RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - «Una giustizia solo simbolica»

Roma, 16 luglio 2008

Nils e Nina vittime e testimoni, dal pestaggio alla Diaz a Bolzaneto: «Ogni giorno succede ai migranti»
«Una giustizia solo simbolica»
Matteo Alviti

Nils e Nina hanno poco più di sessant’anni in due. E da otto anni lottano per vedere riconosciuti i loro diritti, violati dalla polizia italiana nella caserma di Bolzaneto. «Abbiamo fatto molto in questi anni per ristabilire la giustizia», ricorda Nina, che nel 2001 era venuta a Genova dalla Spagna. Nils è di Amburgo e a Bolzaneto ci è rimasto per 28 ore.
Hanno storie simili, anche se allora non si conoscevano.
Nils era stato già pestato per strada, era finito in ospedale. E la sera era andato a dormire alla Diaz, come Nina. Poi l’irruzione della polizia e la fine dello stato di diritto: «Sapevamo di essere finiti fuori dalla legalità. Nessuno rispondeva alle nostre domande», racconta Nina.
«Non ci davano da mangiare né ci lasciavano dormire. Seduti sulle panche o in piedi contro il muro, il pavimento sporco di sangue, sentivamo le urla degli altri». A Bolzaneto Nina non è stata picchiata. Nils si: «Alla Diaz mi hanno pestato. Ero ferito al mento e non potevo camminare, Avevo contusioni su tutto il corpo e il dolore era insopportabile.
Ho chiesto aiuto e una persona che diceva di essere medico si è avvicinato per farmi una puntura. E prima di farmela ha premuto sulle ferite».
«La sentenza ha riconosciuto che a Bolzaneto è successo qualcosa, ma non è chiaro cosa», dice Nina amara. Eppure lei sa cos’è successo: «Una violenza sistematica contro i manifestanti, testimoniata da più di 200 persone». Una violenza che ha lasciato segni profondi: «La prima volta che sono tornato a Genova avevo paura di ogni poliziotto, di ogni carabiniere. Ora che sono venuto tante volte è passata, ma ho dovuto fare una lunga terapia». Nils è contento che sia stato messo un punto: «La sentenza chiude una ferita che era rimasta aperta per sette anni».
Su una cosa Nils e Nina sono concordi: in Germania o in Spagna le cose non sarebbero andate molto diversamente.
«E’ difficile provare i crimini commessi dalla polizia. In particolare a Bolzaneto, dove erano fra di loro», dice Nils. «Ma anche in Francia dove vivo ora», aggiunge Nina, «l’anno scorso Amnesty International ha denunciato la violenza quotidiana della polizia, che però rimane senza conseguenze. La polizia è un corpo che gode di una certa immunità». Comunque l’Italia non se la passa affatto bene. «Il fatto che solo due settimane fa si è saputo che si sarebbe ogni carabiniere. Ora che sono venuto tante volte è passata, ma ho dovuto fare una lunga terapia». Nils è contento che sia stato messo un punto: «La sentenza chiude una ferita che era rimasta aperta per sette anni».
Su una cosa Nils e Nina sono concordi: in Germania o in Spagna le cose non sarebbero andate molto diversamente.
«E’ difficile provare i crimini commessi dalla polizia. In particolare a Bolzaneto, dove erano fra di loro», dice Nils. «Ma anche in Francia dove vivo ora», aggiunge Nina, «l’anno scorso Amnesty International ha denunciato la violenza quotidiana della polizia, che però rimane senza conseguenze. La polizia è un corpo che gode di una certa immunità». Comunque l’Italia non se la passa affatto bene. «Il fatto che solo due settimane fa si è saputo che si sarebbe arrivati alla sentenza», dice Nina riferendosi alla legge blocca-processi, che avrebbe fermato tutto, «è un segno di come funzionano le cose». La speranza di Nils che i poliziotti fossero puniti conseguentemente «è diminuita notevolmente con Berlusconi al governo.
Speravo che il pm chiedesse pene più severe. Ma non sono particolarmente stupito per la sentenza. Provo più che altro tristezza per le assoluzioni». «Si sapeva che i poliziotti non avrebbero fatto un giorno di galera», confida Nina, «c’èra poco da aspettarsi, e sono un po’ delusa dalla procura». Nina sa che «questa non è giustizia, ma è una sentenza simbolica: non riguarda solo noi, ma tutte le decine di migliaia di persone che hanno manifestato a Genova. E’ successo a noi ma continua ad accadere ogni giorno ai migranti».