COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 04 - 28 Agosto 2001

La seduta comincia alle 9,45.
Audizione del Questore Francesco Colucci.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del questore Francesco Colucci. Il questore Colucci ha chiesto di essere accompagnato dal dottor Salvo, vice questore aggiunto presso la questura di Genova. Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria. La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio il nostro ospite per aver accolto l'invito. Il dottor Colucci ha predisposto una relazione, della quale lo prego di dare lettura.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Signor presidente, ritengo doveroso ringraziare preliminarmente tutti gli onorevoli deputati e senatori componenti questo Comitato, perché mi si concede, oggi, la possibilità di riferire sull'organizzazione dei servizi assicurati dalle forze di polizia in occasione dell'evento G8 del luglio scorso e, dunque, di contribuire a delineare, sotto il profilo tecnico-operativo, istituzionalmente riconducibile alla figura del questore, il correlato quadro di conoscenze. Sottolineo anche l'esigenza, che sento profonda, signor presidente, di


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difendere e valorizzare il lavoro della questura di Genova in ossequio a quel senso dello Stato che ci muove tutti verso la leale ricerca della verità e delle conseguenti responsabilità degli accadimenti. A tal fine, dovrò riproporre all'attenzione e all'esame di questo uditorio l'ordinanza n. 2143/R che ho emanato in data 12 luglio 2001, ai sensi dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, già prodotta dal prefetto di Genova nell'audizione del 9 agosto scorso, essendo quel documento il frutto del lavoro condotto per dodici mesi, incessantemente e senza risparmio, da tutta la struttura da me diretta. Quel documento compendia le prerogative istituzionali del questore e rappresenta, in via ordinaria, lo strumento di verifica delle sue responsabilità a tutti i livelli: amministrativo, disciplinare ed anche giudiziario. Il questore quelle responsabilità se le assume tutte di fronte a voi, di fronte allo Stato e di fronte, ed a tutela, di tutti i collaboratori ai quali è stata affidata la concreta realizzazione di quelle articolate direttive. Tuttavia, in questa sede, credo non siano da ricercare solo i livelli di responsabilità, che già la normativa vigente in materia di ordine e sicurezza pubblica (tra l'altro già puntualmente illustrata da altri interlocutori) individua con precisione. È in gioco, piuttosto, la piena comprensione delle ragioni per le quali sia sul piano della prevenzione sia su quello del contrasto non si è riusciti, al meglio, a contenere da un lato gli eccessi violenti di una parte di coloro che a Genova hanno manifestato e, dall'altro, ad evitare deprecabili comportamenti di alcuni appartenenti alle forze dell'ordine, sui quali sono già in atto doverosi approfondimenti sia in sede amministrativa sia in sede giudiziaria.
In questa direzione e con questo spirito terrò la mia relazione, signor presidente, limitando evidentemente l'analisi al livello che mi è proprio, quello tecnico-operativo afferente le dinamiche di gestione dell'ordine pubblico.


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L'organizzazione e la pianificazione dell'attività di competenza del questore in relazione allo svolgimento nel capoluogo ligure del vertice G8 del luglio 2001 è stata avviata ancor prima che il Parlamento ufficializzasse la scelta della sede genovese con l'approvazione della legge 8 giugno 2000. n. 149, recante disposizioni per l'organizzazione del vertice G8 a Genova, giacchè la candidatura di Genova come sede prescelta per lo svolgimento di tale vertice era già stata formalmente proposta dal Governo nel dicembre 1999. In tal senso, avviavo in seno alla struttura un'attività di prima valutazione delle strategie da adottarsi e, altresì, un'attività di studio del dispositivo da realizzare, condotta evidentemente sulla scorta delle notizie, allora disponibili, in ordine alla sede prescelta del vertice, Palazzo Ducale, ed agli altri scenari che si potevano ipotizzare. In questa prima fase, ho orientato l'attività in una duplice direzione: quella della quantificazione presuntiva del personale delle forze di polizia da impiegarsi nei relativi servizi e quella della verifica attenta degli standard di sicurezza delle strutture e dei siti interessati, sia come residenza dei capi delegazione, sia come località di svolgimento di eventi collaterali. Indicazioni utili vennero tratte dal modello di organizzazione dei servizi di ordine e sicurezza disposti per il vertice G7 di Napoli, seppur adeguatamente rapportate al differente contesto urbanistico ed al quadro assolutamente non paragonabile delle preannunciate iniziative del dissenso.
Già nell'agosto 2000 formulavo un'organica previsione di impiego di personale della Polizia di Stato e delle altre forze di polizia pari a circa 18 mila uomini, comprensivi anche del personale delle forze territoriali e dei reparti specializzati, corredata anche da diverse ipotesi di alloggiamento sostanzialmente imperniate sul riallestimento, a fini residenziali, del comprensorio fieristico genovese e sul noleggio di navi.


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Il documento bozza che ho trasmesso nello stesso mese di agosto al servizio ordine pubblico ed alla direzione centrale dei servizi tecnico-logistici del dipartimento della pubblica sicurezza, oltre che al prefetto di Genova, conteneva già con buona approssimazione l'impianto generale dei servizi, poi concretamente realizzato e articolato sull'idea guida dell'individuazione di un'area di rispetto disegnata intorno alla sede dei lavori.
Quella traccia veniva sostanzialmente condivisa nell'impostazione generale dal dipartimento della pubblica sicurezza che nel mese di novembre 2000 elaborava, attenendosi allo schema di pianificazione ipotizzato, un documento di previsione di impiego di 14.500 unità tra personale delle forze di polizia e militari dell'esercito italiano, da impiegarsi secondo l'indicazione normativa della citata legge n.149 del 2000 e da inviare a disposizione del prefetto di Genova per le esigenze connesse al vertice G8.
Credo sia significativo evidenziare analiticamente questi passaggi organizzativi, poiché sottolineano come sin dall'inizio sia stato avviato e condotto tra la periferia e il centro un lavoro sinergico di analisi, di scambio informativo, di continuo confronto, peraltro assolutamente necessario di fronte ad un evento che definirei senza dubbio ultraterritoriale. Era infatti lo Stato italiano, prima ancora che la città di Genova, ad ospitare nell'anno di presidenza il vertice internazionale di maggior prestigio ed era, quindi, ovvio che il dipartimento della pubblica sicurezza affiancasse e supportasse l'autorità provinciale.
All'incirca nello stesso periodo in cui si formulavano dette previsioni, si avviavano complesse attività di natura info-investigativa mirate al perseguimento di diversi obiettivi: prioritariamente ad acquisire, sia pure entro i limiti di


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giurisdizione di competenza, ogni informazione utile a definire, nell'eterogeneo quadro della protesta e del dissenso, la posizione e le conseguenti iniziative che i diversi sodalizi dell'area antagonista genovese stavano definendo, anche quale supporto logistico a gruppi esterni. In altri termini si provava a referenziare territorialmente ogni indicazione che perveniva, attraverso il canale dipartimentale, dai servizi d'informazione in merito agli scenari della protesta che si andava così delineando; quindi ad abbozzare i confini dell'area di sicurezza nella quale attivare, con gli strumenti giuridici previsti dalla vigente normativa, le misure interdittive di natura straordinaria e temporanea necessarie al mantenimento degli auspicati livelli di sicurezza; conseguentemente, ad avviare il monitoraggio del censimento di tutta la popolazione residente o domiciliata per ragioni di lavoro nell'area medesima sia a fini preventivi, trattandosi per buona parte di un'area urbana ad alta incidenza di fenomenologie microcriminali, sia ai fini del successivo rilascio del titolo di accesso; infine, si provvedeva a verificare il livello di sicurezza e la difendibilità degli esercizi ricettivi dell'intera provincia di Genova che, in seno alla struttura di missione, venivano indicati come possibile residenza dei Capi di Stato e di Governo dei paesi del G8. In questa direzione, con provvedimento del 16 agosto 2000, provvedevo, sentito il prefetto, alla formale costituzione di un gruppo di lavoro interforze - GOI - composto da Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza, cui ho affidato il compito di pianificare quelle misure di prevenzione e sicurezza suaccennate e necessarie alla migliore riuscita dell'evento.
Non credo sia superfluo sottolineare che molte delle questioni fondamentali, prima fra tutte la definizione della sede di residenza dei Capi di Stato, sono state sciolte con


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evidente ritardo, creando condizioni di lavoro affannose per tutta la struttura da me diretta. Se certezze mancavano sul versante dell'organizzazione dell'evento, ancor meno certa era l'articolazione delle iniziative di protesta e di dissenso, compresa quella riconducibile all'area del movimento disposto a dialogare con le istituzioni.
Ciò non vuole e non deve suonare come giustificazione, anche in relazione all'efficacia che ha indubbiamente avuto quella parte del dispositivo di sicurezza teso alla tutela del vertice e dei suoi protagonisti. Vuole viceversa rendere a questo uditorio il senso preciso dell'impegno e delle condizioni anche difficili e gravose in cui si è svolta la fase organizzativa, tesa alla rincorsa continua di certezze che potessero dare una qualche definizione ai progetti ed alle ipotesi operative.
Il primo e più importante di questi progetti operativi era senza dubbio rappresentato dalla realizzazione in concreto di quella che avrebbe poi assunto la formale definizione di zona rossa. A Seattle, a Nizza e da ultimo a Göteborg, le manifestazioni, anche violente, dei gruppi antagonisti avevano inciso profondamente sullo svolgimento dei vertici internazionali, rendendo necessarie modifiche anche radicali ai relativi programmi. Questo allora faceva assai riflettere, anche se oggi sembra quasi un elemento di dettaglio, tanto più che i governi stranieri, trattandosi della sicurezza dei rispettivi Capi di Stato e di Governo, esigevano dallo Stato italiano garanzie assolute in ordine alle misure di tutela poste in essere a contrasto di qualsivoglia azione, sia essa terroristica o anche solo dimostrativa e di disturbo. Era chiaro sin dall'inizio che questo obiettivo andava perseguito senza mezze misure e tuttavia rendendolo compatibile con altre esigenze primarie: la vivibilità della città sia all'interno sia all'esterno della zona di rispetto, la fruibilità dei diritti costituzionalmente garantiti di


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libera manifestazione del dissenso, la sicurezza in generale della cittadinanza. Quest'ultimo aspetto preoccupava moltissimo, giacché il rischio di attentati terroristici, assai pregnante per come si presentava la situazione politica internazionale, non rappresentava solo una minaccia per la personalità eventualmente destinataria dell'iniziativa, bensì per un'intera comunità di persone.
Mi preme mettere a parte questo Comitato di riflessioni che, per quanto possano apparire ovvie, in realtà mi sembra siano sfuggite nella valutazione generale condotta a posteriori. Ciò è dimostrato dal fatto che nei giudizi espressi anche da esponenti politici delle istituzioni locali nei confronti del dispositivo di protezione realizzato con l'istituzione della zona di rispetto rossa e gialla, si è sempre evidenziata la connotazione negativa della compressione delle libertà dei cittadini genovesi, sacrificate per l'esclusivo interesse dei Capi di Stato e di Governo stranieri. Mai si è fatto cenno, neanche marginalmente, alla valenza estremamente positiva di protezione di un ambito urbano e della sua popolazione, esposta a grave rischio per lo svolgimento in quello stesso ambito di un evento internazionale ritenuto estremamente «appetibile» per possibili iniziative terroristiche. La stessa questione, sollevata già a vertice in corso, della distribuzione delle forze in campo e l'asserito squilibrio tra le risorse destinate alla protezione nella zona rossa rispetto a quelle impiegate a contrasto dei manifestanti violenti, mi sembra condizionata da questa falsa prospettiva, che non tiene nel dovuto conto un dato oggettivo, ovverosia che il dispositivo della zona rossa ha offerto protezione totale ed assolutamente efficace oltre che a 15 mila addetti ai lavori - capi delegazione, delegati, traduttori, giornalisti, tecnici, inservienti e così via - anche ad altri circa 35 mila genovesi cui è toccato in sorte di risiedere o lavorare


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in una zona divenuta ad alto rischio per la loro stessa incolumità fisica. Questo è il significato della zona rossa e questo è stato il servizio assolutamente eccellente che la questura di Genova ha reso prioritariamente alla città ed ai cittadini di Genova, oltre che, naturalmente, allo Stato italiano ed agli illustri ospiti stranieri.
Nell'ordinanza di servizio del 12 luglio scorso troverete analiticamente indicate tutte le caratteristiche dell'area e le correlate modalità di fruizione conseguenti all'adozione del provvedimento prefettizio del 2 giugno che ne ha disciplinato in via eccezionale e temporanea il regime giuridico. Troverete anche traccia del complesso lavoro, svolto dalla questura di Genova, di coordinamento e raccordo delle attività di tutti gli enti erogatori o gestori di servizi pubblici essenziali sul territorio, che dovevano necessariamente interagire con le misure in atto e conformarsi a quel mutato regime garantendo, da un lato, il livello di efficienza dei servizi all'utenza senza, dall'altro, abbassare gli standard di sicurezza della zona protetta. L'allestimento in questura di una sala-situazione, collegata 24 ore con la sala operativa interforze, ha rappresentato sotto questo profilo l'aspetto organizzativo di maggior momento.
In questo, così come nella costituzione di un apposito ufficio pass, teso a garantire, nell'arco delle ventiquattro ore, la soluzione a tutte le problematiche di accesso alla zona rossa, si coglie - mi auguro - l'attenzione estrema che è stata posta all'esigenza di assicurare, pur nel disagio, la massima assistenza alla popolazione residente.
L'ulteriore progetto operativo riguardava l'individuazione di una zona cuscinetto, cosiddetta zona gialla, anch'essa individuata formalmente dal medesimo provvedimento prefettizio, nella quale fosse possibile interdire tutte le manifestazioni


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ritenute incompatibili con le misure di tutela in atto. Questa seconda zona di rispetto era consapevolmente orientata a preservare non tanto da rischi di matrice eversiva e terroristica, quanto piuttosto dalla temuta azione di accerchiamento, ampiamente preannunciata, dei movimenti antiglobalizzazione, che potesse non solo paralizzare alcune attività correlate al vertice (molti giornalisti, tecnici ed altre professionalità di supporto alloggiavano all'esterno della zona rossa), ma anche isolare quella parte di cittadinanza - ripeto, circa 35 mila persone - che doveva, in qualche modo, essere garantita nella possibilità di attendere alle normali e quotidiane occupazioni.
Nondimeno, era tenuto nella dovuta considerazione il rischio che azioni eccessivamente violente e numericamente supportate da masse significative di manifestanti, organizzate nelle immediate adiacenze delle recinzioni che delimitavano la zona rossa, potessero determinare una crisi del sistema di chiusura dell'area, pregiudicando così il corretto svolgimento del vertice.
Anche sulla zona gialla e sulla organizzazione dei servizi in quell'area sono state fatte valutazioni forse frettolose e non aderenti alla realtà operativa. Tornerò con maggiore precisione sull'esame dei fatti che hanno connotato le giornate del 20 e del 21 luglio, ma devo subito anticipare che non condivido il rilievo mosso da più parti, secondo il quale la zona gialla non avrebbe avuto una adeguata protezione da parte delle forze di polizia. È un rilievo che non rende giustizia alla comune esigenza di verità poiché, per converso, il dispositivo della zona gialla ha funzionato benissimo in relazione agli obiettivi che mirava a realizzare.
Intanto, ad onor del vero, tutte le più gravi azioni di devastazione e danneggiamento sono avvenute in ambiti urbani limitati ad una fascia di circa 3 chilometri quadrati ed esterni


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comunque a questa zona cuscinetto che si estendeva - lo ricordo - dalla zona Fiera del mare, a levante della città, ad un arco di territorio circoscritto da un confine più o meno coincidente con la viabilità della cosiddetta circonvallazione a monte sino, a ponente, al confine territoriale della delegazione di Sampierdarena.
In questi ambiti, come era stato prefissato, non sono penetrate le frange più violente né si sono svolte al loro interno iniziative incompatibili con le misure di sicurezza in atto. Le cosiddette piazze tematiche, non interdette in area gialla al Genoa social forum, sono state scenario di manifestazioni di dissenso ampiamente tollerabili, sia pure con eccessi ed intemperanze.
Anche in tale caso è avvenuto ciò che sostanzialmente si era ipotizzato. Questa scelta, da qualche parte criticata perché apparentemente in contraddizione con limitazioni allo svolgimento di pubbliche manifestazioni statuite dal provvedimento prefettizio del 2 giugno, ancora oggi appare, in realtà, una scelta positiva poiché ha, in qualche modo, offerto spazi di visibilità elevata all'ala più moderata del movimento, sottraendola, anche fisicamente, a chi moderato non era.
L'ordinanza del questore del 12 luglio scorso disciplinava i servizi di ordine e sicurezza pubblica per lo svolgimento delle manifestazioni di dissenso di cui allora si aveva notizia. Quelle disposizioni tenevano conto delle notizie disponibili in ordine alle iniziative del Genoa social forum e di altri promotori che avevano formalizzato preavvisi nei giorni precedenti e dei quali il mio ufficio aveva preso atto, avendoli ritenuti compatibili con la situazione generale della sicurezza pubblica.
Ciò che appariva evidente era la difficoltà che probabilmente gli stessi portavoce del movimento Genoa social forum avevano nel convogliare su una base di intesa comune le


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molteplici anime della protesta. Ne è testimonianza la continua modifica delle preavvisate modalità di effettuazione delle manifestazioni: sul punto voglio fornire elementi di maggiore dettaglio.
La manifestazione del giorno 19 luglio, il cosiddetto corteo dei migranti, svoltosi come noto senza incidenti, è stata formalmente preavvisata con nota del 4 luglio a firma dei promotori e successivamente modificata nel percorso con nota del 16 luglio. Non sarà sfuggito che l'ordinanza di servizio già citata, edita in data 12 luglio, riporta il vecchio percorso e dunque un dispositivo, poi modificato, con seguito di ordinanza, che naturalmente ho allegato alla documentazione prodotta.
Le manifestazioni del giorno 20 luglio sono state anch'esse preavvisate formalmente in data 4 luglio in termini assai generici ed assolutamente incompatibili con il dispositivo di sicurezza, preannunciando l'occupazione di piazze e l'effettuazione di cortei all'interno della zona rossa.
Il preavviso definitivo venne formalizzato con sostanziali modifiche in data 16 luglio. Questo è il motivo per cui nell'ordinanza principale si rinvia a successive disposizioni. Devo sottolineare questi passaggi perché - come dirò meglio in seguito - un profilo di censura del lavoro organizzato e curato dalla questura di Genova ha messo l'accento anche sull'asserito ritardo nell'emanazione delle direttive afferenti le manifestazioni di protesta del giorno 20 luglio. È una critica che non tiene nella dovuta considerazione tali elementi di valutazione forse frettolosamente trascurati.
Anche il «corteo internazionale» del 21 luglio ha avuto una maturazione complessa e sofferta ma, a differenza delle


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iniziative dei giorni precedenti, rispetto al preavviso formale prodotto il 4 luglio, non ci sono state successive variazioni sul percorso.
In riferimento a questi preavvisi, definiti con le modalità cronologiche indicate, in qualità di autorità provinciale di pubblica sicurezza avviavo l'istruttoria per la valutazione delle compatibilità del diritto a manifestare costituzionalmente garantito con le esigenza di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, valore suscettibile di analoghe garanzie.
Naturalmente, in questa fase, vi è stata piena concertazione - come è ovvio che fosse - sia con il prefetto di Genova sia con il dipartimento della pubblica sicurezza, nella persona del vice capo vicario della polizia, prefetto Andreassi, presenti in questura, trattandosi di scelte di rilevanza tale che non potevano non maturare in un ambito ultraprovinciale.
In relazione alla preavvisata iniziativa del giorno 19 luglio, il cosiddetto corteo dei migranti, si riteneva di non dover adottare alcuna prescrizione o divieto, anche se il percorso proposto interessava, per buona parte, la zona gialla sulla quale insisteva già il divieto generale indicato nel provvedimento prefettizio del 2 giugno.
Devo fornire sul punto qualche precisazione, ai fini di una corretta interpretazione, anche tecnico- giuridica, delle procedure seguite nel caso concreto. Il citato provvedimento prefettizio, nell'individuare i regimi di fruibilità della zona gialla, prevedeva genericamente un divieto di manifestazione di natura statica o dinamica, finalisticamente orientato ad evitare, come accennato, forme di accerchiamento che rendessero impraticabile l'intera zona circostante l'area di massima sicurezza.
Naturalmente, sotto il profilo strettamente giuridico, il divieto doveva poi trovare una specifica tecnica, a fronte di un


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preavviso di manifestazione che interessasse quella zona, in un provvedimento del questore che necessariamente attualizzasse la motivazione del diniego, valutando in concreto le ragioni di ordine e sicurezza pubblica preponderanti rispetto al diritto di manifestare e che non fossero un generico e tautologico richiamo alla previsione contenuta nel provvedimento prefettizio. Residuava, in altri termini, un momento discrezionale nella competenza del questore.
Fatte le debite valutazioni, sempre di concerto con i referenti istituzionali già citati, e ritenuto che nella giornata del 19 luglio non vi era il problema della concomitanza dei lavori del vertice, iniziato il giorno successivo, si decideva di non adottare alcun divieto o prescrizione. Viceversa, per le manifestazioni preavvisate per la data del 20 luglio, al termine di una non facile riflessione avviata a tutti livelli e supportata da considerazioni tecniche di opportunità che recepivano anche precise indicazioni fornite dal capo della Polizia, anch'egli interlocutore, come già ricordato, degli esponenti del movimento, adottavo due provvedimenti, ai sensi dell'articolo 18, comma 4, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Il primo, recante la data del 17 luglio, prende atto del preavviso presentato dall'organizzazione sindacale CUB per un corteo da svolgersi alle ore 14 del giorno 20 luglio e ne prescrive il termine del percorso in piazza Di Negro. Il secondo provvedimento, recante la data del 19 luglio, prende atto del preavviso dei referenti del Genoa social forum per l'occupazione dalle ore 6 alle ore 24 del 20 luglio di nove piazze del centro cittadino per manifestazioni stanziali di accerchiamento della zona rossa e per lo svolgimento di un corteo senza precisa indicazione di orario, con partenza da corso Gastaldi ed arrivo in piazza De Ferrari all'interno della zona rossa e vieta l'occupazione delle piazze indicate e delle aree limitrofe,


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tranne piazza Dante, piazza Carignano, piazza Manin, piazza Villa, piazza dello Zerbino e piazza Paolo da Novi: in pratica la prosecuzione del corteo del Genoa social forum oltre piazza Verdi. Non è stato un corteo autorizzato, bensì si è trattato di una massa di manifestanti che si sono concentrati a circa seicento metri da piazza Verdi; per questa ragione, il dispositivo della mia ordinanza vietava l'occupazione di piazza Verdi.
Sulla base di tali provvedimenti veniva redatta l'ordinanza di servizio del 19 luglio contenente la disciplina dei servizi di ordine e sicurezza pubblica del giorno 20 luglio, disposta per tutti i prefigurati scenari della protesta.
Fin qui ho descritto sommariamente le diverse fasi organizzative, poi recepite in atti formali. Mi corre l'obbligo, nel prosieguo, di fornire qualche approfondimento su alcuni aspetti particolari e naturalmente su alcuni episodi poi verificatisi nella fase realizzativa di tale pianificazione, cercando in qualche modo di offrire già una qualche risposta ai molteplici quesiti formulati in questa sede ad altri referenti qualificati dell'amministrazione dell'interno.
Il dispositivo posto in essere era frutto di una complessa e non facile istruttoria, condotta per diversi giorni attraverso diverse riunioni svoltesi alla presenza del vice capo della polizia, prefetto Andreassi, e di altri referenti qualificati delle direzioni centrali del dipartimento, segnatamente la direzione centrale per la polizia di prevenzione e la direzione centrale della polizia criminale, coinvolte, a diverso titolo, nell'organizzazione dei servizi. Obiettivo di dette riunioni era quello di mettere sul tappeto tutte le informazioni disponibili che affluivano attraverso i canali informativi istituzionali al fine di confrontare, dalle diverse angolature, le idee e le proposte sulle modalità di gestione dei servizi di ordine pubblico sul territorio.


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Questa attività non si è mai interrotta ed ha evidentemente orientato le scelte finali, tradotte, come di regola, nell'ordinanza del questore. Anche in relazione alla disciplina dei servizi del giorno 20 luglio, il confronto allargato, cui ho fatto cenno, ha inciso sull'assetto organizzativo dei reparti sul territorio, esattamente per effetto di alcune notizie afferenti possibili strategie che diversi gruppi del dissenso avrebbero posto in essere e che mi ha determinato a correggere la pianificazione elaborata.
Sulla pianificazione dei servizi del giorno 21 luglio, in occasione del corteo internazionale, ha inciso invece, in misura determinante, la correzione, necessitata dall'episodio della morte del manifestante Carlo Giuliani, circa l'impiego dei reparti dell'Arma dei carabinieri. Vorrei ricordare che nella serata del 20 luglio ho dovuto dare esecuzione a questa precisa e condivisibile direttiva, sostituendo ai contingenti dell'Arma dei carabinieri, impegnati nell'azione di vigilanza sul corteo, altrettanti contingenti della Polizia di Stato.
Purtroppo, nei giudizi riportati dagli organi di informazione, anche sulla scorta delle prime indiscrezioni trapelate in merito all'indagine ispettiva, si è parlato di carenze organizzative, anche in relazione a tale modalità di pianificazione.
Devo respingere tale rilievo: in parte, perché chi ha esperienza di manifestazioni di tale complessità sa bene quali continue modifiche e variazioni debbano essere apportate alla pianificazione dei servizi ed anche, naturalmente a servizi in corso, per effetto di un flusso continuo di informazioni e dunque di elementi nuovi di valutazione che portano a correggere, per una maggiore efficienza operativa, le scelte iniziali; in parte, perché è scorretto pensare che non vi sia stata alcuna pianificazione sino al giorno precedente l'evento.


