RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - G8, i pm: rinvio a giudizio per De Gennaro

Roma, 30 marzo 2008

Istigazione a falsa testimonianza per l'ex capo della polizia, ora braccio destro del titolare dell'Interno

G8, i pm: rinvio a giudizio per De Gennaro
Tacciono governo, ministro Amato e Veltroni

Anubi D'Avossa Lussurgiu

«Assolutamente tranquillo»: così diceva di sé, sabato, uno che ne ha ben donde. Per vari motivi, innumerevoli: esclusa la verità che conosciamo in milioni, dalle incancellabili giornate di Genova del luglio 2001. E' stato Gianni De Gennaro a parlare così, dopo la conferma ufficiale della richiesta di suo rinvio a giudizio per «induzione a falsa testimonianza» formulata dal procuratore aggiunto genovese Mario Morisani e dai sostituti procuratori Francesco Cardona Albini, Vittorio Ranieri Miniati, Patrizia Petruzziello ed Enrico Zucca. Titolari, questi ultimi, dell'inchiesta su quel "fattaccio" della scuola Diaz, l'irruzione della polizia nella notte del 21 luglio nella scuola-ostello dei manifestanti e il seguente loro massacro (71 feriti su 98 fermati, di cui 75 tradotti alle sevizie di Bolzaneto) per poi poi accusarli in blocco di appartenenza al " black bloc ": salvo essere tutti prosciolti e ritrovarsi nel ruolo di parti lese di fronte a 28 agenti graduati e dirigenti medi, alti e altissimi della Polizia di Stato alla sbarra in tre gruppi rispettivamente per falso e calunnia, lesioni personali, perquisizione arbitraria con danneggiamento e... furto.
E' il meno trattato fra i processi sul G8 di Genova da tenori, baritoni e bassi del giornalismo giudiziario mainstream italiano: per la semplice ragione che i più alti in grado tra quei 28 sono tra i più vicini, precisamente, a De Gennaro. A tutt'oggi braccio destro del ministro dell'Interno del governo uscente, Giuliano Amato, in qualità di suo capo di gabinetto - oltreché nominato commissario straordinario all'emergenza rifiuti in Campania.
Una posizione di vertice perfettamente corrispondente nel meccanismo che, in seno allo Stato, a quella vicenda di Genova e ai suoi sviluppo giudiziari è seguito: la promozione sistematica di tutti coloro che occupavano cariche di responsabilità, ad incarichi "altri" ma anche più "alti". Il che fa comprendere la tranquillità di De Gennaro, transitato da una fase politica all'altra.
Prendiamo chi partecipò alla riunione che a Genova decise, previa autorizzazione telefonica dello stesso De Gennaro, il blitz nel complesso Diaz-Pascoli-Pertini assegnato al Genoa Social Forum, quella sera del 21 luglio 2001: a parte chi la presiedeva, il prefetto Arnaldo La Barbera allora capo della polizia di prevenzione e poi defunto, c'erano il capo dello Sco, Francesco Gratteri, il vice Gilberto Caldarozzi, il vicequestore bolognese Lorenzo Murgolo, il capo della Digos genovese Spartaco Mortola e infine, convocato in fase "operativa", il capo del primo reparto mobile romano, Vincenzo Canterini. Ed ecco come stanno adesso le cose. Gratteri è stato prima nominato questore di Bari, sotto il governo Berlusconi, poi posto alla testa della direzione anticrimine, sotto quello Prodi, da Amato. A prendere il suo posto come capo dello Sco è stato lo stesso Caldarozzi, poi promosso da Amato dirigente superiore «per meriti straordinari» per il ruolo avuto nell'arresto di Bernardo Provenzano. Murgolo è l'unico salvatosi dall'accusa di falso e calunnia per la vicenda delle molotov attribuite ai manifestanti "sopresi" alla Pascoli e invece fatte portare lì dalla polizia, chiuse in un sacchetto azzurro passato di mano in mano - come testimoniato da un video che è stato "chiave" nelle indagini e nel dibattimento - fra lui, Gratteri, Caldarozzi, Canterini