RASSEGNA STAMPA

LA REPUBBLICA - Impossibile lasciare la politica fuori dai processi

Genova, 8 novembre 2007

Impossibile lasciare la politica fuori dai processi

Ma la richiesta più importante è quella dei pubblici ministeri. Capita purtroppo sempre più spesso che gli atti della magistratura siano, pur nella loro ineccepibilità giuridica, così lontani dal comune sentire da risultare incomprensibili. E´ accaduto più volte anche in Liguria. Ma questa volta i pubblici ministeri del processo G8 hanno saputo coniugare la forma propria della legge con la sensibilità dei cittadini offesi e feriti da quanti avevano messo, in quelle terribili giornate, a ferro e fuoco la città.
E in particolare, bisogna ricordarlo, sono stati offesi e feriti quanti avevano partecipato alle manifestazioni del G8 con intenti e in modi del tutto pacifici.
In questo senso, la severa richiesta dei pm è frutto anche di un giudizio politico, che, del resto, c´è sempre, con buona pace del giudice Marchesiello, tutte le volte che la magistratura tocca punti delicati ed esposti della vita associata.
Non è dunque da tacere che, a quanto riferito dai giornali, uno dei magistrati al processo abbia invitato a «chiamare le cose che abbiamo visto col loro nome, devastazione e saccheggio, come avremo il coraggio di chiamare massacro quello che è avvenuto alla scuola Diaz».
Troppo spesso il linguaggio del diritto, mi è accaduto di verificarlo anche come linguista, sembra un codice compiaciuto di essere avulso dalla lingua comune. Magistrati e avvocati non di rado non sembrano parlare italiano. Quando, come è accaduto nel processo genovese, il diritto trova modo, ferma restando la sua proprietà specifica, di declinarsi in forme comprensibili a tutti, bisogna rallegrarsene. Comprensibili non significa (inutile, forse, precisarlo) sempre né necessariamente condivisibili: ma stavolta lo sono, sono vicine al giudizio diffuso di tanta gente civile, di ogni parte politica, sia di quella che non aveva partecipato alle manifestazioni del G8 che di quella che c´era andata.
Di fronte a questo atteggiamento la reazione della sinistra radicale è ancora una volta sbagliata. Induce quasi a credere che solidarizzi con i colpevoli (sia pur presunti) di quei saccheggi; che ne minimizzi l´inaudita gravità; che invochi la ragione politica come giustificazione preventiva e assoluta. La sinistra ha ragione a invocare eguale severità per le forze di polizia che si sono macchiate di inettitudine contro i violenti e di ferocia contro gli inermi e a gridare allo scandalo perché la magistratura di Genova non ha ancora portato (e forse non porterà mai) alla sbarra i responsabili di quella inefficienza e di quella crudeltà di stato.
Ma questa gravissima doppia velocità della giustizia non deve essere un alibi per nessuno. Neppure per i sospettati dei disordini, che ci sono stati e sono stati compiuti sotto gli occhi di tutti. Naturalmente, il processo dovrà accertare le responsabilità individuali dei (troppo pochi) imputati.
Perché, in questo, la giustizia non è politica e giudica, grazie al cielo, sulla base delle individuali e accertate responsabilità nei fatti incriminati. Ma è politica la misura della gravità di quei fatti e, a mio parere, hanno fatto bene i pubblici ministeri di Genova a vederla grande, a renderla evidente e pesante anche nelle richieste di condanna penale.

Vittorio Coletti