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Al contrario, era da diverso tempo avviata una profonda riflessione in ordine alle strategie da adottare in piazza per contenere la minaccia costituita dai gruppi radicali.
È possibile che tali accorgimenti, adottati nell'imminenza dei servizi e, talvolta, anche per ragioni ineluttabili, abbiano influito negativamente sull'efficienza del dispositivo di contrasto; tuttavia, essi non sono stati sicuramente frutto di approssimazione e di superficialità.
In ordine ad un altro aspetto oggetto di critica, anch'esso già evidenziato in quest'aula, ritengo limitativo, nell'esame critico dei fatti, indicare nelle asserite carenze dell'apparato informativo e nella prevenzione in generale uno dei motivi principali della scarsa capacità di contrasto delle frange estreme violente.
Vorrei sottolineare, in primo luogo, che il fenomeno dei gruppi anarco-insurrezionalisti, o «blocco nero», per le modalità di azione che ha mostrato nella piazza, ha dato l'impressione di costituire non solo una realtà autonoma, bensì anche una frangia violenta e numericamente significativa, interna, sia pure ben mimetizzata, agli altri blocchi del dissenso.
In secondo luogo, l'attività informativa mi risulta, al contrario, essersi svolta in modo assai capillare e complesso, sia a livello locale sia a livello nazionale ed internazionale.
Ho già affermato che un'ottica «provinciale» dei problemi era assolutamente inadeguata; occorreva invece una visione complessiva sia dei soggetti intenzionati ad attentare alla sicurezza dei Capi di Stato e di Governo, sia delle organizzazioni e delle aree del dissenso nazionali ed internazionali, alcune delle quali si prefiggevano di impedire il vertice.
Occorreva inoltre un continuo scambio di informazioni con i servizi di sicurezza dei paesi che avrebbero partecipato al


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vertice ed era poi necessario, per il questore, recepire queste informazioni, valutarle e trasfonderle in disposizioni di servizio: la famosa ordinanza del 12 luglio.
Come riferito dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri, sin dal 16 novembre 2000 la strategia delle forze dell'ordine è stata oggetto di approfondite valutazioni da parte del comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica per individuare le possibili minacce alla sicurezza delle delegazioni, le misure di contrasto da adottare, nonché le forze necessarie allo scopo.
Parallelamente, presso la segreteria generale del CESIS, è stato costituito un gruppo di lavoro interforze per esaminare tutte le informazioni relative alla manifestazione.
Era chiaro che nella preparazione del piano di sicurezza al questore doveva essere fornito un costante, qualificato supporto. A questo fine, il capo della polizia ha inviato a Genova il suo vice, il quale, valutando con tempestività il progredire del lavoro e fornendo i suoi preziosi suggerimenti, è divenuto per il questore stesso un obbligato ed insostituibile punto di riferimento. Sempre al medesimo scopo, il capo della polizia ha poi inviato a Genova, in varie riprese, i massimi esponenti degli organismi specializzati di prevenzione e antiterrorismo e di polizia giudiziaria.
Nel periodo precedente al vertice sono state eseguite, su tutto il territorio nazionale, numerose perquisizioni domiciliari ed ispezioni locali. Ad esempio, tra il 16 e il 17 luglio, sono stati contestualmente perquisiti alcuni centri sociali di Torino, Genova, Padova, Firenze e Napoli.
Per fronteggiare le minacce terroristiche è stata attivata ogni forma di collaborazione con gli organi di polizia degli altri paesi e di tale compito è stato incaricato il direttore


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centrale della polizia di prevenzione, che si è più volte recato all'estero per il necessario scambio di dati e informazioni.
L'attività si è estesa al ripristino dei controlli di frontiera, ai sensi della Convenzione applicativa dell'accordo di Schengen; sono stati riattivati i valichi di frontiera e rinforzati gli uffici di frontiera. Ciò ha consentito di effettuare 140 mila controlli circa e respingere dalla frontiera più di 2 mila persone: non sappiamo cosa sarebbe accaduto se queste 2 mila persone avessero raggiunto Genova ed avessero potuto partecipare ai disordini.
Sono stati attivati servizi per la prevenzione di azioni di disturbo ai sistemi di comunicazione e di interferenze ai 132 ripetitori televisivi liguri, con la collaborazione del Ministero delle comunicazioni, che ha messo a disposizione attrezzature e personale specializzato.
Sul piano locale, la questura di Genova ha proceduto, nel periodo immediatamente precedente allo svolgimento del vertice G8, ad una approfondita attività di prevenzione, concretizzatasi nei sottoelencati servizi.
A partire dal 20 giugno e fino ai giorni immediatamente precedenti la manifestazione, sono state controllate 291 strutture alberghiere di prima, seconda e terza categoria, nel capoluogo e nella provincia di Genova. Si è proceduto al controllo di 14 armerie site in Genova e nei comuni di Lavagna, Chiavari, Rapallo e Recco. Dal 22 giugno sono stati controllati e costantemente monitorati 10 autonoleggi operativi in Genova e nei comuni della provincia. Dal 3 al 10 luglio si è proceduto al controllo di 119 negozi di ferramenta presenti in Genova e nei comuni della provincia. Nel mese di luglio sono stati controllati 35 campeggi ubicati nel territorio provinciale. Nello stesso periodo, sono stati controllati, da Genova fino alla provincia di La Spezia, 9 centri di agriturismo.


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Ancora in luglio e fino ai giorni immediatamente precedenti al vertice, si è infine proceduto al controllo di 28 negozi di materiale antinfortunistico, operanti in Genova e nei comuni di Chiavari, Rapallo, Casella ed Arenzano.
Sotto il profilo più strettamente investigativo, sono state effettuate, sempre in ambito locale, 24 intercettazioni telefoniche e ambientali, 2 intercettazioni di posta elettronica, 123 perquisizioni domiciliari ai sensi dell'articolo 41 e dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152, tra cui quelle dei centri sociali Immensa, Pinelli (due volte) dello stadio Carlini e dello stadio di via dei Ciclamini.
Nei giorni del vertice, infine, in questura è stata costituita una sala operativa internazionale, in modo da assicurare la costante collaborazione di funzionari degli organi di polizia estera con le autorità italiane.
In sintesi, nel contesto di un evento internazionale così importante e complesso, in cui lo stesso dipartimento della pubblica sicurezza ha espresso - e non poteva essere altrimenti - il massimo sforzo possibile, proponendo iniziative, preventivamente valutando ed approvando tutte le decisioni del questore, mi pare difficile sostenere, anche in quest'ambito, che vi siano state carenze organizzative. Probabilmente, sul piano squisitamente preventivo, si è avuto un risultato inferiore a quello stimato, ma non è detto che ciò sia necessariamente attribuibile ad un deficit di organizzazione o di preparazione dell'evento.
Al contrario, io credo che le strategie vi fossero, ed anche assai ben articolate, puntualmente trasfuse nell'ordinanza del questore del 12 luglio ed in tutte quelle successive che vi sono state consegnate in copia.
Voglio dedicare qualche riflessione al fronte della protesta, non certo per fornire analisi teoriche, che forse altri più di me


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sono in grado di fornire, ma semplicemente per mettere a vostra disposizione il frutto della concreta esperienza di lavoro e forse anche per dimostrare, se possibile, che esistevano oggettive difficoltà di contrasto all'azione violenta di alcuni manifestanti.
In base all'attività di intelligence svolta, l'area antagonista è stata suddivisa in diversi gruppi, in relazione alle diverse caratteristiche ideologiche e di comportamento.
È emersa una grande varietà delle strategie di protesta, dalla manifestazione pacifica alla resistenza passiva, dalla pianificazione di azioni violente fino alla violazione della zona rossa allo scopo di impedire le manifestazioni ufficiali.
Obiettivi dichiarati delle azioni violente erano le installazioni di sistemi di telecomunicazione televisiva, le sedi di partito, gli organi di stampa, le amministrazioni pubbliche, le banche ed associazioni varie.
Le analisi dei servizi di informazione si incentrano sul blocco nero, valutato in circa 500 italiani e 2 mila stranieri. Tuttavia, a Genova i disordini non possono essere attribuiti solo all'azione dei black bloc, ma vedono coinvolto un elevato numero di manifestanti appartenenti a gruppi differenti. In estrema sintesi, la storia delle tute nere è contenuta nella sentenza con la quale il tribunale del riesame di Genova ha respinto le istanze di scarcerazione, presentate da dieci manifestanti tedesche. Nel documento sono sintetizzate anche le modalità d'azione del movimento, organizzazione armata e senza ordine gerarchico. Il black bloc, blocco nero - recita il provvedimento giudiziario - è un'associazione armata, costituita da individui o gruppi affini, che si raggruppano in modo spontaneo, organizzato in un certo momento, in occasione di manifestazioni o di azioni politiche; vestono generalmente di


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nero e portano una maschera, un fazzoletto, un passamontagna. Riunite, queste differenti persone formano un blocco nero.
Hanno manifestato per la prima volta negli Stati Uniti in occasione della guerra del Golfo del 1991, ma solo nel 1999 si sono imposti alla scena mondiale. A Seattle attaccarono e distrussero i simboli della globalizzazione; nella circostanza, tale azione durò per oltre cinque ore, consistendo nello sfondamento delle porte, delle vetrine e di tutte le vetrate, nonché nella devastazione delle lussuose facciate dei megastore delle multinazionali e delle sedi delle aziende o delle banche.
Pur in assenza di un capo e di una struttura gerarchica, coloro che si riconoscono nell'organizzazione dei black bloc, riuniti per gruppi omogenei di persone legate da vincoli di conoscenza o di amicizia, in occasione degli eventi politici che l'organizzazione riconosce preventivamente, si riuniscono dando vita a quelle unità operative che sono state viste in azione a Genova.
Venendo all'analisi dei fatti di Genova, sono emerse varie «anime» all'interno dell'area antagonista in cui si è tentato di far coesistere componenti pacifiche con altre di tipo estremista o, peggio, eversive. In particolare, si sono avute sia dichiarazioni di volontà di alcuni gruppi di impedire il vertice, sia azioni particolarmente violente di professionisti della guerriglia. Ad esempio, la mattina del 20 luglio, in più punti della zona del Levante sono partite contemporaneamente azioni di distruzione generalizzata ed indistinta e vere e proprie operazioni di guerriglia urbana, con attacchi alle forze dell'ordine di gravità inusitata da parte del gruppo anarchico-insurrezionale, che ha utilizzato la massa d'urto di un corteo disposto ad affrontare i reparti di polizia pur di violare l'area interdetta. Basti pensare all'episodio in cui ha trovato la morte


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Carlo Giuliani: si è trattato di una pesante e violenta aggressione, un tentativo di linciaggio verso i carabinieri messo in atto non dalle tute nere, ma da gruppi di manifestanti di altro tipo.
Evidentemente è molto difficile individuare preventivamente gli appartenenti al blocco nero che si spostano in forma anonima e compaiono con i segni distintivi del movimento solo in occasione degli scontri di piazza, favoriti anche dall'appoggio di altre frange di manifestanti asseritamente meno violente.
È stato osservato che a Genova la polizia non avrebbe attuato quelle azioni di prevenzione finalizzate ad isolare i violenti dai manifestanti pacifici. Al riguardo, è stato giustamente portato ad esempio il caso di accordi tra forze di polizia e promotori di manifestazioni che in passato hanno sempre consentito di isolare i violenti al fondo dei cortei, in modo da rendere loro impossibile ogni azione di disturbo o di danneggiamento.
Sottolineo che ciò avveniva ed avviene a seguito di accordi tra le forze di polizia e i promotori della manifestazione. Per raggiungere un accordo occorre la concorde volontà delle parti e, in quella circostanza, il Genoa social forum aveva ripetutamente dichiarato di non essere in grado di isolare i violenti ed aveva anche dimostrato di non essere neppure in grado di riconoscerli. Da parte del Genoa social forum non è pervenuta alle forze di polizia una sola denuncia, una sola dichiarazione, una sola indicazione che consentisse di identificare fisicamente gli autori di atti di violenza o i promotori di azioni violente.
Eravamo tutti ben consapevoli di questa difficoltà, come emerge anche dall'incontro di servizio del 12 aprile in prefettura, durante il quale si analizzò una prima richiesta del movimento Genoa social forum per l'effettuazione della manifestazione di dissenso del giorno 20 luglio. Cito testualmente


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il verbale: «Sotto questo profilo non è quindi tanto importante la contemporaneità degli eventi quanto piuttosto l'appesantimento delle attività delle forze dell'ordine che devono tendere ad impedire che si inseriscano nelle manifestazioni pacifiche elementi portatori di violenza che debbono essere discriminati; discriminazione che appare profilarsi più complicata se si dà ascolto ai segnali da più parti provenienti che fanno supporre che i movimenti che hanno dato luogo negli ultimi tempi ad atti vandalici o violenti stiano pensando di modificare le loro strategie. Intenderebbero, infatti, abbandonare gli usuali mascheramenti per confondersi in tal modo con gli altri manifestanti e rendere quindi nei fatti molto più difficile per le forze dell'ordine operare lo screening senza possedere elementi identificativi». Sempre nel medesimo incontro di servizio del 12 aprile tutti convenivamo sul fatto che sembrava quasi un complessivo e articolato programma di iniziative collocate a scacchiera sul territorio cittadino in punti strategici che corrispondeva ad un disegno minuziosamente studiato per paralizzare sia la capacità operativa delle forze dell'ordine sia la mobilità delle delegazioni governative.
Quanto allora ipotizzato si è puntualmente verificato con una particolarità: ogni volta che la questura di Genova ha cercato di avviare qualche forma di dialogo per tentare di isolare i violenti ha sempre dovuto trovare interlocutori diversi dal Genoa social forum.
Sia venerdì 20 sia sabato 21 luglio abbiamo tentato in ogni maniera di isolare i violenti dai manifestanti pacifici in modi differenti, essendo chiaro che tentare di isolare qualcuno all'interno di un corteo è cosa ben diversa dal tenere separati gruppi che non si muovono in corteo.
Il preavviso di manifestazione per il giorno 20 presentato dal Genoa social forum e consistente, come detto, nell'occupazione


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di una serie di piazze, alcune delle quali poste all'interno della zona gialla, era complessivo, nel senso che il Genoa social forum non indicava in quale modo le diverse componenti (si rammenti che il Genoa social forum comprendeva circa 800 sigle, anche molto diverse tra loro) si sarebbero suddivise le piazze.
Lo ripeto perché è importante capire le difficoltà che abbiamo incontrato: il Genoa social forum non ha saputo o voluto indicarci come sarebbe avvenuta la suddivisione delle piazze. Cito a questo riguardo un articolo apparso sul quotidiano la Repubblica: «Un muro di container circonda piazza Verdi, il grande quadrilatero fra la stazione Brignole e piazza Dante e l'imboccatura inferiore di via XX Settembre. Proprio qui, dove hanno intenzione di arrivare le tute bianche con il loro corteo non autorizzato dal questore per provare ad invadere la zona rossa, la polizia ha giocato di anticipo. E nella notte ha piazzato decine e decine di container per sbarrare la strada ai dimostranti. Così è stato eretto un impressionante muraglione di cassoni colorati su due file e a doppia altezza, praticamente invalicabile. Adesso tutti gli accessi alla piazza sono stati chiusi, restano solo stretti varchi a Levante: gli sbocchi di via Canevari, via Tolemaide e corso Buenos Aires (...). Per quanto riguarda gli anarchici, le forze dell'ordine avevano circondato il centro sociale Pinelli dove erano riuniti. Sembrava che non volessero consentire l'uscita dei contestatori, ma alla fine dopo una trattativa è stato dato il via libera».
Il giornalista ha ben descritto ciò che è accaduto durante la notte: abbiamo piazzato decine di container e abbiamo tentato di ritardare - non di impedire, il che non sarebbe stato consentito - l'arrivo in piazza di coloro che si ritenevano più vicini alle frange violente. Il motivo di tutto ciò è molto semplice: nonostante l'atteggiamento quasi omertoso del Genoa


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social forum, avevamo potuto sapere che in piazza Paolo Da Novi si sarebbero probabilmente riuniti gli aderenti al network - attenzione: non il black bloc - ed avevamo appreso dell'intenzione delle tute bianche di tentare, alle ore 8, un attacco nella zona rossa transitando da via Tolemaide a piazza Verdi. Ci era stata riferita, infine, l'intenzione del network di infiltrarsi nel corteo delle tute bianche per effettuare azioni violente.
Grazie a queste informazioni abbiamo, anzitutto, disposto decine di container non certo per bloccare le tute bianche, ma per tenerle separate dal network. Contemporaneamente, abbiamo effettuato alcuni interventi nei punti di ritrovo per ritardare l'uscita di alcuni gruppi e fare in modo che le tute bianche potessero raggiungere da sole piazza Verdi. Perché tutto ciò? Fino ad oggi le tute bianche, quando hanno agito da sole, hanno perseguito i loro obiettivi senza distruzione né danni alle persone e, quindi, sarebbe stato possibile contrastarle senza necessità di cariche né di uso di lacrimogeni.
Purtroppo, le cose sono andate ben diversamente: in piazza Paolo Da Novi oltre al network si sono concentrati anche altri gruppi più violenti, mentre le tute bianche si sono presentate molto più tardi in piazza Verdi con un corteo in cui erano infiltrate frange più violente che hanno iniziato subito l'attacco alle forze dell'ordine.
Questa vicenda trova riscontro anche in un comunicato, apparso su Internet, dal titolo «Genova, black bloc e il resto». Un altro punto di critica del black bloc riguarda il fatto che venerdì, appena iniziato il corteo, si è subito partiti attaccando poliziotti e proprietà e questo fatto ha comportato che il black bloc si spaccasse in due parti: una è andata a nord e l'altra a sud con i Cobas.


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Quando, in circostanze diverse, si è trattato di intervenire su gruppi violenti frammisti ad altri gruppi, ci siamo sempre trovati di fronte ad una totale non collaborazione. Cito ancora l'articolo «Anarchici scatenanti, scontri e feriti» de la Repubblica: «Altro momento di tensione in piazza Manin dove i pacifisti del Genoa social forum provano a creare un cuscinetto umano tra il black bloc e la polizia. La tattica, però, non riesce e le forze dell'ordine caricano nel mucchio colpendo anche la parlamentare di Rifondazione comunista, Elettra Deiana, che resta ferita».
Un articolo de la Repubblicanon è certo un testo sacro, ma, senza entrare nel merito circa l'opportunità o meno della carica, mi chiedo: «creare un cuscinetto umano tra il black bloc e la polizia» non significa forse frapporsi per tentare di impedire alla polizia di intervenire?
Situazioni come queste si sono ripetute anche il giorno 21 durante il corteo e se ne trova traccia nelle relazioni di servizio dei funzionari che sono a disposizione del Comitato. Solo da lì, infatti, si può conoscere il grande lavoro svolto dai funzionari e da tutto il personale impegnato in quelle giornate massacranti di servizio per l'ordine pubblico a Genova, e che in questa circostanza mi corre l'obbligo, ancora una volta, di ringraziare.
Ho cercato di dimostrare che la questura di Genova ha attivato ogni possibile azione di isolamento dei gruppi violenti. Non mi risulta che il Genoa social forum abbia mai collaborato con le forze dell'ordine per isolare i gruppi che entravano e uscivano dai cortei per le loro azioni di guerriglia, né mi risulta che i partecipanti non violenti abbiano mai denunciato qualcuno dei componenti dei gruppi organizzati di guerriglia.
Vi è di più: si è anche detto che i violenti occultati all'interno dei cortei potevano essere facilmente individuati. Le


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cose stanno in modo diverso. Nel periodo precedente il vertice su Internet venivano forniti, anche dalle tute bianche, consigli per la creazione di caschi, scudi in plastica, bardature, eccetera. Vi erano istruzioni per raggiungere Genova dall'estero evitando i controlli: si suggeriva di viaggiare in treno ed in piccoli gruppi, senza utilizzare gli autobus per evitare di essere respinti alla frontiera, e di inventare storie di copertura (addetti stampa, turisti, eccetera).
La giornata di venerdì è stata caratterizzata da una forte aggressività, da molti attacchi dei manifestanti contro le forze dell'ordine e l'equipaggiamento dei soggetti più violenti era quello descritto. Esso infatti comprendeva: passamontagna per coprire il volto, caschi, scudi, protezioni per il corpo e maschere antigas. Le storie di copertura, poi, sono state ampiamente utilizzate anche davanti alla magistratura. Dunque, la differenza tra i gruppi non era così evidente e l'identificazione meno immediata di quanto si pensi.
A questo riguardo mi soccorrono e vanno condivise le motivazioni del tribunale del riesame di Genova. Dal fatto che gli appartenenti ad un gruppo siano vestiti di nero non è possibile - ha sostenuto quell'organo giudiziario - far discendere la loro appartenenza ad un'associazione per delinquere, finalizzata alla devastazione (il black bloc); neppure il fatto che alcuni abbiano subìto lesioni dimostra la partecipazione a scontri con le forze dell'ordine. Infine, il trasporto su un furgone di una mazzetta da muratore, di assi di legno, fionde ed altri oggetti utilizzabili contro le forze dell'ordine può trovare giustificazione in attività perfettamente lecite.
Un'ultima precisazione. È stato chiesto per quale motivo le forze dell'ordine non siano riuscite a sorprendere in flagranza i soggetti che hanno compiuto le azioni di distruzione e di violenza. La risposta è che le forze dell'ordine sono attrezzate


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per garantire l'ordine pubblico, cioè per affrontare situazioni di dissenso, anche pesante, in cui chi contesta ha comunque un obiettivo da raggiungere: occupare una sede stradale, una fabbrica, magari colpendo le forze di polizia medesime. Qui la distruzione ed il danneggiamento erano fini a se stessi: noi proteggevamo una agenzia di banca mentre un gruppo colpiva un esercizio commerciale o un distributore di benzina ed altri incendiavano l'utilitaria di una pensionata.
Questo comportamento ha una sua base ideologica di cui vi è cenno, ad esempio, nel comunicato n. 30 di una sezione del blocco nero, la fonte è sempre Internet, che intendo citare: «Quando rompiamo una vetrina noi aspiriamo a distruggere la sottile maschera di legittimità che circonda i diritti di proprietà».
Non si è trattato di ordine pubblico, ma di cieca guerriglia urbana e contro tale offesa è stato predisposto un dispositivo che ha presentato, forse, alcune lacune. Forse non avevamo la preparazione necessaria per contrastare azioni di guerriglia, anche se ancora oggi mi chiedo quale possa essere la strategia giusta per contrastare queste forme di indiscriminata violenza e distruzione e se questo possa avvenire con l'impiego di reparti che avrebbero, come naturale compito, la tutela di una pacifica - ripeto, pacifica - manifestazione del pensiero. La polizia non ama la guerriglia urbana, che male si accorda con le sue tattiche militari, che invece postulano soluzioni lente, immobili e prevedibili per poter dispiegare la sua forza di controllo pachidermica e il suo ordine gerarchico pianificato, citato nella sentenza del tribunale del riesame di Genova n. 698 del 2001.
Del resto, per avere una migliore comprensione della vicenda si può leggere il resoconto delle giornate di Seattle su un sito Internet del black bloc: la maggior parte di noi del


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blocco ha evitato feriti pesanti rimanendo costantemente in movimento, cercando di evitare lo scontro frontale con la polizia. Stavamo stretti ed ognuno guardava le spalle dell'altro. Quelli attaccati dai federali sono sfuggiti all'arresto grazie alla velocità di reazione ed all'organizzazione dei membri del black bloc. Il senso di solidarietà è stato imponente.
Si è da più parti detto che le condizioni di guerriglia, create da criminali violenti e facinorosi, hanno, in alcuni casi, determinato un eccesso nell'uso della forza. Si è anche sostenuto che vi sarebbero centinaia di foto, di immagini televisive, eccetera, che rappresentano poliziotti, carabinieri e finanzieri che pestano sistematicamente partecipanti al corteo. Su tale punto ritengo si debba fare estrema chiarezza e porre fine ad un processo di criminalizzazione delle forze di polizia che sembra essere in corso. A Genova, la stragrande maggioranza degli appartenenti alle forze di polizia si è comportata correttamente: nonostante l'eccezionalità della situazione, il personale in servizio ha mostrato coraggio ed abnegazione.
In relazione alla violenza inaudita degli attacchi subìti, tutti i reparti hanno fornito prova di preparazione professionale, spirito di sacrificio ed attaccamento alle istituzioni democratiche. Le frange violente dei contestatori, diverse migliaia, hanno condotto attacchi indiscriminati. Si è trattato di guerriglia accuratamente pianificata, con devastazione di cose pubbliche e private ed un particolare accanimento nei confronti delle forze dell'ordine.
I rinforzi consistevano in oltre 11 mila unità, escluse le Forze armate; in quel contesto, nel corso delle manifestazioni, sono emersi e sono stati portati all'attenzione degli ispettori ministeriali tredici episodi di violenza, di cui tre hanno riguardato l'Arma dei carabinieri, due la Guardia di finanza ed i rimanenti otto la Polizia di Stato. Quest'ultima, come si


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ricorderà, è stata la forza di polizia che ha quasi completamente sostenuto le situazioni di ordine pubblico del 21 luglio 2001.
I singoli episodi di violenza, che non sono mai giustificabili, possono trovare una chiave di lettura nel prolungato impiego in servizi particolarmente stressanti. A tale riguardo, vanno tenuti in conto due importanti aspetti: da un lato, l'impiego ininterrotto per diverse ore, seppur assolutamente necessitato in quelle circostanze, incide sulle condizioni psicofisiche degli operatori; dall'altro, i video non sempre riescono ad evidenziare le circostanze che possono risultare importanti. Ad esempio, un grave insulto o l'essere colpiti da un corpo contundente, non ripresi dalla telecamera, possono influire sui comportamenti successivi e sui giudizi che, a posteriori, vengono espressi.
Nessun atto trova giustificazione quando si concretizza in una violenza gratuita e sproporzionata alla gravità dell'offesa; il questore, qui nuovamente, si assume la responsabilità dei comportamenti degli appartenenti alle forze di polizia: Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, posti sotto la sua direzione per i servizi di ordine pubblico in occasione del vertice G8.
Vorrei fare ora qualche cenno alla struttura di Bolzaneto ed all'intervento presso la scuola Diaz. L'ordinanza del questore del 12 luglio 2001 prevedeva che la gestione e la trattazione delle persone fermate od arrestate dalla Polizia di Stato, dalla Guardia di finanza e dalla polizia municipale, in occasione di eventi connessi con il vertice G8, dovesse avvenire in una apposita struttura ubicata all'interno del reparto mobile di Genova Bolzaneto. Analogamente, per gli eventuali arrestati dell'Arma dei carabinieri, era stata attrezzata idonea struttura all'interno della caserma di Forte San Giuliano.


