che ufficialmente i vari Stati hanno comunicato come tali. Esse comprendono però quasi tutti gli stranieri. Non c'erano da parte loro persone appartenenti alla sicurezza che non fossero inserite nell'elenco completo delle delegazioni. Non avrebbero avuto accesso nè tantomeno i badge per poter entrare nei palazzi. Su questo aspetto posso darle notizie, se non a memoria, con assoluta precisione.
Ultima osservazione: i Servizi non hanno mai informato la struttura di missione su quanto avevano raccolto per loro informazione.
LUCIANO VIOLANTE. Lei ha ricevuto informazioni del Ministero degli affari esteri? Credo che il ministero ricevesse queste informazioni: ve le ha trasmesse?
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Nemmeno il ministero degli affari esteri.
PIETRO FONTANINI. Signor ministro, lei ha parlato dell'architetto Margherita Paolini, persona vicina alla sensibilità dei gruppi che si riconoscono nel Genoa social forum. Potrebbe essere un po' più esplicito su questa persona? In particolare,


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vorrei sapere come è avvenuta la sua scelta e poi anche quale è stato il compenso che le è stato dato per i lavori che ha svolto.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Il compenso è stato di 50 milioni lordi. Riguardo alla scelta dell'architetto Paolini, venne un'indicazione dal segretariato generale di Palazzo Chigi, il quale riteneva - io non la conoscevo personalmente - che una persona appartenente al mondo delle organizzazioni non governative potesse agevolare la conoscenza delle indicazioni provenienti da questi movimenti che potevano interessare la struttura.
LUCIANO MAGNALBÒ. L'architetto Paolini, è un personaggio un po' misterioso, del quale vorremmo un'anamnesi per così dire, se fosse possibile: desidereremmo sapere da dove proviene...
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore, le ricordo che talune domande potremo rivolgerle direttamente alla dottoressa Paolini.
LUCIANO MAGNALBÒ. Saluto con stima e simpatia, da parte del gruppo di Alleanza nazionale, il ministro Vinci Giacchi. Dal momento che l'argomento Paolini è ormai accantonato, vorrei chiedere al ministro cosa pensi del futuro della struttura a cui appartiene e che dirige, anche in vista dei vertici FAO e NATO, già programmati, e di altre occasioni di disordine ed eversione.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. La ringrazio del saluto personale. La struttura di missione termina il suo incarico il 31 dicembre. Essa ha ancora sei mesi di tempo per rendicontare alla Corte dei conti l'attività


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amministrativa. È nata per legge esclusivamente per l'anno di presidenza italiana del G8. Quindi, il mio compito e quello della struttura terminano con questo specifico incarico.
Qualche riflessione sarà utile su come rendere più funzionale la struttura di missione, che è uno strumento amministrativamente molto efficace, ma che se diversamente congegnata, anche meglio di quanto non abbiamo fatto noi, potrebbe far fronte adeguatamente alle responsabilità che le sono attribuite.
MARCO BOATO. Signor ministro, desidero innanzitutto associarmi ai complimenti per l'immane lavoro che avete svolto, e che, dal punto di vista dei fini, ossia garantire l'effettiva attuazione del G8, - mi riferisco agli aspetti organizzativi, non tanto a quelli politici che non competevano a lei - ha prodotto un risultato. Quindi, credo che sia giusto dare atto, anche pubblicamente, del lavoro che è stato fatto. È evidente che, per quanto riguarda il nostro Comitato di indagine conoscitiva, è utile conoscere la complessità anche dei problemi organizzativi, ma, dal punto di vista istituzionale, non è questa la materia di nostro principale interesse.
Condivido la domanda che le ha rivolto il presidente Violante perché le cifre che sono circolate, parlavano complessivamente di 8 mila persone per gli apparati degli 8 Stati e di 5 mila giornalisti. Sono cifre che ho letto ripetutamente sui giornali, però, siccome mi pare che lei stia parlando di una cifra complessiva di 8 mila persone, sarebbe utile che lei precisasse l'entità della cifra, come le aveva chiesto il presidente Violante. Ovviamente, a noi non interessano le singole unità, ma un quadro complessivo della dimensione del fenomeno, anche perché, da quanto si è capito, nello stesso vertice del G8 si è discusso di ridurre drasticamente queste delegazioni per le prossime conferenze.


