RASSEGNA STAMPA

LA REPUBBLICA - Il blog dei poliziotti cattivi

Roma, 16 gennaio 2009

Dal G8 alla caccia ai romeni, in un libro la rabbia degli agenti nascosta nel web
Il blog dei poliziotti cattivi
CARLO BONINI

Cosa hanno sedimentato Genova e il G8 nella pancia e nella testa dei reparti celere della polizia di Stato? Quali umori covano, oggi, le loro uniformi? Sette anni dopo la notte della Diaz, un libro, "Acab" (edito da Einaudi), va al fondo di una ferita mai rimarginata e alle radici dell´odio italiano. Il vicequestore Michelangelo Fournier (condannato per i fatti della Diaz), i celerini "Drago" e lo "Sciatto" sono i protagonisti di una storia vera che svela e documenta un universo rimasto sino ad oggi chiuso. A cominciare dalle sue voci.

Rabbia, odio, spirito di corpo. Carlo Bonini racconta in un libro i duri delle forze dell´ordine. A partire dalle loro discussioni segrete sul Web

CARLO BONINI E GABRIELE ROMAGNOLI NELLE PAGINE SUCCESSIVE

Le violenze alla Diaz dopo il G8 di Genova? Non mi vergogno di nulla. 
Accanirsi con trenta manganellate su un manifestante inerme? Dopo ore di sassaiole, quando becchi uno che ti sta davanti è difficile picchiarlo solo un poco. Gli ultras? Dobbiamo fargli tanta paura che non devono pensare di poterci attaccare senza lasciarci le ossa. L´Italia non è uno stivale. È un anfibio di celerino

L´ONDA ANOMALA CHIAMATA ODIO
Cosa hanno sedimentato Genova e il G8 nella pancia e nella testa dei reparti celere della polizia di Stato? Quali umori covano, oggi, le loro uniformi? Sette anni dopo la notte della Diaz, un libro di Carlo Bonini - "Acab", Einaudi editore - va al fondo di una ferita mai rimarginata e alle radici dell´odio italiano Il vicequestore Michelangelo Fournier (condannato per i fatti della Diaz), i celerini "Drago" e lo "Sciatto" sono i protagonisti di una storia vera che svela e documenta un universo rimasto sino ad oggi chiuso A cominciare dalle sue voci Come quelle del "blog" intranet del ministero dell´Interno aperta agli appartenenti dei reparti mobili e dedicata proprio ai fatti di Genova, di cui potete leggere in questa anticipazione di uno dei capitoli del libro