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La scelta di Bolzaneto era stata attentamente valutata, oltre che in sede ministeriale, anche nel corso di un apposito comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 12 giugno 2001 esteso alla partecipazione dell'autorità giudiziaria. Nella circostanza, si decise, tra l'altro, che sarebbero stati istituiti un ufficio matricola ed un ufficio sanitario sia a Bolzaneto sia, per le persone arrestate dall'Arma dei carabinieri, a Forte San Giuliano; si decise altresì che gli arrestati sarebbero stati trasferiti, poi, nelle strutture carcerarie ubicate nelle province di Pavia e di Alessandria.
La localizzazione doveva rispondere ad esigenze sia di funzionalità sia di sicurezza; per questo, si è optato per la sede del VI reparto mobile, che si trova in posizione decentrata e lontana dai luoghi previsti per le manifestazioni. Per rendere la struttura conforme alla nuova destinazione, vennero effettuati ingenti lavori; furono realizzate celle prive di arredi, pulite, ampie e ben areate, ognuna con una capacità di circa venti persone, seguendo anche le indicazioni tecniche fornite dall'amministrazione penitenziaria.
La trattazione degli atti di polizia giudiziaria avveniva in sette postazioni, ognuna affidata ad un ufficiale e ad un sergente di polizia giudiziaria della questura. Un funzionario della Polizia di Stato era presente permanentemente a Bolzaneto per sovrintendere a quella attività; accanto, vi era un'altra struttura dotata di tutta la strumentazione di pertinenza della polizia scientifica necessaria per il fotosegnalamento.
Un'ala intera è stata, invece, riservata alla polizia giudiziaria, anche qui presidiata durante tutto il periodo che da un ufficiale del Corpo per l'immatricolazione e l'immediata traduzione in carcere delle persone arrestate. Quest'ala costituiva, anche dal punto di vista giuridico, una vera e propria sezione


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distaccata della casa circondariale; comprendeva anche infermeria e relativo personale medico e paramedico ed è stata temporaneamente assunta in carico dalla polizia giudiziaria con decreto del ministro della giustizia.
La persona fermata veniva trattata a ciclo completo presso il reparto mobile, dal verbale di arresto o fermo alla fotosegnalazione, alla immatricolazione e presa in carico da parte della polizia penitenziaria fino al trasferimento alla casa circondariale. In altri termini, la consegna alla polizia penitenziaria, all'interno della struttura di Bolzaneto, equivaleva, dal punto di vista giuridico, alla traduzione in carcere. In tale ottica, infatti, la polizia penitenziaria aveva costituito, ivi, un regolare ufficio matricola. Le persone fermate, prima di accedere alle camere di sicurezza, venivano visitate dal medico della polizia penitenziaria, il quale effettuava una nuova visita al momento della consegna dell'arrestato per l'immatricolazione.
Oltre alle valutazioni sin qui offerte in ordine all'organizzazione dell'attività presso la struttura di Bolzaneto, non ritengo di dover scendere nel merito di episodi sui quali verte l'accertamento giudiziario in atto, atteso che dalle relazioni prodotte dal personale e dai funzionari colà in servizio - come già detto, un funzionario fisso, per il coordinamento, cui si aggiungevano altri due o tre funzionari alternantisi nei vari turni, era sempre presente nella struttura di Bolzaneto - non risultano, in alcun modo, episodi di abuso quali quelli riportati dagli organi di stampa. Devo soltanto sottolineare che, anche in tal caso, le censure mosse, in sede ispettiva, in ordine ad una asserita disorganizzazione delle attività di trattazione dei fermati, non trovano precisi riscontri; l'attività è stata analiticamente pianificata in tutti i suoi aspetti, anche, come detto, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza


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pubblica. Se ritardi vi sono stati nella materiale trattazione, ciò è attribuibile alla situazione oggettiva che ha determinato, in certi momenti, il contemporaneo afflusso di una pluralità di persone fermate nel corso degli scontri di piazza.
Per quanto attiene alla disamina dell'attività di polizia giudiziaria, svolta nella serata del giorno 21 luglio, presso la scuola Diaz di via Cesare Battisti, pur essendo materia di approfonditi accertamenti in atto da parte della magistratura inquirente, ritengo doveroso riferire al comitato informazioni relative alla fase organizzativa pregressa, alla quale ho preso parte con le modalità che cercherò sinteticamente di illustrare.
Alle ore 22.20 circa del 21 luglio venivo informato che, mentre transitavano in via Cesare Battisti al comando di un funzionario della squadra mobile di Roma, alcune pattuglie miste della «mobile» e DIGOS (Divisione investigazioni generali e operazioni speciali) erano state oggetto di una aggressione con lanci di pietre e bottiglie nonché a mezzo di calci inferti alle auto, un'aggressione messa in atto da più di cento persone, molte delle quali vestite di nero. Nella circostanza nel mio ufficio erano presenti, tra gli altri, il vicecapo vicario della polizia, prefetto Andreassi, il direttore centrale della polizia di prevenzione, prefetto La Barbera, il dirigente superiore Luperi, il dirigente superiore Gratteri, direttore del servizio centrale operativo.
Il dirigente della DIGOS fece subito presente che in via Cesare Battisti vi erano degli studi scolastici concessi al Genoa social forum da comune e provincia per insediarvi il centro stampa: nella circostanza si ritenne utile incaricarlo di compiere un attento sopralluogo. Successivamente, il medesimo dirigente ritornato nel mio ufficio riferiva di aver notato la presenza isolata, all'esterno della scuola, di alcuni ragazzi che osservavano con attenzione, quasi fossero sentinelle, il movimento


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di persone; inoltre, aggiungeva che tra le due scuole in via Cesare Battisti si notava chiaramente la presenza di almeno centocinquanta persone, molte vestite di nero. Veniva, quindi, chiesto al funzionario di interloquire con i referenti del Genoa social forum per verificare chi effettivamente occupasse la scuola Diaz.
Gli esponenti del Genoa social forum contattati riferivano che per la confusione in atto - conseguente alla partenza di ventisei treni speciali, con migliaia e migliaia di persone che sciamavano per la città - si era, probabilmente, allentato il sistema di vigilanza e controllo sulle frequentazioni dei luoghi concessi al movimento e, quindi, non si poteva escludere la presenza di soggetti non graditi all'interno della scuola Diaz. Preso atto di queste informazioni, dopo una attenta riflessione condotta all'interno del mio ufficio con gli interlocutori già citati, si concertava di intervenire con una perquisizione ai sensi dell'articolo 41 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, da effettuarsi a cura della DIGOS e della squadra mobile. Si decideva, altresì, di supportare l'attività con l'impiego in ausilio di reparti inquadrati, ritenendosi altamente probabile una forma di resistenza attiva.
Un ufficiale di polizia giudiziaria forniva comunicazione preventiva al pubblico ministero ed io, personalmente, informavo il signor capo della Polizia e il prefetto di Genova. Nell'occasione fu anche valutata l'opportunità di richiedere l'intervento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dotato di cellule fotoelettriche e di un elicottero della Polizia di Stato. Alle ore 23 circa, all'interno della sala riunioni della questura, si svolse una riunione operativa cui presenziai insieme al prefetto La Barbera e nella quale ebbi modo di ribadire a tutti, come di consueto, la raccomandazione impartita a pagina 179 della mia ordinanza del 12 luglio di improntare l'attività alla


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massima moderazione, cautela e prudenza. Preciso di aver lasciato la riunione prima che fosse terminata la discussione sulle modalità operative dell'attività. Alle ore 23,30 l'operazione aveva inizio secondo modalità sulle quali ritengo non poter al momento fornire valutazione alcuna, trattandosi, come già sostenuto, di materia oggetto di approfondita indagine giudiziaria.
Aggiungo che circa un'ora dopo - a fronte delle notizie che si ricevevano dai funzionari sul posto tramite comunicazioni telefoniche e che riferivano di una situazione assai delicata per l'ordine e la sicurezza pubblica all'esterno dell'edificio scolastico - disponevo l'invio di ulteriori contingenti dell'Arma dei carabinieri, sotto la direzione del vicequestore vicario dottor Calesini, allo scopo di fronteggiare eventuali intemperanze verso il personale impegnato nell'operazione di polizia giudiziaria da parte di una folla di persone che si andava radunando sulla strada.
All'incirca alle ore 2,15 venivo telefonicamente informato che il vicequestore vicario e l'onorevole Mascia si accingevano ad entrare nella scuola Diaz per un sopralluogo congiunto, una volta terminata l'attività di perquisizione. Sin qui ho descritto i fatti dei quali ho avuto percezione diretta e ribadisco la volontà di astenermi da ulteriori considerazioni relative ad episodi che attengano alla fase realizzativa dell'attività e sui quali mi auguro si possa addivenire al più presto ad un completo chiarimento in sede giudiziaria.
Concludo il mio intervento, signor presidente, e resto a disposizione di questo Comitato per rispondere ad ogni ulteriore quesito che mi si vorrà rivolgere. Desidero esprimere i sensi del grande rispetto che nutro verso il provvedimento adottato nei miei confronti dal signor ministro dell'interno e, da uomo delle istituzioni, obbedisco. Vorrei però esprimere


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anche l'amarezza che provo di fronte alle conclusioni cui è pervenuta, nel breve volgere di pochi giorni, l'indagine ispettiva avviata sul mio operato e che ritengo abbia avuto anche la presunzione di giudicare frettolosamente e senza doveroso approfondimento la complessità di un lavoro che, sviluppatosi per un anno intero, avrebbe meritato valutazioni improntate a maggiore professionalità.
PRESIDENTE. La ringrazio, signor questore. Si può temporaneamente accomodare: i componenti il Comitato potranno ora, infatti, effettuare una pausa di riflessione.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 11,50.
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la senatrice Maria Claudia Ioannucci. Ne ha facoltà.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Signor presidente, ho visto tutta la documentazione presentata dal sindaco di Genova e dal presidente della provincia. Nella precedente audizione avevamo richiesto che venissero depositati tutti gli atti relativi alle delibere di consiglio, alle delibere di giunta, documenti che non trovo. Vorrei, pertanto, chiedere al presidente, se è di questa opinione, di rinnovare al presidente della provincia ed al sindaco l'invito a produrli.
Vorrei sapere inoltre se il presidente della provincia abbia presentato denuncia nei confronti dei soggetti a cui aveva affidato le scuole (ed avere quindi il relativo atto, ove vi sia), visto che dai documenti che ha depositato risultano devastazioni ed atti che sicuramente configurano dei reati.
Poiché dai documenti depositati risulta anche che il presidente della provincia, durante l'iter riguardante l'affidamento


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delle scuole, ha deciso autonomamente l'ampliamento delle aree da destinare al Genoa social forum, vorrei sapere se esistano atti con cui il presidente della provincia ha indicato alla questura o alla prefettura le nuove aree messe a disposizione del Genoa social forum. Ho letto, sempre nei documenti depositati, che la provincia aveva dato luogo ad interventi provvisionali per circa 300 milioni, al fine di «blindare» - diciamo così - la parte delle scuole che era stata concessa al Genoa social forum. Sappiamo che poi, invece, soggetti ignoti sono arrivati fino all'asilo dove hanno preso coltelli ed altre armi improprie, insieme ad altre armi proprie lasciate incustodite. Vorrei sapere, pertanto, se sia possibile avere l'elenco delle attività e degli interventi provvisionali attuati. Inoltre, dagli atti depositati dal prefetto risulta che le scuole dovevano essere consegnate ai rappresentanti del Genoa social forum; tali rappresentanti avrebbero dovuto essere indicati da quest'ultimo; tuttavia nei documenti depositati dal presidente della provincia non ho rinvenuto alcuna indicazione in tal senso da parte del Genoa social forum. Pertanto, vorrei sapere se vi siano atti o indicazioni da parte del Genoa social forum in merito ai suddetti soggetti o se, comunque, la provincia e il comune (le scuole erano sia della provincia sia del comune) abbiano svolto le dovute indagini per individuare i soggetti a cui dovevano essere consegnate queste aree.
Infine, veniamo ai danni subiti. Ho rilevato una certa contraddittorietà fra quanto aveva indicato in questa sede il sindaco e quanto, invece, rileva dai documenti depositati dal presidente della provincia. Il sindaco ci aveva detto che non vi erano stati danni ingenti, invece dal documento depositato dal presidente della provincia in data 9 agosto 2001 si parla di atti di vandalismo e di devastazione con ingentissimi danni. Solamente quelli alla scuola supererebbero i 500 milioni e di


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tutto questo veniva data comunicazione in quanto rilevato dal comune di Genova (senza contare l'asporto di materiali ed altri beni).
PRESIDENTE. Senatrice Ioannucci, la sua domanda è chiarissima. Lei chiede alla presidenza di fare un'ulteriore richiesta di chiarimento relativamente a quanto da lei rilevato.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Sì, perché vi è una contraddittorietà talmente palese da rendere necessarie ulteriori indicazioni.
PRESIDENTE. La ringrazio, senatrice Ioannucci. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il presidente Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. In primo luogo rilevo che molte risposte sono già contenute nella documentazione che ci è stata inviata dal questore di Genova ieri ed è sufficiente leggerla (sono cinque volumi).
In secondo luogo il sindaco non ha parlato di danni non ingenti, ma di altri aspetti e se la collega rileggesse il testo se ne accorgerebbe.
In terzo luogo, signor presidente, vorrei chiedere, tenuto conto del contingentamento dei tempi, se sia possibile che il questore risponda volta per volta alle domande, così da consentirci di avere un quadro più completo.
PRESIDENTE. Credo che siamo tutti d'accordo nel far formulare le domande e consentire subito dopo all'audito di rispondere.
MARCO BOATO. Credo che dovremmo affrontare questo tipo di argomenti durante la riunione dell'ufficio di presidenza,


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ma siccome se ne è già parlato in questa sede, e risulterà dal resoconto stenografico, vorrei che risultasse anche che nel dossier consegnatoci ieri dal presidente della provincia di Genova con data 20 agosto, insieme al materiale che ci ha inviato la dottoressa Marta Vincenzi, vi è la copia della denuncia presentata alla magistratura della provincia di Genova, relativa ai danni subiti. Nell'ambito del dossier vi è una denuncia presentata in data 9 agosto 2001 alla procura della Repubblica presso il tribunale di Genova: «Vertice G8 - Trasmissione della denuncia relativa ai danneggiamenti degli uffici provinciali».
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Ma allora la questione cambia totalmente...
PRESIDENTE. Senatrice Ioannucci, lei è stata abbastanza chiara. Il problema si pone esattamente in questi termini: i documenti della provincia, del sindaco e del questore sono pervenuti proprio in questi giorni. Pertanto, inviterei chi ha posto la questione a prendere visione dei nuovi documenti (oltre all'elenco si dovrebbero consultare anche gli allegati); probabilmente vi troverà talune risposte. Per quanto riguarda, invece, le richieste che lei intende presentare, dovrebbe cortesemente metterle per iscritto e presentarle al capogruppo, così che l'ufficio di presidenza, nella riunione di questa sera o in quella di giovedì prossimo, possa provvedere a colmare le eventuali lacune.
Circa la richiesta del presidente Violante, prendo atto che il Comitato intende procedere facendo rispondere l'audito ad ogni singola domanda.
FABRIZIO CICCHITTO. La mia prima domanda è la seguente: oggi, sul quotidiano il Giornale, compare un rapporto


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DIGOS (che, tra l'altro, auspicherei venisse acquisito dal Comitato) nel quale la ricostruzione ex post degli avvenimenti - e cioè la sostanziale inattendibilità del Genoa social forum che non rispondeva di quello che concordava - è raccontata in anteprima con il testo di intercettazioni telefoniche anche gravissime, perché mettono in evidenza la doppiezza della situazione (al punto che si diceva che la manifestazione del 19 doveva essere pacifica e quelle successive, invece, dovevano avere ben altro carattere). Questo rapporto della DIGOS noi lo leggiamo oggi. La mia domanda è la seguente: voi che lo avevate già letto, non avevate tratto conseguenze tali da indurre a svolgere un'azione più accentuatamente preventiva rispetto a quello che è avvenuto?
La seconda domanda è la seguente: il capo della Polizia ha sottolineato con vigore che la responsabilità della gestione dell'ordine pubblico a Genova era delle autorità locali, cioè del questore e del prefetto: qual è stata allora la vera linea di comando? Quali sono stati cioè la funzione e il ruolo del capo della Polizia Andreassi, del capo della divisione centrale di prevenzione La Barbera e del capo dello SCO Gratteri? Che rapporti avevano con lei? Erano semplici consulenti o davano ordini? Questo in riferimento alla situazione in generale, ma anche all'andamento della perquisizione della scuola Diaz, rispetto alla quale - se non sbaglio - lei ha citato il dottor La Barbera ma ricordo che dai giornali risultava fosse presente anche il dottor Andreassi. Lei ha usato l'espressione «si è deciso»: questa decisione è stata una decisione congiunta o è lei che se ne è assunte tutte le responsabilità?
Terza domanda: perché non sono stati perquisiti i violenti che, come tutti sapevano, erano accasermati allo stadio Carlini? Potevano essere bloccati fin dalla serata di giovedì 19 luglio o dalla mattina di venerdì 20 luglio?


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Tornando alla perquisizione della Diaz, chi ha dato l'ordine? Chi era il responsabile sul terreno? Perché non si è circondata la scuola e non si è atteso il mattino per procedere? Perché insieme agli specialisti del reparto mobile si sono fatti intervenire appartenenti a corpi investigativi come lo SCO e la DIGOS e perché poi non è avvenuto il coordinamento dell'investigazione con la repressione, per cui tutti i corpi di reato sono stati messi insieme nel famoso «fagotto» dove c'era un morto, con il conseguente annullamento di tutte le responsabilità che, come tutti sanno, sono individuali e non collettive.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Per quanto riguarda il rapporto che la DIGOS sta ora facendo, o ha già presentato all'autorità giudiziaria di Genova, non ne sono a conoscenza, cioè non l'ho letto direttamente perché, come lei sa, non sono più in servizio alla questura di Genova.
FABRIZIO CICCHITTO. Sembra che il rapporto della DIGOS sia precedente, tant'è che fa riferimento ad intercettazioni fatte tempo prima.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. So che è stato fatto questo rapporto DIGOS, l'ho letto anche sulla stampa. Tutto quello che stava succedendo era monitorato attraverso le nostre intercettazioni telefoniche.
FABRIZIO CICCHITTO. Nel rapporto DIGOS è scritto che sono state fatte intercettazioni telefoniche di colloqui di Casarini, con altri esponenti del Genoa social forum in cui addirittura si diceva che dovevano scendere in campo quelli del nord-est; che la manifestazione del 19 luglio doveva essere pacifica mentre ben altro avrebbe dovuto avvenire il 20 e il 21.


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Quindi si è trattato di intercettazioni telefoniche che mettono sul conto del Genoa social forum responsabilità gravissime e che una persona investita delle sue responsabilità avrebbe dovuto conoscere. Viceversa si è creata una situazione, come l'ha definita il presidente Bruno, di non organizzazione che ha determinato quegli accadimenti.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. No, onorevole. Io ero al corrente di quelle intercettazioni e conoscevo anche quello scenario. Sapevamo che il giorno 20 luglio sarebbe stato il più cruento e abbiamo cercato di adottare tutte le misure necessarie a fronteggiare il servizio d'ordine pubblico. Non a caso sono state fatte più riunioni presso la questura di Genova, alla presenza anche dei vertici del dipartimento e di altri funzionari che venivano da fuori, per dirigere il servizio di ordine pubblico in piazza e per delineare lo scenario che ci saremmo potuti trovare di fronte il giorno 20.
Ho inoltre appreso dalla stampa che la questura di Genova ha presentato un altro rapporto riassuntivo di tutta l'attività investigativa fatta a suo tempo da parte della stessa per contrastare, verificare e monitorare le intenzioni dei vari movimenti e come questi avrebbero manifestato sul territorio.
Sapevamo quindi che il giorno 20 luglio sarebbe stato un giorno difficile, forse più difficile degli altri due e chiaramente ci siamo attrezzati per poter garantire l'ordine pubblico di tale giornata ed ho già ben specificato nella mia relazione quale scenario ci siamo trovati di fronte. Ho anche detto che, ad un certo punto, era divenuto impossibile colloquiare con il Genoa social forum e che abbiamo colloquiato attraverso i referenti dipartimentali, con Casarini, il quale, pur facendo parte del Genoa social forum, ci dava indicazioni totalmente diverse da quelle del Genoa social forum stesso.


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Il giorno 20 il corteo (o meglio sarebbe dire l'ammasso di gente, perché a Genova non ci sono mai stati cortei, c'è stata un'occupazione del territorio da parte di decine e decine di migliaia di persone) non avrebbe dovuto superare piazza Verdi. Quando i manifestanti si sono radunati a 500, 600, 800 metri, non ricordo bene, da piazza Verdi noi avevamo posto come condizione che la stessa non doveva essere superata. Il Genoa social forum, o meglio Casarini, voleva poi fare la sceneggiata, come tante altre volte è stata fatta, per mettere in evidenza il suo operato, ma questi erano gli accordi sottintesi (io non conosco Casarini, ma so che ve ne erano tra i referenti dipartimentali e Casarini). A questo punto, quando lo stesso Casarini ha avuto paura che i network con i COBAS, oppure altri avrebbero potuto infiltrarsi nel suo corteo, che doveva essere un corteo pacifico, cosa alla quale abbiamo creduto (devo dire che oggi, purtroppo, non credo più a nessuno, né ad Agnoletto né a Casarini), abbiamo creato una struttura per dividere i due cortei; abbiamo fatto l'impossibile, nottetempo. È vero anche che abbiamo dovuto modificare l'ordinanza in relazione alle notizie che ci arrivavano (intercettazioni telefoniche, considerazioni, valutazioni e riunioni in questura cui erano presenti i responsabili del servizio di ordine pubblico, il prefetto Andreassi e vari referenti che dovevano fronteggiare l'ordine pubblico per quel giorno). Credo di essere stato chiaro.
Il Capo della polizia ha detto, giustamente, che l'autorità locale di pubblica sicurezza sul posto è responsabile del servizio di ordine pubblico. Come ho detto nella mia relazione, si tratta di un evento talmente grande e straordinario che va al di là delle conoscenze territoriali; si tratta di conoscenze extraterritoriali, oserei dire internazionali e quindi, non a caso, il dipartimento ha creato, giustamente, presso la questura di


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Genova una task force tra la polizia straniera ed i responsabili di uffici del dipartimento per affiancare il questore e per condividere tutte le scelte che andava operando.
Il dottor Micalizio ha detto «tu dovevi tirare fuori gli attributi» - mi scusino lor signori - «perché dovevi, tu, essendo questore di Genova, mandare tutti a casa ». Ora io non credo che avrei potuto fare una cosa del genere, anzi me ne sarei ben guardato perché credo nelle istituzioni e sono grato per i consigli e il supporto che mi sono stati dati dai colleghi e dai miei superiori. Tutto ciò che è stato deciso è stato deciso insieme e il questore, essendo autorità di pubblica sicurezza, ha formalizzato l'atto con le sue firme. Tutto qui. Ma non mi tiro indietro di fronte alle mie responsabilità, onorevole, io mi sento responsabile di tutto ciò che è accaduto a Genova, però le mie responsabilità, secondo il mio modesto parere, devono essere un po' condivise con chi era presente a Genova.
Noi facevamo delle riunioni, il giorno e la sera, con i referenti del dipartimento, in cui si decideva, si descrivevano lo scenario, i luoghi e ciò che sarebbe dovuto accadere, disponendo, di conseguenza, le forze. A volte a questo ultime sono state apportate modificate secondo direttive dei miei superiori in ordine ad uno scenario che il mio ufficio di gabinetto aveva preparato, ma non è detto che se fossero state lasciate le forze da me predisposte l'intervento si sarebbe concluso meglio. È tutto da verificare. Tenga presente che i servizi ci avevano informato che il nostro personale poteva essere aggredito e addirittura sequestrato; quindi sulla scelta iniziale di utilizzare pochi uomini per combattere e per muoversi più facilmente sul territorio (gruppi da 40, 50 o 60 persone) è prevalsa, giocoforza, la tesi di creare nuclei più consistenti. D'altra parte Genova, per chi la conosce, è una


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città orograficamente molto difficile da percorrere e dunque la movimentazione del nostro personale ha inciso abbastanza sull'efficienza di quello che io chiamo ordine pubblico ma che, di fatto, era una guerriglia.
Lei ha parlato della scuola Diaz, citando La Barbera, Andreassi e Gratteri: in quei casi non si trattava di ordini ma di condivisione di idee, consigli, suggerimenti che si discutevano assieme per poter arrivare alla soluzione che ritenevamo essere la migliore.
Per quanto riguarda la scuola Diaz occorre distinguere due momenti. Vi è stato un momento prettamente di polizia giudiziaria, riferito all'articolo 41, a tale riguardo critico anche l'accertamento dell'ufficio ispettivo. Sono stati incaricati i due massimi esponenti della polizia giudiziaria della questura di Genova, il dirigente della DIGOS ed il dirigente della squadra mobile e sul posto si sono recati anche i massimi referenti del dipartimento.
Per quanto riguarda l'articolo 41, il questore in genere non si occupa di questa attività, ma ha invece il dovere di curare l'aspetto relativo all'ordine pubblico, tant'è che ho affiancato al personale incaricato di effettuare la perquisizione altro personale che in quel momento era di riserva davanti alla questura: se non ricordo male si trattava di venti o trenta agenti della Polizia di Stato e di quaranta, cinquanta o sessanta carabinieri che - come ho già ricordato nella mia relazione - erano di supporto al fine di bonificare la zona.
Nel momento in cui il questore viene a conoscenza che davanti alla scuola si potevano creare situazioni di maggiore emergenza per quanto riguarda l'ordine e la sicurezza pubblica, viene inviato sul posto il vice questore vicario insieme ad altri contingenti dei carabinieri per fronteggiare eventuali pericoli e rischi riguardanti l'ordine pubblico.


