RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - «È una sconfitta per tutta la giustizia»

Berlino, 15 novembre 2008

I deputati che seguirono i tedeschi
«È una sconfitta per tutta la giustizia»

Guido Ambrosino

A leggere le notizie che gli arrivano da Genova, Hans-Christian Stroebele scuote la testa perplesso. Che il tribunale non abbia ravvisato responsabilità tra i dirigenti della polizia per «la massiccia e premeditata violazione dei diritti umani» alla scuola Diaz, e che i 13 agenti su cui si è scaricata la colpa del pestaggio abbiano avuto pene così basse da poter essere interamente condonate, è per Ströbele «una sconfitta per la giustizia». Un giudizio ancora più drastico viene da Annelie Buntenbach, nel 2001 anche lei deputata dei verdi, ora membro della direzione della confederazione sindacale Dgb: «Una sentenza vergognosa, scandalosa», nella parte in cui assolve i capi.
Stroebele e Buntenbach non hanno dimenticato le gravi ferite, le fratture, i denti saltati, le facce gonfie di botte delle ragazze e dei ragazzi della Diaz-Schule. Furono i primi deputati tedeschi a precipitarsi a Genova per capire cosa era successo, per raccogliere notizie, per ascoltare le vittime della mattanza. Accompagnati dalla signora Mayer-Schalburg, all'epoca console tedesco a Milano, girarono per ospedali e carceri. Furono spesso i primi interlocutori per ragazzi tenuti isolati per giorni, impossibilitati a telefonare alle famiglie o a contattare il consolato.
In Germania le immagini della scuola Diaz devastata, con muri e pavimenti sporchi di sangue, provocarono uno choc. Su 168 stranieri arrestati a Genova a ridosso del G8 del 2001, 73 erano tedeschi, fermati o in quella scuola - dopo essere stati pestati - o rastrellati nei giorni seguenti, sulla via del ritorno a casa. Tra i tedeschi più di 25, quelli della Diaz, dovettero essere curati in ospedale: piantonati dagli agenti, perché tutti indiscriminatamente accusati di «resistenza a pubblico ufficiale», possesso di armi proibite (le molotov portate dalla polizia alla Diaz), appartenenza alla rete terroristica del «blocco nero». Chi ancora si reggeva in piedi fu affidato alle cure degli aguzzini di Bolzaneto.
Ströbele ha molto apprezzato l'impegno della procura di Genova: «Essere riusciti a condurre un'indagine contro importanti funzionari della polizia, essere riusciti a rinviarli a giudizio, aver smascherato le loro menzogne sulle molotov o sul fantomatico tentativo di accoltellare un agente, è già un risultato importante. So per esperienza diretta, come penalista, quanto sia difficile citare in giudizio pezzi dell'apparato statale che si ritengono intoccabili, in ogni paese del mondo». Ma, a dispetto del lavoro d'indagine, «ha prevalso l'omertà, il malinteso senso di cameratismo» dei corpi chiusi. Nemmeno la Germania, ricorda Ströbele, è esente dal rischio di violenze poliziesche: «Per prevenirle, da anni chiediamo che gli agenti siano identificabili, con un numero ben in vista sull'uniforme. Ma sbattiamo contro un muro». Annelie Buntenbach, nella direzione del sindacato tedesco, è responsabile per le politiche sociali. È lei a far da tramite tra il Dgb, la Lega dei sindacati, e i movimenti di critica della globalizzazione capitalista. Per lei la sentenza di Genova solleva un dubbio sulla tenuta dello stato di diritto in Italia: «È impensabile che un pestaggio delle dimensioni e della gravità di quello della Diaz sia avvenuto all'insaputa dei dirigenti e senza la loro copertura. Rinunciare a punire i responsabili significa dire che i diritti umani si possono prendere a calci, senza dover temere conseguenze». «Comunque - conclude Buntenbach - visto che il tribunale ha confermato che è stata fatta ingiustizia alle ragazze e ai ragazzi della Diaz, a loro il governo Berlusconi dovrebbe almeno chiedere scusa».