GABRIELE ROMAGNOLI

Se occorresse una password per aprire un libro, con "Acab" dovreste provare "odio". Non funziona? Allora tentate "tanfo". Sono le parole chiave del testo di Carlo Bonini che non è il riversamento di una serie di interviste registrate, ma piuttosto del rumore di fondo. Quello che pochi sanno ascoltare, quello che poi produce un´onda definita anomala solo perché non la si era vista arrivare. Si legge la cronaca più efferata, si prende atto delle dichiarazioni irragionevoli di questo o quell´onorevole, si osserva con disneyana sorpresa l´avvento al potere di un manipolo di gaglioffi senza qualità e ci si chiede: ma questi da dove sbucano? E, ancor più: che cosa, chi mi rappresentano? "Acab" è una delle risposte. 
Una delle tante verità che il club mediatico, perduto nell´autoreferenzialità, abbagliato dal riflesso dei lustrini, sviato al bivio tra la rappresentazione del mondo come dovrebbe essere e come invece è, non ha saputo cogliere per tempo.
C´è una frase di Harold Brodkey, contenuta nel suo diario terminale "Questo buio feroce" che potrebbe fare da premessa e antitesi a questo libro: «Il giornalismo migliore degli ultimi cinquant´anni è stato di sinistra; il che significa che la natura umana è stata ritratta come innocente, come decorosa dall´inizio alla fine di ogni storia». Ecco, "Acab" non commette questo errore. In "Acab" nessuno è innocente, la natura umana è indecorosa dall´inizio alla fine della storia.
Si comincia (dopo un prologo che fa in senso logico da epilogo) con la preparazione dei tre poliziotti protagonisti (il vicequestore Fournier e i celerini soprannominati Drago e Lo Sciatto) al G8 di Genova. La "macelleria messicana" che ne seguì appare un evento ineluttabile in quanto progettato. La dotazione dei "tonfa" ("un arnese duro come l´acciaio, dall´impugnatura a T, un´arma tradizionale delle arti marziali cinesi e giapponesi"), lo scontro, così poco "simulato" con i celerini napoletani: tutti preamboli a una storia che si voleva scrivere esattamente così. Uomini come Fournier, Drago e Lo sciatto furono la penna, più che il braccio. Poco conta il loro genuino disprezzo per "il popolo antagonista", il loro innato culto per il dispiegamento della forza come elemento puro e dirimente: restano un ingranaggio. E resta la domanda retorica di Drago: «A noi il culo chi ce lo parerà se le cose andranno storte?». La risposta è ovvia e constatata: nessuno.
Infatti anni dopo si ritrovano, dislocati e neutralizzati, alla vigilia di un´altra battaglia, questa sì imprevista. Roma-Cagliari si annunciava una partita come tante, una passeggiata di salute per pre-pensionati della celere. Senonché alla vigilia, in autogrill lontano, un tifoso laziale di nome Gabriele Sandri è stato ammazzato da un agente e lo stadio diventa l´epicentro di una guerra non dichiarata tra le tifoserie unite e la polizia. Tra la notte della "macelleria messicana" e quella della battaglia dell´Olimpico sono trascorsi 7 anni. E in quell´arco di tempo è cresciuto l´odio, è salito il tanfo. In un´Italia a lontana equidistanza dagli studi televisivi infestati da tuttologi e squinzie e dalle sale convegni analogamente popolate il rumore di fondo si è fatto assordante. 
"Acab" lo riporta, senza preoccuparsi è vero della struttura narrativa, ma badando a riprodurlo fedelmente. Il rumore di fondo è l´insofferenza del celerino che con inconsapevole ironia fa il verso a Pasolini e dice alla moglie «io so». Che cosa? «Quale ipocrita recita sta andando in scena». È il traffico di parole cariche di conseguenze sulla strada reale che i poliziotti si scambiano su quella virtuale della chat. È il motto "padroni a casa nostra" che parte dalle periferie di Roma, umiliate dall´arroganza dello straniero e dall´omicidio di Giovanna Reggiani. È l´accoglimento di quel motto da parte di chi dovrebbe avere come sola linea guida il rispetto della legge. È la mistica degli ultrà, ormai totalmente scorporata dal tifo e dalla squadra, che riunisce in un solo pantheon degli eroi Garibaldi, gli Arditi della prima guerra mondiale, i Franchi tiratori «che accoglievano gli invasori anglo-americani nell´unico modo possibile» e Carlo Giuliani. Sono forme contrapposte della deriva fascistoide quelle che si contrappongono nella finale notte di Roma, in un´oscurità più mentale che temporale. Ma qui siamo e di questo dobbiamo rendere conto, per non finire come quegli italiani, comprensibilmente esecrati da Fournier turista a New York, che se ne stanno, esuli in nota spese, nel loro loft a Tribeca e da lì commentano con il sopracciglio alzato quel che accade in un luogo a loro di fatto straniero. Qui siamo e con questo odio e tanfo dobbiamo fare i conti, prima che diventi più ancora che filo della cronaca, segno della storia.
Il prologo, dicevo, è nella logica un epilogo. Un paio di ultrà romanisti in autostrada viene aggredito da un convoglio di napoletani ancor più feroci. Li salva l´arrivo della polizia. C´è stato il G8 di Genova e c´è l´emergenza quotidiana. Ci sono mali tra cui scegliere, nessun santo a cui votarsi, ma qualche diavolo minore. Qualcuno potrà accusare Bonini di aver contratto una "sindrome di Stoccolma" verso i celerini. Chi pensa che "tutti i poliziotti siano bastardi" non legga questo libro, ma neppure chiami mai il 113.
Viaggio nel blog riservato dei poliziotti tra orgoglio e sfoghi, rabbia e  lunghe confessioni "Nessuna vergogna per i giorni del G8 di Genova e per  gli errori di qualcuno di noi" Ma c´è anche chi avvisa: "Ragazzi, non  siamo nel Cile di Pinochet, non ci pagano in pesos"
"Ricordo Bolzaneto: io c´ero e posso dire che non c´è niente da nascondere"
"I colleghi che si accanivano con i manganelli sul primo che passava hanno sbagliato?"
 
