RASSEGNA STAMPA

La Repubblica - Diaz, ultimo fango dalla palude "Tutti sapevano delle falsità"

Genova, 11 luglio 2008

Il pubblico ministero Enrico Zucca attacca ancora: "Coinvolta e ben presente l´intera scala gerarchica"
Diaz, ultimo fango dalla palude "Tutti sapevano delle falsità"
MASSIMO CALANDRI

LA PALUDE delle menzogne potrebbe inghiottire presto i poliziotti del blitz alla Diaz. Come sabbie mobili, le bugie sottoscritte da agenti e funzionari durante il G8 intrappolano verso il basso i loro autori. Che più s´agitano e più affondano. Lo ha ribadito ieri il pm Enrico Zucca nel corso della requisitoria, denunciando in maniera esemplare e al tempo stesso desolante - perché in ballo c´è pur sempre la dignità di tanti servitori dello Stato - i «consapevoli falsi» che hanno caratterizzato una delle pagine più nere nella storia della Polizia di Stato. Un massacro contro persone inermi, una perquisizione che ha fatto rabbrividire le polizie di tutte l´Europa. E poi una montagna di bugie per giustificare la frustrazione da fallimento. Tutto questo è accaduto a partire dalla notte del 21 luglio 2001. Zucca lo ha ricordato sottolineando come «l´intera scala gerarchica» sia stata «coinvolta e ben presente» nella vicenda. Sottolineando le contraddizioni e le fughe dall´assunzione di responsabilità dei pubblici ufficiali coinvolti. Chi c´era non ha visto, non ricorda o cambia in continuazione versione. Chi ha attestato il falso lo ha fatto «perché me lo avevano detto altri», o «perché me lo avevano ordinato». A distanza di sette anni nessuno ha ancora avuto il coraggio di riconoscere come propria una delle 15 firme dell´imbarazzante verbale d´arresto dei 93 no-global della scuola: la miseria dello sconosciuto che sa di aver sottoscritto una bugia e allora si nasconde - protetto dai complici - la dice lunga sullo spirito di chi quella notte fece irruzione in via Battisti. Nel corso del suo lungo intervento, che proseguirà stamani - la nuova udienza sarà dedicata alla regina delle prove false: le molotov portate nella scuola dagli agenti per ulteriormente «incastrare» gli arrestati - , Enrico Zucca ha citato a più riprese un funzionario genovese. Uno che ha lasciato molti ricordi nel capoluogo ligure. Spartaco Mortola, allora capo della Digos ed oggi questore vicario a Torino. Quello che forse più di ogni altro ha la «consapevolezza della falsità», per dirla con le parole del pm.
Dimentichiamo per un minuto il massacro dei no-global. Le ossa rotte a chi gridava «Pace!», le mandibole spezzate a ragazzine che alzavano le braccia in alto, quelli trascinati per i capelli giù dalle scale o presi a calci e pugni. Concentriamoci sulla perquisizione, dice la procura. Per giustificare gli arresti, la polizia elenca le «armi» trovate ai presunti Black Bloc: coltellini multiuso da campeggio, telai d´alluminio sfilati dagli zaini, assorbenti intimi, capi d´abbigliamento di colore scuro. Poi ci sono degli attrezzi da lavoro: due mazze, un piccone, un rastrello. Erano stati presi da un vicino cantiere edile che li custodiva in una stanza della scuola, la cui porta è stata sfondata a calci. A calci, così come gli agenti hanno fatto con tutte le altre camere dell´istituto. C´è anche un coltello di tipo militare. Quello sì, un coltello «vero». I magistrati sospettano che sia la lama usata dai poliziotti per simulare l´aggressione all´agente Massimo Nucera. Nell´»arsenale» sequestrato dalla polizia ci sono anche alcuni documenti in inglese che sono costati ad un no-global l´accusa di essere un "leader" della fantomatica associazione a delinquere. Mortola ha giurato mille volte che glieli avevano consegnati due misteriosi uomini del Reparto Mobile subito dopo il blitz. In realtà erano stati presi in un´altra scuola, la Pascoli. All´elenco mancano le molotov, ma Zucca tornerà presto sull´argomento. Insomma, il risultato della perquisizione è fasullo. Tra l´altro gli oggetti non possono essere attribuiti a nessuno dei fermati, perché l´operazione è tutta sbagliata.
Vale poi la pena di ricordare che per giustificare le manette, gli agenti avevano parlato di resistenza degli occupanti. In realtà di resistenza scrive brevemente Vincenzo Canterini, il capo della «Celere» romana. Poi c´è l´imbarazzante storia della coltellata a Nucera. E basta. Il lancio degli oggetti contro i poliziotti al momento dell´irruzione è davvero fantomatico. Solo Mortola ha visto volare un maglio da una finestra. Solo lui, tra centinaia di uomini impegnati nel blitz. Lui, che ha sottoscritto l´arresto di Mark Covell attestando che era nella scuola e ha fatto resistenza, quando lo aveva incontrato pochi istanti prima del blitz - lo provano diverse fotografie - fuori dall´istituto.
Bugie, bugie, bugie. In nove firmano il verbale di perquisizione. In quindici quello di arresto. Quando gliene chiederanno conto, la maggior parte si difenderà dicendo: «Sono entrato solo un minuto nella scuola, poi mi sono occupato dei feriti. Ho firmato perché mi fidavo dei colleghi. Cosa avrei dovuto pensare? Che erano dei delinquenti?». Oppure: «Ero perplesso, ma c´erano degli alti funzionari. Mi hanno detto di firmare. L´ho preso come un ordine». Non a caso, il pm Zucca aveva esordito così: «Le testimonianze dei poliziotti avrebbero dovuto essere come un fiume. Di verità. Invece, abbiamo trovato solo acque paludose».