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Per quanto concerne gli aspetti già accennati, vorrei sapere fino a che punto l'architetto Paolini - che non è persona «misteriosa» e che ascolteremo direttamente, essendo già stata convocata - abbia potuto svolgere un ruolo di contatto e mediazione con un mondo così composito e per definizione non istituzionale come quello delle ONG. Le organizzazioni non governative, sono accreditate spesso con lo status consultivo presso l'ECOSOC (tra l'altro, non tutte lo sono), ma anche il mondo non istituzionale è diventato più composito e complesso, via via che ci si è avvicinati alla data del G8. Riservandoci di rivolgere le domande direttamente alla persona interessata, le chiedo di informarci meglio al riguardo. A questo proposito, sono ben consapevole che la sua responsabilità della struttura di missione comporta come obiettivo l'esigenza principale di realizzare le strutture, l'organizzazione, la logistica e tutto il resto, perché il G8 si svolgesse nel migliore dei modi, e che certe soluzioni organizzative erano anche finalizzate a depotenziare i problemi di sicurezza (le navi, gli spostamenti e così via). Per quanto riguarda, però il profilo degli altri problemi che stavamo affrontando, nella documentazione in nostro possesso, c'è una lettera del 10 gennaio 2001, indirizzata alla cortese attenzione del ministro plenipotenziario Achille Vinci Giacchi, al prefetto di Genova, al presidente della provincia e al sindaco di Genova, ad oggetto «Costituzione del tavolo G8». Si tratta di una lettera firmata non con la sigla Genoa social forum ma con quella del Patto di lavoro, che è la sigla precedente, come ci è stato spiegato. Vorrei leggere le sigle delle associazioni in modo che restino agli atti nel resoconto stenografico, perché altrimenti sembrano sempre dei fantasmi e lo farò rapidissimamente: ACLI Genova, ARCI, Arciragazzi, ASSEFA, Associazione Medici per l'ambiente, ISDE Genova, Associazione per il rinnovamento della sinistra,


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Associazione per la pace, Bambini Vittime, Banca Etica - circoscrizione locale di Genova Imperia, Campagna per la riforma della Banca Mondiale, CEDRITT, Centro cooperazione sviluppo, Città aperta, COGEDE, Consorzio sociale Agorà, CS Leoncavallo, CS Talpa e orologio, CS Terra di nessuno, CS Zapata, Federazione regionale solidarietà e lavoro, ICS, il Ce.sto, ISCOS CISL Liguria, Legacoop - Comparto cooperative sociali, Legambiente, LOC, Mani tese, Marea, Movimento federalista europeo, Pax Christi, Planet, Progetto continenti, Rete contro il G8, Rete Lilliput Genova, Sdebitarsi, SondaGenova, Tavola della pace, UISP Genova, Ya Basta!. Queste sono le prime sigle: non leggo, perché il presidente mi toglierebbe la parola, l'elenco delle sigle che compaiono a partire dal 2 aprile. Non so se anche lei conosca la lettera che è indirizzata solo al prefetto di Genova, dove compare già la sigla Genoa social forum. Agli atti vi è allegato n. 8 del dossier che ci ha consegnato il prefetto, che contiene un elenco molto più lungo di sigle, che parte dai firmatari genovesi, che sono gli stessi di prima, poi un lunghissimo elenco di firmatari nazionali ed uno consistente di firmatari internazionali. Questo, per far capire che poi i soggetti, in qualche modo, sono individuati ed individuabili, e sono ovviamente di un mondo molto più complesso delle tradizionali ONG, pur ricomprendendolo.
Tuttavia, siccome la prima lettera è indirizzata anche a lei, le volevo chiedere se ne ha memoria.
Infine - domando scusa, signor presidente, per essermi dilungato - le chiedo notizie su quello che, immagino, sia stato un incidente rapidamente superato. Vi è una lettera della Presidenza del Consiglio dei ministri - struttura di missione, datata 30 gennaio 2001 e da lei firmata, che è abbastanza polemica nei confronti del prefetto. In essa si legge: «Cara eccellenza, mi ha un po' sorpreso apprendere che ieri lei ha


