RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - De Gennaro, il G8 e il sogno della Fbi

Genova, 6 dicembre 2007

De Gennaro, il G8 e il sogno della Fbi
I vertici di Polizia, Ros e Sismi sono finiti tutti sotto inchiesta. La sinistra, però, preferisce non intervenire
Stefano Rovera

Le intercettazioni che hanno permesso alla Procura di Genova di ricostruire parzialmente gli interventi di Gianni De Gennaro e di Antonio Manganelli e perfino le riunioni al Viminale che avrebbero accompagnato alcuni passaggi del processo Diaz, sono senz'altro soggette alle più diverse interpretazioni, come quasi sempre avviene con le intercettazioni telefoniche. Queste, poi, sono intercettazioni «de relato», non sono mai De Gennaro e Manganelli a parlare ma altri funzionari, imputati o testimoni, a riferire cosa avrebbero detto e fatto l'ex capo della polizia e il successore nel tentativo di condizionare il processo. Senz'altro gli intercettati insultano e privatamente minacciano i magistrati, dimostrando di appartenere a quell'Italia che farebbe a meno delle toghe, il che non è simpatico da parte di funzionari che sono o sono stati ufficiali di polizia giudiziaria, dunque in teoria lavorano o hanno lavorato alle dipendenze dei pubblici ministeri. Ma da qui a commettere reati ce ne corre. La presunzione di innocenza vale per tutti, a maggior ragione per De Gennaro che rischia il rinvio a giudizio per aver istigato l'ex questore di Genova Francesco Colucci a mentire davanti al tribunale. E ovviamente vale per Manganelli, che per Rifondazione sarebbe l'uomo della «discontinuità» rispetto a De Gennaro ma fin qui l'ha dimostrato solo con quattro chiacchiere, peraltro tardive, sulla morte del tifoso laziale Gabriele Sandri: l'attuale capo della polizia avrebbe parlato del pm della Diaz, Enrico Zucca, come di un magistrato a cui dare «una botta», ma non è mai stato indagato.
Certo De Gennaro, oggi capo di gabinetto del ministro Giuliano Amato, non avrebbe di che andar fiero se si salvasse solo grazie alla lettera con la quale ha chiesto a Colucci, che forse lo farà, di ritrattare la sua testimonianza. La legge infatti dichiara «non punibile» il falso testimone che si presenti in aula a raccontare finalmente la verità e le Sezioni unite della Cassazione hanno stabilito che l'effetto della ritrattazione si estende all'istigatore se è stato lui a determinare la seconda, corretta, deposizione. Forse De Gennaro lo sapeva, quando ha scritto la lettera in cui invitava Colucci a «dire la verità». Se però finisse così, la lettera sarebbe una sostanziale ammissione di responsabilità: l'eventuale sentenza si limiterebbe a dire che i due hanno commesso i reati contestati, reati contro l'amministrazione della giustizia tanto più gravi se commessi da alti funzionari di polizia, ma non sono punibili perché c'è stata la ritrattazione. Non sarebbe una gran bella figura.
Una figura ancora peggiore, però, la sta facendo la sinistra italiana che mantiene ai vertici della polizia un gruppo di potere che da sei anni, da quel maledetto luglio 2001, si occupa e si preoccupa del processo Diaz più che di qualunque altra cosa. Basti pensare che un'ispettrice del Servizio centrale operativo diretto da uno degli imputati, pagata non si sa da chi, tutte le settimane va da Roma a Genova a registrare e a trascrivere le udienze. Nell'ipotesi meno grave, quei funzionari da De Gennaro in giù non hanno commesso altri reati ma non sono sereni: non si capisce perché non debbano essere allontanati dai ruoli di maggiore responsabilità o anche - nel caso degli imputati di reati come il falso e la calunnia - sospesi dal servizio, come succede a qualsiasi agente delle volanti che si faccia beccare con uno spinello in tasca. «Sono i migliori, non ci sono alternative», spiegano in tutti i partiti del centrosinistra. Provengono quasi tutti da ruoli operativi nelle squadre mobili, per essere bravi sono bravissimi: nessuno nega che De Gennaro sia stato un brillante protagonista della stagione d'oro dell'antimafia e molti dei suoi provengono da esperienze analoghe. Ma se non ci sono alternative è anche perché dal 2000 ad oggi hanno avuto tutto il tempo di fare terra bruciata attorno a loro, come sanno benissimo gli appartenenti ad altre cordate - migliori o anche peggiori, qui non importa - che da un certo livello in su preferiscono passare ai servizi segreti o altrove. Successe anche a Nicola Calipari.
Quello che la sinistra non vuol vedere è che negli apparati di polizia e di sicurezza esiste una gigantesca questione democratica. Non solo nella polizia di stato. Anche i vertici del Ros e del Sismi sono finiti sotto inchiesta (gli ultimi, almeno, non sono più ai loro posti). I De Gennaro boys, però, si sono rivelati più forti degli altri. Al punto di imporre promozioni per quasi tutti gli imputati della Diaz, non solo i pupilli del capo ma anche quelli che all'inizio pensavano probabilmente di sacrificare, come Vincenzo Canterini che era il comandante del nucleo speciale che fece irruzione nella scuola: è stato incredibilmente nominato questore dalla commissione di Colucci e si gode un piacevole incarico all'estero, in Romania.
Genova è stata innanzitutto un'operazione di militarizzazione dell'ordine pubblico. Gli apparati, però, non solo hanno preteso mano libera nella gestione della piazza, l'hanno cercata anche nella repressione dei reati e nella ricerca dei colpevoli, attività che la Costituzione affida a una magistratura indipendente. Purtroppo non è successo solo a Genova, succede quasi tutti i giorni.
Chi conosce le procure della Repubblica sa che spesso, di fatto, sono la polizia, i carabinieri e la finanza a decidere quali indagini portare avanti e quali no e quali magistrati far lavorare e quali no. Succede in misura variabile, ma soprattutto quando ci sono di mezzo potenti apparati investigativi centrali come il Ros e lo Sco: guarda caso il progetto di De Gennaro - premiato nel 2006 dalla Fbi per l'attività di law enforcement, che comprende anche azioni tipiche della magistratura inquirente - era fare del Dac, la Divisione anticrimine centrale oggi affidata al più noto degli imputati della Diaz, Francesco Gratteri, una super-struttura investigativa competente sia sul terrorismo che sulla criminalità organizzata. Il piano ha incontrato resistenze ma anche senza questa sorta di Fbi italiano (o di Ros della polizia), gli apparati in un certo senso «dispongono» dell'autorità giudiziaria, esattamente all'opposto di quanto prescrive l'articolo 109 della Costituzione italiana.