RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Una casa CARLO GIULIANI

Genova, 17 luglio 2009

Una casa CARLO GIULIANI

Oggi l'inaugurazione, a otto anni dall'uccisione in Piazza Alimonda. Parla la mamma Haidi: «Mio figlio non avrebbe voluto un monumento, meglio un centro per la memoria sui fatti del G8. Oggi il movimento è oscurato dai media»

Alessandra Fava

Tre stanze, un bagno e un terrazzino per i fumatori: così Haidi Giuliani presenta lo spazio del centro documentazione del Comitato piazza Carlo Giuliani che riporta quel «Gaetano Alimonda» cancellato a spray. Di fronte ad Haidi c'è il manifesto che dice di amare di più: «Carlo vive» del centro sociale La strada. Sopra la sua testa un altro di Radiondarossa con Carlo Giuliani e Rachel Corrie che si tengono per mano. «Lo avrebbe fatto ridere - commenta - lei era una ragazza robusta e lui era piccolino e magro quasi quanto me. Nel poster sembrano uguali». Uno scaffale è pieno delle magliette lasciate in ricordo a piazza Alimonda. Nella stanza accanto Giuliano e il professore "storico" di Carlo, Peppino, piegano volantini a tutto spiano da mettere nelle caselle della posta e Peppino racconta di quando fece alla classe di Carlo un corso di intercultura dal '93 al '96, il primo in Liguria. Ne resta traccia in un poster «la tua macchina è giapponese, la tua pizza è italiana, la tua birra è tedesca, etc» col finale, «tu rimproveri a tuo fratello di essere straniero!». Siamo nel cuore di Marassi, in via Monticelli, e il volantino spiega che il centro documentazione è a disposizione della città e che sabato e domenica sarà aperto dalle 15 alle 21.
Come siete approdati qui?
Sette anni fa sono andata dal sindaco di allora Giuseppe Pericu a chiedere uno spazio per fare una casa dei movimenti. Una specie di centro sociale. Non avendola ottenuta, dopo sette anni sono tornata dalla sindaca attuale Marta Vincenzi e le ho chiesto almeno una stanza per la documentazione sui fatti del G8 e lei l'ha presa molto a cuore. Questa sede c'è grazie a lei. Erano uffici del Comune chiusi da tempo.
Serve qualcosa che continui a mantenere la memoria di quel G8 2001?
Di un simbolo a piazza Alimonda per ora non se ne parla. E io sono convinta che finché non è la città a volerlo, è meglio non fare niente. Mio figlio non avrebbe mai voluto un monumento. Allora ha senso un centro per mantenere la memoria e raccogliere la documentazione in modo che diventi un luogo dove la cittadinanza può bussare alla porta e chiedere mi raccontate come sono andate le cose? Per questo lo terremo aperto tutti i giorni e saremo raggiungibili anche sul sito piazzacarlogiuliani.it. Genova non è stato un caso isolato, è stato il più eclatante. Ma piccole repressioni quotidiane le viviamo costantemente. Non parliamo poi dei migranti o dei tossicodipendenti. Lo abbiamo visto a Vicenza, a Torino, la repressione poliziesca è un fatto che si ripete. Vogliamo essere un centro d'attenzione.
Che cosa sarà consultabile qui? Ci sarà anche il materiale dei processi del G8?
Partiamo con tutta la documentazione relativa ai fatti che riguardano piazza Alimonda, ma noi speriamo che un po' alla volta questo diventi il centro documentazione sui fatti del G8. Non ci allarghiamo troppo. Siamo abituati a lavorare. Noi cominciamo come centro documentazione Carlo Giuliani. Ci sarà l'indagine archiviata su piazza Alimonda e le parti di processi Diaz e quello dei fatti di strada con le udienze relative, le fotografie, i filmati allegati. Poi qui è raccolto tutto quello che ci è stato regalato in questi anni, volumi come «100 anni di sindacato dei minatori», «la resistenza in val Brembana» o «il museo Cervi, poesie, canzoni, dipinti».