e il numero 2 dell'Ucigos Gianni Luperi, a Genova per coordinare le polizie internazionali: perché Murgolo stava là in rappresentanza di Ansoino Andreassi, prefetto straordinario per il G8 e ore prima, con l'arrivo di La Barbera inviato da De Gennaro, dissociatosi dalla gestione dell'ordine pubblico. Nel frattempo, comunque, Murgolo è diventato dirigente del servizio segreto militare. Mortola, invece, è divenuto capo della polizia postale e telematica e quindi questore vicario a Torino, da un governo all'altro. Canterini, a sua volta, è stato promosso a questore e distaccato in Romania per la branca South East Cooperation and Investigation della "polizia europea". Luperi, intanto, è stato dapprima indicato per coordinare le investigazioni europee sugli "anarco-insurrezionalisti"; ed è stato da poco posto a capo dell'Aise, che ha sostituito l' intelligence dell'ex Sisde - l'ultima promozione della serie.
Basterebbe questo, a capire. Ma se non bastasse si potrebbe fare un salto indietro, all'inchiesta interna che a fronte dell'iniziale ondata di denunce dell'opinione pubblica De Gennaro fu costretto a imbastire. L'unico risultato fu la rimozione dagli incarichi di tre dirigenti: lo stesso "dissociato" Andreassi insieme a La Barbera e al questore genovese Colucci, secondo le successive ricostruzioni i due restii all'operazione-Diaz.
In ogni caso, La Barbera non c'è più. Mentre proprio Colucci è l'uomo che ha "dannato" De Gennaro: perché il rinvio a giudizio chiesto ora si riferisce proprio alle telefonate fatte dall'ex capo (allora ancora tale) della polizia all'ex questore di Genova per fargli ritrattare la versione modificata in sede di deposizione sui contatti col Viminale quella notte. Pressioni dettagliate da Colucci in altre telefonate a Mortola, co-protagonista della vicenda delle "false molotov". Tutte telefonate dell'anno passato. Ma nel frattempo il ministro Amato ha nominato De Gennaro suo capo di gabinetto, sostituendolo con il successore designato Manganelli, l'unico dei "suoi" mai coinvolto dall' affaire di Genova.
E così si arriva alla dichiarazione di ieri: «Sono assolutamente tranquillo perché consapevole di non essere mai venuto meno ai miei doveri». Si prende atto. Come delle parole successive: «E' una vicenda di cui mi occuperò con i miei legali al momento opportuno. Ora sono impegnato ad assolvere un delicato compito (quello in Campania, ndr ) che il governo (in carica in attesa del voto, ndr ) mi ha affidato». Così, tanto per capirsi.
L'ex portavoce del Genoa Social Forum, l'attuale europarlamentare di Se Vittorio Agnoletto, chiede ora che Amato «revochi immediatamente l'incarico» di capo gabinetto. E chiosa:
«Ma sia Berlusconi che Veltroni tacciono». Ricordando: «Il governo Berlusconi gestì la repressione, ma ad organizzare il G8 a Genova furono i governi di D'Alema e di Amato, che affidarono proprio a De Gennaro ogni responsabilità». Già: e c'è da dire che la catena di rimozioni-promozioni si è completata in un governo partecipato da chi nel 2001 a Genova era con i manifestanti. Evidentemente ciò non è valso, o non è bastato.
Certo, c'è anche quanto ha annotato Francesco Caruso: «Veltroni dopo aver tentato di speculare elettoralmente sulla carneficina cilena della caserma Bolzaneto, oggi tace sul rinvio a giudizio di De Gennaro». E anche il prode collega D'Avanzo di Repubblica , attentissimo appunto al processo Bolzaneto, si è fatto "dare il buco" dal Corsera sullo scoop della richiesta dei pm su De Gennaro. Resta la "speranza" di Agnoletto che i magistrati genovesi «possano continuare a lavorare in autonomia anche dopo il 13 aprile». Quanto alla politica, s'è già visto. Proprio tutto, cioè niente.