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convocato una riunione di carattere organizzativo senza che io ne sia stato nemmeno informato. Ciò è certamente in contrasto con le indicazioni del Presidente del Consiglio il quale, nel darle potere di iniziativa, ha chiaramente ribadito la responsabilità della struttura di missione (...). Desidero anche dirle che, con l'assenso della Presidenza del Consiglio, questa struttura ha affidato all'architetto Margherita Paolini l'incarico di coordinamento di tutte le iniziative riconducibili a organizzazioni non governative. Sarei, perciò, lieto se i contatti che le autorità locali vorranno prendere con i possibili »contestatori« fossero tenuti in stretto contatto con l'architetto Paolini reperibile tramite la struttura».
Le domando come, dopo tale «incidente» (capisco che i problemi erano complessi e, per molti aspetti, anche inediti ), si siano svolti tali rapporti e se vi siano state altre difficoltà, anche perché l'allora questore Colucci - e concludo davvero, signor presidente - quando gli abbiamo chiesto notizia del ruolo di questa persona ufficialmente incaricata, ci ha detto in modo un po' sprezzante di averla vista una volta, dopodiché è scomparsa. Probabilmente, vi è stata una fase iniziale di dialogo che partiva dalle ONG tradizionali ed una fase successiva, più complessa, in cui è prevalsa più una dimensione politica (che ha coinvolto i Ministeri dell'interno e degli affari esteri, il prefetto, il questore e così via). Le chiedo, informazioni al riguardo.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Innanzitutto, vorrei ringraziarla per il riconoscimento di ciò che abbiamo fatto che purtroppo è passato molto in seconda linea dopo gli incidenti. La stampa ha praticamente ignorato le cose positive, per concentrarsi solo sugli spiacevoli fatti avvenuti al di fuori dell'organizzazione.


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Anche quando lei parla di riduzione del numero dei delegati, si tratta di una battaglia che conduciamo e perdiamo regolarmente ogni volta che si tengono queste riunioni. Fin dall'inizio si era detto che occorreva ridurre il numero delle delegazioni, ma sembra impossibile arrivare a tale risultato. Tra l'altro, mi è stato detto che quando il Presidente degli Stati Uniti si sposta, porta con sé l'intero staff della Casa Bianca: siccome la Presidenza segue il Presidente, quest'ultimo deve avere con sé tutti i suoi collaboratori. È come se ogni volta che il Presidente del Consiglio si muove, l'intero staff di palazzo Chigi, uscieri compresi, debbano seguirlo. In pratica, questo obiettivo non si riesce mai a realizzare. Occorre certamente considerare questi aspetti, perché sarà sempre più difficile organizzare in città questo tipo di manifestazioni, per tutti i problemi che ciò comporta; dovremo, quindi, ripensarle.
La ringrazio di avere ricordato che il Patto di lavoro era l'inizio di ciò che poi è diventato il Genoa social forum. Inizialmente il Patto di lavoro cercava un'interlocuzione ed era difficile anche per loro capire con chi dovessero parlare. Palazzo Chigi, infatti, era lontano, il prefetto si limitava alla competenza istituzionale sull'ordine pubblico, le istituzioni locali appartenevano politicamente a diverse posizioni, eravamo vicini ad una campagna elettorale e anche ciò contribuiva a rendere estremamente variegato il campo. Anche per gli interlocutori era difficile far sapere con chi dialogare; spesso, infatti, il presidente della regione diceva una cosa, il sindaco un'altra, il presidente della provincia un'altra ancora. Essi, quindi, cercavano all'inizio di avere un interlocutore e avevano ritenuto che l'organizzazione potesse esserlo. Devo dire che, come lei ha potuto constatare anche dalla seconda


