PROCESSO DIAZ - La sentenza

4. Operazione presso la scuola Diaz Pertini > > > > | T | 1 | 2 | 3 | 4 | E |

Esterno

Covell Mark (udienza 26/1/2006; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbaletrascrizione)
Sono un giornalista; ero venuto a Genova per il vertice G8, dato che ero molto interessato ai problemi dell’ambiente. Avevamo una stanza riservata per i giornalisti inglesi presso la scuola Pascoli al terzo piano.
La sera del 21 verso le ore 21,30 non ho visto passare macchine della Polizia in via Battisti, ma ne ho sentito parlare; si diceva che erano passate a velocità sostenuta, urtando anche qualche persona presente. In seguito a tale episodio l’atmosfera divenne più tesa: vi era più paura.
Io era al terzo piano della Pascoli e continuavo a portare i miei articoli al centro stampa. Ho chiamato il mio collega Bill Hayton che lavora per la BBC  e con cui avevo avuto contatti i giorni prima anche perché dovevo prepararmi per la partenza. Verso le 22 mi vidi con lui e con un altro giornalista. Ho detto loro di aspettarmi perché stavo ancora finendo il mio lavoro.
Verso le 23 sono sceso e per la prima volta mi sono recato nella scuola Pertini. Sono rimasto al piano terra; ho parlato con alcuni giornalisti; ho visto diverse persone che stavano preparandosi per dormire. Io ero vicino alla porta d’ingresso.
Verso le 23,45 un italiano è entrato di corsa, dicendo qualcosa come “carabinieri è una retata”; oggi non sono sicuro se abbia detto “carabinieri” o “polizia”, io ero concentrato sul termine “retata”.
Con un giornalista tedesco, di nome Sebastian (Zehatschek), abbiamo cercato di rientrare nella Pascoli e così siamo usciti di corsa dalla Pertini; ci siamo fatti aprire il cancello del cortile, che in quel momento era chiuso, e siamo usciti sulla strada; Sebastian era davanti a me e abbiamo cercato di attraversare di corsa la strada.
Sentii un forte rumore provenire dalla mia destra, mentre stavamo uscendo dal cancello. Pensai però di riuscire a completare l’attraversamento; Sebastian vi riuscì, ma dalla mia destra sopraggiunse un gran numero di poliziotti; la prima fila mi colpì con i manganelli; io riuscii a restare in piedi e ad arrivare a metà della strada prima di essere colpito nuovamente.
Vi era anche oltre alla prima fila di poliziotti una persona che dava ordini; poi tutto avvenne velocemente: venni circondato; io urlavo “stampa”, ma un poliziotto, sventolandomi davanti il manganello, mi disse in inglese: “Tu non sei un giornalista, ma un black-block e noi ammazzeremo i black block”.
Venni colpito ripetutamente da quattro poliziotti con gli scudi, che mi spinsero indietro verso il muro di cinta della Pertini. Cercai di correre verso il lato sud della strada ma non c’era modo di fuggire. Venni colpito con i manganelli sulle ginocchia e caddi a terra; vi erano moltissimi poliziotti ed io iniziai a temere per la mia vita. Sono rimasto in terra per almeno cinque minuti.
Nessuno mi chiese di identificarmi o mi disse che sarei stato arrestato.
Un poliziotto mi colpì alla spina dorsale e mi diede alcuni calci; quindi altri poliziotti si unirono a picchiarmi, provocandomi  la frattura di otto costole e della mano. I poliziotti ridevano e mi sembrava di essere un pallone da football a cui a turno i poliziotti dovessero dare dei calci.
Venni poi preso da dietro e riportato dove mi trovavo all’inizio da un poliziotto, che mi controllò le pulsazioni al polso e cercò quindi di evitare che io venissi ancora colpito; rimase vicino a me per un po’ di tempo.
Vidi un camioncino della Polizia che sfondava con due manovre il cancello della Pertini; subito dopo un gran numero di poliziotti entrò nella Pertini, mentre la strada si svuotava. Vi erano inoltre poliziotti anche verso il muro della Pascoli: non indossavano divise ma erano in borghese. Io temevo per la mia vita e quindi non guardavo molto intorno. Vidi un poliziotto che arrivava da sud e mi colpì nuovamente, questa volta in faccia: persi diversi denti; subii poi un colpo sulla testa e svenni.