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Se non ricordo male, quella sera stessa ho cercato un funzionario, oltre ai dirigenti della squadra mobile e della DIGOS. Fu inviato anche un altro funzionario che mi doveva affiancare - ciò risulta anche dall'ordinanza - nell'attività dei servizi di ordine pubblico. Il funzionario è andato: ciò risulta sia dall'ordinanza principale del 2 luglio sia - se non erro - in una mia ordinanza successiva. Si parla di un altro funzionario che mi doveva affiancare nell'attività di ordine pubblico; anche questo funzionario è stato mandato sul posto. Di questo nessuno ha parlato, ma questa mia disposizione esiste agli atti.
Nella mia relazione...
LUCIANO VIOLANTE. Solo tre funzionari andarono? (Commenti).
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Si sono recati diversi funzionari alla scuola Diaz, circa venti, venticinque. Io sto parlando dei due funzionari della questura di Genova, il dirigente della squadra mobile ed il dirigente della DIGOS. Per quanto riguarda la squadra mobile sono andati il dottor Gratteri, direttore dello SCO, il dottor Caldarozzi ed altri funzionari che erano a Genova aggregati alla squadra mobile. Io volevo mandare anche il dottor Lapi come funzionario mio referente diretto, ma in quella riunione mi venne ricordato che il dottor Lapi era stato ferito durante la manifestazione; va a suo merito che egli, nonostante fosse ferito, sia tornato nuovamente in servizio. È stato allora inviato il dottor Murgolo - ciò risulta anche nella mia ordinanza - che mi doveva affiancare per tutto quanto riguardava l'ordine pubblico. Lui si è offerto, e si è recato sul posto. A questo punto vi erano sia la linea di comando sia l'organizzazione. Successivamente si sono recati sul posto altri due funzionari che dirigevano i


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due reparti della polizia e dei carabinieri e che dovevano essere di riserva in questura; li ho mandati lì per fronteggiare una minaccia all'ordine pubblico.
Io non sto dicendo la mia verità ma la verità oggettiva, con la coscienza tranquilla e serena. Ripeto che questo servizio è stato condiviso da me per primo, non mi sto tirando fuori. Credo che vi fosse una linea di comando anche se poi, durante l'esecuzione, quella confusione per la quale il magistrato sta svolgendo la sua attività giudiziaria; vi è stata ben venga quest'ultima se ciò servirà a fare maggiore chiarezza. D'altra parte anche alcuni funzionari, come il dirigente della DIGOS ed il dirigente della squadra mobile, trovandosi alla presenza di altri referenti ministeriali, chiaramente hanno avuto un minimo di perplessità su come si doveva svolgere l'intera operazione.
Per quanto riguarda lo stadio Carlini ho detto nella relazione che le verrà consegnata - se non ricordo male - che noi abbiamo fatto diverse perquisizioni tra le quali anche una allo stadio Carlini. Dove ci siamo recati su sollecitazione - se non vado errato - del sindaco. La sera c'è stata una riunione durante la quale - se non erro - il sindaco riferì di aver avuto notizia che allo stadio Carlini stavano smobilitando Siamo stati allo stadio Carlini, ed abbiamo riscontrato che tutto quello che era stato riferito al sindaco si è dimostrato non veritiero. Va tenuto presente che le persone violente potevano anche custodire armi presso i luoghi di loro accoglienza; di fatto se le sono procurate lungo la strada spaccando le pietre con i picconi oppure smontando all'ultimo momento le aste e così via.
Noi abbiamo fatto diverse perquisizioni, diversi accertamenti per verificare se questi luoghi di accoglienza rappresentassero un centro di smistamento di materiali. Mi corre


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l'obbligo di ricordare il problema rappresentato dal camion che poi successivamente abbiamo fermato. Nelle relazioni che allegherò troverete la descrizione di altre situazioni del genere, relative ai controlli che abbiamo svolto.
LUCIANO MAGNALBÒ. Intervengo per sottolineare che questo modo frammentario di procedere nei lavori è impossibile da sostenere. Sarebbe più opportuno che tutti facessimo domande alle quali il questore potrebbe rispondere in maniera organica, in caso contrario non finiremo neanche per domani mattina. Rispondendo volta per volta alle domande si impedisce agli altri di seguire un filo logico. La pregherei, dunque, di rivedere il modo di procedere nei lavori.
PRESIDENTE. Prima ho chiesto, sulla base della proposta formulata dal presidente Violante, se vi fosse un sostanziale accordo. Ricordo che l'ufficio di presidenza ha stabilito soltanto il contingentamento dei tempi, peraltro, in via sperimentale. Oggi bisognava verificare se questo sistema avrebbe potuto ovviare alle difficoltà registratesi nelle precedenti audizioni. Il presidente Violante aveva affermato che, forse, era più opportuno che ad ogni domanda seguisse una risposta da parte del soggetto audito, ma se vi sono indicazioni diverse si può tornare al criterio di prima.
LUCIANO VIOLANTE. È chiaro che siamo qui per lavorare ed occorre un po' di tempo. Il questore Colucci ha fatto un quadro significativo, altrettanto faranno gli altri suoi colleghi che interverranno successivamente. Se tutti pongono domande si verifica quello che si è verificato in precedenza, cioè che i soggetti auditi rispondono, non per loro malevolenza, al 20 o al 30 per cento delle domande e quindi tutto confluisce in un grande calderone in cui non si capisce niente. Capisco che è


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una procedura po' lunga - Magnalbò - ha ragione; ci consente però anzitutto di evitare di porre alcune domande o magari di farne altre che non avremmo fatto senza aver sentito le risposte, e ciò permette un approfondimento maggiore. Forse potremmo procedere così: domande sintetiche, magari pregando il signor questore, se lo ritiene, di essere sintetico nelle risposte. Poi se qualcuno non vuole che il questore risponda a domande specifiche, lo dica chiaramente.
ANTONIO TOMASSINI. Presidente, concordo con quanto ha sostenuto il senatore Magnalbò. Vorrei aggiungere che a me pare che lo scopo di questa Commissione sia quello di svolgere un'indagine conoscitiva e non un'attività inquirente. Pertanto le nostre domande devono avere una funzione di integrazione della relazione del questore e non innescare un meccanismo di contraddittorio, addirittura tra di noi, con continue domande che si riferiscono alle domande dei colleghi, come è capitato finora. Pertanto concordo con quelli che vogliono tutte le domande e le risposte in un unico blocco a integrazione della relazione.
FRANCESCO NITTO PALMA. Concordo pienamente con l'intervento del senatore Magnalbò.
LUIGI BOBBIO. Presidente, credo che effettivamente questo modo di procedere sia estremamente dannoso, forse più di quello precedente del mancato contingentamento dei tempi delle domande, perché in questa maniera si innesca un meccanismo, peraltro perfettamente comprensibile da un punto di vista logico e dialettico, di espansione della risposta sulla singola domanda, quindi i tempi subiscono una superfetazione non accettabile. Propongo di mantenere il contingentamento dei tempi delle domande, che è sicuramente utile


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e tale da evitare i pericoli paventati, e di raggruppare comunque le risposte alla fine.
ANTONIO DEL PENNINO. Presidente, io ritengo invece che sia opportuno che le risposte vengano date alle singole domande; al massimo possiamo raggruppare due o tre domande, poiché mantenere il sistema della risposta complessiva all'insieme delle domande comporta, da un lato, una risposta che - non per volontà dei nostri interlocutori ma nei fatti trascura la metà delle domande fatte - e dall'altro, non consente di acquisire una serie di elementi che rendono magari inutili delle domande che altrimenti verrebbero formulate o suggeriscono altre domande che trovano spunto nelle indicazioni fornite nelle risposte.
GRAZIELLA MASCIA. Presidente, intervengo anch'io per dire che preferisco il metodo che abbiamo adottato perché per la prima volta si comincia ad avere qualche risposta concreta. Siccome questo Comitato ha già pochi poteri, almeno dal punto di vista della conoscenza sarebbe bene acquisire elementi di dettaglio che alla fine si rivelano importanti.
GIANNICOLA SINISI. Presidente, sulla richiesta avanzata dall'onorevole Violante, ricordo soltanto che il contingentamento dei tempi è stato funzionale anche ad una innovazione di metodo. Sul problema relativo alla durata dell'intervento di chi risponde, si tratta di una questione sulla quale non possiamo intervenire. Credo che mantenendo il sistema precedente, di fatto si rinuncia all'oralità, che è il principio sul quale si fonda il meccanismo dell'audizione. Siamo inondati ormai da relazioni scritte; a questo punto o manteniamo questo meccanismo di contestualità o rischiamo davvero di introdurre un nuovo sistema scritto nei lavori del nostro Comitato.


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LUCIANO FALCIER. Non faccio una proposta, bensì una considerazione che può tramutarsi in una proposta. Il fatto che si sia pervenuti, per volontà dell'ufficio di presidenza, ad un contingentamento dei tempi dovrebbe consigliare di fare tutte le domande e dare un'unica risposta, perché il contingentamento dovrebbe presumere l'obiettivo di regolamentare i tempi. Il ragionamento ulteriore potrebbe essere: se al termine della risposta del questore, ci fossero ulteriori richieste di approfondimento, si potrebbe lasciare spazio ad eventuali precisazioni o approfondimenti.
PRESIDENTE. La situazione in questo momento è la seguente: sono le 12,30 e hanno chiesto di intervenire in 16. In tal modo verrebbe sicuramente esaurito il tempo contingentato. Se a questo aggiungessimo il tempo necessario all'audito per rispondere, con ogni probabilità dovremmo cambiare metodo ed ascoltare per un'intera giornata, se basta, il soggetto che abbiamo ritenuto di ascoltare (cosa che si può fare benissimo, per carità: è solo una questione di volontà). Quindi, credo che per la giornata di oggi, visto che stasera è convocato l'ufficio di presidenza e questo sarà uno degli argomenti che tratteremo, si possa procedere per gruppi. Io infatti credevo che dieci minuti o un quarto d'ora potessero essere dati per riunire per ogni gruppo le domande da porre; invece ho constatato che tutti i componenti, ad eccezione di un risibile numero, chiedono di intervenire nei limiti del tempo contingentato. Ma quello che a noi occorre è il contenuto non il soggetto che formula la domanda all'audito. Dinanzi ad una situazione di questo genere, attesa anche l'ora, invito i gruppi ad individuare per la formulazione di domande concise un solo interlocutore, se è possibile, o al massimo due interlocutori per i gruppi maggiori - senza nulla togliere al tempo che gli è dovuto - , per consentire al questore Colucci


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di dare le risposte. Qualora quest'ultimo intendesse dilungarsi, fornire una ulteriore relazione o chiedere con l'allegazione di documenti, lo può fare. Quindi propongo di procedere con il metodo che abbiamo individuato. L'onorevole Cicchitto ha fatto più domande, ed ha ottenuto le sue risposte; fermo restando che ciò sarà oggetto di esame questa sera da parte dell'ufficio di presidenza, invito tutti a voler fare domande il più possibile sintetiche, anche per dare la possibilità di ascoltare il questore.
GRAZIELLA MASCIA. Ho sei minuti e quindi mi astengo dal fare domande di approfondimento su alcuni fatti relativi al 20 e al 21 luglio, che naturalmente non coincidono con la versione che ha dato il questore, anche perché le piazze tematiche, chi era presente, eccetera, risultava tutto dai giornali. Signor questore, le chiedo invece alcune cose molto specifiche: lei ci ha confermato oggi che ha avuto il supporto del capo della Polizia attraverso dei dirigenti presenti sul posto, però aveva dichiarato alla stampa che il suo ufficio era stato letteralmente commissariato. Conferma questo giudizio o nel frattempo lo ha modificato? Vorrei chiederle poi quale tipo di rapporto ha mantenuto nei giorni 19, 20, 21 e 22 luglio con il capo della Polizia e con il ministro, e se è possibile avere le ordinanze, a cui ha fatto riferimento oggi, che hanno modificato quelle precedenti: noi abbiamo quella del 12 luglio (non mi pare fosse nelle disponibili carte in Commissione). Vorrei chiederle se in questi piani operativi per la gestione dell'ordine pubblico è cambiato qualcosa rispetto al mutamento del Governo. Vorrei chiederle se lei era responsabile di fatto, a tutti gli effetti, della sala operativa unificata presso la questura. Vorrei chiederle se lei ha ordinato la prima carica in piazza Tolemaide, quella che è stata fatta dai carabinieri (mi pare fossero una ottantina). Penso, come ho detto al


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comandante dei carabinieri, che quella sia stata un'azione che ha anche determinato delle conseguenze. Non sono un'esperta di ordine pubblico, però vorrei chiederle se lei ha deciso in quel momento la carica dei carabinieri.
Vorrei chiedere anche una conferma sui fatti di piazza Dante: lei ha ricevuto una telefonata dal sindaco, alle 16,30, durante la quale avete concordato che lì i manifestanti si sarebbero ritirati, mentre invece hanno ricevuto una carica alle spalle. Vorrei sapere per quale motivo ciò sia avvenuto e perché l'accordo non sia stato mantenuto.
Dopo la giornata del 20 luglio, lei ha confermato che, anche in corso d'opera, avete cambiato alcune disposizioni: se ho capito bene, i container che abbiamo trovato al mattino sono il risultato di scelte notturne. Sembra siano cambiate anche altre cose e di questo vorrei avere una conferma. Ho letto attentamente la sua ordinanza, in particolare la disposizione relativa alla testa del corteo, il fiancheggiamento e la sua conclusione del 21 luglio: tuttavia, nei fatti, vi sono state significative modifiche (in particolare, non ho visto alcuno alla testa del corteo). Ebbene, oltre alle diverse disposizioni concernenti i carabinieri - come lei ci ha detto -, vorrei sapere, concretamente quali altre modifiche siano state decise tra il 20 ed il 21 luglio, visto che non vi sono stati ulteriori elementi per giustificare scelte diverse.
Lei ha detto, rispetto all'intervento sul black bloc, eravate a conoscenza di tutto (infatti, i vostri piani erano molto dettagliati): come mai allora, ci è stato qualcosa che non ha funzionato? In base a quali modalità è stato determinato il vostro intervento sul territorio, in particolare, rispetto all'utilizzo di squadre di polizia più o meno numerose per contrastare i manifestanti?


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Per quanto riguarda l'istituto Diaz, vorrei chiederle in particolare se il dirigente di polizia Valerio Donnini era presente sul posto e, se abbia partecipato alle riunioni preventive; e, ancora, quale titolo era presente il funzionario di polizia Sgalla e se sia vero che è arrivato per primo.
Rispetto ai fatti verificatisi a Bolzaneto, lei ha detto che tutto ha funzionato o che, comunque, tutto era stato pianificato: in realtà, sappiamo che le persone fermate sono rimaste in caserma ore ed ore. Perché lei od un suo funzionario la sera del 20 luglio, ha detto ad un parlamentare che non sapeva dove fossero stati portati i fermati?
Rispetto al lavoro dell'intelligence, che aveva previsto la partecipazione anche di gruppi di estrema destra, (confermata da una loro significativa presenza sul posto), per quale motivo non sono state prese misure preventive per impedire tali infiltrazioni?
Vorrei infine sapere se le forze di polizia hanno avuto in dotazione - sicuramente sì - i manganelli Tonfa, se per tale motivo sono state addestrate al loro utilizzo e, quanti lacrimogeni sono stati usati, le loro caratteristiche e gli effetti che hanno prodotto.
Concludo, chiedendole: quale delle due versioni dei fatti verificatisi davanti al Marassi lei sostenga: quella dei 20 rappresentanti del blak bloc che attaccavano 40 esponenti delle forze dell'ordine in grado di rispondere o quella dei mille manifestanti che attaccavano (come è stato scritto) 3 blindati fuggiti immediatamente? Ricordo che in quel momento il black bloc era isolato.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non ho mai dichiarato alla stampa di essere stato commissariato, anzi, mi sento in dovere di precisare che interviste alla stampa, apparse come tali, non ne ho mai fatte. Non ho mai detto di essere stato


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commissariato; può trattarsi di un'interpretazione del giornalista ricavata da colloqui avuti con il personale di polizia. Ho sempre detto che sono stato supportato ed affiancato e nella relazione ho affermato che mi assumo le mie responsabilità (che siano o meno condivisibili con altri è una questione diversa). I rapporti con il capo della polizia, nei giorni 19 e 20 luglio, sono stati continui, tenuti personalmente da me; egli ha avuto anche contatti continui con i propri referenti più vicini nella città di Genova.
Escludo categoricamente che sia stata adottata una strategia diversa per l'ordine pubblico: si è trattato sempre di mettere in atto la stessa strategia. I giornali hanno parlato di piazze tematiche, ma, di fatto, il Genoa social forum non ha mai comunicato chi fosse presente nei vari luoghi; lo abbiamo, verificato sul campo successivamente (ed ho portato anche la documentazione relativa).
Per quanto riguarda piazza Dante, è vero che il sindaco mi ha telefonato, dicendomi di aver parlato con Agnoletto, ma, poi si è verificata l'infiltrazione di gente violenta, al punto da costringere - che esiste già - una relazione che credo il capo della polizia abbia già letto e che io allegherò, così da avere un quadro più completo del comportamento dei funzionari durante il servizio di ordine pubblico - il dottor Montagnese (se non erro impegnato in piazza Dante) ad usare anche i lacrimogeni ed a far intervenire altri reparti, perché la zona rossa stava per essere varcata. Nella mia relazione ho già detto quali fossero le diverse «anime» che componevano i manifestanti. Non è vero che abbiamo caricato persone non pericolose per l'ordine e la sicurezza pubblica: se abbiamo caricato è perché effettivamente la situazione lo richiedeva.


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Come ho già accennato nella relazione, vi sono stati degli infiltrati che hanno cercato di sobillare e compiere atti violenti, coinvolgendo anche pacifisti.
Citando la mia ordinanza l'onorevole Mascia afferma che è stata cambiata la disposizione relativa alla testa del corteo ed al «fiancheggiamento» da parte delle forze dell'ordine. Faccio presente che il 21 luglio non si è svolto semplicemente un corteo, ma un'invasione di massa: più di 150 mila persone, hanno occupato tutto il territorio, non in forma di corteo, ma sparpagliate, per cui non è stato possibile creare la testa del corteo. Comunque, i servizi di fiancheggiamento che dovevano proteggere il corteo, erano presenti: Bisogna conoscere la città di Genova e le difficoltà di spostamento al suo interno per poter capire.
Ho già specificato nella relazione per quale motivo non si sia riusciti a bloccare i black bloc; ho parlato anche della loro filosofia e delle loro azioni di guerriglia sul territorio. Ogni volta che, su indicazione dei cittadini, cercavamo di fronteggiarli, loro si erano già spostati con le classiche azioni di guerriglia; molte volte non siamo potuti intervenire per bloccarli, perché loro, che conoscevano bene la città, si mettevano in posizione tale da non farsi raggiungere: non potevamo scendere da monte, né muoverci dai lati per la presenza del corteo e della massa dei manifestanti. Perciò, non potevamo entrare per fronteggiare i black bloc, che, nel frattempo, avevano già cambiato obiettivo.
Lei mi chiede, onorevole Mascia, se alla Diaz era presente il dottor Donnini: le rispondo di no, non credo. Donnini era un funzionario di polizia, un dirigente superiore, al quale mi rivolgevo per avere la disponibilità del personale; con lui parlavo quando mi servivano 50 o 100 uomini per fronteggiare una certa evenienza. Non credo che Donnini fosse presente sul


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posto, anzi, mi sentirei di escluderlo. Mi sono rivolto a lui, quella sera, per ottenere del personale da inviare sul posto: ricordo che Donnini ha risposto alla mia richiesta offrendomi la disponibilità di un reparto di Roma. Donnini però non era presente alla Diaz. Il dottor Sgalla invece era sul posto perché lo inviai io, su indicazione del capo della Polizia.
Riguardo alla caserma di Bolzaneto, non è vero che non sapevamo dove si trovavano coloro i quali erano stati fermati: sapevamo che erano a Bolzaneto, e che poi sarebbero stati portati nelle carceri.
Per quanto attiene ai gruppi di estrema destra - i 600 infiltrati - non mi risulta che in quelle circostanze, essi abbiano partecipato alle violenze sul territorio. Non sono a conoscenza di questo episodio.
I Tonfa sono manganelli di ultima dotazione dei reparti: non ho inviato alcuno ad addestrarsi al loro utilizzo, anche perché il personale della questura di Genova - e quindi territoriale - non ha fronteggiato in prima linea questioni di ordine pubblico, ma è stato destinato ad altri servizi di vigilanza e di supporto.
Già il capo della Polizia si è soffermato a lungo sul carcere di Marassi, leggendo anche una relazione, che confermo nel modo più assoluto. I black bloc...
GRAZIELLA MASCIA. Un'altra relazione della polizia penitenziaria dice cosa diversa...
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non l'ho letta. Posso confermare che a Marassi, che rappresentava un obiettivo a rischio (lei, onorevole Mascia, ha letto, anche nell'ordinanza, quanti obiettivi a rischio avevamo quantificato), si trovava un funzionario con alcuni uomini (circa una ventina o qualcosa di più). Chi conosce la conformazione di Genova (lo ripeto) sa


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che questi black bloc sono potuti arrivare dalle montagne, sono scesi da una scalinata, ed il collega se li è trovati di fronte: ha chiesto aiuto, ma in quel momento eravamo dall'altra parte della città, sotto il ponte della ferrovia. Il supporto inviato è stato bloccato dai manifestanti che hanno assalito la colonna che stava andando in aiuto a Marassi.
GRAZIELLA MASCIA. Il questore Colucci non ha risposto alla domanda se abbia impartito o meno l'ordine di caricare in piazza Tolemaide; ci ha detto invece che non sapeva dove fossero i fermati. Non ha risposto nemmeno alla domanda relativa al numero di lacrimogeni utilizzati.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non so quanti lacrimogeni siano stati utilizzati: dovrei contarli, esaminando tutte le relazioni dei funzionari in cui si specifica questo particolare. Chiaramente ne sono stati lanciati moltissimi. Per quanto riguarda l'attacco di piazza Tolemaide, è molto esaustiva la relazione del dirigente del servizio che precisa, come ho fatto anch'io nella mia relazione, che tra la massa di manifestanti del Genoa social forum, che procedeva verso piazza Verdi, c'erano degli infiltrati, degli anarchici (Commenti del deputato Mascia).
Se un dirigente del servizio è aggredito con corpi contundenti, bottiglie molotov ed altri oggetti che, per offesa, vengono lanciati contro le forze di polizia, è ovvio che devo necessariamente disporre la carica per «alleggerire» quel dirigente, comunicando la direttiva via radio: mi pare di averlo già chiarito nella mia relazione.
Per quanto riguarda gli arrestati, sapevo dove fossero: lo si legge anche nell'ordinanza di servizio (del resto, come questore, non posso non saperlo. So dove si trovavano coloro che erano stati arrestati dalle forze di polizia e so dove si


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trovavano quelli che erano stati arrestati dai carabinieri: a Bolzaneto e a Porto S. Giuliano).
GRAZIELLA MASCIA. Eppure lei ha detto ad un parlamentare di non saperlo!
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Nel momento in cui il parlamentare mi chiede di sapere dove si trova Francesco Colucci, arrestato, io rispondo che non lo so.
GRAZIELLA MASCIA. Dove stanno gli arrestati, i fermati?
FILIPPO ASCIERTO. Ma chi è questo parlamentare?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non lo so, non lo ricordo: onorevole Mascia, sarebbe stato sciocco da parte mia mentire ad un parlamentare su ciò: non ne vedo la ragione; forse ci siamo capiti male.
PRESIDENTE. Non ricorda, è inutile insistere.
LUIGI BOBBIO. Ringrazio il dottor Colucci per la notevole qualità delle notizie fornite. Vorrei solo che fossero chiariti alcuni aspetti di dettaglio. In primo luogo vorrei far riferimento, molto sinteticamente, ad una nota a sua firma, dottor Colucci, del 28 luglio 2001 relativa ad una richiesta di accertamenti sull'infiltrazione di cosiddetti elementi dell'estrema destra nella manifestazione. La risposta della nota è negativa, però in calce alla stessa si dice che l'esito negativo del controllo è stato comunicato a Vittorio Agnoletto: ciò, dal punto di vista di una certa esperienza, lascia alquanto perplessi. Non si comunica, normalmente, al denunciante l'esito dell'accertamento delle indagini.


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Dottor Colucci, c'è una nota, proveniente sempre dal suo ufficio della questura di Genova, del 20 luglio 2001, firmata dal dottor Montagnese (se non leggo male il timbro che è mal fotocopiato), nella quale il dottor Montagnese riferisce di un tentativo violento e reiterato di sfondamento della zona rossa, addirittura con parziale abbattimento della recinzione; nella nota del dirigente in questione, testualmente, si legge: «Preciso che tra gli striscioni e le bandiere visualizzate tra la folla dei manifestanti che hanno più volte sfondato, in pratica, la zona rossa, lo sbarramento, se ne discernevano alcune di Rifondazione comunista ». Vorrei dunque chiedere alcuni ragguagli ulteriori su questa presenza ufficiale di Rifondazione comunista nel tentativo di sfondamento della zona rossa.
Quali erano, in concreto, questore Colucci, i suoi compiti? Questa è la prima domanda.
La seconda domanda: è la seguente: fino ad oggi da queste audizioni un ruolo veramente strano del capo della Polizia. Le chiedo, questore Colucci, da alto dirigente e funzionario esperto: questo capo della Polizia, in una vicenda del genere (lo dico in maniera brutale) a cosa è servito, cosa ha fatto? Non è ufficiale di polizia giudiziaria, non dirige l'ordine pubblico, non impartisce direttive: ma allora, che senso ha un capo della Polizia? Guardiamo alla prassi, alla forza cogente nei suoi confronti, dottor Colucci, come questore di Genova, dei «suggerimenti»(uso questo termine fra virgolette perché presumo che a questo dobbiamo ridurci) che le forniscono il capo della Polizia ed i suoi vice: immagino che almeno dei suggerimenti, dotati di forza cogente, le siano stati forniti. Le chiedo se lei poteva sottrarsi a tali suggerimenti.
Visto che la perquisizione alla Diaz fu eseguita ai sensi dell'articolo 41 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, e che quindi era atto di polizia giudiziaria; visto che lei,


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dottor Colucci, non è ufficiale di polizia giudiziaria in quanto questore; visto che Gratteri non è ufficiale di polizia giudiziaria; visto che La Barbera non era, in quanto prefetto, ufficiale di polizia giudiziaria: questa decisione (lei, disse che si decise) chi la prese? Il provvedimento di polizia giudiziaria doveva essere deciso da un ufficiale di polizia giudiziaria, a parte i riflessi che poteva avere di altra natura. Quindi, le chiedo: chi prese questa decisione? Chi indusse, chi diresse, chi organizzò, chi gestì, chi autorizzò determinate presenze - Sgalla in testa, come addetto stampa di De Gennaro- sul posto? Perché circolò la notizia della perquisizione - ripeto, di polizia giudiziaria - alcune ore prima che venisse effettuata? Chi determinò modalità che, per chi è esperto della materia, sono effettivamente inusuali (perché non si manda a compiere un atto di polizia giudiziaria, una forza che non ha compiti di polizia giudiziaria come il reparto mobile)?
Lei sa che le norme in materia di restrizione carceraria sono assolutamente inderogabili, e sono previste da disposizioni di attuazione del codice di procedura penale: in particolare, gli arrestati e i fermati devono inderogabilmente essere condotti nel carcere del luogo dove è stato eseguito l'arresto o il fermo. Vorrei allora sapere da chi fu stabilita questa deroga per le carceri di Alessandria e di Pavia e, in particolare, vorrei sapere se la procura di Genova ebbe parte in questa decisione, ripeto, illegale o se comunque ne fu informata e, pertanto, quali determinazioni adottò di conseguenza. Un'ultima domanda che vorrei fare al questore riguarda il riferimento ad una partecipazione dell'onorevole Mascia ad un sopralluogo in compagnia di un funzionario di polizia giudiziaria. Le chiedo a che titolo si autorizzò una partecipazione così delicata? Non mi risponda a titolo di parlamentare,


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perché si veniva, con questa presenza, ad interferire pesantemente e in maniera non consentita su un'attività comunque investigativa.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Cercherò di rispondere al complesso di domande del senatore Bobbio, spero nel migliore dei modi, con la coscienza tranquilla.
Lei ha parlato di una mia nota del 28 luglio sull'infiltrazione di elementi di estrema destra comunicata ad Agnoletto. È vero, quella sera Agnoletto ci chiamò e ci disse che alcuni pullman, forse di esponenti di estrema destra, si erano fermati in una località sopra Marassi, dove erano state piantate delle tende. Questa notizia apparve subito inverosimile al dirigente della DIGOS, perché in quella zona vi sono dei centri sociali e pertanto sarebbe come mettere cane e gatto vicini. Andammo, comunque, a fare una verifica con macchine della DIGOS e non si trovò la presenza di queste persone. Conseguentemente, per correttezza e sempre in virtù di quel rapporto di fiducia che si è cercato di instaurare durante quei giorni per risolvere i problemi di ordine pubblico, si è data risposta ad Agnoletto dicendogli che non si era verificato quello che egli ci aveva segnalato. Tutto qui. Ma non è che in genere noi diamo la risposta al cittadino. Ciò rientrava appunto nel tentativo di dialogo al quale ho fatto cenno nella mia relazione, che purtroppo è fallito e si è dimostrato del tutto inaffidabile.
Se lei ha la relazione del dottor Montagnese, vedrà che in essa è contenuta una frase con cui afferma che c'erano certe bandiere. Rifondazione comunista è un partito che aveva il diritto di manifestare, al pari di tanti altri partiti. Chiaramente poi ci poteva essere anche la bandiera della Roma o della Lazio; si tratta, comunque, di una considerazione fatta dal funzionario.


