RASSEGNA STAMPA
La Repubblica - G8, prima sentenza definitiva
Genova, 7 giugno 2008
G8, prima sentenza definitiva
Cinque mesi a Valérie Vie, fece un passo dentro la zona rossa
È una giornalista francese, e fu anche la prima a essere rinchiusa a
Bolzaneto
MASSIMO CALANDRI
E´ sempre stata la prima, Valérie. La prima a violare la Zona Rossa. La
prima ad essere arrestata dalla polizia durante quei giorni di luglio. E
la prima a finire all´inferno di Bolzaneto. Da ieri è la prima ad avere
passato il terzo – e definitivo – grado di giudizio per un´ipotesi di
reato legata al G8. La Cassazione ha deciso, e la sentenza di condanna
rimanda l´eco del paradosso. Perché Valerie Vie dovrà scontare cinque mesi
di reclusione per quel mezzo passo fatto in avanti – verso la libertà,
dice lei -, dopo che una delle famigerate griglie aveva ceduto. Mentre i
protagonisti dei soprusi e delle violenze di Bolzaneto potranno sempre, in
caso di condanna, contare sulla prescrizione. Così come molti dei
super-poliziotti coinvolti nel sanguinario blitz della scuola Diaz, dove
93 no-global innocenti vennero prima massacrati di botte e poi arrestati
con prove false.
La sesta sezione della Corte suprema ha deciso per l´inammissibilità del
ricorso contro la precedente sentenza d´appello. Confermata la condanna –
la pena è naturalmente sospesa -, in più ci sono le spese processuali e
trecento euro da versare in favore della cassa delle ammende. Una beffa,
per chi sette anni fa era arrivato a manifestare pacificamente, e invece
trascorse tre giorni e due notti in un "centro di detenzione temporanea",
tra vessazioni e minacce. Era il pomeriggio del 20 luglio 2001. Valérie
era con quelli del movimento Attac, in piazza Dante. Con le mani
aggrappate alle griglie, a spingere e a gridare contro gli Otto Grandi per
«un altro mondo», un mondo migliore. «Poi all´improvviso la griglia ha
ceduto – racconta - e io ho fatto un passo avanti. Un passo. Con le mani
alzate, in segno di pace. Ecco, mi sono detta: ora mi faranno parlare con
qualche rappresentante governativo, ora potremo anche noi dire la nostra».
Invece no. «Mi hanno legato le mani dietro la schiena e sbattuta dentro
una strana auto della polizia. Senza sedili, con i finestrini chiusi».
Un´ora più tardi entra nella caserma di Bolzaneto. E quando un uomo la
tira fuori dalla vettura, intuisce tutto. «La violenza con cui mi ha
afferrato. La brutalità, che in quel momento mi è apparsa inutile. E´
stato un attimo, e dietro l´inquietudine è arrivata la consapevolezza.
Stava per accadere qualcosa di brutto. E io c´ero dentro fino al collo».
Valérie Vie, che in Italia è stata seguita dall´avvocato Antonio Lerici, è
una giornalista. Vive non lontano da Avignone. E´ diventata la
protagonista di un film-documentario di Pierre Carles, il Michael Moore
francese. Che in questi anni l´ha seguita con una telecamera, e continuerà
a farlo fino al termine del processo per Bolzaneto. Carles vuole
denunciare la follia di quella "caserma" che ha scandalizzato l´Europa.
«Sono scesa nel piazzale della caserma. C´era un gran sole, quel giorno. E
un silenzio irreale. Strano. Intorno a me ho visto tantissimi uomini, in
divisa o in borghese. Non parlavano, mi guardavano fisso. Mi odiavano».
L´hanno picchiata, insultata, minacciata: «Queste sono le foto dei tuoi
figli? Non li vedrai mai più». Umiliata, derisa. «Le urla che salgono con
il passare delle ore, insieme ai lamenti. Il sangue». Sette anni dopo
ancora attende la prima sentenza per i suoi aguzzini. «Ma non mi importa
che vadano in galera. Mi interessa parlare di quello che è accaduto.
Ricordare, documentare. Perché tutto questo non accada mai più». Nel
frattempo, hanno condannato lei. Per un passo verso la libertà.