Quando li vidi i poliziotti stavano scendendo lungo via Battisti: erano schierati in file e vicino alla prima vi era un persona che sembrava desse ordini muovendo il manganello; fu questa persona che mi colpì per primo. Era buio e non potevo quindi vedere molto bene. Avevano uniformi scure con caschi scuri su cui mi pare vi fosse qualche segno identificativo; erano in tuta antisommossa (l’avevo vista nei giorni precedenti in occasione delle manifestazioni). La persona che dava gli ordini aveva un uniforme blu ed era senza casco, aveva soltanto un cappello, su cui mi pare che vi fossero i gradi.      
I poliziotti che vidi dirigersi verso la scuola Pascoli indossavano alcuni una pettorina con la scritta “Polizia”, alcuni avevano caschi blu; alcuni erano in tuta antisommossa ed alcuni in abiti civili (giacca e cravatta); li iniziai a notare dopo l’ingresso della Polizia nella Pertini; erano sulla strada.
Nelle mie precedenti dichiarazioni ho usato il termine “carabinieri” perché non so distinguere le diverse forze dell’ordine italiane; inizialmente io pensai che si trattasse di carabinieri. Soltanto in seguito fui avvisato dal mio avvocato che vi erano diverse forze dell’ordine e così quando vidi i filmati mi resi conto della diversità. Comunque ancora oggi credo di aver visto alcuni con la scritta “Carabinieri”.  
Sono stato ripreso da Hamish Campbell mentre venivo colpito. Ho visto il video (Rep. 172 p.1 - estratto) quando sono tornato a Londra: sono in terra vicino al cancello; avevo perso conoscenza e non ricordo il poliziotto che si vede accanto a me; il primo poliziotto che si vede correre verso di me è quello che dava ordini. Il commento che si sente nel filmato è il testo sonoro di un’intervista da me data ad un giornalista della BBC ed è stato aggiunto al filmato successivamente.
Alla fine venni portato in ospedale, ove mi risvegliai verso le quattro del mattino, mentre mi stavano effettuando una trasfusione. Davanti alla sala ove ero ricoverato vi erano alcuni poliziotti. Soltanto due giorni dopo venni informato che ero in arresto.
Dopo diversi giorni venni dimesso dall’ospedale. Partecipai ad una ricognizione con il P.M.
Soffro ancora per le conseguenze delle ferite e devo ancora sottopormi ad un’operazione alla mano ed alla spina dorsale.
Quando sono tornato in Inghilterra i media mi consideravano un “terrorista” e così ho avuto notevoli difficoltà economiche e la mia famiglia ne ha molto sofferto. Ho faticato molto per togliermi questa immagine ed ancora oggi sono in parte discriminato; non ho più lavorato dopo il G8 e penso che difficilmente lavorerò ancora.
Dietro il primo blocco di poliziotti in divise scure – nere, vi erano alcune file di agenti con caschi azzurri che mi parevano della polizia di stato, alcuni dei quali si diressero verso la scuola Pascoli.
I caschi della prima fila erano molto scuri potevano essere neri o anche blu scuri, con un’insegna, uno stemma nella parte anteriore.
Dal tetto della Pascoli nelle vicinanze della scuola il venerdì sera avevo visto alcune persone che potrei catalogare quali black – block.
Il venerdì sera moltissime persone si recarono presso la scuola Diaz; tra queste potevano esservi anche black – block o comunque persone che cercavano di evitare i controlli della polizia nei campi in cui erano sistemati, e così vi fu una riunione del GSF durante la quale vi fu una discussione in cui venne deciso di tenere lontani i black – block.
Tutti i piani della Pascoli la sera del venerdì vennero occupati da un gran massa di persone tra cui moltissime ferite.  
La sera del sabato verso le ore 20 vi erano moltissime persone in via Battisti, circa quattrocento; corse la voce che vi sarebbe stata un’irruzione della Polizia e mi pare che molte persone si siano quindi allontanate.