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LUIGI BOBBIO. Quello che contesto è il tentativo di sfondamento.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Piazza Dante è una piazza tematica, dove accettavamo anche questo tipo di sceneggiata di sfondamento ...(Interruzioni del senatore Bobbio) . Vorrei essere preciso in piazza Dante non vi è stata una sceneggiata. Quindi qualcosa è sfuggito rispetto alle intenzioni del Genoa social forum. Mi rifaccio sempre alla mia relazione: in quel momento in piazza Dante, ma anche in un'altra piazza il cui nome ora non ricordo ma che sta comunque sopra la prefettura, vi è stato un rischio di sfondamento; questo è vero.
Con riferimento alla perquisizione della Diaz in base all'articolo 4 del Testo unico, ricordo che l'attività prevista da tale articolo è di polizia giudiziaria. Con riferimento alla firma degli atti, ricordo altresì che sono stati firmati dal dirigente della mobile e dal dirigente della DIGOS di Genova. Ripeto ancora che si è trattato di una decisione contestuale, condivisa da tutti. (Commenti del senatore Bobbio), anche da ufficiali di polizia giudiziaria dello SCO presenti.
Prendo atto di questa decisione, nel senso che la condivido anch'io, pur non essendo ufficiale di polizia giudiziaria. Ripeto, non mi sottraggo alle mie responsabilità. Sono anch'io convinto dell'opportunità di fare questa perquisizione, così come erano convinti a mio giudizio anche tutti i presenti. C'è un passaggio nella mia relazione dove vengo a conoscenza di un'aggressione ad un equipaggio mobile della DIGOS in via BattistI: in genere, al termine di una manifestazione, gli elementi della DIGOS perlustrano il territorio per verificare il regolare deflusso dei manifestanti. In quel caso specifico, non sapevo che c'era personale della squadra mobile che stava svolgendo una certa attività sul territorio. Comunque, si decise di operare in base all'articolo 41 e si presero le decisioni che


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ho detto prima. Ripeto: c'erano il dirigente della mobile e il dirigente della DIGOS; in più era stato inviato sul posto, mi sembra dal vicecapo vicario, il dottor Murgolo, il quale ha accettato di andare sul posto (Commenti del senatore Bobbio). Il reparto mobile è stato impiegato perché, come ho detto nella mia relazione, poteva servire da supporto in caso di eventuali violenze da parte di coloro che dovevano essere perquisiti, contro la mobile e la DIGOS.
Per quanto riguarda la deroga alle norme in materia di restrizione carceraria, credo che sia stata stabilita senz'altro dal Ministero della giustizia, il quale ha adottato un provvedimento notificato al direttore del carcere a seguito anche di un comitato, come ho ben chiarito prima, riunitosi in prefettura. È stato pertanto emanato un decreto con il quale si è trovata la forma giuridica legittima per accompagnare gli arrestati fuori dalla provincia, per evitare altre situazioni allarmanti di ordine e sicurezza pubblica (Commenti del senatore Bobbio )...
Per quanto riguarda l'onorevole Mascia, la devo ringraziare, perché si stava creando sul posto una situazione di ordine pubblico particolare, ed io ero preoccupato perché non riuscivo più a contattare il vicequestore vicario. Quando quella sera l'onorevole Mascia mi ha chiamato dicendomi che era assieme al dottor Calesini, ho tirato quindi un sospiro di sollievo, perché avevo finalmente traccia del vicequestore vicario, che temevo potesse essere incorso in qualche situazione critica (Commenti).
GRAZIELLA MASCIA. Non ha risposto alla questione relativa alla mia presenza (Commenti).
Mi riservo allora di intervenire per fatto personale.


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PRESIDENTE. Sarei grato se si permettesse al questore Colucci di completare le sue risposte.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Credo di aver risposto a tutte le domande.
PRESIDENTE. Può allora intervenire l'onorevole Sinisi.
GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, c'è una precisazione da fare relativamente alla mia presenza.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mascia. Noi dobbiamo chiedere al questore ciò che conosce sui fatti accaduti, non possiamo saperlo da lei, altrimenti sarebbe tra le persone audite. L'ufficio di presidenza, se riterrà, la ascolterà.
GRAZIELLA MASCIA. Ma la volevo spiegare.
LUIGI BOBBIO. Abbiamo capito tutto!
PRESIDENTE. Non deve spiegarla a nessuno. Se il Comitato riterrà opportuno avere tale informazione, gliela chiederà. Era stata formulata una domanda al questore, che ha risposto in base a quanto era a sua conoscenza. Non credo si possa fare altra polemica: le sarei quindi grato se lasciasse intervenire l'onorevole Sinisi.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, anch'io saluto e ringrazio il questore Colucci, al quale ho da porre otto questioni, quattro di carattere generale e quattro molto specifiche. La prima questione di carattere generale riguarda la gestione delle manifestazioni, autorizzata nella cosiddetta zona gialla. Abbiamo tutti letto l'ordinanza di servizio del prefetto di Genova che contemplava, nella zona gialla, il divieto di pubbliche manifestazioni di qualsiasi genere, compresa


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l'attività di volantinaggio. Dalla stessa ordinanza si desume che il perimetro della zona gialla sarebbe stato da lei successivamente dettagliato. Nella sua ordinanza del 12 luglio leggiamo invece che in detta zona si prevedeva il divieto di pubbliche manifestazioni se non espressamente autorizzate. Dalla lettura dell'ordinanza prefettizia queste però non potevano essere autorizzate in quell'area! Le dico questo perché mi sono persuaso, dal ragionamento che si è sviluppato, che tra il 2 giugno ed il 12 luglio siano accaduti alcuni avvenimenti, che noi imputiamo anche a precisi indirizzi di Governo. Abbiamo saputo infatti della riunione del ministro Scajola del 19 giugno; abbiamo poi saputo delle trattative, che sono state pubblicate sui giornali, dell'11 e 12 luglio. Vorrei sapere quindi come mai sono state autorizzate queste manifestazioni nella zona cuscinetto in deroga all'ordinanza del prefetto quando avevate tutto quel bagaglio di informazioni sull'attività di guerriglia urbana, di sommossa che anche il Genoa social forum poteva porre in essere, come risulterebbe dalle intercettazioni e da tutte le altre attività svolte che lei ci ha così bene illustrato.
Le chiedo poi come valuti l'entità, la natura ed i contenuti dell'attività dei nostri servizi di informazione e di sicurezza. Vorrei sapere cioè se l'attività di prevenzione in questo senso le sia stata effettivamente di supporto e di che cosa si sia trattato.
La terza questione di carattere generale riguarda il coordinamento delle forze di polizia: vorrei sapere se in tal senso vi siano stati inconvenienti. Siamo infatti venuti a conoscenza di notizie, anche dalla stampa, relative ad alcuni ritardi verificatisi. Lei può effettivamente segnalarci inconvenienti nell'attività di coordinamento delle forze di polizia?
Abbiamo poi letto della presenza del ministro della giustizia nella caserma Bolzaneto, nonché della presenza del Vicepresidente


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del Consiglio e di alcuni parlamentari nella sala operativa di Forte San Giuliano. Vorrei sapere se lei era al corrente di queste presenze e che cosa ha avuto da dire in proposito. In particolare, ci sono stati degli inconvenienti nelle linee di comando che lei ha descritto?
Passo ora alle quattro questioni di carattere particolare. La prima riguarda i controlli alle frontiere e a tal proposito non mi tornano i conti: sono state infatti compiute 1.439 segnalazioni di persone da non ammettere alla frontiera in quanto non gradite, mentre lei ci ha parlato di 2.000 respinti al confine. Si tratta di un numero superiore a quello rispetto alle segnalazioni compiute. Vorrei sapere allora in cosa è consistito questo controllo alle frontiere e quale efficacia abbia avuto il sistema SIS di Schengen. La seconda questione di carattere particolare è la seguente: nella relazione degli ispettori, e in particolare credo in quella dell'ispettore Montanaro che si è occupato della caserma Bolzaneto, si trova scritto della soppressione di cinque postazioni relative al trattamento dei fermati e degli arrestati senza nessuna plausibile ragione: ciò, a detta delle relazioni, avrebbe generato ritardi. Vorrei sapere se lei era al corrente della soppressione di queste postazioni e se effettivamente ciò abbia generato dei ritardi (a questo punto non più collegati al numero dei presenti come lei ha detto).
Terza questione: il comandante generale dell'Arma dei carabinieri ha detto che era presente a Genova, tenuto di riserva, il battaglione Tuscania, un battaglione di alta professionalità e specializzato. Vorrei sapere se lei era al corrente della presenza di tale battaglione come contingente di riserva, e vorrei sapere perché si è preferito l'impiego di altre tipologie di personale dell'Arma dei carabinieri.


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Ultima questione di carattere particolare: quale seguito è stato dato alle segnalazioni pervenute dal presidente della provincia di Genova? Abbiamo visto che vi è anche una procedimento a carico di ignoti da parte della procura.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Volevo innanzitutto chiarire che la zona gialla non è stata affatto coinvolta nei movimenti di piazza. È stata coinvolta solamente per quanto riguarda le piazze tematiche. Il Parlamento ha approvato una norma di sovvenzione per accogliere la massa di manifestanti che doveva arrivare a Genova: si parla di circa 30 treni straordinari, di una moltitudine eccezionale di gente. Quando viene prevista e sovvenzionata con apposita norma l'accoglienza, è ovvio che bisogna anche dare la possibilità a queste persone di manifestare in modo pacifico, in quanto si tratta di un diritto costituzionalmente garantito. Come già ho detto prima nella mia relazione, il questore ha potuto concedere, sempre d'intesa con le altre persone presenti a Genova e che ho già più volte ricordato (i vari referenti ministeriali e così via), queste piazze tematiche.
A mio giudizio non è cambiato nulla tra i due Governi. Credo però che il silenzio pre-elettorale - si tratta di una mia impressione, può darsi che sbagli - abbia comportato una grossa sfaldatura nell'organizzazione del vertice G8. Ciò è quello che risulta a me come tecnico, perché non si può, oggi, non colloquiare con le frange assolutamente pacifiche in modo tale che ognuno abbia il diritto, garantito dalla Costituzione, di manifestare. Forse non sarebbe cambiato nulla, perché come ho già ricordato il Genoa social forum è un'anima composta da settecento e più associazioni, al cui interno vi è tutto e di più.
Il lavoro è stato veramente pressante e pregnante in relazione all'acquisizione di notizie e informazioni. Le persone


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con le quali siamo entrati in contatto erano completamente inaffidabili e non hanno fatto nulla per contribuire ad un buon esito della piazza.
I servizi di sicurezza hanno fornito molte notizie attraverso il dipartimento e qui faccio riferimento alla mia relazione, nella quale ho parlato di ciò; si è parlato di sangue infetto, di aeroplanini che sarebbero dovuti arrivare a Palazzo ducale. È stato descritto uno scenario alle volte allucinante, in relazione al quale abbiamo compiuto anche alcuni accertamenti approfonditi. Personalmente ho dato disposizioni, e poi lo ha fatto anche il dipartimento, di verificare tutte quelle situazioni nelle quali si poteva partire con un piccolo aereo leggero, compiendo accertamenti sugli aeroclub e via seguitando. È stato fatto tutto ciò che si poteva fare ed in merito esalto ancora una volta il lavoro della questura di Genova. D'altra parte il prefetto, quando è venuto qui, ha presentato l'ordinanza che ha emesso la questura di Genova.
Il coordinamento tra le forze di polizia, a mio giudizio, è stato perfetto e credo di poterlo anche sottoscrivere nel modo più incisivo. È stato perfetto. Non c'è stato alcun coordinamento... Non c'è stato alcun scoordinamento, scusatemi...
MARCO BOATO. È chiaro il lapsus!
FRANCESCO COLUCCI, Questore. È chiaro - ma lo ribadisco ancora una volta - che le forze di polizia sono a disposizione del prefetto. Il prefetto poi attribuisce al questore il potere di coordinamento ed il compito di utilizzare, di impegnare - voglio utilizzare un termine nobile - le forze di polizia sul territorio. Ogni forza di polizia, sia essa Guardia di finanza, sia essa Polizia di Stato, sia essa Carabinieri, ha, come


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dirigente di quel servizio di ordine pubblico, un funzionario di polizia, collegato direttamente con la nostra centrale operativa (che merita poi un discorso a parte).
Lei ha parlato precedentemente, a proposito di carabinieri, del battaglione Tuscania. Il battaglione Tuscania non è stato utilizzato il giorno 21 luglio. A seguito della morte di quel ragazzo, è stato stabilito di non utilizzare, per quel giorno, i carabinieri; essi hanno prestato altri servizi all'interno della zona rossa (sostituito alcuni servizi di piantonamento o di vigilanza); pertanto è stata impegnata solamente la Polizia di Stato. Mi pare che il battaglione Tuscania, il giorno 20 luglio, non vorrei sbagliare, in corso Italia sia entrato da piazza Kennedy dove il Black bloc o i violenti comunque avevano trovato la copertura del Genoa social forum. In tale circostanza, alcune donne del Genoa social forum, cito a memoria - non vorrei dire una cosa inesatta - hanno chiesto il nostro ausilio per dividere i buoni dai cattivi. Comunque, credo che il battaglione Tuscania quel giorno sia entrato in piazzale Kennedy.
Per quanto riguarda l'ispettore Montanari, ho già espresso qualche giudizio sulla visita ispettiva; non si può condurre un'ispezione di due o tre giorni, a voce, su una attività così complessa che è durata un anno; dopo giornate di duro lavoro e di stanchezza chiaramente qualche parola può essere stata fraintesa. Cio non c'entra niente con la sua domanda, ma questo è il motivo per il quale ribadisco le riflessioni che ho citato nella mia relazione. Anzi, oserei dire che il dottor Micalizio non ha inserito nella sua relazione alcune frasi che ho detto. Oserei anche dire che ha scritto qualcosa che non ho affermato. Comunque, lei capisce il mio stato d'animo. Io


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ero un questore della Repubblica, obbedisco al signor ministro ed in questo momento sto dicendo la vera verità, non la verità di Colucci Francesco. La vera verità.
Sì, effettivamente, quel giorno avevamo avuto alcuni problemi e non ero a conoscenza del fatto che erano state soppresse alcune delle sette postazioni. Ho una scheda a mia disposizione nella quale è contenuta una nota al riguardo: «Nei giorni 20 e 21 sono transitate nella struttura 240 persone. I tempi di permanenza sono stati di circa di due ore, tranne la serata tra il sabato e la domenica in cui sono state trattate 116 persone, comprese quelle arrestate alla Diaz. All'1.30 si è reso necessario chiudere 5 postazioni in cui il personale addetto era in servizio dalle ore 7 del giorno precedente». Abbiamo trascorso a Genova un'esperienza che mi auguro nessuno possa vivere, sia per quanto riguarda la gestione della piazza, sia per quanto concerne tutto il lavoro svolto. Questo è il motivo per cui si è verificato questo disservizio. È vero, non sapevo di ciò ma anche se lo avessi saputo avrei detto di smontare dal servizio. Faccio anche riferimento alle eventuali reazioni dell'ordine pubblico. Premesso che condanno l'azione violenta gratuita - e mi assumo le mie responsabilità - è necessario immedesimarsi psicologicamente nel nostro personale che ha subito un'offesa alla quale poi forse ha reagito, dopo tante ore, in modo veramente non accettabile. Comunque c'è una attività investigativa in atto.
«L'afflusso maggiore», continuo la lettura della nota, «si è avuto nel pomeriggio e nella notte del giorno 21. Mediamente la permanenza è stata di 2 ore e mezzo, salvo il sabato 21 in cui, a causa del numero di persone da trattare, la permanenza ha raggiunto il suo massimo alle ore 17». È vero, lo ammetto. Non per colpa mia, l'ho saputo perché c'è stata una affluenza enorme di persone e si è realizzato questo disservizio che


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tuttavia, va inquadrato nell'organizzazione generale, non in quello specifico settore; per poter giudicare, come affermo nella mia relazione, bisogna avere un quadro complessivo e bisognerebbe aver vissuto insieme a noi ciò che abbiamo vissuto.
Per quanto riguarda i controlli alla frontiera, io ho parlato di 2000 persone; saranno state 1.439, vi saranno state altre persone respinte alla frontiera al di là del sistema di cui lei ha fatto riferimento precedentemente. A me risultavano circa 2 mila persone respinte. Forse a queste 1.439 se ne saranno aggiunte altre, non lo so.
Ho appreso della presenza del ministro della giustizia a Bolzaneto dalla stampa il giorno dopo. È venuto da me la mattina il Vicepresidente del Consiglio, accompagnato anche da altri parlamentari, per dare un saluto alle forze di polizia, nella persona del questore, tant'è che l'ho condotto anche a visitare la centrale operativa. Si è trattenuto con il questore, credo anche con il prefetto Andreassi per qualche minuto a prendere un caffè. Tutto qui.
È stata questa una vicinanza che a me ha fatto molto piacere perché un Vicepresidente del Consiglio ed altri parlamentari capivano il problema da affrontare e ciò è stato anche un motivo di orgoglio. Il Vicepresidente del Consiglio, con gli altri parlamentari, successivamente hanno raggiunto Forte San Giuliano per rendere visita anche al comando dei carabinieri. Mi sembrava giustissimo.
Parliamo ora del 20 luglio. Nel giorno 20 le manifestazioni dovevano iniziare ad una certa ora, secondo le indicazioni del Genoa social forum. Invece sin dalle 8-9 di mattina erano già cominciate le aggressioni in varie parti della città: zona alta, quarta e quinta e via dicendo. I nostri reparti erano, pertanto, in movimento per le aggressioni che continuavano. Il Genoa


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social forum doveva arrivare all'obiettivo verso le 14 o le 15; invece è arrivato molto tempo prima. Quindi c'era già un movimento sulla piazza a grosso rischio.
Quando il Vicepresidente del Consiglio ed altri parlamentari si sono recati a Forte San Giuliano sono stati costretti a rimanere lì perché non potevano più uscire. Sia sulla strada verso il mare, sia sulla strada verso i monti vi erano manifestanti e forse anche, incidenti in corso. Questo è ciò che mi risulta.
GIANNICOLA SINISI. Per quanto riguarda il presidente della provincia?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Le segnalazioni del presidente della provincia, Marta Vincenzi, sono arrivate. Penso che il capo della Polizia abbia letto le mie risposte ed il rapporto all'autorità giudiziaria, in ordine a quelle segnalazioni. Siamo intervenuti, sia noi che l'Arma dei carabinieri e non abbiamo notato nessuno.
In quelle circostanze abbiamo identificato anche i custodi; abbiamo riscontrato che trenta o quaranta persone - cito a memoria - avevano invaso un altro edificio a causa delle piogge. Non c'è stato comunque chiesto di mandarli via. Stavano lì tranquilli e sereni. Successivamente, nel corso della nottata, abbiamo ricevuto la telefonata di un'interprete russa, dipendente della provincia, la quale affermava che erano stati invasi un primo o un secondo piano. Siamo tornati, insieme ai carabinieri, se non erro, ed abbiamo constatato che tutto era tranquillo e sereno.
Il giorno successivo, su ulteriore chiamata, siamo intervenuti e siamo stati attaccati. Dinanzi a tre o quattro mila persone che uscivano da un centro di accoglienza limitrofo, circondando le forze dell'ordine, la colonna della polizia è


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stata costretta a retrocedere. Non so se ha notato dai filmati che in molte occasioni siamo stati attaccati da più parti. Genova è infatti una città costruita a catino: siamo stati attaccati anche dall'alto. Nessuno ricorda, e mi dispiace doverlo sottolineare, che sono state attaccate quattro caserme ed un carcere. Hanno attaccato due caserme della Polizia di Stato, una dei Carabinieri, una della Guardia di finanza e infine il carcere.
ERMINIA MAZZONI. Ringrazio personalmente il questore ed esprimo inoltre il mio profondo apprezzamento per i toni pacati con i quali ci ha esposto i fatti dei quali è stato protagonista, nonostante oggi sia comunque destinatario di un provvedimento che, ad evidenza, lo ha colpito in maniera non del tutto logica e comprensibile dal mio punto di vista.
La sua relazione è stata, nonostante questo coinvolgimento personale, assai completa ed oggettiva, connotata da un alto livello di professionalità che ho personalmente apprezzato. Pertanto, riduco ulteriormente le mie domande, dal momento che i colleghi che mi hanno preceduto hanno già formulato approfondimenti da me ritenuti necessari, come quelli concernenti la parte riguardante il provvedimento prefettizio che perimetrava la città, con l'individuazione della zona gialla.
Mi sembra, se sbaglio il questore mi correggerà, che il provvedimento che perimetrava la zona gialla non è stato derogato concretamente nella fase attuativa, ma è rimasto unico, dal momento che non ve ne sono stati successivi, e che è stato attuato concretamente, perché le manifestazioni svolte nelle piazze tematiche sono state di un certo tipo, come spiegato dal questore. Esse non hanno contraddetto l'indicazione prefettizia. In tal modo siamo restati nell'ambito della


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sicurezza; tra l'altro, ciò è dimostrato dal fatto che non vi sono state manifestazioni violente né danneggiamenti in particolare in quelle zone.
Un ulteriore dato relativo alla sera del 21 luglio. Il 21 luglio lei parla di una notizia che la raggiunge presso la questura; lei è in presenza di altre persone, ma non specifica dettagliatamente chi fossero; afferma genericamente: « si decise », ma non dice esattamente chi decise.
Vorrei sapere - la domanda è stata già posta - nel dettaglio quali siano state le fasi decisionali: è arrivata la notizia, da parte di chi? Dalle pattuglie che erano state attaccate nelle zone limitrofe all'istituto? Lei ha appreso la notizia: vi è stata una riunione? Esiste un verbale? Con chi si è giunti alla determinazione di procedere ad un intervento? Successivamente, lei parla di un primo intervento, di un'ulteriore sollecitazione e di un invio di un ulteriore contingente, sebbene ristretto numericamente.
Esiste un documento, e chiedo se sia possibile acquisirne copia, che tracci in maniera più chiara le varie fasi e i momenti decisionali che hanno preceduto la perquisizione dell'edificio scolastico e che individui i soggetti concretamente coinvolti sia nella fase decisionale sia in quelle successive? Dalla documentazione in nostro possesso emergono sicuramente delle lacune che sarebbe utile colmare.
Inoltre, lei fa riferimento a soggetti responsabili del Genoa social forum, contattati dal momento in cui ha ricevuto la notizia fino al momento in cui è stata avviata l'operazione, per avere conferma della presenza, presso l'istituto, di soggetti non pacifici e non riconoscibili nel Genoa social forum. Vorrei allora capire chi siano questi soggetti che lei individua come responsabili. Credo infatti che la difficoltà che noi abbiamo oggi, procedendo in questa indagine conoscitiva, è quella di


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capire chi siano i soggetti che hanno in concreto mascherato tali soggetti violenti. Vi è stata poi una confusione tra manifestanti pacifici e manifestanti violenti. Dobbiamo allora cercare di capire se questa confusione - elemento che, anche se non ha impedito, ha quanto meno reso difficile alle forze dell'ordine la possibilità di operare concretamente, interrompendo quindi tutte le manifestazioni - abbia inciso sulle modalità attraverso le quali si è arrivati all'individuazione dei responsabili del Genoa social forum. Chi sono questi soggetti che avete interpellato e che grado di affidabilità avevano? In particolare, e a questo ricollego l'ultima domanda, quale è stato, se vi è stato, il ruolo ricoperto dalla questura nell'assegnazione degli istituti e delle strutture ai manifestanti in genere? Da quando è emerso dalle dichiarazioni del presidente della provincia e del sindaco di Genova, infatti, non è chiaro il criterio secondo cui si è affidato a Tizio e non a Caio una determinata struttura e con quale garanzia per la pubblica incolumità.
In tal senso, le chiedo se la questura era stata informata, se sapeva chi occupava determinate strutture e che garanzie aveva acquisito ai fini della sicurezza e dell'attività che doveva svolgere.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Ho affermato nella mia relazione che nel mio ufficio la sera famosa perquisizione erano presenti oltre al questore - il dirigente della DIGOS mi fa un appunto -il vicecapo vicario della Polizia, prefetto Andreassi, e il suo segretario dottor Costantino, il direttore della direzione centrale polizia di prevenzione, il prefetto La Barbera, il primo dirigente Giovanni Fiorentino, il dirigente superiore Giovanni Luperi, il dottor Gratteri, direttore dello SCO, il dottor Gilberto Caldarozzi, dirigente dello SCO, il dottor di Bernardini e il dottor Murgolo, vicequestore vicario


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di Bologna. Il dottor di Bernardini è il funzionario che ha subito un'aggressione. Quando il dottor di Bernardino e il dottor Caldarozzi ci raccontano dell'aggressione subita, dopo esserci tutti consultati, si decide di procedere all'intervento ai sensi dell'articolo 41. Dico «si decide» perché sarebbe stato minimale affermare che l'intervento era stato deciso dal questore, vista la presenza nella stanza di altri esponenti qualificati del dipartimento. È stata una idea condivisa.
Ripeto pertanto che si è trattato di un'idea condivisa da tutti, me compreso. Devo inoltre dire - la mia coscienza mi impone di farlo - che il prefetto La Barbera mi ha sollecitato - io non vi avevo nemmeno pensato, data la situazione di grande stanchezza - per fare intervenire sia l'elicottero sia i Vigili del fuoco con le fotocellule ed il gruppo elettrogeno.
Con questo voglio dire che mi assumo le mie responsabilità decisionali e non mi nascondo dietro un dito: la linea è stata condivisa. Non ricordo che ci sia stata qualche indicazione diversa, ma se il prefetto La Barbera, il direttore dello SCO o il vicecapo della Polizia mi avessero chiesto cosa fare avremmo riflettuto ancora di più. Naturalmente (leggevo sulla stampa ieri o l'altro ieri che c'è stata qualche incomprensione), dal momento che la mia stanza non era tanto piccola, magari, mentre andavo a telefonare, può darsi che si siano scambiati qualche battuta. Le sto esattamente dicendo quello che a me risulta.
Devo anche ammettere, per onor di verità, una cosa che è stata detta in quest'aula. Dal momento che allo SCO era stato demandato di verificare all'interno della zona rossa eventuali disservizi, come mai lo SCO stava al di fuori di essa? Una delle domande che mi ha fatto l'ispettore Micalizio è stata la


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seguente: tu sapevi che lo SCO stava al di fuori? Io ho risposto di no; egli ha detto che il questore avrebbe dovuto saperlo ed io ho accettato il rilievo
Con i responsabili del Genoa social forum, io ho avuto contatti in seconda o terza battuta, perché i contatti erano a livello dipartimentale, cioè a livello del prefetto di Genova, e anche lo stesso Capo della polizia, è notorio, è venuto a Genova per parlare con questi rappresentanti, che erano 10 o 15 persone. I contatti più stretti erano quelli con Kovac, Morettini e Agnoletto: queste erano le persone con le quali avevamo più contatti, almeno a quanto mi risulta. Si tratta di persone che rappresentano a Genova il Genoa social forum e, onestamente, non sono in grado di dare altre informazioni. Comunque erano dei referenti sicuri, certi, e quella sera, se non erro, proprio Kovac ci ha detto: a noi non interessa più quella scuola, siamo andati tutti via, abbiamo 25 treni straordinari, la città pullula di gente; quindi ritengo probabilissimo che all'interno della scuola siano andate persone non gradite: questo è il contenuto di quella telefonata.
Credo di aver risposto a tutte le domande, onorevole Mazzoni.
ERMINIA MAZZONI. Confermate le mie valutazioni sulla zona gialla?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Sulla zona gialla non ci sono stati altri provvedimenti: rimangono fermi quelli dell'ordinanza prefettizia, per cui il questore, qualora fossero state avanzate richieste di manifestazioni che comunque non incidessero sull'ordine e la sicurezza pubblica, aveva la facoltà di autorizzarle. Quindi, non ci sono stati altri provvedimenti
GRAZIA LABATE. Signor presidente, ringrazio anch'io il questore Colucci per la relazione esauriente che ci ha esposto.