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lettera, si sono resi conto che la nostra funzione era semplicemente di adattarci alle decisioni che venivano assunte sul piano politico generale e non di influire sulle stesse.
Se, quindi, si voleva consentire il corteo, era opportuno che i giornalisti non fossero alloggiati in una zona interessata alle possibili manifestazioni (mi riferisco sempre a manifestazioni pacifiche) e anche semplicemente consentire loro di muoversi attraverso un corteo di 200.000 persone poteva essere particolarmente difficile. Abbiamo, quindi, sempre seguito tali vicende per le conseguenze che esse potevano avere sulla definizione dei nostri compiti. Avevamo sollecitato la chiusura di una zona, che venne immediatamente identificata come zona rossa, con diverse modulazioni e profili. Il prefetto ed il questore definirono una zona off-limit nella quale non sarebbero state consentite manifestazioni di alcun genere. Il nostro ruolo, quindi, era esclusivamente di questo tipo.
Per quanto riguarda la lettera al prefetto, ne faccio ammenda; ero anche agli inizi della mia attività e, quindi, avevo difficoltà a rapportarmi...
MARCO BOATO. La mia non era una contestazione, bensì una richiesta di conoscenza.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Intendo solo farle comprendere come nacquero queste vicende. Il prefetto aveva maturato una grande esperienza già da mesi, perché aveva presieduto la commissione prefettizia per le opere pubbliche. Palazzo Chigi aveva cercato di far sì che la struttura di missione e la struttura prefettizia lavorassero insieme quanto più possibile. All'inizio vi sono state inevitabili difficoltà di rapporto perché ognuno di noi, rispondendo ad un determinato compito, tendeva a svolgerlo magari non sempre mettendo al corrente l'altra struttura di ciò che veniva


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maturando. La consideri proprio una difficoltà di approccio iniziale. Il prefetto, dopo che c'eravamo incontrati a palazzo Chigi ed era stato stabilito di lavorare insieme, il giorno dopo convocò una riunione organizzativa, senza neanche mettermi al corrente. Siccome esisto e sono stato nominato, avrei voluto che ne tenesse conto. Dopo questo episodio non ve ne sono stati altri.
MARCO BOATO. Riguardo all'interlocuzione, nelle varie fasi di passaggio, con le ONG, il Patto del lavoro e il Genoa social forum, vorrei conoscere il ruolo (anche in questo caso non si tratta di una domanda critica ma puramente conoscitiva) rivestito da questa persona appositamente incaricata. Le ho citato la dichiarazione del questore che, in modo un po' sprezzante, ha affermato di averla vista una volta e di non averla più vista successivamente. Vi è stato questo ruolo? Ha trovato difficoltà? Avete dovuto, poi, delegarlo alle autorità politiche o preposte all'ordine pubblico locale? Volevo domandarle ciò, per quanto è a sua conoscenza; non le chiedo giudizi, bensì informazioni.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. All'inizio la struttura ha cercato di supplire anche alla mancanza di conoscenza, cioè di mettersi a disposizione delle autorità politiche in modo da fornire loro, per quanto possibile, il massimo di informazioni relative ai soggetti con cui, eventualmente, dialogare. In questa fase l'architetto Paolini si è mossa raccogliendo notizie e fornendo informazioni che potevano essere utili sulle varie sigle. Infatti, le sigle che lei ha citato vanno da organizzazioni con centinaia di migliaia di aderenti a piccoli gruppi. Dunque, era molto importante capire, in questo variegato mondo, con chi poter dialogare e chi poteva prendere decisioni in merito al dialogo con le


