RASSEGNA STAMPA

LA REPUBBLICA - Lasciamoci in pace

Genova, 2 aprile 2009

Lasciamoci in pace

Dai comitati antigronda agli scontri con il capoufficio, dalle liti in famiglia alle manifestazioni antimoschea agli scontri di piazza, come quelli, ieri, a Londra per il G20: gestire il conflitto si può e si impara all' Università di Genova, con il nuovo master postuniversitario (si accede dopo la laurea specialistica) in "Gestione e trasformazione dei conflitti", finanziato dalla Regionee frutto della collaborazione delle facoltà di Scienze della Formazione e Giurisprudenza. Il corso comincia dalla marea di comitati "contro" che stanno germinando in tutta la città e spesso mettono sotto scacco la pubblica amministrazione. E svela perché i "vecchi" metodi di protesta, come i cortei, non funzionino più. «Per uscire dall' impasse, gli enti italiani devono guardare all' Europa: istituire un ufficio di mediazione del conflitto, questo è il futuro e forse la salvezza dell' amministrazione pubblica», spiega Mauro Palumbo, presidente del master, e non a caso il Comune di Genova è nell' elenco dei molti enti e aziende (come Caritas, comunità di Sant' Egidio, centro studi Medì) che offriranno possibilità di stage o impiego agli studenti. «Vogliamo creare la figura del mediatore sul territorio - spiega Carlo Schenone, docente del master di "Teoria e pratica della nonviolenza - non esiste ancora in Italia, ma in molti paesi europei sì. Lavora organizzando processi di partecipazione veri, conosce e analizza il territorio, sa mediare tra i vari interessi trovando soluzioni partecipate». Palumbo spiega come si sia arrivati a questa germinazione inarrestabile del "comitatismo": «Una volta la mediazione era affidata alla politica, oggi non vale più. Esisteva anche allora il conflitto, ma si smorzava nelle Acli, nelle sezioni dei partiti, nei circoli, nelle associazioni, oggi tutto questo mondo non esiste più, lo scontro con le istituzioni è immediato e frontale». Come è accaduto al Comune di Genova, sulla gronda. Palumbo spiega come sia caduto nella trappola della sindrome "Dad", decisione, annuncio, difesa: l' amministrazione decide, poi fa l' annuncio - e i cittadini immediatamente si rivoltano - poi si deve difendere. «Abbiamo nuove forme di democrazie diretta - spiega - dobbiamo però imparare a gestirne le regole». E questo vale per i conflitti interetnici (striscianti) in quartieri della città, giù giù fino ai conflitti all' interno della famiglia. Una decina di docenti (selezionati tra i luminari della materia, in Italia e all' estero), stage in Europa, una prima sessione teorica, interrotta da un workshop in aziende o enti, e poi una seconda tranche di corso nuovamente in aula, a Genova e in viaggio: il master genovese mutua e supera l' esperienza dell' Università di Pisa, con il corso di laurea in Scienze per la pace. Durerà un anno, è gratuito, il corso concede sessanta crediti e il bando sta per essere pubblicato (per ogni informazione: info@perform. unige. it). «I conflitti sono profondamente cambiati negli ultimi tempi - analizza Schenone - negli anni Ottanta un corteo di 300.000 persone veniva considerato dalla controparte e rispettato anche a livello simbolico. Adesso non c' è più possibilità dello scontro reale: il corteo, lo stesso sciopero non scalfiscono neppure più il datore di lavoro». Schenone al master traccerà la storia della protesta non-violenta da Gandhi a Rosa Luxemburg fino al nuovo fronte della lotta dei lavoratori, con i sequestri pacifici di manager e dirigenti, in Francia. Nella storia dei conflitti, un punto di svolta è stato il G8 di Genova: «L' acme della mobilitazione pacifica, ma se non fosse successo quello cheè successo, la storia delle proteste sarebbe stata diversa e forse, oggi, non saremmo davanti alla crisi di quei modelli perché gestire il conflitto non significa evitarlo, ma affrontarlo con metodo non violento».

MICHELA BOMPANI