Col quartiere che rapporti avete?
Le persone riconoscono me e Giuliano e sono molto gentili. Non sentiamo ostilità. Naturalmente con la targa fuori daremo fastidio a qualcuno.
Che cosa pensi delle ultime esternazioni di Placanica?
Su due testate dice che ha sparato, su una no. La sensazione è che in prossimità dell'anniversario si voglia continuare a creare confusione. Non è da Placanica che ci aspettiamo la verità. È dalla magistratura che continuiamo ad aspettare un processo e tra un mese sapremo la sentenza del tribunale di Strasburgo al quale abbiamo fatto ricorso più di 5 anni fa.
Se dovessimo fare un parallelo tra Genova 2001 e L'Aquila 2009?
A Genova il movimento è stato zittito con la violenza. A L'Aquila è stato zittito con l'oscuramento, il silenzio stampa. Si è saputo qualcosa dal manifesto o Liberazione. Sulla Rai non ho trovato niente''.
C'è qualche polemica sul fatto che lunedì 20 luglio non ci sia un corteo...
Il corteo richiede la presenza di un numero sostanzioso di persone. Quest'anno il 20 cade di lunedì. Non abbiamo previsto un corteo ma non l'abbiamo fatto di proposito. Siamo quasi timorosi di non riuscire a riempire la piazza. E poi ci sono tanti modi per protestare. Non c'è solo il corteo. Un corteo deve essere una cosa che la città lo sente. Altrimenti che cosa lo si fa a fare? Di lunedì dopo otto anni come fai a prevedere di metterti in marcia?
Che cosa conservi della tua esperienza come senatrice?
Mi hanno votato per Carlo. Chi mi conoscerebbe se non fossi la mamma di Carlo Giuliani? Ci sono molti modi di fare politica. Io ho le mie convinzioni e proseguo su quello. Non era nei miei programmi andare in parlamento e neanche oggi disperarmi perché non sono andata al parlamento europeo. Metà faccio la nonna e metà faccio politica per creare un luogo utile.
Come avete vissuto questi anni con un figlio che diventa un'icona pop come fosse Che Guevara?
Non esageriamo. Carlo amava molto la gente e amava rapportarsi con le persone a prescindere dalle etichette e quindi il fatto che siano molti e molti diversi fra loro ad appropriarsi di Carlo non mi scandalizza. Anzi è giusto. Carlo è un simbolo perdente. È stato ucciso. È un simbolo vincente nel momento in cui ci saranno molti ragazzi e ragazze che pensano che non si possa assistere senza reagire alle ingiustizie. Dov'è il movimento? Lo vedremo in piazza Alimonda. Noi abbiamo cominciato a stare lì in attesa di un processo che ci restituisca la realtà dei fatti. Carlo è una tra le migliaia di vittime. Non pensiamo che Carlo sia più importante di altri morti. Ma abbiamo lui per andare avanti. È solo chiedendo giustizia per Carlo che chiediamo giustizia per gli altri. Altrimenti io Carlo me lo piango benissimo da sola a casa mia.
Che cosa succederà all'appuntamento in piazza Alimonda lunedì prossimo?
La Compagnia del Cappotto leggerà un racconto in rima che Carlo aveva scritto per la famiglia raccontando la condanna a morte di un reprobo. Ci fece sorridere quando fu scritto, ma otto anni fa è diventato tragicamente reale. Abbiamo sempre separato la vita che appartiene al privato e la morte che è un fatto pubblico. Ci è sempre stato chiesto. E abbiamo sempre ribadito il diritto a tenere per noi il Carlo vivo. Purtroppo da parte di alcuni c'è sempre stato il tentativo di affibbiargli un'etichetta. Drogato, punkabbestia. Viveva per strada. Il tifoso. L'ultras della Roma. O il ragazzo che viveva di sogni e di ideali. Forse succede così quando sei morto.