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Rivolgo essenzialmente due domande.:quasi due terzi della relazione contengono, a mio modo di vedere, un'analisi attenta delle preoccupazioni che da molto tempo avevano investito le diverse responsabilità di ordine pubblico sulle peculiarità del movimento che complessivamente sarebbe arrivato a Genova, anche grazie alle azioni di intelligence e di prevenzione che erano state compiute. Rispetto a questo, signor questore - credo di averglielo detto anche a caldo, dopo gli episodi genovesi, ma oggi ne trovo conferma da una lettura attenta di tutti i documenti, avendo seguito attentamente la sua relazione -, quindi, anche rispetto a quanto da lei affermato nella relazione - che diventava sempre più difficile, negli incontri nei quali venivano richiesti i luoghi della città per poter svolgere manifestazioni stanziali, simboliche, e non veri e propri cortei - le confesso che mi riesce davvero difficile comprendere come abbia potuto emettere l'ordinanza ancorché - come lei afferma nella relazione - la richiesta da parte del Genoa social forum era complessiva e quindi non si capiva, rispetto alle piazze tematiche, quali sarebbero state le sigle che in quei luoghi avrebbero pacificamente manifestato la propria presenza. Infatti, ho colto nella sua relazione una preoccupazione costante rispetto a questo punto, tant'è che in alcuni passaggi lei addirittura ha usato il termine «ingenuità»: tuttavia è stata data una autorizzazione complessiva. La domanda è: non ritiene, forse, che occorreva avere maggiori precisazioni, soggetti e nomi a cui facessero capo le responsabilità, anche se so bene che in molte occasioni ciò non si poteva dire o non si riusciva a dire, perché, è noto a tutti che i movimenti hanno anche delle modalità di rappresentazione che non sono così semplici e lineari.
Tuttavia, tornando alle sue preoccupazioni, che ho trovato anche nelle documentazioni fin qui pervenute, ritengo che


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forse, se le preoccupazioni erano di quella natura, occorreva insistere per avere responsabilità, nomi e sigle che avrebbero in qualche modo preso parte alle manifestazioni nelle piazze tematiche della nostra città.
La seconda domanda che voglio formularle è relativa alla vicenda della scuola Diaz; lei ha descritto ciò che si è verificato quella sera, a partire dalla segnalazione che le era stata fatta da alcuni uomini della DIGOS e della squadra mobile, a seguito degli avvenimenti di via Cesare Battisti. Lei descrive bene tutto l'andamento della vicenda e poi dice di aver preso parte a quella riunione, ma che a un certo punto, si è allontanato, nel momento in cui si dovevano decidere le modalità operative. Ci possono essere mille legittime motivazioni del suo allontanamento: le chiedo se è stato poi informato delle modalità operative, essendo lei il tutore responsabile delle vicende che si sono susseguite, e, se ciò non è stato fatto, perché, oppure se è stato fatto parzialmente o in maniera non esaustiva. Questa era la l'ultima domanda.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Onorevole Labate, effettivamente il nostro problema era la mancanza di affidabilità del Genoa social forum. Lei ha visto i comunicati del Genoa social forum: recano in calce circa 700 o 800 sigle. Abbiamo avuto contatti con Morettini, Kovac e un'altra persona di cui non ricordo il cognome; i nostri referenti erano loro oltre ad Agnoletto e abbiamo insistito più volte per sapere da loro come sarebbe avvenuta l'occupazione nelle piazze, tant'è che io come questore ho appreso solo successivamente (e ciò è stato forse un mio difetto) che la rete Lilliput aveva preso possesso della piazza tematica Manin. Come mai, nonostante la rete Lilliput sia una nota organizzazione pacifista, siamo stati costretti ad intervenire in piazza Manin? Perché, come poi ho appreso, alcuni black bloc erano entrati in quella piazza


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ed in piazza Dante per creare quell'attimo di tensione per cui siamo dovuti intervenire. Solo allora ho appreso che lì era presente la rete Lilliput: forse sarà stato un mio difetto, ma solo all'ultimo, forse vedendoli sul territorio, abbiamo appreso quale era la loro effettiva collocazione.
Non so se ho risposto a tutte le domande. Le preoccupazioni c'erano ed erano notevoli tant'è che le stesse sono stato oggetto di riflessione in varie riunioni svolte nelle sale riunioni della questura insieme ai comandanti dei reparti e a funzionari altamente qualificati che il giorno dopo dovevano stare anche sulla piazza. Tutta questa problematica è stata veramente sofferta e vissuta d'intesa anche con gli alti vertici ministeriali; pertanto il questore non si sente commissariato, anzi oggi devo ancora ringraziarli perché hanno dato veramente un supporto notevole, a prescindere dall'esito; vi è stato veramente un impegno straordinario di tutti.
Per quanto riguarda la scuola Diaz, lei ha affermato giustamente che al momento di decidere le modalità operative mi sono allontanato. Questa mattina mi sono corretto affermando che ho preso parte alla riunione e poi mi sono allontanato (ricordo ancora il momento) quando i dirigenti della squadra mobile e della DIGOS, consigliati anche da altri dirigenti superiori, proponevano di effettuare in più parti alcuni accerchiamenti: a quel punto sono uscito dalla stanza, anche perché tali decisioni non mi competevano. Non sono, infatti, un ufficiale di polizia giudiziaria e mi sono solamente preoccupato che essi avessero un supporto di personale che li proteggesse da eventuali azioni violente da parte di altri. Ecco il motivo per cui ho impegnato i reparti che stavano sotto la questura come vigilanza e come reparti di riserva per andare sul posto e per bonificare la zona esterna a quella in cui si doveva svolgere la perquisizione. Mi sono preoccupato in un


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secondo momento (torno sull'argomento sollevato dall'onorevole Mascia; quando si venne a creare una situazione di allarme per la sicurezza pubblica mandai sul posto il dottor Calesini, ma ad un certo punto persi il contatto con il funzionario perché la batteria del suo cellulare si era scaricata. A questo punto si è creata una situazione - per onor di onestà e di correttezza lo voglio ribadire all'onorevole Mascia, che ha fatto insieme ad altri parlamentari da cuscinetto tra le forze dell'ordine (Commenti del deputato Mascia), nel senso che si è cercato di calmare gli animi di taluni che si trovavano all'esterno - per la quale quando, attraverso una telefonata, ho avuto la notizia che il collega stava bene mi sono tranquillizzato. Tutto ciò riguarda sempre l'aspetto dell'ordine pubblico.
GRAZIELLA MASCIA. Vorrei intervenire a titolo personale; quando il presidente lo riterrà opportuno o al termine dell'audizione spiegherò come sono andate le cose anche per rispondere al quesito che ha posto il collega in precedenza. Mi dica lei quando sarà il momento: poiché ciò si può fare in aula, mi sembra giusto poterlo fare in questa sede. Qui è stato usato il mio nome dicendo che ho svolto un determinato ruolo, ma non è così.
PRESIDENTE. Non mi pare che si sia detto ciò.
GRAZIELLA MASCIA. Io sono entrata col dottor Calesini alla fine dell'operazione, quando non c'era più nulla...
PRESIDENTE. Alle 14,30: ciò è stato detto.
GRAZIELLA MASCIA....semplicemente per vedere ciò che hanno potuto vedere tutti in contemporanea.


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PRESIDENTE. La sua posizione è chiara.
GRAZIELLA MASCIA. Cuscinetto un bel niente! Infatti, ci è stato impedito fisicamente di entrare durante le operazioni.
PRESIDENTE. Ciò non ci interessa. Il fatto di specificare che lei alle 14,30....
GRAZIELLA MASCIA. Vorrei almeno che si chiarisca ai colleghi che non abbiamo svolto nessun altro ruolo.
ANTONIO TOMASSINI. Dottor Colucci, la ringraziamo per la sua relazione che mi sembra abbia fatto anche chiarezza sulla propedeuticità ed il valore di azioni e reazioni. Tuttavia, per quanto riguarda l'episodio di Bolzaneto che lei ha riferito, ha parlato di una visita medica all'arrivo di queste persone e di una visita medica di presa in carico presso la situazione giudiziaria dallo stesso medico dell'amministrazione penitenziaria. Vorrei capire da chi discendeva tale decisione e allo stesso modo - così come aveva chiesto il collega Sinisi - vorrei ritornare sulle sette postazioni che dovevano garantire quel ciclo completo, poi ridotte a due. Lei ci ha detto che nella prevenzione si era stabilita la dimensione di queste celle nude, capaci di contenere addirittura 20 persone alla volta; era chiaro, quindi, che si ipotizzasse un determinato carico di lavoro. Ora, proprio nel momento in cui tale carico di lavoro raggiunge il massimo, tali postazioni vengono ridotte e - se me lo permette - le giustificazioni che lei ha addotto non sono sufficientemente accettabili con riferimento proprio a quel giorno ed a quel momento.
Per quanto riguarda il secondo episodio relativo alle scuole Pertini e Diaz, lei ci ha detto di non aver contribuito alle ultime scelte operative, però ci ha parlato in un certo modo


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di informazioni che provenivano da quella zona intanto che si preparava questo tipo di azione, tant'è vero che ci ha riferito che le era stato detto che comparivano una sorta di sentinelle degli occupanti della scuola che sorvegliavano quella zona. Vorrei sapere perché nell'ambito di un'operazione che si aveva tutto il modo di preparare vi sia stata sostanzialmente una certa improvvisazione e ciò è dimostrato dal fatto che quando i mezzi giunsero sul posto, si dovette addirittura ricorrere a un mezzo privato per aprire i cancelli, perché non si avevano mezzi idonei per farlo, il che avrà comportato ovviamente tempo. Tutto ciò evidenzia una certa improvvisazione in quel tipo di scelte organizzative.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Senatore Tomassini, a Bolzaneto era stato stabilito che lo stesso medico dovesse visitare i fermati o gli arrestati al momento dell'arrivo e successivamente. Penso che il medico abbia una sua deontologia professionale e non possa cambiare le carte in tavola. A noi interessava che vi fosse la visita di un medico. Tenga presente che avevamo decine e decine di medici sul territorio, i quali dovevano sopportare il carico di lavoro di tutte le 15 mila unità delle forze di polizia presenti. Erano previsti turni di tutti gli ufficiali, dei medici e dei nostri sanitari; d'intesa era stato predisposto un piano - di cui qui nessuno ha parlato - di sicurezza sanitaria veramente eccezionale. Oggi, alla luce dei fatti, avremmo previsto la presenza di cinque medici e non di uno. È chiaro che a posteriori tutto può essere sindacato. Credo che un medico sia un medico. Lei ha ragione: abbiamo ridotto le postazioni da sette a due o tre perché abbiamo avuto problemi. Anche questo è stato un incidente di lavoro che può accadere. Non doveva capitare ma è capitato (talvolta si buca anche la ruota di una macchina) ed io lo sto ammettendo. Ciò ha comportato un maggior carico di lavoro per le postazioni


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rimaste ed una maggiore attesa del fermato o dell'arrestato: è vero.
Per quanto riguarda le scuole Pertini-Diaz lei parla di scelte operative. È vero: ho assistito, nella sala delle riunioni, al briefing tenutosi sul modo in cui intervenire, dato che il luogo non era facilmente raggiungibile. Dopo essermi preoccupato di fornire il supporto di un reparto inquadrato e di ribadire, così come ho detto nella mia relazione, la necessità di procedere con massima cautela e prudenza (e mentre dicevo questo era vicino a me - e l'ha sentito benissimo - anche il prefetto La Barbera), ho lasciato la riunione (anzi, se vogliamo essere più precisi, sono sceso giù per vedere il momento della partenza). Del resto, essendo questore di Genova, ho anche altri compiti ed altri incarichi. In particolare, dovevo ricevere le delegazioni, volevo conoscere la situazione relativa ai Capi di Stato, cioè avevo una miriade di obblighi di lavoro a cui attendere. Dal momento che si trattava esclusivamente di un'azione di polizia giudiziaria, una volta curato un certo aspetto con i miei referenti sul posto qualunque altra mia parola sarebbe stata di confusione in quel contesto.
Infine, non è esatto - mi consenta - quello che lei ha detto in riferimento al cancello, che è stato aperto con un mezzo nostro e non con quello di un privato (Commenti del senatore Tomassini)... Non è vero, è stato un mezzo del reparto mobile a sfondare il cancello.
LUCIANO MAGNALBÒ. Signor questore, la prego di rispondere con precisione alle nostre domande: qualche risposta, infatti, mi è sembrata un po' imprecisa o, perlomeno, mi è parso che lei non abbia colto l'oggetto della domanda. Mi riferisco, ad esempio, a quella rivoltale dal senatore Bobbio sui poteri che secondo lei ha il capo della Polizia in una vicenda come questa. Intervengo anche per avere un chiarimento


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sull'ormai inquietante ruolo che l'onorevole Mascia ha avuto nella vicenda, perché non lo abbiamo ben capito.
MARCO BOATO. Questa domanda non è corretta!
LUCIANO MAGNALBÒ. Devo sapere quello che è successo quel giorno! Presidente, sono le 14, ma noi dobbiamo poter fare le nostre domande.
Vorrei ritornare indietro e riagganciarmi alla domanda fatta prima dall'onorevole Cicchitto relativa all'attività informativa che lei ha classificato come di ottimo livello: tale attività fa parte di quel rapporto della DIGOS che, alla fine lei ha dichiarato di non conoscere. Vorrei chiederle a chi è stato mandato questo famoso rapporto della DIGOS e se esso coincide o meno con quanto riportato nel suo documento a pagina 31. In tale documento si parla di attività informativa riguardo ad un «blocco rosa» (che sarebbe quello dei pacifisti) e ad un «blocco giallo» che si riferisce alle tute bianche. L'attività informativa dice che tra le tute bianche si proponeva di dare alle fiamme dei copertoni, e di farli rotolare lungo le strade in discesa; di improvvisare blocchi stradali e ferroviari; di lanciare letame, pesce marcio, anticrittogamici, pupazzi imbottiti di pietre o frutta piena di lamette di rasoio; di utilizzare furgoni e camper turistici nei quali custodire strumenti da offesa e difesa. Questa sarebbe - mi domando - la parte pacifica dei manifestanti.?
Le rivolgo quattro domande. Si è discusso di questa informativa in quel famoso comitato nel quale c'erano tutti e nessuno? Parlò di questo rapporto con l'architetto Paolini, che era incaricata di gestire i contatti per conto del Governo italiano con i rappresentanti del Genoa social forum? Chi erano gli esponenti - nomi e cognomi - del movimento con cui l'architetto Paolini si relazionava a nome del Governo


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italiano? Chi, secondo lei, in base al rapporto stilato, sarebbe stato competente a gestire l'ordine nella piazza di fronte ad una annunciata guerriglia urbana?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Occorrerebbe fare una disquisizione giuridica in merito ai poteri del capo della Polizia sul questore di Genova: la legge parla chiaro e si riferisce all'autorità nazionale di pubblica sicurezza, che è il ministro, il quale dà gli input politici al prefetto ed altri input tecnici al direttore generale del dipartimento, il quale li trasferisce in capo al questore. Forse, ci si dimentica che il direttore generale del dipartimento è anche capo della Polizia. Quindi c'è una sorta di rapporto gerarchico tra capo della Polizia e questore. È un discorso un po' complesso che andrebbe, a mio giudizio, approfondito in altra sede; qui io mi permetto solamente di socchiudere una finestra. Non sta a me dare altri giudizi ed altre giustificazioni. Il capo della Polizia mi è sempre stato molto vicino per quanto riguarda questa attività. Non poteva fare altrimenti, è giusto così e lo ringrazio anche per questo. Sarebbe da sciocchi pensare che un evento straordinario possa essere delegato al questore senza alcuna preoccupazione: oltre al supporto logistico, materiale, affettuoso ed umano, vi è qualcosa di più. Ecco perché ribadisco il mio ringraziamento al capo della Polizia ed al dipartimento, perché mi sono stati veramente molto vicini.
Per quanto riguarda l'attività informativa a cui faceva cenno il senatore, forse mi sono confuso. Prima si parlava di un rapporto DIGOS: un rapporto conclusivo di una attività investigativa. Da quello che so io si sta rileggendo tutta l'attività investigativa e informativa pregressa; quindi, c'è una chiave di lettura diversa da quella che poteva essere utilizzata anteriormente all'evento. Questo capita nel campo di cui si occupa la polizia giudiziaria (sono molto esperto in proposito),


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ma può capitare anche per altro tipo di attività. Si sta, quindi, rivedendo un po' tutto. Le notizie che avevamo sulle intercettazioni telefoniche, di cui ho fatto cenno nella mia relazione, sono molto vaghe, evanescenti: come si potevano verificare? Lo si è fatto con servizi di appostamenti e di controlli tutti rapportati, poi, al magistrato. Ciò che c'era da fare, a livello preventivo, a mio giudizio è stato fatto.
Invece, lei ha fatto cenno - mi scusi, senatore, se sbaglio - ad un'opera di intelligence sui vari blocchi; ma, al riguardo, il riferimento non può essere solo all'attività di intelligence della questura di Genova; sarebbe riduttivo e non ci consentirebbe di conoscere uno scenario mondiale. Si è trattato di un lavoro che, svoltosi a livello dipartimentale ed a livello dei servizi, è stato eccezionale. Certo, si può obiettare che abbia avuto un esito diverso dalle aspettative ma, come ho detto anche nella mia relazione, ciò nulla toglie all'eccezionalità del servizio; l'intelligence ha funzionato e di più, secondo me, non si poteva fare.
Lei mi chiede della Paolini: l'ho vista una sola volta. Ha avuto contatti a livello politico quindi, con il prefetto di Genova, con il Ministero. Se vuole avere un giudizio mio personale, devo dire che non vedevo nella Paolini una valida interlocutrice in un contesto che era molto più ampio e molto più grande di lei; tant'è che, ad un certo punto, è «sparita». Forse sono troppo sincero e spontaneo, ma questa è la mia verità.
CESARINO MONTI. Ringrazio il dottor Colucci per la sua schiettezza nell'esposizione dei fatti; credo sia una delle poche persone a non aver recitato da quel palco e, forse, ad aver parlato con il cuore, il cuore di un uomo che ha lavorato nelle piazze e che forse ha anche sbagliato; però, lo ringrazio ugualmente.


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Tuttavia, con l'ultima risposta data al senatore Magnalbò, lei ha difeso strenuamente il capo della Polizia. Con il suo intervento e la sua relazione ha demolito le fondamenta della relazione del capo della Polizia, perché ha affermato che egli aveva lasciato autonomia piena al territorio, a lei ed al prefetto. Ha anche detto che dei fatti della scuola Diaz non è stato informato, ma ne è venuto a conoscenza solo quando ha chiesto di poter fare intervenire la polizia. Tuttavia, nella sua relazione, lei ha detto che, un'ora e mezza dopo aver informato personalmente il capo della Polizia, ha chiesto di poter ricorrere ai carabinieri. Credo che su ciò il Comitato debba riflettere e che il capo della Polizia, dottor De Gennaro, debba ritornare in quest'aula o per smentire parte di quanto detto da lei o per scusarsi con il Comitato. Credo che lei sia stato rimosso forse ingiustamente, visto che pagano sempre i sottoposti e mai i capi. Le rivolgo due domande: anzitutto, le chiedo se la sua rimozione sia dovuta solo ai fatti del G8 o se vi sia qualcos'altro; quindi, le domando quale rapporto abbia avuto lei con il prefetto Sorge, cioè il capo di gabinetto del Ministero dell'interno.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Sono stato rimosso dall'incarico, con provvedimento del ministro, e destinato al Ministero come consigliere ministeriale dopo i fatti del G8. Si tratta di un provvedimento che trovo anche giusto, data la situazione che si è venuta a creare a livello mondiale ed io, con massimo rispetto, obbedisco alle disposizioni del ministro. Quanto al rapporto con il prefetto Sorge, ho partecipato anch'io (credo per volere del capo della Polizia) a due comitati nazionali sull'ordine e sulla sicurezza pubblica. In quella occasione, se non erro, credo di aver visto e salutato il prefetto Sorge.


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CESARINO MONTI. Lei conferma di aver avvisato il capo della Polizia un'ora e mezza dopo? Il capo della Polizia, in questa sede, ha detto di essere venuto a conoscenza per caso, solo in quell'occasione; non sapeva dei fatti della scuola Diaz. Lo ha affermato il capo della Polizia in quest'aula...
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Monti, non vorrei ricordare male, ma credo che il capo della Polizia abbia detto di aver ricevuto una telefonata alle 11.30. Poi, l'oggetto della telefonata lo verificheremo. Non capisco l'ora e mezza dopo...
CESARINO MONTI. Un'ora dopo...
PRESIDENTE. Un'ora dopo, ma da quale evento?
CESARINO MONTI. Un'ora dopo la prima comunicazione. Vi sono state due telefonate... Lei ha detto di aver informato personalmente il capo della Polizia ed il prefetto di Genova. Il capo della Polizia non ha detto così in quest'aula; ha detto di essere stato informato solo nell'occasione in cui gli è stato chiesto di poter fare intervenire i carabinieri; ad ogni modo, controlleremo gli atti e poi vedremo.
MARCO BOATO. Presidente, anche a nome del senatore Sauro Turroni, vorrei precisare che abbiamo ascoltato con la dovuta attenzione la relazione del dottor Francesco Colucci, questore all'epoca dei fatti connessi al G8 di Genova.
Contrariamente a quanto affermato, non esiste alcuna volontà di criminalizzazione indiscriminata delle forze di polizia, alle quali va la nostra solidarietà per l'adempimento dei propri doveri istituzionali; è esplicita, da parte nostra e di tutti, la condanna più ferma dei gravi episodi di violenza ed anche di vera e propria guerriglia urbana messi in atto a Genova nei giorni 20 e 21 luglio 2001. Ma è altrettanto


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evidente la necessità di accertare perché la doverosa azione di contrasto abbia coinvolto con gravi conseguenze molti cittadini inermi ed estranei alle azioni di violenza, cittadini convenuti a Genova per manifestare pacificamente e ritornati nelle proprie città dopo avere vissuto un'esperienza umana, oltre che politica, drammatica. Compito del Comitato è di appurare la verità dei fatti, rimanendo il compito di accertamento delle responsabilità penali alla magistratura; quello di accertamento delle responsabilità disciplinari, all'esecutivo; la verifica delle responsabilità politiche al Parlamento (anche sulla scorta dei lavori del Comitato stesso).
Prendendo atto dei contenuti della relazione, ed anche sulla base delle altre audizioni ed acquisizioni documentarie, appare evidente che la fase di preparazione era stata ragionevolmente adeguata alla complessità dei problemi previsti, e prevedibili, in occasione del G8. Risulta altrettanto evidente una grave discrasia tra le previsioni fatte e le strategie operative adottate, da una parte e la concreta attuazione di tali strategie nei giorni 20, 21 e 22 luglio, dall'altra. Mi riferisco sia alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, sia alla tutela dei diritti costituzionalmente garantiti e alla libertà di pacifica manifestazione, sia alla perquisizione operata alle scuole Diaz e Pertini, sia a quanto avvenuto nella caserma di Bolzaneto. Poiché nulla è stato detto su tale discrasia, salvo l'ovvio rinvio agli accertamenti dell'autorità giudiziaria e poiché, in conclusione, è stato esplicitamente dichiarato anche il dissenso - ripetuto più volte - rispetto agli accertamenti effettuati dagli ispettori ministeriali dell'interno, riteniamo opportuno, il collega Turroni ed io, non porre, oggi, ulteriori domande al dottor Colucci, riservandoci le valutazioni al riguardo in sede di dibattito generale ai fini della relazione conclusiva.


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LUCIANO VIOLANTE. Signor questore, ieri, dalla questura di Genova, sono pervenuti i cinque dossier, inviati, credo, dal suo successore, dossier che comprendono tutta l'attività da lei svolta sin da molto tempo prima; emerge, devo dire, un quadro di meticolosa preparazione, tanto che anche i non esperti possono cogliere la complessità di siffatto lavoro: ogni Capo di Stato ha specifici nemici, organizzazioni terroristiche che possono attentare alla sua vita; ricordo inoltre il numero delle delegazioni e le apparecchiature particolari. Ho notato persino che qualcuno aveva segnalato al sindaco che vi era un pavimento disselciato! Veramente si è trattato di un'opera perfetta dal punto di vista preventivo.
Tuttavia, mi pare evidente lo scarto tra quest'enorme, meticolosa preparazione e quanto poi è successo, giorno per giorno, nelle strade. Ora, lei si è fatto un'idea di come si sia potuta verificare siffatta discrasia tra l'accuratezza della preparazione ed alcuni elementi di confusione occorsi di giorno in giorno? Si è trattato di accadimenti dovuti alla complessità dell'evento in sé o qualcosa nelle istituzioni non ha funzionato? Lo dico non tanto in relazione a quanto è successo ma anche per il futuro in vista del quale la questione è certamente una delle principali che dobbiamo porci. Lei giustamente ha fatto riferimento alla dimensione internazionale di questo avvenimento. Volevo chiederle se la dimensione internazionale di un avvenimento incide sulla responsabilità dell'autorità locale di pubblica sicurezza oppure no, nel senso che la responsabilità è determinata dalle dimensioni dell'avvenimento o dal luogo dello stesso?
Lei ha poi ha sostenuto che l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza mettono a disposizione del prefetto i propri contingenti, ma non dovrebbero metterli a disposizione del questore ?