Brauer Stefan (udienza 1/2/2006; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbaletrascrizione)
Credo di essere arrivato alla scuola Diaz il venerdì sera. Ho passato la maggior parte della giornata nella scuola o nel cortile o anche di fronte nell’altra scuola.
Ero nel cortile davanti alla scuola, ove ho fumato una sigaretta; c’era poca gente e guardando sulla strada ho visto la polizia che stava arrivando di corsa. Sono subito rientrato nella scuola e mi pare di aver visto che alcune persone che si trovavano vicino alla porta, cercavano di chiuderla, ponendovi una panca davanti. Non ho visto chiudere il cancello. Io sono andato nella palestra per svegliare quelli che dormivano ed avvisare di quanto stava accadendo; avevo molta paura. Ho preso gli occhiali di riserva dal mio zaino. Ho sentito il rumore di vetrate che si rompevano; penso si trattasse delle finestre che davano sul cortile, ma non l’ho visto direttamente perché sono rimasto nella zona dove si trovavano i computer, che erano in funzione. Ho visto che alcune persone cercavano di scappare sulle scale verso i piani superiori ed anch’io sono salito mi pare al secondo piano; da lì sono uscito all’esterno su un’impalcatura insieme ad altri, non ricordo quanti. Era molto buio; mi sono arrampicato sul tetto di un garage e su un recinto e sono arrivato su un muro su cui mi sono seduto; ho visto un poliziotto dietro al muro e sono quindi corso indietro. Sentivo colpi ed urla provenire dalla scuola ed avevo paura di essere picchiato. Ero sulla sinistra della scuola; ho visto la strada e la Polizia, che a sua volta mi ha visto e mi ha chiamato. Quindi mi sono avvicinato.
I poliziotti indossavano un’uniforme, di cui peraltro non ricordo i particolari; vi erano anche due persone non in uniforme che speravo, sbagliando, fossero civili: uno indossava un vestito chiaro con un giubbotto; l’altro aveva un vestito intero scuro, sembrava un dirigente. C’era una ringhiera di metallo su cui mi arrampicai e quando arrivai in alto venni tirato giù dai poliziotti. Mi dissero qualcosa in italiano che io non ho capito; ho parlato in inglese, ma venni subito spinto a terra; il braccio destro mi venne girato sulla schiena e ricevetti diversi colpi; il poliziotto che mi aveva girato il braccio si sedette sopra di me. I poliziotti mi tolsero diverse cose dalle tasche: gli occhiali, il telefonino, ed altro, oggetti che non mi sono mai stati restituiti. Non mi venne neppure detto che venivo perquisito; successivamente a Pavia feci una denuncia di smarrimento. Venni poi portato via verso la piazza; mentre camminavo venni colpito ripetutamente. Fui spinto in un furgone adibito a trasporto prigionieri, e mentre salivo ricevetti sulla gola un altro colpo con un manganello. Fui poi trasferito su un altro veicolo della Polizia, più confortevole; due poliziotti si sedettero al mio fianco e iniziarono un dialogo con me, dicendo di non preoccuparmi.
Ero vestito con pantaloni e camicia nera ed una giacca nera; avevo anche un cappello di cui non ricordo il colore.
Ho riportato diversi ematomi sulla testa e sul corpo; vi sono in proposito i certificati medici. Ho avuto per diverso tempo forti dolori alla gola.
Sono stato a Pavia nel carcere; sono stato poi condotto innanzi a un giudice e quindi mi dissero che ero libero; mi hanno espulso in Germania. In seguito a ciò non mi sono potuto poi trasferire in Italia, come avevo programmato in precedenza.

Jaeger Laura (udienza 8/2/2006; parte civile, assunta ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbaletrascrizione)
Nella prima serata del sabato sono arrivata presso la scuola Pertini, ove avevo saputo che si poteva dormire. Non conoscevo nessuno all’interno della scuola.
