RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Polizia contro magistrati

Genova, 29 marzo 2008

Polizia contro magistrati storia di un complotto
Nelle intercettazioni la verità sul "fronte comune" nato per frenare l'inchiesta G8

«Manganelli stamattina m'ha detto: "Dobbiamo dargli una bella botta a 'sto magistrato", dice mi ha accennato che già qualche d'uno sta pigliando delle carte non troppo regolari». Sono le 15,59 del 24 maggio 2007 quando Francesco Colucci, questore di Genova al tempo del G8, confida a Spartaco Mortola (capo della Digos genovese nel 2001 e oggi promosso a numero due della Questura di Torino) un episodio che, se confermato, potrebbe imbarazzare il nuovo capo della polizia, Antonio Manganelli, appunto. Secondo Colucci, in sostanza, Manganelli avrebbe confidato l'intenzione di «dare una botta» a Enrico Zucca, il pm genovese che indaga sui fatti della Diaz e sul comportamento dei vertici della polizia. Come?
«Pigliando delle carte non regolari». Ma a quali documenti si riferisce l'attuale capo della Polizia? E perché qualcuno delle forze dell'ordine dovrebbe raccogliere carte contro un magistrato della Repubblica?
È SOLTANTO un passaggio nelle centinaia di pagine di conversazioni tra i vertici della polizia intercettati per le indagini che si occupano della Diaz. Secondo investigatori e inquirenti, dai colloqui emergerebbe un «fronte comune» creato da testimoni e indagati per affrontare il processo Diaz. E nel giorno in cui lo Stato chiede scusa per gli orrori di Bolzaneto, è possibile finalmente ricostruirlo con chiarezza, il «fronte comune». L'intenzione emergerebbe già il 24 maggio 2007 alle 20,37 in una conversazione tra un funzionario della questura di Milano e Colucci, che spara a zero sul pm e riferisce i desideri dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro: «Io... solo una cosa, naturalmente questo rientra negli interessi degli altri, che il Capo dice facciamo fronte comune per contrastare 'sto cazzo di magistrato (Zucca, ndr) insomma». E i contatti tra i vertici della polizia chiamati in causa - come testimoni o indagati - per il caso Diaz non mancano, almeno a sentire le parole degli interessati registrate durante le intercettazioni. Colloqui anche recenti, recentissimi.
IL PECCATO originale, la conversazione che innesca il procedimento per induzione alla falsa testimonianza nei confronti di De Gennaro, è del 28 aprile 2007, ore 13,27. Colucci è al telefono con l'ex capo della Digos genovese Spartaco Mortola, commentano la deposizione che l'ex questore si appresta a rendere sull'irruzione alla Diaz. Colucci spiega: «Il capo dice tu per quanto riguarda l'altra parte dovresti fare un po' di marcia indietro, dare una mano ai colleghi». Le richieste di De Gennaro sono specifiche, riassume Colucci, e riguardano l'indicazione della persona che, dopo il blitz, chiamò il responsabile delle relazioni esterne Roberto Sgalla. La prima volta Colucci disse che si trattava di De Gennaro, la seconda d'averlo fatto lui stesso. Nei giorni che precedono l'udienza, Colucci ripercorre mentalmente decine di volte la scansione degli eventi della Diaz. Il 29 aprile alle 17,53 eccolo di nuovo con Mortola che dice: «Le due scuole, le due scuole dirimpettaie, la Cesare Battisti e la Diaz, erano tutte e due sede del centro stampa. Da una parte c'era la radio e dell'altra, nella Diaz, c'era semplicemente il posto dove questa gente alloggiava. Per quello io chiamai Kovac (uno dei responsabili del Genoa Social Forum, ndr) e gli chiesi chi c'era lì dentro. Hai capito? Proprio perchè in origine c'era dentro il centro stampa. Quando lui m'ha detto...». Colucci: «Ma noi lo sapevamo che c'era il ce...». Mortola: «Certo, certo, certo». Colucci: «E allora perché siamo andati di fronte? Dovevano dirlo che di fronte non dovevano andare però?». Mortola: «Ma perché lì chi c'è andato, ha fatto la cazzata. Perchè lì poi non so chi cazzo è andato dentro, che sono andati poi Gava, quella gente lì, che non hanno neanche partecipato. È andato dentro tutto il gruppo delle squadre mobili, se ti ricordi, lì dentro». Colucci: «Va be'». Mortola: «C'è andato Filippo Ferri, c'è andato Gava. Gente che non aveva neanche partecipato alla riunione...Io non so quelli lì chi gli abbia detto di andare lì. 
