RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Notte della Diaz al fotofinish

Roma, 4 luglio 2008

Al via la requisitoria. Con la spada di Damocle del blocca processi
«Ecco come andò al G8» Notte della Diaz al fotofinish

Sara Menafra
INVIATA A GENOVA

Quattro giorni di requisitoria e un'ampia memoria scritta, non ancora depositata. Al netto della norma mannaia che rischia di fermare anche questo dibattimento, la conclusione del processo per i fatti della Diaz - luglio 2001, G8 di Genova - è partita. Ieri mattina il pm Enrico Zucca ha avviato la sua ricostruzione, cominciando dal «G8 rimasto fuori dal processo», cioè da quando, la sera del 21 luglio, dopo giorni di scontri e la morte di Carlo Giuliani, la polizia italiana scelse di provare la strada dei nuovi arresti e assaltare la scuola considerata il «covo» dei black block, pestando a freddo 93 persone che poi si riveleranno dei semplici manifestanti. Ha spiegato che la ricostruzione di quella notte è difficile, come lo sono i processi per stupro o per criminalità organizzata: «Come nei primi, la violenza dell'accusa rischia di riversarsi sulla vittima e amplificarne la debolezza. Come nei processi per criminalità organizzata, la difficoltà nasce nella ricerca delle prove, perché omertà e coperture rendono difficile trovare riscontri. In tutti quei processi alle persone offese si dice "lascia perdere" ed è successo anche qui».
Non ha detto, il pm, perché la legge di fatto non esiste ancora, che se la salvapremier dovesse essere approvata nei tempi previsti sarebbe a rischio anche questo processo. Col paradosso nel paradosso di bloccare tutto a dibattimento concluso e con gli inquirenti che avranno già richiesto le pene, ma prima che gli imputati abbiano lo spazio per difendersi e che il tribunale possa decidere sul da farsi.
Mentre la requisitoria prosegue, tanto la corte quanto le parti civili si stanno interrogando sul da farsi. E proprio da questo confronto è emersa la possibile soluzione: se è vero che la maggior parte dei reati contestati cadono sotto la blocca processi (falso, calunnia, lesioni aggravate) ce n'è uno, il porto d'arma da guerra, che invece rimane fuori da quel colpo di spugna. E visto che le armi in questione sono le due molotov portate nella scuola dai poliziotti Troiani e Burgio, fondamentali per l'accusa di falso che riguarda molti degli imputati, il processo potrebbe salvarsi. «Attratto» dal reato più grave. Di certo, il presidente della corte ha già spiegato a tutti che non intende stralciare quel pezzo del processo dal resto. E dunque Francesco Cardona Albini, l'altro pm protagonista dell'inchiesta, è convinto che questa sia l'unica strada possibile: «La mia impressione è che il processo andrà avanti, perché non c'è modo di separare l'accusa sulle molotov dal resto della notte alla Diaz. In ogni caso, l'eventuale interpretazione sbagliata non è sottoposta a sanzione». Non la pensa così quasi nessuno degli avvocati delle difese. «Mi pare difficile che il processo non si sospenda. Non credo che la corte possa stabilire di limitare i diritti della maggior parte degli imputati, e non credo che qualcuno di loro possa, anche volendo, rinunciare alla sospensione della discussione», dice Piergiovanni Iunca, legale del funzionario Digos Carlo Di Sarro. Mentre Silvio Romanelli, avvocato dei presunti picchiatori guidati da Vincenzo Canterini, annuncia che qualunque sia la scelta della corte il processo deve proseguire: «Non ci avvarremo del blocca processi e anche in appello, se dovessimo essere condannati, rinunceremo alla prescrizione fino ad essere prosciolti». Deciderà la corte, se (com'è probabile) il decreto sarà approvato.
Se il processo proseguirà, sarà stato l'ultimo ostacolo di un processo quasi impossibile. Lo racconta anche Zucca, aprendo la requisitoria: «Nel 1980 un giudice inglese, Lord Denning, molto apprezzato per il suo linguaggio chiaro, decise di bloccare la causa civile di sei persone nei confronti di alcuni poliziotti che avevano estorto le loro confessioni e manipolato prove, accusandoli di un attentato. "Se avessero ragione questi accusatori, spiega quel giudice, i poliziotti sarebbero responsabili di minaccia, violenza e falso. Sarebbe una vista così terrificante che ogni persona in questo paese penserebbe che non è giusto che succedano cose come queste". Quindici anni dopo riconobbe l'errore. Anche la pubblica accusa ha esitato a raggiungere le sue conclusioni. E il risultato che sembra sconvolgente è frutto di dubbi e analisi. Ora però siamo noi a invocare ordine e legge». BLOCCA PROCESSI Con un emendamento la maggioranza ha inserito nella conversione del decreto sicurezza il blocco per un anno di tutti i processi per reati con pene inferiori ai dieci anni LODO SCHIFANI E' la legge sull'immunità delle prime quattro cariche dello stato: presidente della Repubblica, primo ministro e presidenti delle camere: non si potrà processarli INTERCETTAZIONI Un disegno di legge è già alla camera, prevede il divieto assoluto di intercettazioni tranne che
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