Ad un tratto, mentre mi trovavo al piano terreno nel locale palestra e stavo mangiando, sentii gridare da diverse persone che stava arrivando la polizia. Io inizialmente ero tranquilla, ma poi ho visto molti che correvano verso le scale e anch’io sono salita al primo piano. Mentre salivo ho visto arrivare i poliziotti che hanno iniziato a picchiare tutti quelli che incontravano. Sono corsa ancora più in alto, di mezzo piano, e poiché ero molto impaurita ho deciso di uscire dalla finestra, come stavano facendo altri (due o tre prima di me e forse qualcuno dopo). Ho paura dell’altezza e non volevo quindi arrampicarmi, ma i manganelli della polizia mi hanno convinto a farlo. Era la prima volta che vedevo la polizia così brutale. Sono riuscita a scendere in un giardino intorno alla scuola; sono corsa verso il recinto (un muro); mi ci sono arrampicata sopra e sono entrata in un terreno privato, ove si trovavano altri due uomini. Davanti vi era la strada, piena di poliziotti; vi era anche una piccola costruzione di vetro e metallo, in cui tutti e tre siamo entrati, ci siamo distesi a terra e ci siamo coperti con un plaid. Abbiamo sentito molte grida e colpi. Sono poi arrivati diversi poliziotti che hanno iniziato a battere  contro il vetro, che infine si ruppe, cadendo addosso a noi. I poliziotti entrarono; i due uomini vennero trascinati fuori; mi alzai e mi fecero scavalcare uno sbarramento di metallo; io non riuscivo a farlo ed i poliziotti hanno continuato a picchiarmi. Sono infine riuscita a scavalcare ed ho visto che uno dei due uomini era in ginocchio e sanguinava; ci siamo dovuti stendere a terra mentre i poliziotti continuavano a picchiarci anche con gli stivali su tutto il corpo. Qualche poliziotto ci ha schiacciato le mani con il tacco degli stivali. Ci hanno poi messo le manette e ci hanno portato sulla strada, dove ci hanno nuovamente buttato a terra e ci hanno picchiato con i manganelli sotto il mento. Intorno a noi vi era un cerchio di poliziotti, che ridevano ci insultavano e ci picchiavano sotto il mento. Mi hanno separata dagli altri due e mi hanno nuovamente portata nella scuola Diaz, ove mi hanno tolto le manette. Ho visto circa una cinquantina di persone che apparivano ferite e sanguinanti. Insieme ad altre cinque persone ci hanno condotto fuori in un mezzo della polizia. 
Sulla piantina che mi viene mostrata, anche se non sono in grado di farlo con precisione, indico con il numero 1 il punto da dove mi sono calata dalla finestra e con il numero 2 il luogo dove si trovava l’edificio in metallo.
I poliziotti erano in divisa: avevano caschi di un blu chiaro, avevano il viso coperto ed indossavano una divisa blu scura, ma non mi sembrava che avessero imbottiture. Qualcuno era in abiti civili, jeans.
L’uniforme era simile a quella visibile nella foto B2, ma non mi pare di ricordare la cintura
Mi riconosco nella persona che viene fatta salire sul furgone della polizia con le mani sulla testa, visibile nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 44 p. 13 min 05,53 a 06.04), ma non ne sono sicura anche perché non si vede bene il volto.
Uno dei due che era con me aveva una maglia rossa, capelli corti castano chiari e non era tedesco; mi pare di riconoscerlo nella persona visibile nel filmato 164 159 p. 1 dal min 12,54 (estratto); lo riconosco nella foto che mi vene mostrata (Jaroslaw Engel).
Ho riportato diversi ematomi; avevo vertigini per cui mi sono state date nel carcere di Voghera alcune compresse. Avevo dolori alle mani che erano state pestate con gli stivali. Mi venne diagnosticata una sindrome da stress traumatico per cui sono ancora in cura.
Nella scuola vi erano persone di vario tipo e non posso escludere che vi fossero anche persone appartenenti ai black - block.
Circa quanto da me dichiarato innanzi al GIP (di aver visto persone vestite di nero, che penso riconducibili a tale organizzazione sovversiva, cui io non appartengo e di non essermi allontanata perché erano dovunque in mezzo a noi), confermo che vi erano molti vestiti di nero e ribadisco che non posso escludere che lo fossero. Quando ho reso la dichiarazione innanzi al GIP ero sotto l’influenza di medicinali e sotto stress; avevo letto sulla stampa che i black-block erano dovunque durante le dimostrazioni e quindi l’ho riferito.