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istituzioni politiche. Questo è diventato poi meno utile perché, da un lato, l'interlocuzione politica è mancata completamente nel periodo della campagna elettorale - fino all'insediamento del nuovo Governo nessuno riceveva nessuno - e, al tempo stesso, le autorità preposte all'ordine pubblico facevano affidamento sulle informazioni che raccoglievano direttamente attraverso le loro fonti e non hanno mai fatto sapere che le notizie che potevamo fornire loro aumentavano il grado di conoscenza della realtà (che poi, probabilmente, essi erano in grado di conoscere meglio di chiunque altro).
ANTONIO IOVENE. Nel corso dei lavori del Comitato in più occasioni abbiamo utilizzato termini diversi indifferentemente. Credo, allora, sia utile - e perciò chiedo conferma al ministro plenipotenziario - tentare di avere un quadro più preciso della situazione. Parlando, infatti, del movimento, delle associazioni e delle realtà che sono state protagoniste delle manifestazioni del 20 e 21 luglio a Genova si è usato indifferentemente il termine ONG, Genoa social forum o si è fatto ricorso ai «blocchi» di diverso colore e natura.
Il termine blocchi è frutto di una definizione convenzionale ed arbitraria dei Servizi di intelligence che hanno diviso, nei loro rapporti riservati, il blocco rosa, giallo, azzurro e così via. Stante anche l'attendibilità di alcune di quelle informazioni è tutto da dimostrare che effettivamente alcune associazioni si sentano di appartenere ad un blocco piuttosto che ad un alto. Mi pare di capire che si trattasse solo di un'indicazione di massima per dire che vi erano, da una parte, associazioni chiaramente pacifiste, non violente ed in grado di manifestare con questa volontà, e, dall'altra, diverse associazioni con varie sfumature.
Per quanto riguarda le ONG l'utilizzo internazionale di questo termine va definito in senso lato e, cioè, riguarda tutte


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quelle associazioni non governative che hanno attinenza con vari campi di attività e di azione. Molte di queste sono anche riconosciute dalle Nazioni Unite. In Italia il termine ONG ha una sua peculiarità perché viene utilizzato esclusivamente per quelle associazioni che si costituiscono in base alla legge n. 49 del 1987 per ricevere le idoneità previste da tale legge in relazione ad una attività esclusiva o prevalente nell'ambito della cooperazione allo sviluppo. Si tratta, quindi, di alcune decine o poco più di un centinaio di organizzazioni aventi queste caratteristiche: sono un segmento veramente limitato del mondo associativo più generale che, poi, si è riconosciuto e coordinato nel Genoa social forum.
Faccio queste precisazioni perché in più occasioni si è ritornati sul passaggio del dialogo con le ONG ed il Genoa social forum. Mi pare che con le ONG ci sia un dialogo istituzionale permanente del Ministero in base alla legge n. 49: un atto dovuto che riguarda tutte le iniziative internazionali di cui il Ministero è protagonista. Nel caso specifico del vertice G8 si è costituita, vista la rilevanza dell'appuntamento e dei temi in esso contenuti, una rete associativa ad hoc, il Genoa social forum, che è andato ben al di là delle tradizionali ONG.
Fatta questa premessa, lei conferma che sia questa la suddivisione del meccanismo associativo nel nostro paese?
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. La sua è una ricostruzione estremamente corretta. Il nostro punto di partenza era stato quello di cercare il più possibile il dialogo con coloro che volevano dialogare. La massa dei manifestanti pacifici era mossa dagli interessi più divergenti: il Gruppo ambiente si lamentava del riscaldamento della terra, dicendo che i risultati della Conferenza di Kyoto non bastano e che si deve fare di più; altri chiedevano di eliminare il deficit del Terzo mondo. Con tutta una serie di sigle abbiamo cercato di