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Vi è poi una terza questione: c'è differenza fra ordine pubblico e antiguerriglia ? Vale a dire, l'operazione di ordine pubblico è di puro contenimento della manifestazione senza intervento nei confronti di singoli episodi di guerriglia e l'antiguerriglia è una cosa diversa che si aggiunge all'ordine pubblico oppure no ? Affermo tutto ciò per capire, perché lei comprende che gran parte dell'opinione pubblica meno attrezzata - ed io tra questi - possa rimanere stupita del fatto che non si intervenga nei confronti di singoli che compiono atti vandalici.
Può darsi che questo non sia il compito dell'ordine pubblico e, quindi, lo comprendiamo, anche perché mi pare che si sia demolito un po' dappertutto ( Göteborg, Nizza, Seattle); dovunque ci sono stati gravissimi danni alle proprietà private e pubbliche e, quindi, ritengo che questo sia un elemento che, purtroppo, accompagna queste manifestazioni: tuttavia, volevo capire bene la differenza.
Per quanto riguarda la caserma Diaz mi riaggancio alla domanda che aveva formulato il collega della Lega, senatore Monti. Lei avvertì due volte il capo della Polizia su due diverse questioni o lo avvertì una sola volta per chiedere la disponibilità del contingente dei carabinieri ?
Per ciò che concerne la riduzione delle postazioni a Bolzaneto, quale fu il fatto specifico che determinò tale contrazione ?
Come ultima questione, lei ha notizie sull'estintore che aveva Carlo Giuliani in mano nell'atto di lanciarlo ? Da dove proveniva tale oggetto, si è potuto stabilire oppure no ?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Presidente, lei dice giustamente che qualcosa non ha funzionato nell'esecuzione di quelle direttive di cui all'ordinanza e alla vasta documentazione che è stata consegnata ieri e oggi dalla questura.


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LUCIANO VIOLANTE. È stato distribuito a ciascun appartenente alle forze di polizia che era in quei luoghi un opuscolo particolare su come comportarsi che, come dire, è perfetto. Ai tiratori scelti è stato distribuito un altro opuscolo particolare e, quindi, dal punto di vista preparatorio c'è stato un enorme lavoro quantitativo e qualitativo di cui volevo darle atto.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. La ringrazio, presidente. Per tale motivo io mi sono permesso di elogiare pubblicamente tutto il personale della questura di Genova e spero che lo stesso in tempi rapidi possa superare questo momento di imbarazzo. È vero, l'attività preventiva ha reso necessaria una mole di lavoro eccezionale e, successivamente, ciò che non ha funzionato è stato determinato dalla mancanza di comunicazioni, che in genere avvengono, tra le forze di polizia e i manifestanti che vogliono giustamente portare in piazza il loro dissenso, come previsto dalla Costituzione italiana.
Non ha funzionato il fatto che - come descritto nella mia relazione - noi non siamo attrezzati a fare tipo di guerriglia. Infatti, avevo già previsto un determinato impiego di personale per controllare la situazione del corteo. Successivamente, nelle riunioni cui erano presenti le persone già citate prima, qualcuno mi ha fatto riflettere sul rischio che magari 20 o 30 di queste persone potessero essere sequestrate e, quindi, abbiamo dovuto aumentare il numero del personale.
Ma nel fare tutto ciò siamo andati contro ad un'altra regola, perché Genova è una città dove è difficile la movimentazione. A ciascun reparto comandato da funzionari che venivano da fuori io ho assegnato degli scout e soltanto dopo mi sono reso conto che neanche quest'ultimi - cioè personale della questura di Genova - conoscevano bene la città, con conseguenti difficoltà negli spostamenti cittadini.


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I nostri mezzi sono grandi, ma la guerriglia non si combatte con questi ultimi. Citando anche una riflessione dell'autorità giudiziaria di Genova, noi siamo abituati ad agire in un altro modo e per combattere la guerriglia bisogna essere molto più snelli e agili. Questo è un discorso che ci deve far riflettere molto per il futuro e nella mia relazione ho fatto anche cenno che bisogna studiare altre strategie di fronte a questa globalizzazione, perché non esiste soltanto la globalizzazione del benessere ma anche quella delle manifestazioni, cioè anche l'altro aspetto della medaglia.
Credo che la mia relazione abbia chiarito abbastanza esaurientemente come hanno agito i black bloc. Per esempio, e l'onorevole Labate me ne può dare conferma, nei momenti in cui noi stavamo caricando in piazzale Kennedy perché loro volevano attaccare la nostra cittadella, il dirigente di quel servizio ha ordinato la carica che è durata tre o quattro ore: questo risulta dagli atti che lascerò al presidente.
Io sono sempre stato in centrale operativa - il primo giorno anche insieme al prefetto Andreassi -, dove abbiamo avuto anche qualche blocco degli apparati radio ed avevo un agente vicino a me che doveva raggiungere tutti i funzionari con il cellulare e impartivo delle direttive anche attraverso quest'ultimo. Ho avuto veramente molte difficoltà, ho vissuto quell'esperienza in un modo che non auguro a nessuno perché alle volte mi sentivo impotente, non per mia incapacità ma perché proprio non c'era nulla da fare.
Abbiamo risposto a tutte le segnalazioni che ci venivano rivolte e molte volte sentivo che il reparto non poteva raggiungere quella zona perché addirittura loro stessi venivano attaccati dai manifestanti. Quando abbiamo attaccato piazzale Kennedy, se non ricordo male, e i black bloc intorno a piazza Rossetti sfasciavano la banca e lo vedevamo attraverso le


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telecamere - perché poi il dipartimento ha anche potenziato in modo eccellente il tutto, si può vedere dagli atti -, io mi costernavo perché non si riusciva a passare.
L'onorevole Labate lo sa, noi avevamo di fronte circa 100-150 mila persone, che non rappresentano più un corteo, ma un lungo serpentone su tutto il territorio di Genova, che comprende 8-9 chilometri; disporre circa 100-150 mila persone su 8-9 chilometri equivale ad un'invasione totale.
Quindi, da nord non si poteva attaccarli perché vi era il corteo, ai lati e ai fianchi non potevamo perché lo stesso doveva defluire ancora e io sono stato chiamato più volte da qualche parlamentare e sono andato anche incontro agli stessi per cercare di non fare dividere il corteo.
Alla fine poi, mentre l'onorevole di cui ora non ricordo il cognome si è ritirato alla stazione di Quarto, ho dovuto faticare abbastanza affinché l'altra parte del corteo (diecimila, ventimila persone) continuasse a passare su quella strada. Mentre qualche parlamentare mi ha chiesto l'ausilio delle forze di polizia davanti al corteo per paura dei black bloc - ed io gliel'ho dato -, altri parlamentari mi hanno chiesto di farle allontanare. Quindi, diventa una provocazione, lei capisce, presidente Violante.
Allo stesso modo, assicuro ad un'onorevole - di cui non ricordo il nome, ma è riportato negli atti - di poter raggiungere la piazza dove doveva sciogliersi il corteo del giorno 21 e mando un funzionario, il dottor Jacobone, che prende contatto con taluni parlamentari. In seguito, si sposta verso Marassi e, dopo due ore, arriva un altro parlamentare dicendogli che deve andare via perché dà fastidio al deflusso del corteo. Il dottore Jacobone, chiaramente, mi informa ed io gli dico subito di andarsene via. Ho cercato con le figure istituzionali - e chi è più figura istituzionale di un parlamentare? -


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di dare il massimo ausilio e di avere il massimo colloquio, anche se qualche volta, magari, sono stato scortese perché lo stesso parlamentare si è rivolto nei miei confronti in modo abbastanza brusco.
FABRIZIO CICCHITTO. Questa mappa noi la vogliamo conoscere!
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non esiste mappa, esistono solamente le mie riflessioni.
Nell'ambito di un evento internazionale così ampio, sarebbe puerile pensare che il questore - che è sempre un'autorità di pubblica sicurezza a livello locale - possa manovrare una locomotiva che deve spaziare per tutto il mondo. Il questore ha bisogno di supporti, di consigli e di persone che gli si affianchino per condividere e vivere insieme quelle gioie e quei dolori. Forse è una mancanza di professionalità da parte mia, ma credo di aver sempre informato chi di dovere di ogni decisione che andavo a prendere, avendo il conforto, e alle volte anche l'autorizzazione, dei miei interlocutori. Non mi sentivo diminuito in questo. Io per primo ho detto nella mia relazione che mi sento responsabile, essendo l'autorità di pubblica sicurezza, ma sarebbe nascondersi dietro un dito se tutti quanti ci defilassimo e rimanesse il questore. Molte decisioni sono state condivise e, perché no, alcune anche imposte dal prefetto o dal questore per quanto riguarda l'ordine pubblico. Il dipartimento, l'ufficio di coordinamento, mette a disposizione del signor prefetto tutti i rinforzi che vengono mandati.
LUCIANO VIOLANTE. Quale dipartimento?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Il dipartimento del Ministero dell'interno. Il questore, per affrontare una certa


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situazione di ordine pubblico, chiede al signor prefetto una quantificazione di uomini. Magari si consulta anche con il colonnello dei carabinieri, perché il coordinamento c'è. «Tu che dici? 500 uomini? Benissimo, allora ce ne mettiamo 100 territoriali dei carabinieri e 100 territoriali miei, oltre ai quali servono 300 uomini». Il questore presenta la richiesta al prefetto che la gira al coordinamento, il quale stabilisce che 300 uomini della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri o della Guardia di Finanza siano messi a disposizione del prefetto, che dà al questore l'incarico per poterli utilizzare da un punto di vista tecnico.
LUCIANO VIOLANTE. Questo avviene anche quando gli uomini sono della stessa città?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. No, quando gli uomini sono della stessa città il questore stabilisce il suo personale, ma siccome egli deve emettere l'ordinanza, deve specificare come vengano impiegate le forze. Previa intesa con l'ufficio del colonnello comandante dei carabinieri, si stabilisce il numero del personale.
Per quanto riguarda l'ordine pubblico, nel momento in cui dei manifestanti vogliono protestare contro il preside, contro la scuola, contro un obiettivo ben determinato, persino contro le forze di polizia, queste devono garantire che coloro che vogliono manifestare pacificamente il proprio dissenso lo possano fare. Si devono cioè adottare tutte quelle misure di cautela affinché si possa svolgere il corteo e impedire che il corteo venga inquinato da altra gente facinorosa. Non è il caso di Genova, perché - come ho già scritto nella mia relazione - a Genova vi era una guerra aperta, l'obiettivo era chiunque. Vi era una violenza indiscriminata su tutto il territorio, senza un obiettivo. Mi riferisco anche ad un passo - anche se non


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ricordo bene quale -, in cui essi sostengono di voler combattere la proprietà privata.
A Genova, per me, non c'è stato ordine pubblico. C'è stato un ordine pubblico limitato alle «piazze tematiche». Lì sì avevamo delle persone, anche se erano tanti, che potevamo contenere e vigilare. Per il resto, non credo si sia trattato di ordine pubblico. Ricordo che quella sera ho telefonato al capo della Polizia, su suggerimento del prefetto Andreassi. Abbiamo preso la decisione: «Telefona al capo della Polizia». Ho telefonato e l'ho informato. Non credo di aver chiesto al capo della Polizia il solo impiego dei carabinieri.
LUCIANO VIOLANTE. Sì, ma siccome lei ha detto «qualcosa in più», se potesse informarne il Comitato...
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Avrò senz'altro riferito quanto si era deciso in quella sede. D'altra parte, già avevo la disponibilità dei carabinieri, perché stavano sotto la questura pronti ad un eventuale intervento in servizio, come emergenza. Credo che dopo qualche minuto mi abbia chiamato lui, per dirmi di informare il dottor Sgalla. Per quanto riguarda Bolzaneto...
LUCIANO VIOLANTE. Che cosa determinò la riduzione delle postazioni?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Avevamo del personale, se non erro...
LUCIANO VIOLANTE. Era insufficiente?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Sì, praticamente era in servizio da diverse ore. Sono state chiuse le cinque postazioni il cui personale addetto era in servizio dalle 7 del giorno


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precedente. Purtroppo, lo ammetto, c'è stato un disservizio nel calcolo del personale. Dovevamo amministrare la bellezza di 14.500 persone.
LUCIANO VIOLANTE. Capisco, è chiaro. E per quanto riguarda l'estintore?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Non ho notizie che riguardano l'estintore. Ho appreso dagli organi di stampa e dall'attività investigativa che pare sia stato rubato, ma onestamente non lo so.
PRESIDENTE. Vorrei solo ricordarvi che abbiamo mezz'ora di tempo e che ancora ci sono 7 colleghi che hanno chiesto di intervenire. Visto che molto è stato detto e molto è stato domandato, vorrei chiedervi di svolgere questi ultimi interventi senza preamboli, arrivando direttamente alle domande e chiedo anche al signor questore di usare, nelle risposte, la stessa cortesia di essere succinto, atteso che il quadro ormai è abbastanza chiaro.
GABRIELE BOSCETTO. Signor questore, lei ha parlato della decisione del Governo, nel dicembre 1999, di individuare come sede dell'evento la città di Genova. Proprio in relazione a quelle problematiche orografiche alle quali lei faceva cenno e che io ben conosco, essendo stato eletto nel collegio di Sanremo ed Imperia ed avendo studiato e trascorso parte della mia vita a Genova, vorrei sapere se lei personalmente formulò delle obiezioni rispetto a questa scelta, se qualcun altro lo fece, nell'ambito del servizio di sicurezza, dal prefetto in giù, oppure se la scelta del Governo fu considerata gradita e su di essa non si discusse in termini di situazione orografica e maggiore o minore difendibilità della città.


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Lei loda l'attività dei servizi segreti. Non riusciamo a capire esattamente quali servizi segreti siano intervenuti. Dovrebbe dirci se si tratti del SISDE, del SISMI, o di ambedue; dovrebbe anche dirci se, oltre al tentativo di individuazione dei gruppi politici di manifestanti e delle loro vocazioni più o meno violente, essi abbiano anche individuato soggetti singoli ad essi appartenenti, italiani o stranieri, con nome e cognome. Se questo è stato fatto, in quale misura e se possibile rendere più pregnante il lavoro di intelligence iniziandolo forse prima onde avere, al momento dello svolgimento del G8, una padronanza maggiore delle identità dei possibili partecipanti e manifestanti.
Vorrei anche sapere se, attraverso indagini dei servizi segreti o vostre, sia stato appurato qualche cosa riguardo i finanziamenti al Genoa social forum (Agnoletto) e alle tute bianche (Casarini): l'opinione pubblica si chiede come fossero supportate sul piano economico alcune iniziative ed attività, anche degli ultimi giorni, di un certo rilievo economico, al di là dello stanziamento per l'accoglienza approvato dal Parlamento. Chiedo se sia emerso qualcosa a tale riguardo.
Ancora, su Casarini, se può ricordarci quale fu la sua partecipazione alla manifestazione svoltasi a Genova alcuni mesi prima del G8 e se già in quell'occasione si fosse posto alla testa di qualche forma di violenza.
Ancora, se sia vero che all'uscita dalla scuola Diaz c'era uno schieramento di televisioni che erano state preavvisate e se sia stato accertato da chi furono avvertite, se da una sola o da più persone fisiche, se in un ambito istituzionale o extra istituzionale.
Vorrei ancora sapere che cosa ci si proponeva esattamente con la perquisizione, ex articolo 41 della scuola Diaz; (se il sequestro di armi o la cattura di soggetti manifestanti o


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ambedue) e se l'aver riscontrato ferite sui corpi di determinate persone (nonostante quello che poi sembra aver detto successivamente il tribunale nel corso del riesame) non significasse, di per sé, una partecipazione ad attività illegittime e cioè a lotte di piazza svoltesi nelle ore precedenti. Inoltre, se siete riusciti a distinguere coloro che sono stati picchiati nell'ambito diretto dell'operazione di polizia da coloro che si trovavano già lì in condizione di feriti ricoverati in questo ospedale di fortuna.
Ancora, vorrei sapere quali siano state le logiche della distruzione dei computer e del resto delle macchine (se vi è stata) nella scuola Diaz. Ci chiarisca anche, definitivamente, la differenza tra Diaz e Pertini, che tutte le volte ci sfugge e sfugge anche un po' a noi genovesi perché vi abbiamo studiato tantissimi anni fa (io vivevo proprio in piazza Manin).
Un'ultimissima domanda (mi scuso di avergliene poste così tante): una volta decisa la perquisizione della scuola Diaz, ex articolo 41, posto che a renderla formale fu un ufficiale di polizia giudiziaria, è emerso, ma non è stato ben chiarito, che furono avvisati anche un magistrato ed un rappresentante del Genoa social forum. Può dirci i nomi del rappresentante del Genoa social forum e del magistrato, se fu avvisato prima l'uno o l'altro e quali furono le ragioni dei due interpelli, il primo metagiuridico ed il secondo direi non necessario ai fini giuridici (mi riferisco quella del magistrato)?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Cercherò di essere rapido. Il Governo, nel 1999, ha stabilito che il vertice G8 si svolgesse a Genova. Sono state fatte considerazioni di carattere puramente personale, sul fatto che Genova fosse una città un po' difficile da un punto di vista logistico, ricordiamo però, che, all'epoca, non era stato ancora evidenziato il black bloc di Seattle e quindi, nonostante le difficoltà orografiche, all'epoca,


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la scelta di Genova poteva, forse, andare bene. Inoltre, questo discorso, in quanto questore e qualora fossi stato interpellato, mi riguarda fino ad un certo punto. Si tratta, inoltre, di una decisione presa con l'approvazione di una legge da parte del Parlamento e dunque una decisione su cui sono tutti sono stati d'accordo. Soltanto in un secondo momento alcuni hanno sollevato dei dubbi. Al momento della scelta da parte del Governo non c'erano motivi di obiezione, anche se Genova certamente non è Napoli. Il problema che ci siamo subito posti è stato quello della ricettività alberghiera insieme a molte altre considerazioni che sono state fatte e che ora tralascio perché altrimenti ci vorrebbero cinque ore!
Per quanto riguarda l'attività dei servizi, vorrei chiarire che ho parlato anche del CESIS, che raggruppa il SISDE e il SISMI, ma un notevole lavoro, forse ancora maggiore rispetto a quello svolto da questi due organismi è stato effettuato dalla direzione centrale di polizia di prevenzione, diretta dal prefetto La Barbera, il quale, come ho detto nella mia relazione, si è più volte recato all'estero per avere contatti con le altre polizie. Va quindi rivista l'intelligence.
Non so cosa dire per quanto riguarda l'eventuale finanziamento al Genoa social forum tranne quello riguardante l'accoglienza.
Quanto a Casarini, è già stato denunziato e mi risulta che il rapporto redatto dalla DIGOS pochi giorni fa abbia ribadito ed allegato il rapporto già precedentemente inviato al magistrato.
Per quanto riguarda chi abbia avvisato le televisioni presenti alla scuola Diaz, vorrei ricordarle che anche i rappresentanti del Genoa social forum erano muniti di telefoni cellulari - il movimento ha dimostrato senz'altro una eccellente organizzazione - e le informazioni venivano comunicate


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proprio con i telefoni cellulari; costoro erano pronti a coinvolgere la stampa, così come hanno videoregistrato gli episodi che ci riguardano, allo stesso modo potrebbero, anche loro, aver telefonato alla stampa e alle televisioni per farle affluire.
Perché per fronteggiare gli avvenimenti alla scuola Diaz si è applicato l'articolo 41? L'urgenza da un punto di vista tecnico c'era tutta; a mio parere l'operazione andava fatta, se poi fosse da ritenersi politicamente opportuna questo è un altro discorso, magari a mente fredda possiamo ragionarci. Comunque bisogna considerare che siamo stati aggrediti, sono stati lanciati contro le forze di polizia anche bombe molotov ed altri corpi contundenti; il vertice era ancora in corso, era stata una giornata difficile, avevamo subito molti danneggiamenti ed il giorno dopo i Capi di Governo dovevano addirittura spostarsi, il G8 doveva continuare. Inoltre c'era l'incontro in prefettura tra Putin e Bush, un prosieguo del vertice comunicatoci, peraltro, all'ultimo momento. Non ricordo bene i tempi perché le disfunzioni della struttura di missione ed i ritardi hanno influito molto sull'organizzazione. Siamo ricorsi all'articolo 41 anche per catturare alcune persone che avevano messo a fuoco e fiamme alcune zone della città. Effettivamente abbiamo informato un magistrato, la dottoressa Canepa; più che altro si è trattato di una presa d'atto. Abbiamo poi telefonato - come ho già detto in precedenza - ad un referente del GSF, il signor Kovac.
Per quanto riguarda le ferite riscontrate sui corpi di alcune persone onestamente non ne sono a conoscenza. Vi è una sentenza la quale afferma che, quando si è in presenza di una persona ferita, non se ne deve dedurre necessariamente la sua partecipazione a scontri di piazza. Pare che stiano affluendo


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una serie di testimonianze, comunque sono attività di competenza della magistratura, non posso dire nulla a riguardo, ma spero che la verità venga a galla.
L'edificio di cui si parla comprende due scuole; al piano inferiore c'è la Diaz ed al piano superiore la Pertini, tant'è che si è anche polemizzato sul perché le forze di polizia si siano recate al piano superiore. Ivi non è stata effettuata alcuna perquisizione, avevamo solo paura che da lì potesse essere disturbata l'azione della polizia. Ripeto, in quella circostanza non è stata fatta alcuna perquisizione. Penso di aver risposto a tutto.
GABRIELE BOSCETTO. Relativamente al centro stampa?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Secondo le relazioni che ho letto, all'interno del centro stampa c'è stata una violenta reazione da parte di coloro che lo occupavano. Comunque non mi trovavo all'interno e non vorrei dire cose inesatte.
ANTONIO DEL PENNINO. Vorrei fare domande molto rapide a chiarimento di questioni che sono state già sollevate da alcuni colleghi. Riguardo alla zona gialla, lei ha precisato che, mentre l'ordinanza del prefetto parlava di manifestazioni vietate in questa zona, la sua successiva ordinanza - se non sbaglio - parlava di esclusione di manifestazioni, salvo quelle eventualmente autorizzate. Vi sono state manifestazioni autorizzate nella zona gialla?
Nel rispondere al presidente Violante, lei ha detto che, dopo la prima telefonata con la quale il capo della Polizia la informava dell'imminente intervento alla scuola Diaz, lo stesso la richiamò per dirle di informare il dottor Sgalla. In precedenza, rispondendo ad una domanda della collega Mascia, lei invece ebbe a dire che il dottor Sgalla era presente alla


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scuola Diaz. La mia domanda è questa: il dottor Sgalla fu solo informato o fu presente alla scuola Diaz? Il capo della polizia le disse di informare il dottor Sgalla o di inviarlo alla scuola Diaz?
Nella sua ordinanza di servizio sul vertice dei Capi di Stato e di Governo del 12 luglio 2001, nel capitolo relativo all'esito dell'attività informativa sui gruppi della contestazione - usiamo questo termine - al G8 vi sono una serie di indicazioni relative ai gruppi pacifici, a quelli dediti in assoluto alla violenza e a quelli che si collocano in una zona grigia fra quelli pacifici e quelli violenti. L'esito di questa attività informativa è frutto degli uffici della questura o proviene da informazioni dei servizi? Siccome sono indicate una serie di associazioni che praticherebbero la violenza ma che non si identificano con i black bloc - in particolare la Ya Basta, che figura fra i firmatari del documento relativo al GSF e l'Askatasuna che si legge nel rapporto partecipa assieme alla Ya Basta alle periodiche riunioni del GSF -, da parte delle forze dell'ordine vi era conoscenza preventiva del fatto che alcuni di questi gruppi violenti fossero collegati organicamente con il GSF?
Nella sua ordinanza sono indicate con precisione una serie di presenze che si sarebbero registrate a Genova, con l'indicazione anche del luogo da cui tali presenze partivano; per quanto riguarda il nostro paese, con l'indicazione provincia per provincia. Vi è poi un'indicazione finale di circa quindicimila persone provenienti da Spagna, Inghilterra e Francia che sarebbero entrate dalla frontiera di Ventimiglia. In precedenza venivano indicate, senza segnalare da quale frontiera sarebbero entrate, presenze giudicate dedite al sistema violento provenienti dall'Austria, dal Belgio, dalla Germania, dalla Grecia e dalla Spagna. Vi è stato un ritardo nell'attuazione del blocco di Schengen che non ha consentito di fermare e di


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controllare questo flusso proveniente dall'estero, oppure i controlli sono stati effettuati egualmente perché gli arrivi sono stati successivi alla sospensione del trattato di Schengen?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Per quanto riguarda la zona gialla non è avvenuta nessuna manifestazione. L'ordinanza del prefetto stabiliva che non doveva avvenire alcuna manifestazione all'interno della zona gialla che potesse incidere sulla sicurezza del vertice.
Il questore però aveva la possibilità tecnica, d'intesa con il prefetto, con il dipartimento, eccetera, di fare uno strappo alla regola, valutata la manifestazione che non doveva essere in contrasto con il vertice. Infatti, è stata autorizzata una sola manifestazione, quella dei migranti, il giorno 19 luglio, considerato che sono partiti dalla zona gialla per andare poi verso levante, e poi sono state autorizzate le piazze tematiche. Oggi esistono i telefonini, senatore, quindi io dissi al dottor Sgalla: « il capo della Polizia ha detto che...», altre indicazioni non sono in grado di darle. Il mio ufficio era un continuo telefonare con cellulari che andavano e che venivano...
ANTONIO DEL PENNINO. Su domanda dell'onorevole Mascia, lei aveva detto che il dottor Sgalla...
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Lo so, l'ho visto anche nei filmati grazie ai quali ho visto tutti i funzionari che erano presenti sul posto. Lei fa riferimento all'ordinanza di servizio. Questo non può esser frutto della questura di Genova, è frutto di una attività di intelligence svolta dalla direzione centrale di polizia di prevenzione che è in contatto con le altre polizie straniere, in particolare con quelle polizie i cui governi partecipavano al vertice. I flussi sono stati enormi, insomma. Sapevamo che all'interno del Genoa social forum c'erano delle