Sono stata arrestata per una dimostrazione a Seattle, per aver impedito il passaggio di pedoni, ma il processo si è concluso senza alcuna condanna.

Szabo Jonas (udienza 8/2/2006; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbaletrascrizione)
Ero nella scuola Pascoli, al Media Center. Mi sono recato nella scuola di fronte per utilizzare i computer. Questi erano tutti occupati e quindi mentre stavo ritornando verso la Pascoli, ho visto arrivare la Polizia dalla destra. Erano molti: quando ero sui gradini davanti al portone, ho visto un poliziotto che stava già scavalcando il recinto. Dal modo in cui si muovevano mi è apparso subito chiaro che dovevo allontanarmi velocemente. Mi pare che il cancello fosse chiuso. Sono rientrato e sono salito al primo piano; ho quindi cercato un’uscita e così mi sono calato dalla finestra della toilette, attraverso le impalcature, nel cortile dietro la scuola; ho scavalcato un recinto e sono arrivato in un terreno; mi sono steso su un muro; ero relativamente nascosto e venni arrestato dopo circa mezzora, periodo durante il quale sentivo urla, rumori di vetri rotti e colpi. C’era vicino una serra i cui vetri sono stati infranti dai poliziotti che hanno portato fuori tre persone; i poliziotti le hanno ripetutamente colpite nonostante non vi fosse stata alcuna reazione da parte loro. Erano due uomini ed una donna che ho poi conosciuto in Anna Jaeger
I poliziotti mi pare avessero divise leggere (non imbottite e senza giubbotti) con cinturoni bianchi per quanto mi ricordo. Se in precedenza ho riferito di aver visto tutti i poliziotti con la cintura bianca è evidente che all’epoca aveva un ricordo migliore di quello odierno. 
Dopo circa un quarto d’ora, i poliziotti sono entrati nel terreno dove mi trovavo e mi hanno scoperto. Ho fatto loro intendere che sarei sceso dal muro volontariamente, ma i poliziotti mi hanno tirato giù dal muro in modo rude e mi hanno colpito sulla spalla sinistra con il manganello; ho poi ricevuto altri due colpi. Credo di aver urlato “che cosa volete da me”, ma non ho posto in essere alcuna reazione. Sono stato portato sulla strada e quindi posto a gambe divaricate e perquisito completamente, tastandomi ripetutamente anche nelle parti intime.
Indico  sulla piantina che mi viene mostrata con il nr. 1 il posto dove mi ero rifugiato e con il nr. 2 il luogo dove venni portato dalla polizia.
Mi è stato preso il portafoglio che, con quanto vi era all’interno (bancomat, carta d’identità, denaro), non mi è mai stato restituito.
Successivamente mi venne fatta sottoscrivere una dichiarazione, che riconosco nel documento che mi viene mostrato, secondo cui tali oggetti sarebbero stati persi nella caserma in cui fummo condotti.
Riconosco la dichiarazione che mi viene mostrata (Questura di Pavia)
Il mio zaino nero era nel Media Center nella scuola Pascoli; l’avevo lasciato all’esterno della scuola, vicino all’ingresso, all’interno del recinto della scuola.
Non l’ho più ritrovato. All’interno vi era anche il mio passaporto, che è stata l’unica cosa che mi è stata restituita.
Circa quanto mi è stato sequestrato, riconosco la cartellina rossa ed i fogli in essa contenuti, che si riferiscono ad una mia tesi sul Rev. Jessie Jakson; sul retro di uno dei fogli vi è un mio scritto a mano con osservazioni che ho fatto nello stadio Carlini, mi pare il giovedì o venerdì, dove ho descritto, mentre ero in una tenda ove si svolgeva tale attività, come si equipaggiavano le tute bianche (armamento per la resistenza passiva, che mi pare non sia proibito in Italia).
I coltelli non li ho mai visti e non mi appartengono; non avevo nessun coltello.
Sono stato portato a Bolzaneto, dove sono rimasto due giorni, subendo altre sevizie.