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dialogare, ma non era nostro compito, era un compito di supplenza in un momento di vuoto politico, in cui la classe politica era interessata più ai problemi immediati di una campagna elettorale lunga e complessa che ad affrontare un problema che sarebbe maturato il 20 luglio. Il nostro tentativo era quello di cercare di capire quali fossero le ragioni del dialogo e con quali organizzazioni fosse possibile stabilire un contatto, in modo da garantire che nella manifestazione pacifica non si infiltrassero persone o gruppi che potessero approfittare di quel momento per fare ciò che, poi, è successo (io li chiamo gli hooligans dei manifestanti, che non hanno niente a che vedere con le idee). Queste, però, sono venute maturando in un modo molto difficile da percepire e, comunque, piano piano, e a quel punto la struttura era talmente coinvolta nell'organizzazione finale del vertice che non avrebbe potuto comunque seguire questo aspetto.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Vorrei fornirle un quadro che sono riuscita ad individuare rispetto ai rapporti prima con il Patto di lavoro e poi con il Genoa social forum, per verificare se lei è d'accordo con questa ricostruzione o se vi sia omissioni ed integrazioni da fare.
Ho rilevato che già nel gennaio 2000 si crea un movimento intitolato «da Seattle a Genova» e che il 26 gennaio 2001 erano già circa 70 le associazioni che appartenevano a tale organizzazione che, poi, si è chiamata Patto di lavoro. Il 29 gennaio 2001 il sindaco, il presidente della provincia e il delegato del presidente della regione incontrano una piccola delegazione di questo movimento.
Il 30 gennaio, il capo della struttura di missione comunica che la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva conferito all'architetto Margherita Paolini l'incarico di svolgere tale coordinamento. L'otto febbraio l'architetto Paolini, a Genova,


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incontra una delegazione del Patto del lavoro; immediatamente dopo, in presenza del prefetto, del sindaco, del presidente della provincia, incontra, in prefettura, una rappresentanza nazionale e locale del Patto del lavoro. A marzo 2001, con le adesioni al Patto del lavoro delle associazioni straniere, si costituisce il Genoa Social Forum; siamo al marzo 2001. Il 4 aprile, quando la trasformazione del Patto del lavoro nel Genoa Social Forum era già avvenuta, nel corso di una riunione indetta dal Presidente del Consiglio Amato, alla presenza sua, del sottosegretario Micheli, del ministro dell'interno, del ministro degli affari esteri e dell'ambasciatore Vattani, viene conferito al prefetto l'incarico di interloquire, a nome del Governo, con il Genoa Social Forum. Il 5 aprile, il ministro dell'interno incarica il prefetto di ricevere al Viminale, insieme al capo di gabinetto del ministro stesso, una delegazione del Genoa Social Forum. Il 20 aprile, il prefetto incontra, ancora alla presenza - stranamente - dell'architetto Paolini, una delegazione del Genoa Social Forum. Quindi, il 24 giugno il capo della Polizia incontra in questura una delegazione del Genoa social forum proprio per preparare l'incontro del 28 con il ministro Scajola. Il 28 giugno, a Roma, alla Farnesina, si tiene tale incontro con il ministro degli affari esteri e con il ministro dell'interno, interno in cui poi si dà nuovamente al capo della polizia il compito ed il potere di trattare con il Genoa social forum. Il 30 giugno il capo della Polizia incontra in prefettura i rappresentanti del Genoa social forum. Lei ritiene che questa ricostruzione sia esatta e perfetta e che il passaggio comunque dal Patto di lavoro al Genoa Social Forum sia comunque antecedente alla riunione svoltasi a Roma presso la Presidenza del Consiglio?
Ci ha detto prima l'ambasciatore Vattani che al Ministero degli esteri esiste una direzione che si occupa, anche relazione