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associazioni poco affidabili, però ogni volta che abbiamo cercato di stabilire quel giusto contatto il colloquio era sempre molto, molto sfuggente. Lei mi deve spiegare che cosa significa impedire, quando questi dichiarano l'illegittimità del vertice e dichiarano: «noi pacificamente dobbiamo impedire il vertice bloccando l'ingresso dei varchi». Lei mi deve dire se ciò può definirsi una cosa pacifica; a quel punto già va dichiarato in un modo abbastanza aperto una contestazione non più verbale ma anche fisica. Sì, conoscevamo anche i luoghi dai quali provenivano - Torino, Venezia, Milano - però vi era una libera circolazione sul territorio.
ANTONIO DEL PENNINO. La mia domanda non era questa.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Personalmente ho dovuto anche cercare di far capire in più riunioni alle istituzioni locali che il vertice era a grossissimo rischio. Mi è stato anche detto che io volevo blindare Genova. Ho dovuto anche faticare abbastanza con qualche istituzione locale per far capire il rischio a cui andavano incontro. Non sta a me sospendere e chiedere di applicare nuovamente l'accordo di Schengen, ma al potere politico. Se fosse dipeso da me avrei sospeso molto tempo prima, ma anche sospendendo Schengen, non abbiamo fatto tanto; è certo un grosso ausilio, però, attraverso quelle frontiere - e l'abbiamo dimostrato - sono arrivate tante persone confuse nel gruppo di turisti. Teniamo presente che in quel periodo la Liguria era un luogo turistico e quindi non a caso siamo andati a controllare gli agriturismi, camping, eccetera. La gente veniva lì per le ferie: a che titolo potevo bloccare quelle persone? Tenga presente che i carabinieri di la Spezia hanno bloccato un furgoncino con dentro alcune persone che avevano qualcosa. Il magistrato di La Spezia ha


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detto: lasciate perdere, lasciateli andare. Ed è giusto anche da un punto di vista tecnico e giuridico, perché non posso attribuire loro colpe, come ho detto anche nella mia relazione. Credo di aver risposto a tutto.
IDA DENTAMARO. Mi riallaccio alla prima questione posta dal presidente Violante, perché si tratta di un tema cruciale e temo di non avere ben compreso la risposta del dottor Colucci o comunque credo che rimanga ancora qualcosa da chiarire. Lei ha fatto una differenziazione molto netta e molto precisa tra azione a tutela dell'ordine pubblico e azione antiguerriglia urbana,la quale ultima non riguarderebbe la polizia, sembra di capire;nella sua relazione introduttiva sembrava addirittura di comprendere per una questione di limiti dei compiti istituzionali della polizia, nella risposta che ha dato invece al presidente Violante, per una questione di mezzi a disposizione, di modalità operative. Ora, rispetto a questo,da un lato viene da osservare che situazioni di guerriglia urbana a Genova erano non solo prevedibili, ma assolutamente previste. Questo emerge con chiarezza dalla lettura delle stesse ordinanze, quella del prefetto, la sua, nonché da quello che ha detto ancora poc'anzi a proposito del tasso di rischio che l'evento di Genova presentava. Quindi le chiedo se non le sembra una posizione singolare quella di invocare a posteriori il travalicamento degli eventi da manifestazioni in guerriglia urbana, quasi come giustificazione di quello che poi è accaduto. D'altro lato, non posso non chiederle chi e come, a suo avviso, dovrebbe intervenire in situazioni definibili come guerriglia urbana, e le chiedo anche se lei pensa che la polizia, quando è impegnata nel mantenimento dell'ordine pubblico, debba quasi dismettere altri compiti istituzionali, cioè debba disinteressarsi della prevenzione e della repressione di reati di qualsiasi natura. Nelle


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strade di Genova sono stati perpetrati anche reati comuni, da singoli, da persone isolate, sono stati divelti pali e sanpietrini, sono stati smantellati cantieri per procurarsi oggetti contundenti, armi improprie, e nessuno è intervenuto. Ora, queste omissioni devono essere poste in correlazione con
l'idea che la tutela dell'ordine pubblico esclude tutto il resto, o per caso con una scelta precisa di concentrare l'azione di tutte le forze dell'ordine esclusivamente nella zona rossa? Dalla sua relazione questo sembrerebbe anche trasparire. Ricordo che ha sottolineato proprio la differenza tra Seattle, Nizza, Göteborg, dove i vertici non si sono potuti svolgere tranquillamente, e la diversa situazione verificatasi a Genova, però vorrei che ce lo confermasse o ce lo smentisse a chiare lettere. A questo punto è importante capire a chi e a quando risale questa scelta di dedicarsi, di concentrarsi esclusivamente sulla zona rossa. Credo che chi era all'epoca questore di Genova possa essere nelle condizioni di dare questa risposta. Poi due domande molto specifiche, molto brevi: vorrei sapere se è vero quello che si è letto, si è sentito, cioè che all'interno della scuola Diaz, come sede del Genoa social forum, era presente un informatore della polizia - parlo naturalmente prima della perquisizione contestata - poiché credo che lei sia stato il primo in questa sala, se ben ricordo, a fare riferimento ad una sala operativa internazionale. Ecco, vorrei capire meglio di che cosa si è trattato, chi vi operava, quando, in quali situazioni e con quali modalità.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Forse mi sono espresso male. Noi avevamo previsto lo scenario, ma per quanto riguarda un servizio di ordine pubblico. Il servizio di ordine pubblico - ne ho accennato anche nella mia relazione - si fa anche cercando, sempre per la buona riuscita del servizio e della manifestazione, di contemperare le esigenze dei manifestanti


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con le loro prerogative dettate dalla Costituzione.
Ci siamo trovati, invece, a Genova, davanti ad una forma di guerriglia, perché, purtroppo, è venuto a mancare flusso di notizie, di collaborazione. Quando gli stessi partecipanti al corteo escono da questo, fanno dei danneggiamenti e poi vi rientrano, quando cioè sfuggono da una parte all'altra, questa può essere definita guerriglia. Non si è trattato di una nostra impreparazione; eravamo preparati ad un servizio di ordine pubblico, pianificato molto bene; quando lo scenario, per la connivenza di alcuni gruppi di manifestanti (vi era anche una grandissima parte pacifista, che cercava di contrastare i violenti), è cambiato, noi ci siamo trovati in difficoltà a contrastare, senza coinvolgere i manifestanti pacifici, le azioni di guerriglia, che, purtroppo, si andavano perpetrando a Genova. Ci vuole la collaborazione degli organizzatori, come ho già chiarito nella mia relazione. Ho anche detto che erano state prese in considerazione possibili azioni di guerriglia, per fronteggiare le quali, erano stati previsti nuclei mobili disseminati sul territorio. Ma questa strategia non ha funzionato, per la copertura, tra virgolette, di alcuni.
Non è vero che non ci siamo interessati di altri reati comuni; anzi, la questura di Genova è stata potenziata proprio per il controllo del territorio. Quei reati comuni - rubare presso imprese materiale da portare con sé durante i cortei - non sono più reati fini a sé stessi. Abbiamo fatto diversi interventi, su sollecitazione, presso ditte di lavori stradali ed altro, per contrastare le persone che si stavano armando in questi cantieri. La questura di Genova (l'ha fatto il sindaco, credo) ha sollecitato, anche, la chiusura dei cantieri e l'eliminazione di tutte le impalcature che si trovavano nel territorio. Non è vero che ci siamo concentrati sulla zona rossa: nella relazione, ho chiarito bene che sono stati impiegati


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circa 5 mila uomini in turni in quinta (cioè h 24), con i quali abbiamo difeso una cittadella, composta da circa 35 mila genovesi, più altre 17 o 20 mila appartenenti alle delegazioni. Il nostro sguardo, oltre la «linea rossa», invalicabile, si è rivolto alla zona gialla, con funzioni di cuscinetto. La difesa è effettivamente riuscita per gli scopi prefissi. Nella zona gialla, per fronteggiare l'ordine pubblico avevamo circa 3 mila uomini, cui vanno aggiunti altri 3 mila circa per vigilanze fisse ed altri tipi di servizi, da svolgere sia nella zona gialla sia in altre parti della città.
Per quanto riguarda la scuola Diaz, non mi risulta nel modo più assoluto - lo dico con la massima sincerità - che vi fosse un infiltrato.
Relativamente alla sala operativa internazionale, dagli atti risulta che alla questura di Genova vi erano diverse centrali operative: centrali operative interforze dell'ordine pubblico; centrali dei servizi degli enti che lavorano sul territorio (Croce rossa, ENEL, AMNU ed altri); una centrale relativa alle scorte ed a tutti gli altri servizi interessati al G8 ed una centrale internazionale, cui facevano riferimento le polizie straniere interessate al vertice (infatti, le notizie confluivano dai loro paesi ed erano riportate a noi attraverso la direzione centrale di polizia e prevenzione, dov'era presente anche il dottor Luperi).
FILIPPO MANCUSO. Signor questore, le pongo una domanda su un argomento che non mi è stato chiaro sin dall'inizio. Lei ha indicato una serie di consultazioni presso il suo gabinetto, per valutare se, come e perché intervenire. Afferma di essersi avvalso, oltre che delle sue responsabilità e competenze, anche del consiglio, del sostegno e della consultazione degli organi superiori rappresentati presso il suo ufficio da Roma. A tali consultazioni, è mai intervenuto in


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forma diretta o indiretta e, comunque, è stato tenuto informato e consultato a distanza sulla possibilità e, in seguito, sull'effettuazione dell'intervento, il generale Siracusa e se, in qualche modo, è stato coinvolto, quando è avvenuto ciò, in quali termini e con quale esito?
La conclusione della sua relazione ha due punti di emergenza: il primo è la nobile accettazione del provvedimento gerarchico che la colpisce. Ciò le fa onore e giustifica l'essersi, ella, signor questore, definito uomo delle istituzioni. Però, ha fatto seguire, in due passaggi del suo intervento, una riserva circa la conduzione dell'inchiesta che l'ha riguardata e che ha portato a tale esito e, addirittura, un addebito di falsità o, perlomeno, di falsità omissiva da parte di uno degli ispettori. Le chiedo di confermare, chiarire e lumeggiare, possibilmente in forma sintetica, che cosa è accaduto e come si è svolta l'inchiesta che la riguardava, se in maniera formale o, semplicemente, come mi pare lei abbia detto, orale.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Ho detto nella relazione di essere stato affiancato dal dipartimento; come questore di Genova, ogni decisione da prendere, anche formalmente (essendo l'autorità provinciale di pubblica sicurezza) è stata comunque studiata, meditata e condivisa con i superiori, sia a Genova, sia a Roma. Comunque, se ho responsabilità, le assumo pienamente. Per quanto riguarda ciò che mi ha chiesto, presidente Mancuso, sull'informazione al generale Siracusa, a quale intervento si riferiva?
FILIPPO MANCUSO. Mi riferisco all'intervento nella scuola Diaz.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Ho informato - se non vado errato - il colonnello dei carabinieri, mio diretto


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interlocutore per quanto riguardava tutta l'operazione di ordine pubblico a Genova. Credo di avere informato il colonnello Tesser dei carabinieri, con il quale è sempre avvenuta una trasfusione di notizie ed informazioni.
Ho formulato qualche perplessità sull'inchiesta, anzi, nella mia relazione iniziale aggiungevo qualcos'altro: ho qualche riserva, perché si tratta di un evento talmente grande che per poterlo giudicare, nei difetti e nei pregi, bisogna viverlo, capire il lavoro complesso che è stato compiuto, ed anche - perché no? - giustificare qualche manchevolezza o accentuare il giudizio positivo su qualche azione di pregio che è stata portata a termine: non si conduce un'inchiesta in pochi giorni, che risulta così, oserei dire, precostituita.
Ho apprezzato molto il presidente Violante che ha elogiato l'attività preventiva che è stata messa in atto da quella ordinanza, ma che però non è stata presa affatto in considerazione. Sono stati invece presi in considerazione tre fatti ed, in base ad essi, si è frettolosamente, a mio giudizio, giunti a delle conclusioni. È vero, non è emerso in quest'aula il problema dei cassonetti, ma bisogna prima di tutto saper dirigere una questura per capirne le problematiche, bisogna aver condotto attività di ordine pubblico per capire quali ostacoli si possono incontrare durante il cammino. Pongo una domanda: come mai nell'ordinanza del 12 luglio non era compresa la gestione dell'ordine pubblico del 20 luglio? La risposta è semplice e l'ho pronunciata in quest'aula: non sapevamo nulla fino a due o tre giorni prima. Non è una contestazione.
Come mai Forza Nuova vuole venire a Genova? È semplice: il giorno 30 giugno si è tenuta a Genova una manifestazione di Forza Nuova, da me vietata; allora hanno detto ai quattro venti che volevano venire a Genova, lo hanno detto anche ai


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servizi; è ovvio che il questore ha il dovere, nell'ordinanza, di rappresentare ai colleghi lo scenario che si presenta. Vorrei dire di più: questi scenari li avevo dipinti anche prima del servizio di ordine pubblico, in occasione di una riunione con tutti i colleghi che venivano da fuori Genova, nella quale raccomandavo calma, tranquillità e spiegavo loro il servizio che avrebbero dovuto svolgere. Il dottor Micalizio mi ha chiesto esplicitamente se ero a conoscenza del fatto che personale dello SCO si trovava fuori dalla zona rossa: ho risposto di no. Egli ha sottolineato la gravità di tale risposta, precisando che il questore deve essere a conoscenza di questi fatti. Ho fatto presente che a Genova sono state prese iniziative da parte di altri: lo SCO agiva di sua iniziativa, ed altri di propria. Si è trattato di una mia mancanza, è giusto: il dottor Micalizio mi ha detto che avrei dovuto mandare tutti a quel paese perché, essendo io il responsabile, dovevo mandare via tutti, capo e vicecapo; questa è stata una sua argomentazione.
È seguito poi un colloquio. Appena il dottor Micalizio è arrivato a Genova, ha chiesto di parlare con me: sono andato da lui ed ho notato una faccia funerea a causa mia (dunque, avevo già compreso la situazione); ho parlato con lui per dieci minuti circa. In seguito ho rivisto il dottor Micalizio al termine dell'ispezione: mi ha parlato per altri dieci minuti, durante i quali mi ha fatto capire che la situazione era grave; poi mi ha congedato. Tutto si è svolto oralmente. Ho avuto modo di leggere copia degli atti dell'ispezione del ministero: mi risulta che un ispettore ministeriale giunge alle proprie conclusioni, senza però arrivare a chiedere anche i provvedimenti da adottare. Se svolgessi io un'ispezione, rimetterei tutto al superiore gerarchico che mi ha conferito il mandato: sarà poi tale superiore gerarchico a dover stabilire le decisioni da prendere. Il dottor Micalizio ha chiesto la mia immediata


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sostituzione e procedimenti disciplinari a mio carico, in base ad un'ispezione durata tre giorni, un colloquio durato dieci minuti prima ed un quarto d'ora dopo: penso che ciò non sia corretto e che riveli una mancanza di professionalità nello svolgere le ispezioni. L'ho detto chiaramente nella mia deposizione.
FILIPPO ASCIERTO. Svolgerò il mio intervento rapidamente: se non avessi già preparato le domande sarei senza parole di fronte alle espressioni del questore Colucci su quanto è avvenuto.
Vorrei sottoporre all'attenzione del questore alcune questioni: egli ha detto che ci sono state 124 intercettazioni ambientali preventive ed in questi giorni abbiamo saputo che Casarini era sottoposto ad intercettazione ambientale. Sapevate in anticipo, dunque, ciò che Casarini tesseva attraverso le altre organizzazioni ed i suoi rapporti con altre frange, non solo con le tute bianche. Avete però continuato a concedergli un certo credito, sperando che poi tutto si risolvesse in una manifestazione non violenta e pacifica. Avevate concordato con Casarini che in una certa zona della città si potesse svolgere una manifestazione simbolica di attacco alla zona rossa? Sapevate di una sorta di catapulta o di un arnese con ruote (tipo un ariete) che doveva essere portato in una ipotetica manifestazione medievale, proprio in quella zona? Se non ci sono situazioni su cui sta indagando l'autorità giudiziaria, lei, dottor Colucci, è a conoscenza, tramite le intercettazione ambientali, di dialoghi tra parlamentari ed esponenti di movimenti antagonisti o, se vuole, con lo stesso Casarini? Il dottor Colucci ha reso affermazioni importanti riguardo al Genoa social forum, che non è stato in grado di gestire le scuole che gli sono state affidate perché all'interno di esse - ci sono prove evidenti - c'erano dei violenti. Le affermazioni


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del questore Colucci rese oggi in quest'aula, sono state oggetto di relazione all'autorità giudiziaria? Chi gestiva i siti Internet che sono stati intercettati e che riportavano, con immediatezza, le azioni delle frange più eversive? Avrei altre due o tre domande, soprattutto su Sgalla, ma sono state già rivolte in precedenza.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Onorevole Ascierto, è vero che abbiamo effettuato 124 intercettazioni ambientali (due riguardo la posta elettronica, se non erro), anche nei confronti del signor Casarini. Seguivamo queste intercettazioni in relazione al fatto che le tute bianche dovevano portare l'ariete e cercavamo di prendere contromisure per tentare di ostacolarle: ci informavamo per capire quali erano le indicazioni. Dirò di più: un funzionario del dipartimento aveva contatti diretti con Casarini. Ciò ha consentito, la sera tra il 20 e il 21 luglio, la collocazione di quei container, perché da lui abbiamo saputo che, pur facendo parte del Genoa social forum, le tute bianche non andavano d'accordo con il network e con i COBAS: egli aveva dunque paura che altri, con frange estremiste, potessero disturbare il suo corteo, che doveva passare per via Tolemaide.
A questo punto abbiamo creato quel muro di container che la Repubblica ha descritto bene nel suo articolo. Lo scontro doveva avvenire in piazza Verdi con la famosa «sceneggiata» che dava spazio di visibilità al movimento delle tute bianche. Questo però non si è verificato. Perché abbiamo caricato i manifestanti? Lo abbiamo fatto perché quando il corteo è arrivato - e tra l'altro non era propriamente tale in quanto non autorizzato - ha immediatamente attaccato le forze di polizia. Questa è la situazione.
Non mi risultano nel modo più assoluto intercettazioni tra parlamentari ed esponenti dei vari movimenti. Se sussiste una


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situazione di questo genere sarà l'autorità giudiziaria a doversene occupare.
Con riferimento al Genoa social forum, è vero che, erano presenti dei violenti. Il Genoa social forum non ha mai fatto distinzioni; anche nei siti loro assegnati, c'erano persone appartenenti alle frange più violente. Per quanto riguarda il sito Internet non so nulla e sarà la DIGOS a riferire al magistrato.
MICHELE SAPONARA. Anch'io ringrazio il dottor Colucci per la relazione onesta, sofferta ed esauriente.
Il provvedimento del tribunale del riesame di Genova, richiamato dal questore, ha descritto la natura, la pericolosità e l'imprevedibilità delle azioni dei black bloc. Voi cosa ne sapevate prima e dopo Nizza, Seattle e Göteborg? Cosa vi avevano riferito i servizi segreti? La scelta di Genova si è rivelata infelice. Orbene, lei che ne conosce la conformazione geografica e che ha partecipato ai vari comitati dell'ordine pubblico, pur ovviamente non potendo esprimere censure o dissensi su questa scelta, ha manifestato la difficoltà di difendere Genova da eventuali prevedibili azioni di guerriglia, oppure no? E quali azioni di contrasto avete ipotizzato o suggerito per combattere questi attacchi?
Nella scuola Diaz, al momento della perquisizione, sono state rinvenute bende, barelle, cerotti, flebo ed altro materiale medico utilizzato. Si trattava di materiale che già si trovava nella scuola o è stato portato, almeno in parte, da coloro che hanno effettuato la perquisizione?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Mi scusi onorevole Saponara, ma vorrei rivolgere a lei una domanda: chi sono i black bloc? Come ho già detto nella mia relazione, i black bloc sono persone prive di un'organizzazione, le quali si incontrano


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per determinati motivi politici e praticamente fanno violenza per la violenza. A Genova sono arrivati circa 500 black bloc italiani più 2 mila stranieri. Di fatto, gli incidenti sulla piazza non sono stati provocati solamente dai black bloc, ma da altre migliaia di persone che fanno parte di frange violente nazionali. Quindi, non dovevamo difenderci solamente dai black bloc, come dimostra il contesto in cui è morto quel giovane. In questo caso, oltre ai black bloc, c'erano anche gli anarchici insurrezionalisti, i quali rappresentano una frangia molto violenta.
Per quanto riguarda la conformazione geografica di Genova, è vero che questa si conosce bene. Ecco perché già un anno prima che venisse formalizzata come città del vertice, noi abbiamo iniziato a fare un lavoro straordinario finalizzato a fronteggiare situazioni particolari nella città di Genova. Abbiamo sempre sperato di dover gestire, anche in modo parzialissimo, le manifestazioni pacifiche del dissenso che dovevano verificarsi sul territorio. Il nostro obiettivo era quello di cercare di isolare i violenti ed ho già spiegato nella mia lunga relazione perché non ci siamo riusciti.
Con riferimento al materiale medico rinvenuto alla Diaz, personalmente non ne so niente, ma se è vero che sono stati trovati cerotti e flebo, questi non sono stati certo portati dalla Polizia di Stato e dalle altre forze di polizia; evidentemente si trattava di materiale giacente in quella scuola e apprendo ora dalla stampa che la magistratura sta indagando in tale direzione.
LUCIANO FALCIER. Mi associo al ringraziamento al dottor Colucci per la sua schiettezza, come diceva qualche mio collega, ma anche per la completezza, la puntualità e, aggiungerei, per la passione che manifesta, neppur tanto velata, per il suo lavoro e per quanto ha voluto inserire nella relazione.


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Le domande che vorrei fare sono le seguenti. Al di là delle sue competenze - le norme su questo punto sono chiare: lo stesso capo della Polizia, il dottor De Gennaro, audito in quest'aula venendo qua ha letto quanto previsto dalla legge circa le competenze del capo della Polizia, anche se credo che di questo non si tratti perché lei si è assunto tutte le responsabilità, e forse non solo le sue -, vorrei che lei potesse chiarirci quale fosse il suo interlocutore, non solo come responsabile dell'ordine pubblico in quel momento a Genova. Esiste un suo interlocutore gerarchico, essendo lei comunque un funzionario dello Stato? È il prefetto? È il capo della Polizia? È qualcun altro? A mio avviso, gerarchicamente, pur avendo delle competenze specifiche che la legge le attribuisce, probabilmente un interlocutore, dovrebbe esserci. In pratica: se lei avesse individuato carenze, mancanze o ritardi nelle esigenze, a chi si sarebbe dovuto rivolgere?
In secondo luogo, vorrei sapere chi firmava - forse in parte lei ha già risposto - le comunicazioni e le richieste da parte del Genoa social forum alla questura. Abbiamo visto, infatti, una serie di documenti spesso non firmati da nessuno, ai quali è stata apposta solo una sigla a stampa. Nei casi, da lei citati, delle richieste di autorizzazioni a manifestazioni o cortei, c'era qualcuno che firmava? In caso affermativo, e può fornirci il nome?
Concludo, chiedendo cosa comporti il mancato rispetto delle sue ordinanze: vi sono delle sanzioni? Si determineranno dei reati? Vi sono responsabilità da far valere da parte di chi non ha dato ascolto alle sue ordinanze?
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Con riferimento al mio interlocutore gerarchico, secondo una mia interpretazione, l'autorità di pubblica sicurezza ha per interlocutore il capo della Polizia; anzi, dovrebbe avere come suo interlocutore


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direttamente il ministro, perché il ministro è autorità nazionale, laddove invece il questore è autorità locale. Il ministro dà le direttive al questore attraverso il direttore generale della pubblica sicurezza e il questore attraverso tale direttore riversa le notizie al ministro. Il direttore generale della pubblica sicurezza è anche capo della Polizia e, quindi, credo che un rapporto gerarchico comunque esista, anche se non nell'attività di piazza. È questa una materia che sarebbe interessante approfondire.
Doverosamente, per ogni azione che devo intraprendere per quanto riguarda la mia attività tecnica, devo fare riferimento al prefetto di Genova, che è colui che mi fornisce le direttive politiche del ministro. Se faccio presente al prefetto che domani potrebbe svolgersi una certa manifestazione a Genova, tecnicamente potrei autorizzarla, però il prefetto può ritenere che non sia il caso per una situazione di emergenza verificatisi altrove. Mi dà quindi l'input politico dicendomi di autorizzarla o vietarla a seconda delle circostanze.
Chiaramente il tutto viene, almeno per quanto mi riguarda, rapportato anche al Ministero ed al capo della Polizia, perché il confronto deve essere diretto per tutto ciò che riguarda sia la polizia giudiziaria sia le problematiche di ordine pubblico. Per quanto riguarda gli avvenimenti della stazione Principe, dove la polizia caricò quei manifestanti dei centri sociali che volevano prendere il treno senza pagare il biglietto - è stato un caso eclatante -, ricevetti disposizioni dal dipartimento tendenti a far rispettare la legge. D'altra parte il questore deve fare rispettare la legge! Gli input, le direttive, il questore li può quindi ricevere sia dal dipartimento, sia dal prefetto.
Per quanto attiene le richieste del Genoa social forum, alcune sono effettivamente senza firma: quelle con cui sono stati richiesti i percorsi per le manifestazioni sono però sempre


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firmate, ora da Morettini, ora da Kovac o da altri. Mi sembra ci sia anche un certo Demontis che, se non erro, ha firmato quella dei migranti. Anche questo, ed i migranti, fanno comunque parte del Genoa social forum.
Per quanto riguarda le ordinanze, se una persona non si attiene alle ordinanze del signor questore, questa - funzionario o altro - è soggetta a procedimento disciplinare. Se l'omissione riveste carattere penale, è soggetta anche ad un'eventuale denuncia penale.
PRESIDENTE. Signor questore, la ringrazio. Lei si era riservato di consegnare al Comitato una serie di documenti. Vorrei sapere se può consegnarli ora e se sono riservati.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. I documenti hanno carattere di riservatezza. Li consegno comunque ora.
PRESIDENTE. Vorrei sottoporre alla vostra attenzione il possibile prosieguo dei lavori odierni. Ricordo che abbiamo convocato per le 17 il dottor Andreassi e che il dottor La Barbera è già qui in attesa da circa mezz'ora. Se procediamo come fatto fino ad ora, credo che per le 20 si sia in condizione di ascoltare il dottor La Barbera. Si tratta di decidere se oggi si intenda, come credo, ascoltare entrambi i funzionari - e quindi cercare dì contenere i tempi di intervento - ovvero ascoltare solo il dottor La Barbera. In tal caso, per correttezza dovremmo chiedere al dottor Andreassi di essere ascoltato in un'altra giornata. Vorrei conoscere il vostro pensiero su tale questione.
LUCIANO VIOLANTE. Signor presidente, la mia opinione è che sarebbe bene sentire in ogni caso oggi i due funzionari, sapendo naturalmente che i lavori potrebbero finire molto tardi. Questo forse gioverà all'autocontenimento, per così dire, di tutti noi.


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PRESIDENTE. Per non abusare della sua disponibilità, dobbiamo in ogni caso chiedere al dottor Andreassi di presentarsi alle ore 18 e non alle 17. Non vorrei comunque posticipare ulteriormente il suo intervento. Sospendo brevemente la seduta per dieci minuti.
La seduta sospesa alle 15,30, è ripresa alle 15,55.