Bocchino Emiliano (udienza 15/2/2006)
(verbaletrascrizione)
Sono arrivato verso le 19, 19,30 insieme al mio amico Mirra alla scuola Pertini, ove dovevamo incontrare un amico spagnolo con il quale dovevamo poi recarci in Olanda. Siamo andati a cena e quindi siamo tornati verso le 22 alla Pertini. Vi erano persone che dormivano altre parlavano; noi abbiamo steso i sacchi a pelo a terra,pressoché nel punto che indico sulla piantina che mi viene mostrata; ad un tratto abbiamo sentito gridare: “Police, Police”; abbiamo richiuso gli zaini e siamo scappati; da una finestra abbiamo visto i poliziotti che urlavano e rompevano i vetri, tanto che sono stato ferito; mi sono diretto al piano superiore; molti scappavano come noi verso il piano superiore, altri rimasero nella palestra. Al pianerottolo vi era una finestra; un ragazzo la ruppe e così siamo usciti; dietro di me Christian (Mirra) invece non è riuscito a passare. Io sono sceso all’esterno e quindi sono salito su un muro e sono arrivato in un giardino, poi in un altro finché sono giunto in una piazza e mi sono accorto di essere in corso Italia; sono infine arrivato alla stazione di Quarto, ove ho passato la notte. Sono tornato alla Pertini il mattino dopo ed ho trovato la camicia di Christian ed una ciocca di capelli che pensai fossero i suoi. L’ingresso alla scuola era libero; non c’erano forze dell’ordine.
I poliziotti all’interno della Pertini era in uniforme scura con un fazzoletto che copriva il volto; alcuni erano in divisa antisommossa (bardata con imbottiture) altri in divisa normale ed alcuni anche in borghese con il casco. Alcuni caschi avevano la protezione posteriore altri erano senza.
Riconosco nelle foto113, 114, 115 il pianerottolo e lo scotch che forse era di Christian che lo usava per attaccare qualcosa allo zaino.

Baro Wolfgang Karl (udienza 23/11/06; parte civile, assunto ex art. 197 bis c.p.p.)
(verbaletrascrizione)
Il 21 cercavo un posto dove dormire e ho saputo che ve n’era uno davanti al media center. Vi andai e vi arrivai verso le 21.
Ero con un amico e sul posto ne trovai un altro. Abbiamo comprato una bottiglia di vino e siamo andati nel cortile ove abbiamo bevuto insieme. Ero stanco e ad un tratto, verso le 22 - 23 mi addormentai: c’era molta gente e l’ambiente era piacevole e disteso; vi erano gruppetti che conversavano. Ero sul lato destro guardando la scuola, mi pare più vicino all’edificio che al cancello. Non mi sono accorto di alcun passaggio di auto della Polizia.
Mi svegliai: vi era molto rumore dalla strada e c’erano i poliziotti davanti al cancello sulla strada. I miei ricordi non sono precisi perché mi ero appena svegliato. Venni preso dal panico e mi precipitai nell’edificio. Sono andato a sinistra ove c’era una scala; anche all’interno vi era panico; pensai quindi di cercare in tutti i modi di andare via. Salii di corsa ai piani superiori; non so a che piano uscii da una finestra; l’edificio era circondato da impalcature, su cui mi arrampicai fino a raggiungere il tetto. Mi pare che vi fosse un elicottero che girava sull’edificio. Guardando verso il basso vidi i poliziotti che correvano nel cortile; vi era molto rumore, ma non sono in grado di descrivere con precisione che cosa stesse accadendo. Tornai quindi all’interno della scuola.
La gente  correva da tutte le parti e poi mi hanno abbattuto; il mio ricordo è molto confuso; ho perso coscienza; la mia sensazione è che  ricevetti un colpo sulla testa e caddi a terra. Mi pare anche di aver ricevuto un calcio ma non ricordo più nulla di preciso. Ricordo che vi erano altre persone a terra; vi era sangue; parlai con un’altra persona in tedesco che si presentò come Nills; poi arrivarono i sanitari che mi portarono via con una barella.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep.  199 p. 1 min 8,33 - estratto) potrei essere il primo ferito che viene portato fuori, ma non ne sono sicuro; avevo gli occhiali. 