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alla legge n. 49 or ora ricordata, dei rapporti con le associazioni non governative. Lei ritiene che non vi fossero persone adatte o comunque aventi la competenza per poter svolgere quell'incarico che invece era stato dato, retribuito con i soldi dei cittadini all'architetto Paolini? Le chiedo, cioè, se ritiene non vi fossero persone che avevano la competenza che invece l'architetto Paolini aveva all'interno del Ministero per poter trattare con associazioni non governative.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Quanto alla prima questione da lei sollevata, considero la sua ricostruzione molto più precisa di quanto adesso io possa valutare; probabilmente, l'architetto Paolini, avendo partecipato a molti degli incontri da lei citati, potrà darle conferma delle date che, comunque, ritengo siano assolutamente corrette. Quanto al secondo aspetto sul quale lei ha voluto porre l'attenzione, le rispondo semplicemente che le organizzazioni non governative (e comunque questi movimenti) non volevano conferire con qualcuno che avesse incarichi istituzionali. Non sarebbe stato difficile, altrimenti, trovare al Ministero degli esteri il direttore generale della cooperazione, anche considerato che certamente questi aveva con loro contatti molto frequenti. Molti dei gruppi avevano una avversione istintiva per l'istituzione; quindi, abbiamo sempre ritenuto che fosse più utile prevedere una figura non istituzionale che potesse dialogare con loro ed essere credibile. Doveva essere credibile nei loro confronti, non tanto nei nostri; noi, infatti, conoscevamo l'architetto Paolini, che aveva svolto alcune operazioni di volontariato e di assistenza tecnica anche per il Ministero degli esteri. Quindi, sapevamo chi fosse l'architetto Paolini ma l'aspetto importante era trovare qualcuno che loro accettassero come interlocutore, altrimenti sarebbe stato tutto inutile; invero, potevamo agire noi ma non con uguale efficacia.


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LUIGI BOBBIO. Intervengo solo per avere un chiarimento su quest'ultima questione, signor ministro. Vorrei sapere se - fermo restando quanto da lei appena dichiarato in relazione alla necessità e opportunità di individuare nell'architetto Paolini l'interlocutore - vi siate anche premurati, in qualche maniera, o se almeno vi siate posti il problema di un necessario rapporto di fedeltà dell'interlocutore rispetto al Governo, allo Stato, alla nazione della persona scelta che, pure ben accetta agli interlocutori, sarebbe stata protagonista di un momento estremamente delicato.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Sì, al riguardo posso rispondere con piena certezza, perché l'architetto Paolini ha svolto il suo compito con assoluta correttezza.
GIANNICOLA SINISI. Rivolgo al ministro la stessa domanda fatta all'ambasciatore Vattani; chiedo, cioè, se sappia qualcosa dell'incontro, che ha avuto eco sulla stampa del 14 luglio, svoltosi il 13 luglio - al Ministero degli esteri, credo, o comunque a Roma o a margine di una iniziativa internazionale - tra il ministro degli esteri e settanta organizzazioni.
ACHILLE VINCI GIACCHI, Ministro plenipotenziario. Non ne so niente, visto che dal 15 giugno non mi sono più mosso da Genova; avevamo, infatti, troppi problemi. Ho saputo, naturalmente, che si pensava a questo incontro. Nell'ambito delle iniziative di dialogo, nonché in considerazione dell'esigenza di rendere nota all'opinione pubblica la volontà del Governo di rispondere ai temi seri sollevati dai contestatori, l'idea, proposta dal ministro Ruggiero, di avere un grande incontro con personalità significative, sembrava eccellente, ma non ho partecipato ed i soli resoconti li ho avuti attraverso la stampa.


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PRESIDENTE. La ringraziamo della sua disponibilità e la invitiamo cortesemente a volerci inviare al più presto la documentazione di cui le è stata fatta richiesta.
La seduta, sospesa alle 13.45, è ripresa alle 15.