RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Cossiga: «Sul G8 di Genova indaghi il Parlamento»

Genova, 18 novembre 2008

G8, i giudici sotto sorveglianza
E Cossiga chiede la commissione
il caso diaz
Misure precauzionali per tutelare le tre toghe della sentenza Diaz.
No del Pdl alla proposta a sorpresa dell'ex capo dello Stato

La questura di Genova ha disposto un servizio di vigilanza intorno alle case dei tre giudici che hanno emesso la sentenza sul blitz alla Diaz durante il G8. E l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga si dichiara «favorevole a una commissione d'inchiesta».

Cossiga: «Sul G8 di Genova indaghi il Parlamento»
non si placa la polemica
Il Pdl dice: «È sufficiente il responso della giustizia» I giudici del processo messi sotto vigilanza

Per il momento si tratta di una «vigilanza dinamica», ovvero il passaggio, saltuario, d'una pattuglia davanti alle abitazioni dei tre giudici divenuti da un paio di giorni «obiettivi sensibili». Ed è la prima misura di protezione concreta disposta dalla questura di Genova per Gabrio Barone, Anna Leila Dellopreite e Fulvia Maggio, i tre magistrati che giovedì sera hanno emesso la sentenza sul blitz della polizia alla scuola Diaz nei giorni del G8: 13 condanne e soprattutto 16 assoluzioni, comprese quelle di tutti i super-funzionari. Nel frattempo il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, dichiara di «essere favorevole all'istituzione d'una commissione d'inchiesta su i fatti del luglio 2001». 
Secondo il senatore a vita, «l'istituzione non solo è opportuna, ma è ora assolutamente necessaria, a tutela della credibilità della Repubblica Italiana come Stato democratico e di diritto e del prestigio e dell'onore delle forze dell'ordine: polizia, carabinieri, guardia di finanza e reparti militari».
Il controllo concordato dai vertici della polizia genovese con la Digos si era invece materializzato dopo la comparsa, su internet, di velate minacce al collegio. Tra le altre, «Ricordiamoci di questo giudice e del suo nome, la storia è strana e imprevedibile». La notizia della vigilanza è stata confermata ieri sera al Secolo XIX dal questore Salvatore Presenti: «Al momento non ci sono motivi - ribadisce - per essere allarmati. È chiaro che la polizia deve prevenire situazioni di pericolo e monitorare ogni segnale, anche minimo, perciò ci siamo mossi. Si tratta di un provvedimento semplice e logico, data la sovraesposizione mediatica del caso, come ne sono stati adottati altri in passato per i giudici di processi particolarmente sentiti nell'opinione pubblica». Ed è proprio l'impatto emotivo delle assoluzioni a tener banco da giorni fra i politici. Insiste, Cossiga: «Occorre fare piena luce su i dolorosi fatti accaduti, compresa l'uccisione del giovane Giuliani ad opera di un carabiniere, e piena chiarezza sull'operato del governo: in particolare dell'allora vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini, stranamente presente in questura, dell'allora ministro dell'Interno Claudio Scajola e soprattutto, dopo le dichiarazioni dell'attuale numero uno della polizia Manganelli (che in una lettera dell'altro ieri assicurava la propria disponibilità a fornire chiarimenti), sull'operato dell'ex capo Gianni De Gennaro; fu lui, secondo il significato complessivo delle dichiarazioni di Manganelli, il responsabile massimo della gestione operativa». La posizione di Cossiga non ha mancato di suscitare reazioni. Fra queste, quella di Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla camera («manteniamo fermo il nostro "no" alla commissione») e quella dell'attuale ministro dell'Interno Roberto Maroni: «Ho scelto di non dire niente e continuo a farlo. C'è una sentenza, ora attendo di leggere le motivazioni». Di parere opposto Gianclaudio Bressa, vicepresidente dei deputati Pd: «Non sono state ancora individuate le responsabilità politiche degli affari Diaz e Bolzaneto. Quindi, sì alla commissione».

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