Corsi velocemente all’interno dell’edificio e non feci attenzione a quello che avveniva alle mie spalle: non so quindi se il portone venne chiuso. Per quanto ricordo la polizia era all’esterno del cortile sulla strada e suppongo quindi che il cancello fosse chiuso.
Uno dei miei conoscenti, Michael Laidilnap, che risiede a Berlino, a sua volta rientrato nell’edificio, riuscì a fuggire, non so come; mi raccontò che il portone era stato chiuso.
Venni portato all’ospedale Galliera, ove fui visitato; mi fecero radiografie ma non risultarono fratture. Non ricordo se qualcuno mi disse che ero in arresto; me ne accorsi quando vidi che i poliziotti restavano sempre nella mia camera d’ospedale; rimasi ricoverato quattro giorni. In Germania venni visitato da diversi medici che mi riscontrarono una frattura del cranio e molti ematomi. Non mi pare di aver avuto conseguenze permanenti, ma i medici mi dissero che potrebbero verificarsi episodi di epilessia; finora fortunatamente non è accaduto. All’epoca ero in cerca di lavoro.
Non vidi chi mi colpiva, ma ho dedotto che fosse un poliziotto. Certo è che difficilmente si possono subire due fratture al cranio e circa una dozzina di ematomi semplicemente urtando qualcuno. Mentre ero a terra venni colpito con calci da qualcuno che indossava stivali.

Frieri Francesco (udienza 7/12/06)
(verbaletrascrizione)
Al tempo ero pubblicista e avevo un pass; ero consigliere comunale della mia città, Modena. Dormivo presso la scuola Pascoli, ove lavoravo nella sala stampa.
La sera del 21 stavo ormai partendo per ritornare a casa insieme al sig. Prosperi e ci stavamo dirigendo in via Battisti a riprendere la nostra auto, che era posteggiata sul marciapiede che costeggia la scuola Diaz. Avevamo riposto i bagagli nell’auto e aspettavamo tre ragazzi che erano andati a cena; Prosperi si era già cambiato mentre io ero ancora con il pass al collo e la maglietta grigia del Media Center con la scritta “No G8”. Arrivarono quattro poliziotti con jeans e pettorina con la scritta “Polizia”. Io dissi subito “stampa, stampa”. I poliziotti si volsero vero il loro dirigente, chiedendo che cosa dovessero fare e alla risposta di proseguire, iniziarono a colpirci con i manganelli dalla parte del manico finché non caddi a terra. Il pass mi venne strappato e non fu più ritrovato; mi vennero poi chiesti i documenti ed io diedi la mia tessera di consigliere comunale. Il poliziotto rimase stupito e mi disse: “Che cazzo ci fa lei qui ?”.
In precedenza mi avevano detto: “Che cazzo scrivete voi bastardi?”.
Arrivò poi un dirigente, presumo lo stesso di cui ho detto prima che aveva autorizzato i poliziotti a proseguire, che mi disse che si erano sbagliati.  
I poliziotti venivano dall’alto (da piazza Merani).
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 189 min. 1,56 a 2,12  - estratto) mi riconosco nella persona vicina ai cassonetti della spazzatura; è visibile anche la macchina sulla sinistra dei cassonetti con ampio cofano vetrato.
Nel filmato Rep. 234 p. 1 min 6,01 a 6,10 (estratto)  siamo visibili noi che attraversiamo la strada accompagnati dai poliziotti, io ero con la maglietta grigia ed il mio amico, che mi teneva per mano, aveva i pantaloni chiari a mezza gamba. 
Vidi sfondare la porta della Diaz e poi sentii urla e grida provenire dall’interno.
Mi riconosco nel filmato Rep. 199 min 0,39 (estratto): tenevo una borsa del ghiaccio sulla testa; vicino a me c’era anche il mio amico Prosperi.
C’erano diversi funzionari. Mi sono liberato degli agenti di scorta perché mi sono “aggrappato” all’On. Mantovani, sopraggiunto in quei luoghi.