CARLO BONINI
 
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«Cari colleghi, riteniamo giusto rammentare, per senso di responsabilità, che DoppiaVela è uno spazio per i poliziotti messo a disposizione dalla polizia di Stato. Le critiche, le lamentele, le segnalazioni di disservizi, anche se esternate in modo aspro ma corretto, fanno parte delle normali dinamiche di dialogo tra l´amministrazione centrale e i singoli dipendenti. Trovano dunque una sede naturale all´interno del portale che non può, però, garantire spazi che la normativa vigente attribuisce ad altri soggetti…».
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Ogni volta che entrava in quella benedetta chat intranet, Drago ne gustava la dimensione perversa. A cominciare da quel nome un po´ ingessato - DoppiaVela, la sigla della centrale operativa nelle comunicazioni radio - e dal post politicamente corretto che metteva sull´avviso i naviganti.
Perché la verità era che lì dentro si poteva finalmente essere un po´ guardoni e un po´ scorpioni. Masturbarsi dietro un avatar, leggendo l´illeggibile o scrivendo l´inconfessabile. Divorarsi a vicenda - sì, proprio come scorpioni in bottiglia - soltanto per scoprirsi più soli nella propria rabbia.
Finita sulle prime pagine dei giornali con sei rotondi anni di ritardo, la «macelleria messicana» del dottor Fournier era stato un potente lassativo.
Il forum era impazzito. Genova, troppo lontana e spaventosa per sembrare ancora vera, era diventata solo l´occasione per un outing collettivo. La prova, ammesso ce ne fosse bisogno, che il tempo era stato una pessima
medicina. Che odio chiama odio.
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G. DA ROMA Ecco che spunta fuori un nostro bel funzionario, che da buon samaritano riaccende fiamme polemiche e propositi dinamitardi. Che, sicuramente, nelle prossime manifestazioni gli antiglobal metteranno in atto perché più autorizzati che mai. Ma quando la finiremo di fare sempre queste mere figure e inizieremo a tenere la bocca chiusa?
Per Aspera ad astra.
N. DA ANZIO Fournier poteva e doveva risparmiarsi la frase a effetto, «macelleria messicana». Adesso, per i colleghi ci sarà la solita Santa Inquisizione mediatico-politica.
Unus sed leo.
I. DA GENOVA Ma questo Fournier dov´era durante gli scontri? Ancora non l´ho capito. Era fra i manifestanti? Ha respirato lacrimogeni? O aveva una mascherina? Secondo me si è messo a cantare perché non gli hanno dato nessuna promozione.
P. DA BARI È ancora in polizia o ha chiesto di passare alla politica?
Sono pronto a mostrare il petto e non voglio essere bendato. Ma tu hai il coraggio di guardarmi negli occhi? E che cazzo, mostra ai più di essere uomo. Barcollo ma non mollo.
D. DA LA SPEZIA Colleghi, basta di parlare di questo soggetto. È penoso e noi lo stiamo aiutando nella sua viscida campagna elettorale.
A. DA CAGLIARI Genova, presente con orgoglio e senza nulla da nascondere.
Posso testimoniare di Bolzaneto! Non si tratta di essere grandi e non è veramente falsa modestia… è solo servizio! Ero al VI reparto mobile di Genova.
L. DA SALUZZO Io c´ero. VI reparto mobile. Tanto orgoglio, tanta rabbia!
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(...)
C. DA ROMA Non capisco perché non vogliate parlare degli errori commessi.  
Qui si tratta di dire chiaramente:
I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?
I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?
I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?
La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di «Uno a zero» dimostra di essere intelligente?
Su queste cose non ci può essere ambiguità!!!
L´esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.
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E bravo il nostro C., pensò Drago. Stai a vedere che ora gli vanno addosso i padovani. Se ne stanno zitti da troppo tempo. Ma è più forte di loro. Se c´è da far vedere chi ce l´ha più duro, loro non sanno resistere.  
Rinfrescò la chat. Solo per vincere una scommessa troppo facile.
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E. DA PADOVA Caro C., rispondo alle tue domande:
"I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?"
No. Non mi vergogno del fatto che in polizia ci siano dei coglioni. Non più del fatto che ci siano in Italia. Sono fiero di essere celerino e italiano, nonostante loro!
