RASSEGNA STAMPA

CORRIERE MERCANTILE - Zucca non esulta «Conta l'inchiesta»

Genova, 20 maggio 2010

Zucca non esulta «Conta l'inchiesta»
«Non hanno valore le condanne ma avere accertato ciò che accadde»

FRANCESCO RICCI

Al centro della scrivania di Enrico Zucca, sotto altri fascicoli, si nota un collage di fotografie: domina il colore rosso. Rosso sangue. E' il colore che ricopre i volti bianchi dei manifestanti feriti nell'irruzione alla scuola Diaz del luglio 2001. Foto inedite, allegate al fasciolo d'indagine, insieme a quelle delle false molotov. Il giorno dopo avere "incassato" 25 condanne in appello, tra cui tutti i vertici della polizia, Zucca nel suo ufficio al nono piano del palazzo di giustizia appare rilassato. Dopo nove anni in trincea per cercare di dimostrare che anche i vertici "sapevano", Zucca, però, non fa sconti: «Accetto con qualche riserva i molti complimenti che giungono in queste ore nel mio ufficio e in quello del collega Francesco Cardona Albini - dice - Ciò che conta, per noi, è avere dimostrato attraverso l'indagine ciò che è stata capace di fare la polizia. La condotta seguita in quei giorni è stata resa evidente. Il risultato era raggiunto anche dopo la sentenza di primo grado. E' l'indagine ciò che conta». Riaffernare la centralità della ricostruzione della verità a fronte delle condanne per il magistrato è prìoritario. «Il nostro obiettivo - spìegaancora Zucca - era quello di indagare sulle violenze che erano state commesse. Questo risultato è sempre stato conseguito. Un esempio: se non avessimo dato vita a questa indagine non sarebbe mai emerso che all'interno della scuola erano state messe della false bombe molotov, poi spacciate per prove». La sentenza pronunciata alle 23,20 di martedì dai giudici della terza sezione della corte d'appello di Genova ha indicato colpevoli 25 dei 28 imputati. Tra questi alcuni alti dirigenti del ministero dell'Interno che ricoprirono nel 2001 ruoli determinanti nell'organizzazione dei servizi di ordine pubblico ed informativi a margine del vertice. «Oggi sappiamo di Bolzaneto, sappiamo della Diaz, sappiamo di ciò che avvenne dentro e fuori la scuola e la caserma di Bolzaneto - prosegue Zucca - Sono fatti sui quali ci è stato chiesto di dimenticare». In quanto alle condanne "incassate", Zucca tiene un profilo basso: «Se ci sono dei fatti, vi debbono per forza essere delle conseguenze. I giudici condannano delle condotte non delle singole persone».
Il pm Zucca respinge il concetto di ribaltamento della sentenza di secondo grado rispetto a quella di primo (in cui vi furono 13 condanne e 16assoluzioni tra cui tuttii vertici di polizia): «C'è una continuità di giudizio che lega tutti i giudici che hanno messo mano al processo Diaz - dice Enrico Zucca - Solo la sentenza di primo grado interrompe questa continuità. Ritengo che il giudizio della Cassazione possa essere di tipo squisitamente giuridico e solo se ve ne sarà bisogno. Ma i fatti sono stati ricostruiti ed in via definitiva, l'accertamento è stato fatto». Il magistrato si dichiara «per nulla sorpreso» della fiducia data ai vertici del ministero dell'Interno dal sottosegretario Alfredo Mantovano e dal ministro Roberto Maroni e dice: «Dentro il corpo della polizia non esiste un sistema di garanzie e autocontrollo. Una malattia si può curare se esiste una diagnosi formulata senza paura». Per Zucca questa diagnosi oggi c'è ed è contenuta nel lavoro di quasi dieci anni affrontato da lui e dal collega Cardona Albini. «Non mi stupisce che nessuno sia prossimo ad essere rimosso o non lo sia stato in passato - aggiunge - In un sistema in cui i processi giungono a compimento in dieci, dodici anni non è possibile sperare che l'assegnazione delle cariche amministrative segua lo stesso ritmo».