Ricordo un funzionario nel cortile della Diaz, che aveva il casco ed un vestito intero blu con la barba grigia, che sembrava il punto di riferimento di tutti i poliziotti.
Nel filmato Rep. 177 5 p. 19 min. 7,50 (estratto) riconosco il funzionario di cui ho detto nella persona in vestito blu, barba e casco.
Il primo funzionario che mi disse che si erano sbagliati era un altro, più basso un po’ più anziano, mi pare con i baffi.
Lungo la strada davanti alla scuola vi era un cordone formato da carabinieri, che non facevano passare nessuno. Dietro il cordone vi erano diversi funzionari tra i quali quello con la barba che ho già indicato a cui si rivolgevano i carabinieri. C’era molta confusione; a tutti coloro che chiedevano di entrare veniva opposto un rifiuto. Diversi parlamentari, l’On. Mascia, l’On. Ramon Mantovani chiesero di entrare, ma venne loro impedito, su disposizione del funzionario di cui ho detto. Vidi poi un funzionario di polizia, mi pare lo stesso, ma non ne sono certo, che invitò i carabinieri ad entrare nella scuola, ma l’ufficiale dei carabinieri si rifiutò.
Venni sentito dal P.M. alla fine del maggio del 2006; non mi sono presentato prima perché non ero in grado di riconoscere il poliziotto che mi aveva picchiato ed ero scappato da Genova. Ho rilasciato diverse interviste in ordine a quanto avevo visto. Successivamente sono stato chiamato dal P.M.; mi è stato notificata la convocazione tramite i carabinieri. L’On. Mantovani mi disse che un poliziotto l’aveva aggredito mentre tentava di entrare nella scuola e che così ritenendo che fosse un suo diritto, aveva pensato di strappargli i gradi dalla spallina.

Prosperi Stefano(udienza 7/12/06)
(verbaletrascrizione)
Ero studente, mi sono laureato nel 2001. Ero a Genova come manifestante con un gruppo di amici. Siamo partiti da Modena con la mia auto una Rover 914 di colore grigio. Io e Francesco Frieri abbiamo dormito nella scuola dove c’era il centro stampa. Gli altri invece hanno dormito dove c’è stata l’irruzione. Avevamo deciso di andare via e così stavamo dirigendoci verso la mia macchina che era posteggiata sul lato destro della strada, salendo verso piazza Merani un po’ oltre l’ingresso della Pertini. Io e Francesco eravamo un po’ più avanti degli altri tre ragazzi.
Mentre andavamo verso l’auto, incrociammo un ragazzo che in inglese diceva “police, police”. Abbiamo quindi visto un folto gruppo di poliziotti che, schierati, iniziarono a caricare; ero già vicino alla macchina e rimasi a metà tra lo sportello mezzo aperto e l’auto: la carica passò oltre; mi voltai e vidi a tre o quattro metri alcuni poliziotti che stavano colpendo con i manganelli Francesco. Gridai di fermarsi e “che cosa fate”; poi arrivò un funzionario, una persona non molto grossa con un vestito scuro, mi pare con i baffi, che li fermò e quindi accertò le nostre identità; gli dissi che era assurdo ciò che stavano facendo, dato che vi erano televisioni e giornalisti. Ci dissero di seguirli e di restare dove ci dicevano e così facemmo.
Nel filmato Rep. 189 min. 1,56 a 2,12 (estratto) riconosco il gruppo di persone nei pressi dei cassonetti della spazzatura, si tratta dei poliziotti e di Frieri; riconosco la mia macchina, visibile al min 2,04 sulla sinistra,  con me a fianco vestito di chiaro.
Nel filmato Rep. 234 p. 1 min 6,01 a 6,10 (estratto) siamo visibili noi che attraversiamo la strada accompagnati dai poliziotti tenendoci per mano, io ero con i pantaloni chiari a mezza gamba.
Nel filmato Rep. 199 min. 0,39 (estratto) riconosco  vicino a me Frieri che si tiene un panno sulla testa.
Sono stato sentito il 25 maggio 2006, lo stesso giorno in cui venne sentito Frieri; venni convocato dal P.M., i CC. mi hanno notificato la convocazione.

 

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