RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Sette lunghi anni cercando giustizia

Londra, 13 novembre 2008

G8 2001
Sette lunghi anni cercando giustizia
Oggi nell'aula bunker del tribunale di Genova, la sentenza del processo ai 29 agenti e dirigenti di polizia per l'irruzione nella scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001. Il verdetto, previsto in serata, è atteso con interesse anche in Inghilterra: «Monitoriamo la situazione» dicono dal ministero degli esteri

PAOLO GERBAUDO
LONDRA

Oltre la manica non si sono dimenticati dell'assalto alla Diaz e dopo anni di silenzi finalmente trapelano retroscena sulle lamentele rivolte dalle autorità britanniche al governo italiano dopo gli abusi commessi dalla polizia a Genova. Cinque cittadini britannici furono coinvolti nell'assalto alla Diaz, epilogo tragico di giorni che Amnesty International ha definito «la più grave sospensione dei diritti umani in Europa dalla seconda Guerra mondiale».
Mark Covell, giornalista di Indymedia, fu quasi ammazzato di fronte alla scuola. Rimase a lungo a terra, prima dell'arrivo dei soccorsi, con sei costole fratturate, un polmone perforato, la colonna dorsale danneggiata, dodici denti rotti. Dan McQuillan e Norman Blair, due pacifisti arrivati a Genova con un amico neozelandese tentarono di nascondersi ma furono picchiati a sangue. Nicola Doherty, una badante londinese di 26 anni, fu salvata dal ragazzo che si accovacciò su di lei per proteggerla dai colpi dei manganelli. Se la cavò con un polso rotto.
A sette anni di distanza da quei fatti il comportamento della polizia italiana suscita ancora preoccupazione per la situazione politica italiana. Specialmente per il fatto che la coalizione di Berlusconi è di nuovo in sella, senza che si siano chiarite le responsabilità politiche del suo governo in quegli abusi. Un articolo sui fatti di Genova firmato dal celebre giornalista Nick Davies, e pubblicato sul Guardian, nel luglio scorso, fu accolto da una marea di commenti di gente che chiedeva «come è possibile che qualcosa del genere sia successo in Europa?».
Di fronte alla lentezza della giustizia italiana, le vittime britanniche hanno cercato di fare pressione sulle proprie istituzioni perché denunciassero il comportamento del governo italiano. Ma i risultati sono stati pochi. Tony Blair non tradì mai la propria amicizia con Berlusconi dopo aver asserito in quei giorni che «la polizia italiana ha avuto un compito molto difficile da compiere, e loro dicono di averlo fatto bene». Solo ora cominciano a trapelare alcune informazioni sulla reazione del governo di Sua Maestà di fronte a un assalto contro propri cittadini, che - se fosse successo in Gran Bretagna - avrebbe causato punizioni rapide per gli agenti coinvolti.
«La brutalità della polizia è una cosa che trattiamo con la massima attenzione - afferma Matt Costain, portavoce del ministero degli esteri guidato da David Miliband - Ai tempi dei fatti di Genova abbiamo segnalato la nostra preoccupazione al governo italiano. Siamo intervenuti al tempo dei fatti presso funzionari di alto livello per garantire che fosse fatta giustizia sul caso dei nostri cittadini. La parte italiana ha risposto al nostro intervento promettendo di chiarire la vicenda. Comunque sia continueremo a monitorare la situazione e presteremo attenzione al risultato del processo». Non avete paura che dopo quei fatti altri cittadini inglesi possano subire lo stesso trattamento in occasione del G8 alla Maddalena? «Non posso commentare su fatti futuri, ma noi consigliamo sempre ai nostri cittadini che si recano all'estero di consultare il nostro servizio di Travel Advice prima di partire».
Travel Advice. Questo è il nome del servizio che informa i viaggiatori sui rischi all'estero. Un servizio solitamente destinato a turisti «spericolati», in partenza per paesi in situazione di instabilità politica o sotto dittatura. Ma evidentemente dopo la dimostrazione di brutalità della polizia italiana al G8 del 2001, anche l'Italia viene guardata con attenzione, come una meta che può serbare, specie per viaggiatori spinti da motivi politici, rischi pesanti.
Per i britannici che a torto o a ragione si vantano di avere la migliore polizia al mondo il fatto che poliziotti con accuse così gravi siano stati addirittura promossi continua a suscitare indignazione. Per minimizzare scontri violenti con i dimostranti, la polizia britannica ha assunto da tempo una serie di misure di garanzia. I poliziotti hanno numeri di riconoscimento durante le operazioni anti-sommossa e regole strette per le cariche contro i manifestanti come per l'uso di manganelli e spray urticanti. E i poliziotti che sbagliano il più delle volte pagano, anche se in ritardo. Un mese fa se ne è andato Ian Blair, il capo della polizia londinese, coperto per sempre dall'ombra della morte di Charles De Menezes, il ragazzo brasiliano scambiato da un agente per un terrorista islamico nell'estate 2005.
Un portavoce dell'Acpo, l'associazione di commissari di polizia, il più alto coordinamento delle forze dell'ordine nel Regno Unito, rimane ammutolito di fronte all'elenco di capi di accusa che pesano sulla schiena di Canterini, Gratteri e Luperi e altri imputati al processo Diaz. Ma quando gli viene chiesto se una cosa del genere potrebbe mai succedere in Gran Bretagna si ripara dietro una dichiarazione di circostanza: «Noi preferiamo non commentare sul comportamento delle forze di polizia di paesi con cui collaboriamo. Questo potrebbe guastare la nostra collaborazione nel futuro con i colleghi italiani».
Ma se tra le forze dell'ordine le bocche sono cucite, l'arrivo della sentenza del tribunale di Genova promette di suscitare una nuova ondata di indignazione nell'opinione pubblica del regno Unito. La Bbc ha pronto un documentario che svela l'inquinamento delle prove commesso dalla polizia italiana a Genova. In attesa della messa in onda del video, oggi la Gran Bretagna guarderà all'Italia per sapere se dopo gli incubi, le ferite e i silenzi i propri cittadini potranno ottenere un po' di giustizia.