"I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?"
No. Per questa domanda, oltre a valere la risposta sopra, concedimi anche il beneficio del dubbio. Chi prenderebbe seriamente un tentativo di violenza a una capra malata? Il popolo antagonista non brilla certo per l´attaccamento all´igiene! Non credo a quello che, sicuramente in malafede, sostengono questi personaggi!
"I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?"
No. Pur essendo convinto assertore della totale inutilità di infierire su un manifestante inerme (questo è l´unico sbaglio, sprecare le forze su uno solo), sappi che è impossibile farsi rivelare dal manifestante durante la carica, se è un «povero illuso pacifista» o meno. È inoltre abbastanza difficile, dopo ore di sassaiole subite, magari con fratelli feriti anche gravemente, beccare uno dei personaggi che ti stanno avanti e picchiarli solo un pochettino. Quello che dico è che il povero illuso, visti gli stronzi che stavano con lui, poteva tornarsene a casa invece di manifestarci insieme! Se gli è andato bene fare da scudo per questi delinquenti, allora non si può lamentare di subirne le conseguenze! Che poi qualche collega si sia comportato come un qualsiasi essere umano sotto stress non mi sembra né incomprensibile né disdicevole. Sicuramente qualcuno avrà commesso sbagli. Sai quanti poliziotti c´erano a Genova? Di sicuro non mi vergogno per i loro errori!
"La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di «Uno a zero» dimostra di essere intelligente?"
No. Ma come si dice a Roma, ‘sti cazzi! Hanno messo a ferro e a fuoco una città, rischiando di farci fare una figura di merda a livello internazionale, provocando danni, feriti, spese enormi e si preoccupano della frase di una telefonista? Non mi vergogno per quello che ha detto.  
Mi vergogno perché oggi la madre di un teppista imbecille, dimostrando una mancanza di scrupoli e un cinismo degni di una Kapò, è riuscita a farsi eleggere senatrice della Repubblica; perché un partito italiano ha fatto intitolare un´aula all´imbecille!
Non voglio i soldi di questi politici. Non voglio i soldi da questo governo (e da un altro come questo). A difendermi ci penso da me, con l´aiuto di Dio e dei fratelli celerini, che mi stanno accanto e non mi tradiscono nel momento del bisogno.
Once in the Celere, always in the Celere.
C. DA ROMA Quindi, per te, avere al fianco un cretino non è un problema?
Lo dico serenamente: due che tengono e uno che mena non mi sembra da eroi.  
E poi ti rispondo da romano: ‘sti cazzi un par di palle. Tu non lavori nel Cile di Pinochet e non ti pagano con lo stipendio in pesos messicani (forse è di cattivo gusto visto il titolo del thread di discussione, «macelleria messicana», e me ne scuso con quanti si sentono feriti). Il giuramento che hai prestato parla di far rispettare le leggi, non di fartene di tue. In quanto al rischio della «figura», mi pare che l´abbiamo fatta e basta. E le responsabilità, lo dico da mesi, non sono di chi stava in strada, ma di chi ha permesso che si arrivasse a questo. Siamo stati mandati lì, sapendo quello che ci avrebbero fatto e sapendo come avremmo reagito. Ti piace questo? Ti piace essere una pedina e poi pagarti l´avvocato? Io questo vorrei evitare. Vorrei capire come si può evitare che un collega mandato a fare il proprio dovere si ritrovi indagato in due processi e, dopo la Maddalena, forse anche nel terzo. Scusate la lunghezza.
L´esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.
P. DA BARI Scusate, il Sig. Dott. Funz. Uff. Fournier quando lo faranno santo?
Sono pronto a mostrare il petto e non voglio essere bendato. Ma tu hai il coraggio di guardarmi negli occhi? E che cazzo, mostra ai più di essere uomo. Barcollo ma non mollo.
E. DA FIUMICINO Io penso che questi degni eredi di quei cattivi maestri che dicevano in piazza «Uccidere uno sbirro non è reato» ci considererebbero picchiatori fascisti anche se andassimo in servizio di Op vestiti di rosa e con un mazzo di fiori in mano.
B. DA PADOVA Quando alcune centinaia di ultras o di autonomi sono schierati a cinquanta metri da te con spranghe, catene, bombe carta e coltelli, io ritengo opportuno fargli così tanto schifo e paura che non devono pensare di poterci attaccare senza lasciarci le ossa!
L´Italia non è uno stivale. È un anfibio di celerino.
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