Quelli sono arrivati, hanno sbagliato obiettivo (ride)». Colucci: «Ho capito, ho capito». Mortola: «In quel bordello. Vabbe'».
IL TEMPO stringe, i colloqui fra De Gennaro e Colucci sono quotidiani e Mortola ne viene costantemente informato. 28 aprile 2007, ore 13,27. Colucci: «...Sono tornato ora da Roma e praticamente io il giorno 3 devo venire a Genova. Il capo m'ha dato le sue dichiarazioni...». Mortola: «Uhm». Colucci: «...dove praticamente tiene ben testa diciamo al magistrato...». Mortola: «Uhm». Colucci: «...e aver fatto un po' di marcia indietro per quanto riguarda..o meno con la Diaz». Mortola: «Sì». Colucci: «...Sì forse sbaglio io, tante telefonate ci sono state, sì, m'ha detto qualche cosa, però io, comunque e così via... Mi ha fatto leggere, poi dice... tu devi, bisogna che tu un po' aggiusti il tiro sulla stampa. Io nella stampa avevo dichiarato che praticamente avevo, persino il capo m'aveva telefonato per la stampa. A questo punto io dovrei fare un po' di marcia indietro e dire: oh, tante telef... Se me lo richiedono, dice: Ma aveva dichiarato quello? Sì, avevo dichiarato quello, però, ripensandoci bene, sicuramente io ho avvertito Sgalla, io, ma non credo, non mi ricordo, tante telefonate, tanti casini, che magari non me l'ha detto il capo, capito?».
AFFRONTATE le domande in aula dei magistrati, Colucci stesso parla dell'udienza con il suo autista. E riferisce dell'improvvisato colloquio al solito Mortola. 4 maggio 2007, ore 17,58. «...Alla fine m'ha detto... 
tu che t'è sembrato: dotto' m'è sembrato che stava in difficoltà, perché molte volte s'è contraddetto. Tu non hai capito un cazzo, ho detto io, mi sono contraddetto su alcune cose, non mi ricordo questo, non mi ricordo quell'altro». Mortola: «E sì, infatti». Colucci: «Forse l'ho fatto apposta a non ricordarmelo, perché non volevo seguire un discorso ideologico politico del magistrato». Il «piano», come lo definiscono i magistrati, è decisamente "allargato". E lo spiega Mortola nel corso della stessa telefonata: «C'è lì... tu lo sai che c'è sempre la dottoressa D.M.». 
Colucci: «No. Chi è?» Mortola: «È una funzionaria dello Sco che va a sentirsi tutte le udienze. La mandano su, registra tutto al computer e fa ogni volta...». Per due settimane Colucci riceve congratulazoni da tutti, e se ne vanta. 7 maggio 2007, ore 16,51. Colucci parla con Sergio, un collega. «Ho stravolto le cose, praticamente». Sergio: «Mi fa molto piacere. Se la cosa è in positivo mi fa molto piacere». Colucci: «Molto positivo. Ho dato una mano a tutti i colleghi tant'è che dopo? dopodomani doveva essere ascoltato il capo della polizia, non lo ascoltano più perché io sono stato dirompente». Stesso giorno, ore 18,31, risponde a un altro collega: «E Manganelli nella sua audizione, ad ogni tentativo del pm di agganciare una qualsivoglia responsabilità dei livelli dipartimentali, quindi il capo... il capo e vice capo sulla vicenda Diaz ha preso delle emerite batoste, perché poi Manganelli, voglio dire, non, non è secondo a nessuno no, nel tener testa al pm». 8 maggio 2007, ore 13,45, Colucci è raggiante: «M'ha chiamato anche il capo che dice: li hai messi alla sbarra 
insomma». 9 maggio 2007, ore 11,09, l'interclocutore è un funzionario che gli dice «lei è un grande».
E PERO' succede qualcosa, il 22 maggio 2007. In questura a Genova vengono a sapere che Zucca farà recapitare un atto a Colucci. L'attuale capo di Gabinetto Sebastiano Salvo lo chiama subito: «Non so che cazzo è, ma tu non hai qualcuno?». Era l'avviso di garanzia per falsa testimonianza. E adesso l'entusiasmo dei soliti colleghi si trasforma (quasi) in biasimo.
21 giugno 2007, Nicola Cerrato parla con Francesco Colucci. «Sai che è? È l'immagine la cosa più brutta...». Cerrato: «Solo che tu, quel giorno scusami se mi permetto, quel giorno, se ti ricordi, io ti ho mosso un affettuoso rimprovero. Che quel giorno che eravamo in macchina e parlavi con una persona e hai detto delle cose che io ho subito captato, recepito che potevano essere pericolose». Colucci: «Uhm». Cerrato: «E infatti t'hanno beccato per quello. Adesso». Colucci: «Va be', ho capito». 
Cerrato: «Eh? per telefono non si parla».

MATTEO INDICE
FERRUCCIO SANSA