RASSEGNA STAMPA

CORRIERE SERA - Il Capo riabilitato dopo 8 anni di sospetti

Genova, 8 ottobre 2009

Il processo La tensione con i pm del poliziotto più importante d' Italia e la battaglia per difendere i collaboratori più stretti
Il Capo riabilitato dopo 8 anni di sospetti
Venne ritenuto l' «uomo nero» del vertice. Lasciò dopo essere finito sotto accusa

Alla fine le accuse si sono rivelate davvero incompatibili con il poliziotto più importante d' Italia. La figura morale di Gianni De Gennaro era diventata uno strumento della difesa. Nella sua memoria, l' avvocato Coppi scrive di «incompatibilità personale con l' imputazione». Un tale servitore dello Stato, era la tesi, non può tramare contro la corretta amministrazione della Giustizia. A parlare di Gianni De Gennaro c' è sempre stato qualche pudore, in questi otto anni di inchieste sul G8 del 2001. Il Prefetto era il convitato di pietra di qualunque processo, a cominciare dal nodo scorsoio della Diaz. Spuntava sempre lui, il Capo della Polizia che gestì l' ordine pubblico in quelle disgraziatissime giornate. L' uomo nero. Ma anche «lo sbirro» rispettato da tutto l' arco parlamentare, per il suo lavoro con Falcone e Borsellino, per gli arresti dei loro assassini, gente che si chiama Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Pietro Aglieri. E poi, anche dopo il luglio 2001, per le indagini contro le nuove Brigate rosse. Il paradosso era nel fatto che le indagini genovesi sono sempre aleggiate sulla sua reputazione senza vederlo mai indagato. «Mi creda dottore: non c' è dolo». La sera del 17 dicembre 2002, De Gennaro si era alzato dal tavolo al quale era rimasto per tre ore, in una stanza spoglia messa a disposizione dal tribunale di Roma. Aveva posto la sua mano sulla spalla di uno dei magistrati ancora chini a controllare la sua deposizione, in qualità di persona informata dei fatti, sulla vicenda del blitz alla scuola Diaz e aveva pronunciato quella frase. Il capo della Polizia ne era fuori, ma in qualche modo combatteva per se stesso. Quelli che nel 2004 sarebbero diventati i principali imputati del processo erano infatti i suoi diretti collaboratori. Legami professionali, e anche umani. Ma la data che incrina in modo definitivo i rapporti tra magistrati genovesi e l' allora capo della Polizia è un' altra. Mercoledì 19 giugno 2002, ore 17 del pomeriggio. Il nuovo questore di Genova Oscar Fioriolli percorre a grandi falcate i corridoi della Procura. Entra nell' ufficio dei pubblici ministeri. Giornata nera. Si è appena diffusa la notizia che le molotov esibite come «prova» della colpevolezza dei no global che dormivano alla Diaz sono un falso. Fioriolli dice di parlare a nome di De Gennaro. «Per la Polizia è una questione d' onore. Lasciateci collaborare alle indagini». La risposta è positiva. Ma oggi, quel «sì» viene considerato dai pm come una trappola mortale. A loro parere, la Polizia si è ben guardata dall' indagare su se stessa, ma anzi ha contribuito a intorbidire acque già scure, fino a renderle impenetrabili. Un tranello. Nel maggio del 2007, i timori dei magistrati trovano conferma in un episodio banale. Giorni strani. Alle udienze del processo Diaz, i testimoni chiamati dall' accusa si trasformano in testi palesemente ostili. Il 3 maggio tocca a Colucci. Non appena finisce di deporre, l' ex questore di Genova viene indagato per falsa testimonianza. Rispetto alle dichiarazioni rilasciate nel 2001 si è contraddetto su alcuni aspetti che riguardano De Gennaro. Dettagli non fondamentali, ma la circostanza rafforza la convinzione dei magistrati sull' esistenza di una regia unica dietro le difese del processo Diaz. Colucci non sapeva che i pubblici ministeri «ascoltavano» le sue telefonate con i colleghi, dove si vantava di essere stato chiamato dal Capo. «Lui ha fatto marcia indietro e io devo rivedere il discorso di quello che ho dichiarato di Sgalla, no?». Il 9 maggio, De Gennaro viene indagato. Il 20 giugno la notizia diventa di pubblico dominio, in contemporanea con la seduta parlamentare nella quale vengono annunciate le sue dimissioni da capo della Polizia, chiamate a gran voce da Rifondazione comunista, che all' epoca faceva parte del governo Prodi. Viene nominato capo di gabinetto del ministro dell' Interno Giuliano Amato, e nel gennaio 2008 diventa commissario straordinario per l' emergenza rifiuti di Napoli. Lavora in condizione di assoluta solitudine dando un contributo notevole e sottovalutato alla soluzione di quella tragedia. Dopo la discussa sentenza che nel novembre 2008 assolve i funzionari responsabili del blitz alla Diaz, il paradosso assume aspetti surreali. L' unico che rischia di pagare rimane lui, mai indagato nel processo principale ma invischiato in una storia «laterale» per quella che al massimo sembra una questione di puntiglio. L' assoluzione di ieri scaccia gli incubi di Genova soltanto per De Gennaro. L' ombra lunga della Diaz continua ad aleggiare. Per Colucci è stato chiesto il rinvio a giudizio. Il giudice è quindi convinto che abbia mentito in aula. Inoltre, le sue intercettazioni sono state ammesse al processo. Quelle telefonate non dicono nulla su De Gennaro, che ne ha anche preso le distanze. Ma dimostrano quali erano i veri sentimenti di importanti funzionari di Polizia nei confronti dei magistrati che indagavano su di loro, quanto forte fosse un malinteso spirito di corpo e debole la loro voglia di collaborare. Al Capo è stato restituito l' onore. Il processo d' Appello per i fatti della scuola Diaz, invece, comincia il prossimo 20 novembre.

Marco Imarisio